In viaggio, fuori e dentro di me: intervista a Darkam

In viaggio, fuori e dentro di me: intervista a Darkam

Dopo aver parteciparto ad antologie e autroproduzioni, Darkam ha realizzato il suo primo graphic novel, "Dietro gli occhi", ultimo prodotto del progetto Stigma. L’abbiamo raggiunta e intervistata su questo lavoro.

Darkam (nome d’arte di Eugenia Monti) è molte cose: illustratrice, tatuatrice, fumettista, performer. Nel suo percorso, che l’ha portata da San Marino a vivere a Berlino, ha sperimentato e abbracciato diverse filosofie di vita. Dietro agli occhi, ultimo prodotto del progetto Stigma e suo primo lavoro lungo da autrice unica dopo molte storie e illustrazioni realizzate per diverse antologie e autoproduzioni, oltre che Piena di Niente scritto da Alessia di Giovanni, e poi il libro illustrato I Sarti del sonno. Questa opera è una summa di tutte queste influenze: a metà tra diario di viaggio e documentario, la linea fluente ed eterea di Darkam vive di sovrapposizioni di figure e luoghi, che diventano sfumati, quasi senza peso. Tratti neri tremanti a cui si aggiungono spesso rossi che ricordano una sinopia su uno sfondo bianco immacolato raccontano i viaggi nel sud-est asiatico e in Sudamerica alla ricerca delle radici di quelle passioni, di quella filosofia e stile di vita che la accompagnano: dai tatuaggi alle sospensioni, dalla meditazione ai rituali collettivi. Incuriositi da questo viaggio, l’abbiamo intervistata durante l’ultima edizione del Napoli COMICON. Con lei abbiamo parlato del suo lavoro, delle sue influenze, della sua storia e di come l’incontro con Akab abbia indirizzato quest’opera.

CoverDietroOcchiCiao Darkam e grazie per il tuo tempo. Dietro agli occhi, il volume che hai da poco pubblicato con progetto Stigma e Eris Edizioni, è a oggi il tuo lavoro a fumetti più lungo. Come impariamo all’interno della storia, però, il tuo lavoro principale è quello della tatuatrice. Quando hai deciso di realizzare anche fumetti e illustrazioni?
In realtà porto avanti le due cose allo stesso tempo, come due carriere separate. Ho studiato fumetto e illustrazione all’Accademia di Belle Arti di Bologna e da lì ho continuato a lavorare soprattutto con il disegno e l’illustrazione, e anche con qualche progetto a fumetti.
In questo libro però, per la prima volta mi sono messa alla prova anche come scrittrice mentre nei lavori precedenti, come Piena di Niente edito da Becco Giallo e scritto da Alessia di Giovanni, ho sempre lavorato al fianco di scrittrici.
Questi due lavori, il tatuaggio e il fumetto, all’apparenza sono molto lontani ma per me si intersecano molto, contaminandosi a vicenda.

E appunto mi hai anticipato la prossima domanda, ovvero come ha influito il tuo lavoro di tatuatrice sul tuo lavoro di fumettista e viceversa?
Del lavoro di tatuatrice mi piace moltissimo l’interazione con il cliente nel creare l’immagine, che a volte mi porta a disegnare cose alle quali non avrei pensato. Spesso sono concetti astratti a cui devo trovare una forma grafica, proprio come nell’illustrazione.
Il momento del tatuaggio poi crea una connessione temporanea ma molto intima con la persona. Do molto valore all’atto di trasformare o decorare il proprio corpo. È un lavoro a suo modo magico, devi riuscire a leggere l’altro e creare qualcosa che lo rappresenti. A volte poi succede che questi input finiscono per contaminare la mia ricerca nel disegno e nelle storie. E viceversa la mia ricerca personale nel disegno contamina poi i miei tatuaggi.
Un’altra grande influenza per me è la ricerca sul corpo, sui suoi limiti e le sue possibilità, su come l’arte si esprima attraverso di esso. Con le sospensioni corporali, le performance del progetto Santa Sangre Body Rituals legate ad esse, tutti questi miei mondi convogliano insieme. Credo che ognuno di questi aspetti della mia ricerca, sia finito in Dietro agli occhi.

E infatti il fumetto parla proprio di questo: del tuo percorso, dei tuoi interessi, è un viaggio sia reale che ideale all’interno di te stessa. Questo lavoro è nato esclusivamente dalle tue sensazioni ed esperienze avute nel viaggio o c’è stato un lavoro di ricerca a monte, prima di intraprendere questo cammino?
Tutto è nato veramente durante il viaggio. Ho sempre uno sketchbook con me e in Frammenti, lo speciale uscito solo per coloro che hanno comprato il libro in  pre-order, ci sono storie brevi  che rispecchiano la mia esigenza, quando sono in viaggio, di raccogliere impressioni e sensazioni su carta. Penso sia un istinto naturale di tutti, c’è chi lo fa scrivendo, chi facendo fotografie, chi invece disegnando. È un momento in cui ci arriva tanto in termini di informazioni, input per tutti i sensi, ma anche lezioni.
Il primo viaggio raccontato nel libro, verso il Sud-Est Asiatico, è stato il mio primo lungo fuori dall’Europa, e in poche settimane dall’inizio del viaggio mi è stato chiaro che quello che stavo disegnando stava inaspettatamente prendendo la forma di un libro. Non ho pianificato la struttura del libro, come non ho pianificato nulla del mio viaggio, se non il punto di partenza e quello di arrivo. Sentivo la necessità di esplorare dove la narrazione mi avrebbe portato.

Era un po’ cahier de voyage, dunque.
Esattamente, quando viaggiavo disegnavo a matita e prendevo appunti scritti (infatti nelle tavole originali ci sono anche parti scritte dietro), poi la sera o nei momenti di calma prendevo un po’ di tempo per inchiostrare.
Dopo qualche mese ho finito lo sketchbook, quindi ho iniziato a disegnare dietro alle tavole già fatte. A quel punto è diventato difficile poter rileggere in maniera consequenziale quello che stavo facendo, mi sono dovuta fidare e credo che questo paradossalmente mi abbia aiutata. Poi però una volta a casa ho dovuto fare un lavoro quasi da detective per ricostruire l’ordine delle tavole disegnate sparse.
Durante il secondo viaggio in Messico e Colombia avevo imparato la lezione e ho cercato di mantenere una sorta di metodo, che ha reso la mia vita al ritorno più semplice. Tutto è nato comunque come uno sketchbook che è stato poi tagliato, scansionato e ricucito in ordine consequenziale.

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E in un momento successivo c’è stata anche l’intenzione di trasformarlo in qualcosa di più, di un po’ diverso? A un certo punto sembra che prenda la forma di un documentario: era anche questa una delle intenzioni iniziali?
Il processo di creazione di questo libro ha avuto anche una dinamica un po’ magica, rifletteva quello che mi arrivava, la mia esperienza personale e allo stesso tempo disegnare mi aiutava a integrare quello che stava succedendo intorno a me e dentro di me. Mi interessava anche che ciò che scoprivo delle culture e dei paesi che visitavo, facesse parte del libro, quindi in quel senso c’è una parte documentaristica se vuoi. Però come dice la nota a fine libro, ho scelto di riportare ciò che mi dicevano le persone, le storie che mi raccontavano, con tutte le possibili imprecisioni e senza alcun fine giornalistico.
L’idea del viaggio in Asia era quella di andare a scoprire le radici di parte di ciò che faccio per lavoro ovvero il tatuaggio e la sospensione, ero alla ricerca dei rituali collettivi che ancora vengono praticati in molte parti del Sud Est Asiatico e del tatuaggio e delle modificazioni tribali. Durante il secondo viaggio in Messico e in Colombia invece mi sono lasciata molto più guidare dal flusso degli eventi e solo alla fine mi sono resa conto che in fondo i due viaggi erano simili: si trattava sempre di rituali ma che non erano più collettivi, erano più legati all’interiorità. È stato un viaggio verso l’interno, grazie alle esperienze con le piante medicinali di quelle terre e i loro guardiani. Due facce della stessa medaglia e molto legate tra loro, entrambi importanti per me, e senza i primi probabilmente non avrei percepito i secondi.

tavole intere DietroOcchi2Come dicevamo prima, questo è il tuo primo lavoro lungo, e parliamo di quasi 300 pagine. Per realizzarlo hai scelto Progetto Stigma e in apertura di volume ringrazi esplicitamente Akab, il vero motore dietro questo progetto, l’anima che continua ad alimentarlo nonostante purtroppo non sia più fisicamente con noi. Quale è stato il suo ruolo nel farti arrivare a questa storia? Quanto è stato importante successivamente il supporto di Progetto Stigma?
Il libro doveva essere dedicato a lui perché è stato lui che ha tirato fuori questo libro da me: sin dall’inizio Akab mi ha chiesto di pubblicare qualcosa con Progetto Stigma. Inizialmente l’idea era quella di mettere insieme le varie storie brevi che avevo realizzato negli anni, sono arrivata fino al PDF finale, ma alla fine non ha mai visto la stampa.
Questo perché Akab ha sempre avuto un modo di approcciarsi ai progetti in maniera non machiavellica e pianificata, ma istintiva, viscerale e magica ed è riuscito a farmi capire che, in realtà, il libro da pubblicare era un altro e già ce lo avevo in mano. Questa presa di coscienza ha rimosso alcuni dei miei blocchi. È come se il suo approccio avesse dato la prima spinta ad un processo che poi si è sviluppato come una slavina.
Una delle cose che gli devo di più è l’aver imparato l’onestà autoriale, mettersi a nudo in tutto quello che si fa. Pur non volendo limitarmi in futuro a fare solo fumetti autobiografici, questo è stato per me un passo importante e ho cercato di farlo senza filtri,.
Quando Akab è venuto a mancare, ho scelto di far seguire la curatela del progetto a Isa, mia cara amica e sua compagna, e questo ha assunto una forma quasi magica.
L’ho capito dopo,  è come se fossero stati il padrino e la madrina di questa mia opera, quasi a livello archetipico: l’energia maschile e femminile, una  materna e curativa e l’altra artistica e brutale, entrambe necessarie per accompagnarmi nel completarla.


tavole intere DietroOcchiParlavi appunto di madrina e padrino, e nel tuo racconto sono rimasto incuriosito dalla scelta dei tuoi animali guida, una scimmia e un asino dal corpo umano: vuoi spiegarci come sono nati questi due personaggi?
Durante le mie meditazioni, ho iniziato una sorta di conversazione con queste guide interiori. Seppur non avevano veramente l’aspetto di una scimmia e un asino antropomorfo, ho cercato di riportare anche quelle conversazioni con onestà, così come accadevano, perché anche quelle sono state una parte importante della mia integrazione di questi viaggi.
Seppur avessi sperimentato con la meditazione già da prima, è stato solo durante i viaggi che la mia pratica è diventata costante, e i guardiani ogni tanto ne facevano parte.
Gli ho dato questa forma grafica perché erano figure che tornavano spesso nei miei disegni e per me avevano una potenza archetipica, come delle divinità antropomorfe.

Anche il tuo stile è molto particolare, un bianco e nero con la comparsa di un tenue colore rosso o blu in pagine monocrome. Da dove nasce questo stile? È influenzato prevalentemente dal tuo lavoro di tatuatrice o ci sono altre influenze?
Questo stile si è evoluto con me, un po’ come una calligrafia. Per questo libro in particolare, poi, lo stile è stato dettato anche da alcune esigenze pratiche, dato che a volte non avevo nemmeno un tavolo su cui appoggiarmi per disegnare. Da questo nasce la rapidità del tratto. Inoltre ho sempre amato vedere la parte che sta sotto il disegno finito, la sua costruzione, lo schizzo sotto la china. Il segno tremolante di De Crecy, di Gipi, è sempre stato il mio segno, quello che tocca le corde. E si ricollega anche alle mie storie, al voler vedere come si formano le cose. E mi piacerebbe andare a sottrarre, perché nella sintesi c’è la potenza più grande di tutte, ma ancora non sono arrivata a quel punto! (ride)

Dopo questo tuo primo fumetto lungo, pensi che in futuro ce ne saranno altri?
In realtà vorrei anche tornare a formati brevi, dato che questo lavoro è stato piuttosto impegnativo (si parla di circa 3 anni di lavoro). Nel periodo di quarantena ho realizzato una serie, pubblicata in inglese sulla mia pagina instagram, chiamata Meditation Attempts e mi piacerebbe dare una forma ben più strutturata a queste conversazioni con i guardiani che avevo durante le meditazioni. E poi mi piacerebbe ripartire con un progetto più lungo, per ora in fase embrionale. Quest’anno ho anche illustrato “La Stirpe e il Sangue” di Lorenza Ghinelli uscito per Bompiani, e Costellazioni Familiari di Ana Llubra uscito per Eris. L’illustrazione è quel porto sicuro a cui mi piace sempre tornare.

Intervista realizzata il 22 aprile 2022 al Napoli COMICON

Darkam

darkam drawingDarkam (Eugenia Monti) è nata a San Marino nel 1985, dopo aver viaggiato si è stabilita a Berlino, dove lavora come artista freelance, tatuatrice, fumettista e illustratrice.
Precedentemente ha pubblicato il libro illustrato
I Sarti del Sonno (Blu Gallery) e il graphic novel Piena di Niente (con Alessia De Giovanni, per Becco Giallo Edizioni).
Collabora con la Blu Gallery italiana e a Berlino con la Cell63/Galleria Luisa Catucci.
Nel 2021 esce il suo primo lavoro lungo,
Dietro agli Occhi, pubblicato con Progetto Stigma/Eris Edizioni.

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