Lina, Margherita, Deb, Turi, Milo e Pablo sono giovani universitari nella Milano del 1968 che partecipano attivamente alle contestazioni studentesche che si svolgono tra Università Statale e Cattolica, pur non facendo parte di gruppi organizzati. Si incontrano, si conoscono e diventano in qualche modo amici, uniti da un sentimento di ribellione e di voglia di cambiare le cose, nonostante siano diversi gli uni dagli altri.
Gianfranco Manfredi firma con Sessantotto. Cani sciolti un volume – il primo della nuova collana Audace di Sergio Bonelli Editore – che funziona bene come storia a sé stante nonostante funga in realtà da introduzione alla serie omonima, pronta a esordire in edicola il prossimo autunno.
Questo consente al fumetto di avere una sua indipendenza strutturale e narrativa, una compiutezza che è decisamente interessante da riscontrare e che giustifica la sua distribuzione libraria.
Il Sessantotto d’altronde rimane un periodo storico controverso ma ricco di fascino e la penna di Manfredi si rivela particolarmente adatta a raccontarlo: non solo perché racchiude la visione di chi ha vissuto quegli anni, ma perché viene filtrata attraverso una sceneggiatura asciutta e leggera che riesce a racchiudere, quasi per contrasto, la complessità di quelle situazioni.
Eleggere a protagonisti sei ragazzi dotati di significative differenze permette infatti allo sceneggiatore di inquadrare le rivolte studentesche fuori dal contesto di schieramenti riuniti sotto una bandiera politica e quindi di concentrarsi su motivazioni ed emozioni individuali, capaci di andare oltre alle ideologie astratte.
I sei giovani si interrogano su cosa vogliono raggiungere con le proteste di piazza a cui partecipano, sulle speranze concrete che coltivano e anche sulle modalità dei sit-in e delle manifestazioni che vedono fomentarsi intorno a loro, in un costante dialogo che li anima e li rende fortemente credibili.
Vengono analizzate le loro convinzioni e motivazioni attraverso dialoghi, pensieri e confronti e, pur nella varietà di forme che questo spirito assume, tutti sentono di dover fare la loro parte all’interno di un contesto del genere. Partecipando, dimostrando, reagendo.
Sullo sfondo troviamo una Milano viva e aderente alla realtà, anche grazie al lavoro di Luca Casalanguida ai disegni. Manfredi sceglie con accuratezza i luoghi in cui ambientare le varie scene, come i piazzali antistanti le due università, Piazza Duomo e lo storico Bar Magenta, e il disegnatore li interpreta con un segno pulito e dettagliato, capace di mostrare con chiarezza edifici, interni, monumenti e strutture.
La rappresentazione di Largo Gemelli, dove si trova l’ingresso dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, è fedele alla realtà e sfrutta in modo efficace gli spazi del luogo per ambientarvi la fiumana di studenti che affollano l’ingresso dell’istituto e i conseguenti tafferugli dovuti allo scontro con la polizia, in uno dei momenti più intensi dell’opera.
Anche la struttura libera della griglia gioca un ruolo importante al riguardo: le quadruple sono spesso utilizzate dal disegnatore proprio per dare ampiezza e ariosità alle scene, e le vignette si adattano a volte al contenuto. Alcuni scorci di Milano sono poi illustrati su splash-page che fanno da tappeto per alcune vignette che vi si innestano sopra, con effetti gradevoli e di apprezzabile apertura visiva. Nell’intervista posta in fondo al volume Manfredi racconta infatti di aver fatto fare un ricco tour a Casalanguida per fargli vedere e conoscere la città e in particolare le zone di interesse di Sessantotto, spesso meno note e “turistiche” rispetto agli aspetti più noti della metropoli meneghina. Un lavoro che ha evidentemente portato a risultati efficaci e di rilievo.
Il pregio di questa precisa collocazione geografica, oltre che temporale, è costituito da una storicizzazione fortemente comunicativa che, unita a una narrazione che si basa sulla personalità dei singoli individui, permette quella sensazione di “racconto umano” dove non ci sono eroi o persone che spiccano sugli altri, ma solo uomini e donne comuni che, all’interno della Storia, vivono sulla pelle gli avvenimenti che caratterizzano i loro anni e nel loro piccolo agiscono e reagiscono di conseguenza al contesto.
La seconda parte del volume compie un balzo in avanti di vent’anni: Gianfranco Manfredi gioca ulteriormente con la Storia degli ultimi decenni e con un salto temporale ci mostra – tramite lo sguardo privilegiato di Margherita – come sono cambiati i protagonisti che abbiamo conosciuto nelle pagine precedenti, ora che sono cresciuti.
È stuzzicante per il lettore riconoscere analogie e differenze: dapprima fisiche, e importante è lo studio compiuto da Casalanguida nel mostrare pancette, rughe e i segni del tempo che in varie modalità hanno inciso sulla pelle degli ex-sessantottini.
Ma il tempo, oltre a non essere galantuomo con aspetto e forza fisica, può cambiare diversi elementi a livello umano: lo spaccone punk diventa così avvocato, mentre una ricca ereditiera può avere la caparbietà di inseguire il suo sogno e diventare giornalista. Di contro, c’è chi sembra essere riuscito a seguire coerentemente i propri progetti, come Milo che porta avanti un progetto musicale con una buona dose di successo a livello locale.
Quello che appare interessante è che conosciamo realmente questi personaggi solo in questa seconda parte, come se lo sceneggiatore suggerisse che l’unico modo per intravedere le personalità di un individuo sia necessario aspettare che la vita le possa forgiare. Così, se sotto alcuni aspetti i protagonisti appaiono un po’ stereotipati nel 1968, appaiono più centrati e messi a fuoco nel 1988. Non completi, ma più complessi e quindi, forse, più realistici.
In questo secondo spezzone viene dedicata anche una parentesi al dialogo tra Pablo e suo padre che, da ex partigiano, gli ricorda un episodio della Resistenza a cui aveva partecipato. Sono queste le uniche pagine che destano perplessità, non per difetti tecnici nella sceneggiatura ma perché sembrano essere inserite a forza, fuori contesto e avulse dal resto del libro.
Se l’obiettivo era un confronto tra la Resistenza e i moti sessantottini, il tema non viene gestito in maniera vincente, non riuscendo a creare effettivamente un ponte riflessivo tra i due periodi storici; se invece il momento padre-figlio serviva a far prendere a Pablo la decisione che attua nel finale, appare come una digressione eccessiva allo scopo, in termini di spazio e di gestione. Un corpo estraneo che non si capisce bene perché sia presente, se non eventualmente nell’ottica del futuro della serie, ma che allo stato attuale non trova una sua ragion d’essere.
Cani sciolti si presenta come un interessante excursus sulle ribellioni studentesche del Sessantotto e anche come una riflessione su cosa abbia lasciato quel turbolento periodo, decenni dopo, nel cuore e nella testa dei ragazzi che vi avevano partecipato. Con qualche deviazione e qualche lungaggine di troppo, il risultato resta piuttosto valido e si rivela vincente in particolare nella descrizione e nella crescita del gruppo di protagonisti e nell’atmosfera milanese-sessantottina che si respira nella prima parte.
La cura del prodotto si riscontra anche nell’apparato editoriale, che tra bozzetti, approfondimenti e una lunga intervista a Manfredi permette di analizzare anche il processo creativo che ha portato alla realizzazione del risultato finale.
È interessante intuire, ora, su quale dei due piani temporali e partendo da quali presupposti la serie da edicola prenderà le mosse.
Abbiamo parlato di:
Sessantotto. Cani sciolti
Gianfranco Manfredi, Luca Casalanguida
Sergio Bonelli Editore, collana “Audace”, maggio 2018
144 pagine, cartonato, bianco e nero – 19,00 €
ISBN: 9788869612848