La vita e la carriera di Emiliano Speroni vengono ripercorse, grazie a un programma televisivo, attraverso un documentario che ne racconta i primi passi nel mondo del Cinema. Un inizio difficile, per un regista e sceneggiatore le cui prime opere non sono state comprese da pubblico e critica, ma che trova un riscatto nel suo film capolavoro, La ragazza che ipnotizzava le libellule, vincitore della Palma d’Oro al Festival di Cannes, riconoscimento conferitogli dalle mani di un altro grande regista, David Lynch.
Il nuovo fumetto di Davide La Rosa, Fabrizio “Pluc” Di Nicola e Chiara “Karicola” Colagrande potrebbe sembrare una storia di rivalsa, una biografia dai toni drammatici e dal significato edificante, qualcosa di molto lontano a quello a cui soprattutto la premiata ditta La Rosa/Di Nicola ha abituato il pubblico. E invece, nello svelare il titolo della trasmissione Tv che racconta – tramite interviste ai genitori, a una improbabile famiglia cinese che costituisce il suo cast di attori feticcio e al critico Piero Petrucci – la vicenda di Speroni, tutto torna a una dimensione conosciuta. Il programma si intitola Storie che fustellano l’anima, Marcella Landri, la conduttrice, è una fusione di diverse presentatrici da palinsesto televisivo trash pomeridiano e Emiliano Speroni è un personaggio fittizio, con una storia demenziale e comica, dai toni macchiettistici, marchio di fabbrica delle sceneggiature di Davide La Rosa.
Nonostante la leggerezza dell’intreccio, però, Il regista di film brutti che vinse il Festival di Cannes nasconde un sottotesto malinconico – da ricercare accuratamente nei passaggi volutamente e forzosamente drammatici del fumetto. Ma non dobbiamo farci ingannare: i momenti più struggenti sono solo un trucco – come si esplicita nella vignetta di chiusura – per “toccare i tasti dei facili sentimenti”, in un contorto gioco di scatole cinesi, un labirinto si specchi tra realtà e finzione, detto e non detto.
E così, da una parte lo scopo di Emiliano Speroni, che scrive e dirige un finto film “coreano” e con questo vince la Palma D’oro, è burlarsi di un filone cinematografico acclamato e premiato nei festival internazionali degli ultimi decenni (ogni riferimento all’osannato Bong Joon-ho non è puramente casuale), solo apparentemente rinnegando la sua poetica precedente; ma dall’altra la finalità del fumetto di La Rosa, Pluc e Karicola è urlare che il re è nudo e operare una vendetta verso l’Arte.
Il cinema di serie Z, nella finzione della vita di Speroni, lascia così il passo a quello d’autore, arrendendosi apparentemente alla sua indiscussa qualità, ma – nella realtà dei fatti – ne fa proprie le dinamiche e lo irride pubblicamente senza che alcuno sia realmente in grado di accorgersi della verità. La metafora è svelata: Il regista di film brutti adatta un plot leggero e sguaiato, senza trascendere nella volgarità, a ogni forma d’arte, in un gioco meta testuale che colpisce anche lo stesso medium fumettistico.
L’intero libro, al di là delle sue sottotrame e dei suoi significati nascosti, resta lieve e in perfetto stile La Rosa, che non manca occasione di dedicarsi alla sua nota passione per il trash e anche in questo caso dissemina il racconto di allusioni accattivanti che chi è più scafato del genere non mancherà di cogliere: quella a Il Bosco 1 di Andrea Marfori, il cameo di Carlo Sortino – pittoresco sceneggiatore e regista piemontese, ma da anni residente a Lugano – o la riproposizione dell’episodio delle frattaglie accaduto al regista Ciro Ippolito durante le riprese di Alien 2 – Sulla Terra, sequel apocrifo del film di Ridley Scott. Piccole chicche che non possono mancare di stuzzicare i lettori amanti di un genere poco compreso dalla critica, ma certamente amatissimo da un pubblico di veri intenditori.
I disegni di Karicola e Pluc si alternano nei diversi momenti della narrazione, più realistici i primi, più cartooneschi e dalle linee marcate i secondi, pur mantenendo una omogeneità stilistica nella morbidezza dei tratti e nella regolarità dell’impianto delle tavole, dove si ritrova – in contrasto con la trama scanzonata – una sistematicità mantenuta sino alla fine, senza alcun rimarchevole guizzo creativo. Non si tratta, tuttavia, di una pecca, perché la sequenza dei fatti poggia le basi sull’idea di un racconto lineare fatto nel corso di un fittizio programma televisivo e attraverso un finto documentario; pertanto, la descrittività delle scene ben si amalgama con la scrittura del racconto.
Le vignette sono poi piene di Easter eggs che rimandano alla Storia del cinema, alla letteratura, alla fantascienza, alle serie Tv; e non manca neppure una comparsata degli stessi autori a pagina 49, che nominano un loro lavoro precedente, Il dizionario dei film brutti a fumetti.
Il regista di film brutti che vinse il Festival di Cannes è un fumetto divertente, in qualche modo di nicchia, scritto e disegnato – date anche le reference grafiche che fanno il pari con quelle testuali – per appassionati di Z movies, ma che può divertire anche un pubblico più ampio e meno allenato a cogliere specifici ammiccamenti. Ma è soprattutto una dichiarazione d’amore verso la Settima arte e quel gusto per l’imperfezione, l’autoironia, il desiderio di mettersi in gioco che sono poi il sale della vita.
Abbiamo parlato di:
Il regista di film brutti che vinse il Festival di Cannes
Davide La Rosa, Fabrizio “Pluc” Di Nicola e Chiara “Karicola” Colagrande
Shockdom, 2022
89 pagine, brossurato, colori – 16,00€
ISBN: 978-88-93364-93-5