Il 1968 per la mia generazione, arrivata troppo tardi non solo per viverlo in prima persona ma anche indirettamente, resta un miraggio, un periodo storico di cui possiamo comprendere l'importanza ma che resta in qualche modo impossibile da raggiungere fino in fondo. Negli anni il '68 ha assunto il valore di un'idea, di un ideale, forse uno degli ultimi momenti di grande partecipazione politica della storia italiana recente (per un trattamento più specifico, sempre sotto forma di fumetto, rimandiamo alla recensione di Cani sciolti di Gianfranco Manfredi e Luca Casalguida – Sergio Bonelli Editore, 2018).
Luciano Secchi e Roberto Raviola nel 1968 sono due autori appena trentenni che con i nomi d'arte di Max Bunker e Magnus avevano ravvivato il fumetto popolare italiano con due dei più riusciti emuli del Diabolik delle sorelle Giussani, ovvero Kriminal e Satanik: due personaggi del ricco assortimento di antieroi neri in formato libretto che si distinsero per audacia e qualità di scrittura e di disegno.
Max Bunker era probabilmente al suo apice quanto a inventiva e capacità di riversare nei suoi fumetti le tensioni e le fascinazioni a cui attingeva la società italiana di quegli anni, regalando dietro a storie dai particolari morbosi inquietanti fatti di delitti efferati e furti arditi una propria visione dell'uomo a volte impietosa, a volte grottesca. Magnus non aveva ancora toccato le sue vette artistiche, anche per motivi legati ai tempi serrati di pubblicazione degli albi, ma era già riuscito a caratterizzare con il suo segno personaggi che sarebbero diventati storia del fumetto e a garantire la tenuta e la coerenza artistica dei loro fumetti.
Se nel 1969 esordì nelle edicole la loro creazione più fortunata, quell'Alan Ford che Bunker pubblica ancor oggi con stoicità e perseveranza, un anno prima i due autori sentirono l'esigenza di staccarsi dal fumetto noir, dagli intrighi di Dennis Cobb – Agente SS018 e della fantascienza di Gesebel per dedicarsi a un'opera più apertamente ironica e comica. Nacquero così le brevi storie di Maxmagnus, pubblicate sulla rivista Eureka 1.
L'ambientazione è quella di in un regno medievale (“Dove e quando molto bene non si sa…”) retto dall'avido re Maxmagnus il quale, grazie alle consulenze dell'altrettanto meschino amministratore fiduciario, opera costantemente per arricchirsi tassando i propri sudditi (“I miserabili devono pagare la tassa di povertà! Come vivrebbero i ricchi, altrimenti?”), un'accozzaglia di personaggi di contorno che non si rivelano mai moralmente superiori ai propri vessatori.
I due autori prendono qui confidenza con i tempi comici che caratterizzeranno poi Alan Ford, pur confrontandosi con un formato diverso da quello del libretto pocket e sfruttando le pagine più grandi della rivista; gli episodi della serie si compongono di due pagine scarse, nelle quali la prima tavola è occupata in alto dal titolo dell'episodio e sulla sinistra in verticale dal logo Maxmagnus e dal disegno dei due protagonisti.
L'elemento comico emerge non tanto da battute improvvise o da sketch cadenzati, ma dall'accumularsi di elementi di fondo. I tempi narrativi non sono frenetici e questo permette di apprezzare come in molte vignette il centro dell'attenzione non risieda nell'azione principale o nei dialoghi, ma in ciò che accade sullo sfondo, come le tante scaltre ruberie dell'amministratore, o nella caratterizzazione dei personaggi stessi. Questo comporta il doversi soffermare su ogni vignetta per cogliere tutte le sfumature, le espressioni bizzarre, i gesti caricaturali con cui Magnus riempie le tavole.
Il compianto autore, grazie alla lunghezza ridotta e al frequente sacrificio degli sfondi, riesce a curare con attenzione i personaggi, le pose e l'espressività accentuando grazie al suo stile a cavallo tra caricaturale e realistico il tono grottesco (talvolta addirittura goliardico) delle storie.
Quella di MaxMagnus è una satira che viaggia sul confine con lo sberleffo vero e proprio; uno sberleffo amaro, che gioca su argomenti come le bassezze dell'animo umano, la grettezza e le storture in cui può incappare chi detiene un potere senza controllo e contraddittorio, la mancanza di integrità dell'individuo e della massa, la sua ingordigia e mancanza di etica.
Eppure, gli autori sembrano al contempo mostrare una sorta di benevolenza o, meglio ancora, la volontà di non osservare gli altri da un pulpito ma da pari, senza sottrarsi alla condanna della loro inadeguatezza. Atteggiamento già palese nella scelta di ritrarsi in prima persona nei due personaggi principali, che riassumono in loro una quantità incalcolabile di mancanze, difetti, meschinità: Bunker nelle vesti del re Maxmagnus e Magnus in quelle del suo fidato (?!?) consigliere.
Queste caratteristiche sembrano aver resistito al passare degli anni e restituiscono una lettura attuale e fresca che risulta applicabile nella sua vena comico-satirica a molte situazioni dei nostri tempi, segno di come lo sguardo critico dei due autori abbia saputo cogliere l'essenza di quanto messo alla berlina nelle loro storie.
La ristampa operata da Mondadori Oscar Ink permette di godere delle storie composte da una delle più importanti e influenti coppie artistiche del fumetto italiano nel pieno della loro maturità. Da segnalare l'approfondita introduzione dello scrittore Gabriele Frasca.
Abbiamo parlato di:
Maxmagnus
Magnus & Bunker
Mondadori Oscar Ink, 2018
80 pagine, cartonato, bianco e nero – 18,00 €
ISBN: 9788804689300
Il personaggio verrà poi ripresa da Max Bunker per i disegni di Leone Cimpellin; la serie, pubblicata in albi formato pocket, durò sedici numeri e proseguì nuovamente su Eureka in seguito alla chiusura. ↩