Pablo Auladell è uno degli illustratori spagnoli più talentuosi della sua generazione. Negli anni, si è alternato tra gli albi illustrati e le graphic novel ed è proprio con una graphic novel che torna nelle librerie italiane: Il paradiso perduto, di John Milton, pubblicato dalle edizioni Diabolò.
Nel mese di maggio Pablo sarà in Italia per presentare il suo nuovo libro. In attesa di incontrarlo, l’ho intervistato per voi.
Ciao Pablo, raccontaci un po’ la genesi di questo libro. Se non sbaglio è la prima volta che adatti a fumetti un romanzo?
No, non è la prima volta che adatto a fumetti un testo letterario. All’inizio della mia carriera (verso l’abisso) ho partecipato, insieme a altri disegnatori, a un libro con sceneggiatura di Karim Taylhardat che adattava Cuore di tenebra, di Conrad. E nel 2005 ho realizzato un piccolo fumetto sul capitolo del Don Chisciotte in cui appare Clavilegno, il cavallo di legno.
E come ti è venuto in mente di illustrare Il paradiso perduto di Milton?
Onestamente, non credo che mi sarebbe mai venuto in mente di fare una cosa del genere. Tutto inizia con una commissione da parte di una piccola casa editrice di Barcellona che si dedicava alla pubblicazione di poesie (primo stupore!). Un giorno decisero di creare una raccolta di graphic novel con adattamenti di classici (secondo stupore!). E hanno pensato che il titolo migliore per iniziare la raccolta fosse Il Paradiso perduto e che io fossi il disegnatore giusto (terzo stupore, ma non l’ultimo).
Che rapporto hai con questo romanzo? E con il racconto della Genesi su Adamo ed Eva?
Una cosa che si scopre subito leggendo il poema di Milton è che, come altre opere della letteratura classica, ha molte interpretazioni, l’elenco delle domande, dei problemi profondi, principali, eterni che riguardano gli esseri umani è così ricco, si possono fare così tante letture, si possono trovare così tanti pensieri su cui riflettere…
Sicuramente l’obiettivo primario di Milton era quello di spiegare perché il male è possibile e perché siamo così infelici se siamo figli di Dio. Ma il poema supera assolutamente questo obiettivo e una serie di interessanti domande su cui riflettere si riversano su di noi: il significato autentico della libertà, la politica, il rapporto tra gli esseri umani e gli dei, l’amore…
Nella prefazione accenni al fatto che il libro è stato realizzato in momenti diversi. Anzi, in principio il libro doveva finire con quello che poi è diventato solo il primo di quattro capitoli.
Il piccolo editore di poesia che mi aveva commissionato il progetto decise che devo lavorare prima sulla parte del poema che tratta della caduta di Satana, fino a completare un libro di circa 100 pagine. Se le vendite fossero state buone, avrei continuato con il resto del poema.
Ma la casa editrice non aveva nessuna esperienza in libri illustrati, quindi non è andato bene e il progetto si è fermato per due anni, finché un’altra casa editrice, che voleva fare una collana di graphic novel scaricabile per iPad (avevo già avvertito che non sarebbe stato l’ultimo stupore), ha preso in mano il progetto e mi ha incaricato di portarlo a termine. Quando ho finito il lavoro, l’iPad non è diventato una piattaforma così formidabile per i libri digitali come tutti pensavano, e quando il dramma sembrava chiaro e pensavo che tutto fosse perduto, Sexto Piso ha pubblicato finalmente il libro.
Che storia! Senti, tra il primo capitolo e i successivi si nota un leggero cambio di stile. È voluto, o dipende dal fatto che il seguito del primo capitolo è venuto dopo un po’?
Dipende sempre da questo momento di impasse. In quei due anni sono cambiato e ho cambiato anche un po’ stile. Ma bisogna anche considerare che anche la richiesta dell’editore era cambiata, perché il primo editore me mi aveva chiesto un fumetto in bianco e nero e il nuovo lo ha voluto a colori.
Quanto tempo hai impiegato a completare l’opera?
Da 2011 fino a 2015. Ma questo non è importante, nel senso che il dramma della nostra professione è che lavorare a lungo su un’opera non significa che questa sia migliore. A volte, alla fine di una giornata estenuante ho buttato via un disegno perché era morto, senza grazia… Altre volte, in quindici minuti ho fatto un disegno pieno di vita e di mistero.
Tu hai illustrato diversi classici. Sfogliando le pagine della tua graphic, ho pensato che ti vedrei bene con i miti greci ma anche con Gogol. E se devo dirla tutta, ti vedrei davvero bene con la Divina Commedia. Cosa ne pensi?
Sì, più della metà dei libri che ho disegnato siano testi classici o ne abbiano qualche eco di loro… Inoltre, nei progetti in cui scrivo anche il testo è facile rintracciare riferimenti ai classici. Non sono mai stato un disegnatore che seguiva una moda, ma piuttosto mi sono trovato nella corrente di un fiume che viene da lontano, in una tradizione, e da lì ho lavorato.
E sì, sarebbe bellissimo fare un lavoro sulla Divina Commedia.
A maggio sarai ospite di due festival italiani, Imaginé, a Cuneo, e poi il Salone del Libro di Torino. Che rapporto hai con l’Italia?
Il mio rapporto con l’Italia, che è sempre stato molto forte ma che all’inizio era solo intellettuale, ora è anche sentimentale. Dal 2009 al 2022 ho fatto il docente ai corsi Ars in Fabula, a Macerata, ho visitato la Fiera di Bologna, ho partecipato alla prestigiosa mostra di Sarmede, e in tutto questo tempo ho stretto amicizie carissime (Simone Rea, Alessandra Sconosciuto, Luca Tortolini, Marco Paschetta, Michela Avi e l’indimenticabile Mauro Evangelista), ho potuto visitare luoghi per me mitici fin da bambino. L’unica cosa che è mancata, paradossalmente, è stato un rapporto più intenso e continuo con i miei libri pubblicati lì, che sono stati pochissimi e pubblicati molti anni dopo che li avevo fatti.
Segui qualche illustratore italiano? Più in generale invece, quali sono i tuoi modelli?
Naturalmente seguo più di un autore italiano, sarebbe impossibile non farlo: Gipi, Mattotti, Manuele Fior, Simone Rea, Stefano Ricci…
Per quel che riguarda i modelli, ho cercato di inserirmi in una tradizione piuttosto che essere legato a una moda, come ho detto prima. Le grandi guide sono state per me più nel modo in cui hanno affrontato il mestiere d’illustratore, nelle loro riflessioni sull’arte e sulla letteratura, che non in questioni tecniche o stilistiche. Quindi, forse i principali sono Federico del Barrio, Felipe Hernández Cava, Isidro Ferrer, Pablo Amargo.
Detto questo, è anche vero che l’impronta lasciata da qualche fumettista molto potente o da certi immaginari, consumati avidamente durante periodi particolarmente sensibili come l’infanzia o l’adolescenza, può essere chiaramente tracciata, è in qualche modo indelebile. Nel mio caso, Giraud e i dipinti che raffigurano la Passione di Cristo (come conseguenza della mia lunghissima educazione in una scuola religiosa).
Mi sembra che i miei disegni siano pieni di schermaglie tra cavalleria e indiani Apache, di deserti con cowboy solitari, di deposizioni di Cristo e di eccehomini.
Quando penso al fumetto, mi viene poco in mente la Spagna. Com’è il mercato da voi? Il fumetto è un genere che si legge? E se sì, c’è una qualche prevalenza? Autori spagnoli, stranieri, manga, comics americani?
È un importante mercato, il fumetto sempre è stato un genere molto amato e letto. Ma di solito come lettura per bambini o adolescenti. È mancata sempre una vera industria, come in Francia, soprattutto perché gli autori potessero dedicarsi completamente alla realizzazione dei fumetti senza dover svolgere altri lavori complementari.
Ci sono stati tempi migliori e peggiori: negli anni ’70 e ’80 c’erano riviste in cui gli autori pubblicavano periodicamente. Dopo la loro scomparsa, gli anni ’90 sono stati un vero e proprio deserto e c’erano solo fumetti di supereroi o manga.
Un po’ come da noi. E adesso?
Negli ultimi anni c’è stata una rinascita delle graphic novel, ma non esiste ancora una vera e propria industria e noi autori veniamo pagati cifre ridicole per realizzare fumetti di 200 o 300 pagine. In realtà, ci sono molti editori e una grande varietà di offerte, ma le graphic novel che vendono meglio e che riescono a raggiungere il lettore che non legge fumetti sono quelle legate ai temi del momento: il femminismo, l’immigrazione, una malattia rara, la memoria storica. Solo tre o quattro autori riescono a vivere esclusivamente dei loro fumetti. I più venduti continuano a essere i fumetti di supereroi e, soprattutto, i manga, che tornano ad avere un gran numero di fan tra i giovani.
Grazie Pablo! Ti aspettiamo in Italia!
Intervista tenuta a maggio 2024.
A questo proposito, ricordiamo ai nostri lettori le date del tour di Pablo:
- Martedì 7 maggio sarà ospite della Scuola Internazionale di Comics di Torino.
- Mercoledì 8 maggio sarà invece a Cuneo ospite del festival Imaginé.
- Domenica 11 maggio infine sarà ospite del salone di Torino.
Pablo Auladell
Pablo Auladell è un illustratore e autore di fumetti spagnolo, nato ad Alicante nel 1972. Laureato in Filologia, nel 1996 con il collettivo La Taberna del Ñu Azul pubblica i primi racconti su fanzine.
Nel 2000 vince il Premio Nazionale del Comico Injuve e inizia la carriera professionale da fumettista e illustratore, in gran parte per libri per bambini e ragazzi. Viene selezionato per la mostra Ilustrísimos che rappresenta la Spagna alla Fiera di Bologna, e vince il Secondo Premio Nazionale di illustrazione nel 2005. L’anno successivo ha vinto il premio Josep Toutain come autore più noto alla Fiera internazionale del fumetto di Barcellona. Nel 2012, Alas y olas, scritto da Pablo Albo, riceve il secondo posto nella categoria Libri per bambini al Premio dell’editoria nazionale del Ministero della Cultura.
Nel 2015 ha pubblicato il fumetto Il paradiso perduto per la casa editrice Sexto Piso, portato in italia da Diabolo Edizioni, opera che nel 2016 vince il National Comic Award. La sua pubblicazione più recente è La feria abandonada con testi di Pablo Auladell, Rafa Burgos e Julián López Medina.
L’autore ha una sua pagina ufficiale www.pabloauladell.com e un canale instagram: www.instagram.com/pabloauladell.
De Il paradiso perduto ha parlato Lorenzo Barberis sul suo blog:
IL PARADISO PERDUTO
Pablo Auladell
Traduzione: Francesca Bianchi
Edizioni Diabolo
312 pp.