Il paradiso delle Aragoste: un tenero romanzo di formazione ambientato in Costa Rica

Il paradiso delle Aragoste: un tenero romanzo di formazione ambientato in Costa Rica

Edward Brends mescola ricordi familiari, storia e finzione in un tenero romanzo di formazione, delicato nei toni e nel segno.

CoverSiamo nell’aprile del 1947 in Costa Rica, “uno dei paesi più poveri del mondo”. Henry si sta spostando dalla capitale verso Limón per passare l’estate a casa della sorella. L’impatto con la piccola cittadina è decisamente positivo: Henry va bene a scuola, dà una mano nel negozio di bici del cognato e addirittura si propone per entrare nella milizia cittadina, approntata in previsione di una guerra civile che sembra sempre più probabile. Si è pure fatto degli amici, Cotone e Julio, due ragazzi molto diversi da lui ma con cui nasce subito una forte amicizia. È con loro quando vede Alejandra, una bellissima ragazza che però, lo ammoniscono i due amici autoctoni, è figlia di un dottore e abita nella zona americana, la parte dell’isola dove abitano i bianchi. È inarrivabile insomma.

Grazie ai due amici Henry impara a conoscere l’ambiente in cui si muove, una cittadina piccola, in cui tutto è a portata di bicicletta o al massimo di barca. Nella quale le domeniche si passano al Club Miramar, uno dei pochi spazi in cui la ricca borghesia è avvicinabile dal resto della popolazione.

Tutto però sembra sul punto di cambiare quando le acque della cittadina si popolano inaspettatamente di astici. Basta gettare un’esca, mettere una trappola e aspettare. Gli astici sembrano non finire mai e buona parte dell’isola si “tuffa” nel business, dando vita a quella che sembra essere finalmente la riscossa per la povera e sorniona Limon. Anche Henry, trainato dagli amici, si intrufola nell’affare degli astici:  è così che i tre entrano nell’orbita di Carlos Rogers, un personaggio che sembra avere la mani in pasta in tutti i loschi traffici di Limón.

La frequentazione di Rogers, l’eccitazione che pervade la cittadina e i soldi  che cominciano a girare  (anche nelle tasche dei tre ragazzi), tutto sembra tramare perché Henry maturi una propria indipendenza, prima ancora che un senso di responsabilità. I rapporti con la sorella e il cognato peggiorano via via che il ragazzo allarga il suo raggio d’azione e il novero di esperienze, all’interno di quello che sembra davvero diventato un paradiso, apparentemente inoffensivo.

Il paradiso delle Aragoste può essere tranquillamente annoverato tra i romanzi di formazione, e se a questo aggiungiamo che la storia ha dei forti elementi biografici (l’autore ha attinto ai racconti che genitori e nonni gli hanno fatto della cittadina di Limón), l’opera va ad aggiungersi a una schiera che conta già una grande (sterminata?) quantità di titoli. Ed il merito che va senza dubbio riconosciuto all’autore, Edward Brends (che in opere successive si firmerà Edo Brenes), è quello di non aver cercato in nessun modo di essere originale a tutti i costi, anzi.

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Il paradiso delle aragoste è un’opera dalle ambizioni potremmo dire modeste, e funziona proprio grazie a questo. Brends racconta una storia lineare, a partire dal tratto, sintetico e stilizzato nel delineare le semplici fisionomie dei personaggi, riconoscibili grazie a un elemento distintivo: Henry ha i ricci, il cognato Toño gli occhiali, la bella Alejandra è mora mentre tutte le sue amiche sono bionde. Questa semplicità è tutto fuorché indice di pochezza dal punto di vista grafico: gli sfondi sono realizzati con grande cura, sempre mantenendo un’impostazione coerente con la caratterizzazione grafica dei personaggi. Ma gli edifici, le spiaggie, tutto è restituito con una meticolosità che sembra tradire la voglia di rievocare ancor prima che di descrivere.
La semplicità del tratto si riverbera anche nell’intreccio, che procede in maniera regolare scadendo i mesi (si va dall’aprile del 1947 a quello del 1948) e gli eventi che scuotono la vita di Henry e di Limon. Eventi che si succedono in modo piuttosto rapido del resto: a pagina 16 il nostro protagonista è già innamorato, poche pagine più in là ha già stretto amicizia con Cotone e Julio, a pagina 40 Henry entra come volontario nella milizia cittadina. La narrazione è opportunamente suddivisa in paragrafi che si chiudono con un cliffhanger. Un modo di dare ritmo a un racconto che scorre su binari piuttosto dritti e che mantiene per tutta la sua durata un registro piuttosto pacato, anche quando gli avvenimenti si fanno più seri o addirittura drammatici.

pop-il-paradiso-delle-aragoste-02Le tavole sono organizzate con una griglia dalla composizione variabile ma comunque regolare, in un bianco e nero delicato grazie alla colorazione a matita, che regala alle pagine un sapore un po’ fanciullesco. Le  frequenti didascalie con cui – fin dalle primissime pagine – l’autore ci accompagna all’interno della vicenda, i  bordi delle vignette tratteggiati a mano, le mani dei protagonisti che contano quattro dita, l’insieme di questi dettagli fa sì che il volume assomigli a un diario, il racconto di un’estate vissuta in un’altra vita, in un altro tempo.

I personaggi che popolano la storia hanno psicologie semplici, come semplici sono i dissidi che si trovano a vivere. Gli sconquassi che Henry è costretto ad affrontare sono quelli tipici di un’adolescenza fatta di scuola, amori, amici e famiglia. Il protagonista è, volendo scavare giusto un pochino tra le vignette, soprattutto il mezzo con cui l’autore racconta, scandagliandone i vari livelli, l’allegra miseria di Limon, fatta di ambizioni ingenue e prospettive modeste. L’Henry studente racconta di una scuola che non riesce, salvo rari casi, a fornire ai propri ragazzi gli strumenti per liberarsi dell’apatia che impera sull’isola.
Un’isola talmente povera che basta un’improvvisa abbondanza di astici per convincere tutti, o quasi, a vendere quello che si ha per comprare esche e trappole. Dove del resto, lavorare in un negozio di biciclette, rende molto meno che mettersi a trafficare per il delinquentello locale. Un’isola vittima delle proprie illusioni, che non sa che tutto può sparire in un attimo, come gli astici dalla baia o perché anche in un paesino in cui non succede mai nulla può arrivare la Guerra Civile. Ma anche questo non basta a inquinare l’atmosfera ovattata di un racconto pervaso di grande delicatezza, e che fa dell’equilibrio e della sobrietà della narrazione uno dei suoi punti di forza.

Non c’è un prima di Limon e nemmeno un dopo. Non sappiamo nulla della vita di Henry prima del suo arrivo e il libro si chiude prima che i nostri occhi possano, attraverso quelli del protagonista, rivedere quei luoghi. Quasi che l’autore voglia salvaguardare il ricordo di quella realtà (seppur in parte artefatto e romanzato), risparmiandoci il triste e impietoso confronto con quella attuale.
Salvando così la tenerezza che resta tra le mani del lettore una volta terminato il libro.

 

Abbiamo parlato di:
Il paradiso delle aragoste
Edward Brends
Traduzione di Jacopo Oldani
Oblomov Edizioni, giugno 2019
254 pagine, brossurato, bianco e nero – 20,00 €
ISBN: 9788885621480

 

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