In un mondo di stampo fantasy, sviluppato su isole che galleggiano in aria, Mickey ricopre il ruolo di mastro cordaio, mansione tanto umile quanto importante in una realtà nella quale i possedimenti delle persone vengono tenuti insieme proprio grazie a corde e funi che determinano le annessioni di più terreni e che li tengono assieme in caso di tempeste.
La popolazione è sotto al giogo di un tiranno con le fattezze di Macchia Nera, che cerca di raccogliere sotto di sé quante più terre possibili attraverso imposte di vario tipo e che una gilda di loschi individui vuole fermare, anche con l’aiuto del protagonista.
Mickey e la terra degli antichi è il secondo graphic novel disneyano realizzato da Denis-Pierre Filippi e Silvio Camboni per l’editore francese Glénat, dopo Mickey e l’oceano perduto.
Il duo riconferma la propria fascinazione verso gli universi fantastici e, se l’ispirazione per quella prima opera veniva direttamente dallo steampunk, questa volta siamo dalle parti del fantasy.
Assenti macchinari dalle forme vagamente vittoriane con meccanismi a vista, la nuova storia vede invece grandi spazi in cui muoversi, territori sospesi nel cielo, un castello come residenza del villain e insoliti quanto pittoreschi animali volanti come cavalcature. Anche la missione di Topolino ricorda molto quel tipo di narrativa: il tentativo di sovvertire il potere in mano a un despota attraverso atti di coraggio, incursioni per limitarne i soprusi e un’antica leggenda che potrebbe offrire un’ancora di salvezza per attuare un possibile cambiamento.
Il grande pregio de La terra degli antichi è da ritrovarsi nella capacità di Filippi di creare mondi stupefacenti e coerenti: come già in L’oceano perduto e in Il viaggio straordinario – la serie che l’ha reso celebre Oltralpe, sempre con i disegni di Camboni e grande successo di vendite – il punto di forza principale è quello di saper ideare universi alternativi al nostro, ricchi di elementi suggestivi e ricercati e in grado di trasportare la mente del lettore in posti immaginifici che non lasciano mai insensibili. L’autore non manca di curarne al contempo i principi che li regolano, mantenendo quindi credibile ed efficace il worldbuilding.
L’idea stessa che la vita si sia sviluppata su isolotti di terra che galleggiano in aria e che sotto alle nuvole non ci sia nulla di conosciuto, se non pericolosi gorghi aerei, è vincente, perché nella sua stranezza attrae subito la fantasia e richiama suggestioni che vanno da Hayao Miyazaki a Moebius. Lo sceneggiatore è poi abile nel costruire un background solido per i personaggi e le vicende, così da ottenere basi utili sulle quali imbastire il racconto. In questo caso, il difficile rapporto tra Topolino e Minni risulta tratteggiato molto bene, perché i motivi sottesi alla tensione presente tra i due vengono svelati con i giusti tempi narrativi. Così funziona anche per l’inserimento di Pippo a racconto inoltrato e per la sua funzione all’interno del gruppetto, e per la figura di Gambadilegno, ben giocata nella sua ambiguità.
In tal senso, tutto sembra funzionare meglio che nell’opera precedente, nella quale si evidenziava una compressione eccessiva dell’esposizione della mitologia narrativa, imperfezione che qui invece non si ravvisa.
Il contributo di Silvio Camboni alla buona riuscita del volume è ancora una volta determinante. Il suo tratto dettagliato e raffinato ben si confà agli scenari in cui si svolge l’azione, concentrandosi in particolare sulle isole volanti e sulle cavalcature alate, che appaiono delineate in maniera articolata senza mai perdere il gusto per uno stile delicato, semplice e umoristico. Ci sono chiare influenze miyazakiane in certi scorci, e in generale la mano sa cogliere quali elementi meglio caratterizzano gli sfondi e gli interni: il palazzo di Macchia Nera si presenta imperioso, per esempio, mentre il quartier generale della gilda è più caotico e disordinato, come anche l’abitazione di Pippo.
I personaggi appaiono ben rappresentati, ancora una volta attingendo all’esperienza di vent’anni fa sul Topolino italiano, e spiccano gli abiti cuciti loro addosso: un vestito semplice caratterizzato da gilet, fazzolettone, stivali e mantello per Mickey, una mise piratesca per Minni e un cappotto da corsaro per Pippo, con tanto di bandana. Anche Gambadilegno ricorda molto un pirata caraibico nel vestiario e nei capelli con le perline, mentre per Macchia Nera basta una cappa in pelliccia sopra al classico costume color d’inchiostro per dargli quell’aria regale che il personaggio vuol trasmettere.
Tra i personaggi secondari si notano Orazio e Clarabella come comparse di lusso, ma anche una varietà di animali antropomorfi: ermellini, paperi, corvi e scimmie, queste ultime ricalcate sui professori Ecks, Doublex e Triplex della storia a strisce Topolino e Orazio nel castello incantato (Blaggard castle, 1932) di Webb Smith e Floyd Gottfredson.
Le tavole sono spesso composte da splash page d’impatto, sulle quali si innestano riquadri più o meno regolari. In altre occasioni le vignette si sovrappongono in parte tra di loro, oppure alcune si allungano in verticale per rendere l’idea vertiginosa dell’altezza a cui si svolge l’azione.
Nel complesso si tratta di una griglia piuttosto libera, ma senza scompaginamenti eccessivi: Camboni si limita a variare dimensioni e disposizione degli elementi sul foglio per suggerire diversi ritmi di lettura, eccellendo nella rappresentazione di grandi scenari concessa da quadruple e illustrazioni a tutta pagina.
La colorazione di Samuel Spano e Jessica Bodart, infine, dà il tocco finale per connotare al meglio le tavole: c’è prevalenza di colori tenui, che virano verso l’azzurro del cielo e il verde dei campi, una luminosità pronta a smorzarsi nelle scene in notturna, al chiuso o all’interno di nubi minacciose. I toni chiari sono comunque quelli più presenti, restituendo un codice cromatico che ben si presta a raccontare gli ampi spazi che la fanno da padroni nella storia.
Mickey e la terra degli antichi è quindi un’opera completa nel senso più puro del termine: un’avventura autoconclusiva che soddisfa pienamente il palato del lettore, che attinge con forza ai ritmi della jeunesse del fumetto franco-belga adattandosi molto bene ai caratteri dei personaggi disneyani, buoni o cattivi che siano, e che artisticamente presenta tavole di livello e di grande effetto.
Una boccata d’aria per Topolino, che dimostra qui di poter essere ancora una figura genuinamente avventurosa in maniera naturale e azzeccata, senza troppe sovrastrutture e senza dover ricorrere al ruolo del detective; un utilizzo del personaggio che purtroppo negli ultimi anni non è affatto semplice o consueto vedere sulle pagine del settimanale italiano.
Anche per questo il tomo si pone come uno dei titoli più riusciti all’interno di questa collana d’autore.
Abbiamo parlato di:
Mickey e la terra degli antichi
Denis-Pierre Filippi, Silvio Camboni, Samuel Spano, Jessica Bodart
Traduzione di AmarenaChicStudio (Milano)
Disney-Panini, 2021
72 pagine, cartonato, colori – 14,90 €
ISSN: 977272466000610004
Per chi volesse approfondire:
L’oceano perduto: un’avventura steampunk di Topolino
Tra steampunk e jeunesse: Il viaggio straordinario
Silvio Camboni: Disney, Francia e ritorno