Gaia, nella mitologia greca, è la dea primordiale che personifica la Terra. Divinità dall’incontenibile forza creatrice è identificata come il punto di origine della vita stessa. Alla fine degli anni ’70 l’idea dell’esistenza di Gaia passa direttamente dal teismo alla scienza, dando il nome ad un’ipotesi scientifica che postulava che tutti gli organismi viventi e la materia inorganica concorrevano a formare un complesso utile a garantire la continuazione della vita sul pianeta. Possiamo dire che gli antichi greci ci avevano visto lungo nell’attribuire qualità divine al nostro pianeta. Un organismo vivente o dea primordiale che lavora al mantenimento delle condizioni utili al protrarsi della vita testimoniando il nostro passaggio sulla sua superficie. Gaia ci tollera, ci aiuta a vivere, come batteri o insetti che esistono in una particolare simbiosi con essa e, nel contempo, ci osserva per il tramite delle sue propaggini silenziose, piante ed alberi che testimoniano la bellezza della nostra madre che vive tra mito e scienza.
Il giardino di Sofia Cavallari va a sottolineare proprio questo legame tra uomo e natura, ricordandoci che Gaia fa parte di noi come noi facciamo parte di essa. Graphic novel che nasce come progetto per la tesi di laurea, si dimostra denso di piccole e significative emozioni che emergono tramite i ricordi e le suggestioni dei personaggi che, in diverse epoche storiche, hanno frequentato il giardino. Un luogo magico, fatto di pacifico silenzio, all’interno del quale è semplice trovare la strada per riconnettersi alla natura lasciando correre i propri pensieri fino a riportare alla luce memorie che sembravano sbiadite o cancellate dagli anni. Il segreto sta nel lasciar correre le nostre emozioni, togliendoci quella maschera che ci accompagna quotidianamente per giungere a sopprimere l’attore, ritrovando semplicemente noi stessi, cinti da una folta vegetazione che ci chiude la visuale, cancellando l’orizzonte per spingerci a guardarci dentro.
Ricordi nascosti divengono allora tangibili a seguito del contatto della mano con la corteccia di un albero, un semplice gesto che ci conduce in un viaggio indietro nel tempo, per raggiungere una stagione diversa della nostra vita dove ritrovare cose o persone che credevamo perse. Piante quali un cedro, un acero, un salice a cui è riconducibile un particolare istante o una esperienza condivisa con familiari e amici che riaffiora alla memoria nella magia del giardino. Questo è il compito degli esseri silenziosi, le piante e gli alberi, sentinelle del nostro presente come del passato, utili a indicarci la via verso la nostra umanità, verso qualcosa di importante che nel ripetersi dei giorni ci è sfuggito allontanandosi sempre un po’ di più fino a dare la sensazione che sia perso per sempre.
Per comporre la sceneggiatura l’autrice utilizza una struttura diaristica che si sviluppa proponendo frammenti di vita dei protagonisti, facendo confluire poi le singole storie in una narrazione corale che, in un gioco di rimandi, si riconnette al primo giorno di apertura del giardino. Il racconto, che non abbandona mai un tono pacato, accompagnato da una intima tristezza, volge il suo sguardo costantemente nel passato dei protagonisti che si raccontano attraverso le pagine dei loro diari.
I disegni, che restano in bilico tra le immagini illustrative che arricchiscono il racconto verbale e immagini di azione proprie del racconto a fumetti, ritraggono in modo semplice gli eventi, facendo da giusto compendio alle parole; queste sono proposte con un lettering da ciclostile, con caratteri che ricordano le vecchie macchine da scrivere: questa soluzione trasmette un senso di freddo distacco rispetto alla vocazione intimistica della storia che sarebbe stata invece amplificata da un carattere più vicino alla scrittura manuale, che meglio si accosta alle pagine di un diario.
L’organizzazione della tavola fugge dalla consueta griglia fumettistica, alternando illustrazioni a tutta pagina a tavole con dodici riquadri nei quali fare scorrere veloce gli eventi. Nel suo osservare strettamente da vicino la vita di alcune persone, creando diverse brevi sequenze narrative compiute e per la costruzione generale dell’opera che si appoggia molto più sul visual che sullo scritto, la lettura porta ad assimilare Il giardino a un insieme di cortometraggi nei quali spicca il silenzio dei luoghi rotto solo dalla voce narrante dei protagonisti.
Il graphic novel di Sofia Cavallari convince per la scelta di raccontare piccole storie che ci conducono a osservare le grandi emozioni nascoste in fugaci ricordi. Il racconto, in parte autobiografico, vive di una spiccata anima minimalista dalla quale emerge una idea romantica del rapporto tra uomo e natura. Nei disegni si manifesta spesso un debito emotivo da parte dei personaggi che, a causa di una non sempre riuscita resa grafica, non arrivano a comunicare pienamente le loro emozioni attraverso gesti ed espressioni. Anche la sceneggiatura, che si sviluppa lungo l’intreccio delle pagine di diversi diari, non riesce a mantenere sempre viva l’attenzione e la tensione emotiva a causa della frammentazione del racconto in diversi capitoli dalla struttura pressoché identica. La narrativa si dimostra così un po’ acerba ma ben costruita a testimoniare un grande margine di crescita artistica dell’autrice qui al suo esordio con un’opera pubblicata dalle Edizioni Nicola Pesce in un volume dal grande formato che rende piena giustizia all’ampio respiro delle tavole dalle tinte calde e malinconiche, come il sapore dei sogni e dei ricordi.
Abbiamo parlato di:
Il giardino
Sofia Cavallari
Edizioni NPE, 2022
88 pagine, cartonato, colori – 19,90€
ISBN: 9788836270514