Il 10 giugno 2024 cade il centenario del rapimento di Giacomo Matteotti da parte di una squadra fascista e, probabilmente, della sua morte, anche se il cadavere del deputato socialista fu ritrovato soltanto due mesi più tardi.
Per l’occasione pubblichiamo di nuovo la recensione de Il delitto Matteotti di Francesco Barili e Manuel De Carli, che l’editore BeccoGiallo pubblica in una nuova edizione che segue la prima del 2018.
Si parla sempre troppo poco di ciò che Becco Giallo riesce da anni a fare in modo praticamente (quasi) unico in Italia, graphic journalism, giornalismo a fumetti. Laddove con quel termine si intende il complesso di attività atte a fornire e commentare notizie, cronache, informazioni e fatti storici, veicolati attraverso il fumetto, cioè attraverso un mezzo che si basa sulla narrazione (e la narratività) di parole e immagini.
In un periodo storico quale quello che stiamo vivendo – in Italia ma non solo – in cui il giornalismo in senso generale sta vivendo una profonda crisi di identità e legittimazione che segnala un precario adattamento alle nuove dinamiche di creazione e circolazione dell’informazione nella nostra società digitale, soffermarsi ad analizzare un volume di Becco Giallo può essere un ottimo modo per riscoprire uno degli scopi fondamentali del giornalismo: fornire un mezzo interpretativo del contemporaneo attraverso un analisi di fatti e avvenimenti, più o meno datati, più o meno indietro negli anni.
Il delitto Matteotti, uno dei volumi del 2018 della casa editrice, è un perfetto esempio di quanto appena sostenuto. Non a caso gli autori sono Francesco Barili ai testi e Manuel De Carli ai disegni, due dei “veterani” di Becco Giallo, due di coloro che hanno contribuito a definire e a rendere peculiari e riconoscibili i fumetti dell’editore.
Il 30 maggio 1924, in piena ascesa fascista, il deputato socialista Giacomo Matteotti pronuncia l’ultimo suo discorso alla Camera, una invettiva contro l’uso sistematico della violenza fascista a scopo intimidatorio durante l’ultima mandata elettorale. È l’atto finale di un politico scomodo, già da tempo nel mirino delle camicie nere e di Mussolini. Il successivo 10 giugno, Matteotti viene rapito sul lungo Tevere capitolino da una squadra fascista, picchiato e accoltellato: il suo cadavere viene ritrovato soltanto dopo oltre due mesi, seppellito in un bosco vicino a Roma.
Questo delitto segna il momento più delicato per i fascisti e il Duce, un passo falso che ne avrebbe potuto provocare la caduta e che invece, per l’incapacità o forse ancor di più la paura, la mancanza di coraggio e la cinica connivenza delle altre forze politiche e sociali della nazione, segna l’inizio della dittatura del Ventennio.
Proprio da quest’ultima riflessione pare partire Barili per la scrittura di questo fumetto, sommata a un’altra constatazione ancora più amara, cioè che oggi, nella memoria di molti, il nome di Giacomo Matteotti non è altro che la semplice toponomastica di vie o piazze di molte città italiane.
Lo sceneggiatore ha capito da subito che un resoconto giornalistico a fumetti sul delitto di Matteotti e sulle conseguenze che ebbe per l’Italia, un documentario a fumetti che ripercorra in modo cronachistico i fatti della vicenda, ha in sé il solo valore di reportage storico.
Ma conoscere e studiare il passato è fondamentale per interpretare il tempo presente e mai come in questo periodo l’Italia (come buona parte dell’Europa e del mondo occidentale), gli italiani e i politici che li rappresentano sembrano essersi scordati delle vicende e degli errori commessi nel secolo scorso dalla nostra nazione.
Per sommare al valore storico l’ancor più importante valore derivante da una riflessione sulla contemporaneità, Barili decide di trasformare il racconto dell’omicidio del deputato socialista in una sorta di programma radiofonico, condotto da un giornalista del periodo, ma che viene ascoltato non nella Roma degli anni ’20 ma bensì in quella odierna. Il racconto dei fatti scorre nelle cuffie di un giovane ragazzo che viaggia in metropolitana (quasi fosse un podcast), così come arriva in una radio ascoltata da due fascisti contemporanei in un fittizio “Bar Gladio”.
Il cortocircuito narrativo e temporale messo in atto dà luogo a un racconto assolutamente coerente le cui due anime – resoconto storico/giornalistico e riflessione sul presente – convivono in modo efficace all’interno della trama.
Il fatto che Barili decida di non soffermarsi sui particolari del rapimento e dell’omicidio di Matteotti, bensì preferisca puntare il suo sguardo sulle sue conseguenze e sul clima politico e sociale dell’Italia di quegli anni, mette in campo una serie di analisi e riflessioni che si stagliano come perfettamente pregnanti e adatte anche all’attuale situazione del nostro Paese.
E l’efficacia di tutta una serie di escamotage narrativi, come l’idea di mettere in bocca al nostalgico neo fascista del presente le interruzioni e le intemperanze che i deputati della maggioranza rivolsero a Matteotti durante il suo discorso alla Camera, rendono evidente il cortocircuito fra le ideologie di sopraffazione e violenza che alimentavano il potere fascista e quelle che osserviamo guadagnare spazio e successo elettorale negli ultimi anni nella società occidentale.
Altro elemento che evidenzia la riuscita di questo esempio di graphic journalism è la struttura del libro che, ai capitoli in cui descrive la vicenda di Matteotti, inframezza dei frammenti, cioè capitoli più brevi in cui viene descritta in maniera romanzata la vicenda di Amerigo Dumini, l’uomo al comando della squadra di rapitori e assassini.
In tal modo, l’opera regala al suo ferreo impianto documentaristico quella narratività di cui parlavamo all’inizio, che connota e avvalora la scelta di usare il fumetto quale medium per realizzare un prodotto giornalistico peculiare.
A tal proposito, anche le tavole di Manuel De Carli si rivelano fondamentali alla riuscita de Il delitto Matteotti. Il disegnatore sceglie due registri narrativi diversi per i “frammenti” e “per i capitoli”: nei primi opta per un segno in toni di grigio, con tavole disegnate a matita su cartoncino ruvido. Per i secondi, invece, passa a un bianco e nero netto, senza più sfumature ma con netti stacchi tra luci e ombre e l’uso di retini pieni grigi apposti digitalmente.
Le due scelte, che marcano in modo evidenze la differenze tra le parti romanzate e la vicenda più prettamente giornalistica (seppur sempre connotata anch’essa da una forte narratività), trovano un punto di unione nello stile di De Carli fatto di un segno realistico ma che al contempo vira al caricaturale con una efficace capacità recitativa dei personaggi, nei volti come nei movimenti.
Proprio sui personaggi si basa la narrazione, concentrandosi su di loro e sacrificando spesso gli sfondi delle vignette, ridotti a semplici quinte su cui giocano il bianco e nero netti delle ombreggiature. Anche se le ambientazioni non vengono del tutto annullate e la resa di De Carli, per esempio, dell’aula di Montecitorio che ospita la Camera dei Deputati in una immagine a tutta pagina risulta altamente evocativa ed efficace.
Nelle tavole è da evidenziare la scelta di non inquadrare mai Mussolini in faccia. Le parole del duce arrivano sempre dalla sua figura presa di spalle o in vignette che inquadrano un particolare della sua persona, la mano oppure uno stivale della sua divisa. Oppure, ancora più efficacemente, è un suo busto stilizzato posto nel bar neofascista a dare voce al personaggio, che rimane comunque riconoscibile ogni volta che è messo in scena.
Questa scelta grafica – e anche narrativa – rimarca la ricerca di un’aderenza alla verità storica della vicenda che vide il Duce mai direttamente coinvolto nell’omicidio di Matteotti, seppure da molte testimonianze dei protagonisti risulti che comunque un suo coinvolgimento, mai provato da documenti ufficiali, ci fu. Tant’è che nel famoso discorso alle Camere del 3 gennaio 1925, che di fatto diede il via alla dittatura con la promulgazione delle leggi fascistissime, il Duce si assunse “la responsabilità politica, morale e storica” di quanto avvenuto nei mesi precedenti.
Quindi l’assenza del volto di Mussolini dalle pagine del fumetto diventa elemento significante di una sua mai provata complicità nell’omicidio.
A chiudere il volume e ad aumentarne ancora di più il valore giornalistico e documentaristico troviamo un cospicuo apparato di note redatte da Barili che, oltre a evidenziare l’attento lavoro di studio e ricerca propedeutico alla stesura della sceneggiatura, pone l’accento sull’assoluta volontà di ricerca di un’onesta verità storica da parte dell’autore.
In questo compendio, infatti, Barili oltre ad approfondire alcuni aspetti storici della vicenda, evidenzia le scelte narrative poste in essere in sceneggiatura per dare il senso di un racconto allo svolgersi dei fatti realmente accaduti, le libertà e gli escamotage utilizzati per dare all’opera quella qualità narrativa che il graphic journalism deve, a parere di chi scrive, perseguire.
Infine, la bibliografia che chiude il volume – aggiornata in questa nuova edizione del 2024 – si pone come punto di partenza per il lettore che, dopo la lettura del fumetto, abbia voglia di scavare ancora più a fondo in uno dei fatti storici e politici più importanti e significativi del XX secolo italiano.
Il delitto Matteotti è dunque giornalismo nell’accezione migliore del termine, un fumetto che fornisce informazioni, commenta fatti, invita a riflettere e ad approfondire in più direzioni.
Abbiamo parlato di:
Il delitto Matteotti
Francesco Barili, Manuel De Carli
Becco Giallo – collana “Biografie”, 2024
143 pagine, brossurato, bianco e nero – 17,00 €
ISBN: 9788833143347