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    Il colore, e la forma, delle cose: intervista a Martin Panchaud

    Autore di uno dei più strani, interessanti e controversi fumetti degli ultimi anni, Panchaud racconta il processo creativo e le idee dietro l'opera.

    Copertina ColoredellecoseFin dalla sua prima pubblicazione nel 2020 da parte dell’editore svizzero di lingua tedesca Edition Moderne, Il colore delle cose di Martin Panchaud ha destato interesse e curiosità da parte di addetti ai lavori, giornalisti e lettori fino a vincere (nell’edizione francese di Editions çà et là) il Fauve D’Or 2023 ad Angouleme e Grand Prix de la Critique ACBD 2023. Visuale dall’alto che inquadra i cerchietti colorati che rappresentano i personaggi del racconto, totale assenza di vignette e balloon, sostituite da una rappresentazione schematica, in proiezione, di ambienti interni ed esterni, abbondanza di infografiche: tutto questo per raccontare un giallo ricco di azione, colpi di scena ed emozioni. Un vero e proprio esperimento che porta al limite il concetto stesso di fumetto, come racconta Stefano Rapiti nella sua recensione della versione italiana edita da Coconino Press. Proprio per capire meglio le idee e il processo creativo dietro quest’opera, abbiamo intervistato l’autore, tra gli ospiti più attesi di Lucca Comics 2023.

    Ciao Martin e grazie per la tua disponibilità. Quando e come è nata l’idea di fare questo fumetto? E quanto tempo è stato necessario per produrlo?
    Mi sono formato in graphic design, dopodiché ho intrapreso un progetto personale: trovare nuove forme di espressione nel fumetto. È nata abbastanza rapidamente l’idea di ridurre i personaggi a forme geometriche, poi è nato il desiderio di fare un libro, una vera e propria graphic novel, con questo linguaggio visivo. Ho avuto l’idea nel 2011 e nel 2019 è stato deciso che sarebbe stato pubblicato in tedesco l’anno successivo.
    Durante questi anni di lavoro ho cercato degli editori e dei fondi per finanziare il fumetto e non è stato facile trovarli, vista la natura del progetto.

    Pagina3 ColoredellecoseVieni da un paese, la Svizzera, che non è tra i più noti per la sua tradizione fumettistica, e per di più hai pubblicato la prima edizione di Il colore delle cose in tedesco, una lingua che fa riferimento a un mercato del fumetto piuttosto piccolo. Quanto è stato difficile per te presentare quest’opera e farla produrre? Che ruolo ha avuto il tuo primo editore, Edition Moderne, nella realizzazione della storia e del libro stesso?
    Quando ho iniziato a lavorare a questo progetto ho ricevuto molto sostegno e incoraggiamento a Ginevra, ma purtroppo nessuno voleva pubblicarlo. Allo stesso tempo, stavo cercando un editore in lingua francese. David Basler di Edition Moderne di Zurigo si è subito interessato al progetto perché non aveva mai visto nulla di simile in 40 anni di carriera. Era il 2014 e mi disse: “Torna a trovarmi quando avrai finito”. Tornai da lui nel 2019, il libro uscì nel 2020.
    In Germania il libro è stato accolto molto bene. È stato ristampato tre volte e ha avuto delle buone vendite per essere un fumetto, per di più così particolare. Ma, nonostante questo, ancora nessuno voleva pubblicarlo nel mondo francofono.
    Infine, Serge Ewenczyk di Editions çà et là ha deciso di pubblicarlo in Francia. Questo editore ha la particolarità di pubblicare soprattutto libri dall’estero, non francesi. Il colore delle cose è il primo libro di questa casa editrice originariamente in lingua francese, e da allora ha continuato a pubblicare anche autori francofoni, ma comunque non francesi.
    È stato un processo lungo e complicato, ma credo che mi abbia permesso di trovare la casa editrice perfettamente adatta a questo progetto.

    In molte delle tue interviste ho letto che sei stato fortemente influenzato dal mondo dei videogiochi e del graphic design. In effetti, Il colore delle cose contiene molti elementi che rimandano all’estetica della grafica computerizzata e dei videogiochi a scorrimento 2D (i vecchi Zelda e GTA, per citare solo alcuni esempi noti a tutti). Come hai fatto a mettere insieme queste ispirazioni per realizzare un fumetto?
    È vero, sono cresciuto insieme all’evoluzione dei videogiochi che, all’inizio, avevano dei vincoli derivanti dello schermo e delle tecnologie che costringevano i creatori ad andare dritti al punto e a mantenere le cose semplici.
    Ad esempio, i videogiochi utilizzavano spesso la rappresentazione planare per collocarsi nello spazio. Si trova in molti tipi diversi di videogiochi ed è un sistema di rappresentazione dello spazio che viene immediatamente integrato dal giocatore. Quasi inconsciamente, il giocatore è già stato addestrato a comprendere e interpretare mappe e piani. Io ho utilizzato la cultura del lettore per raccontare la mia storia e semplificare gli spazi e le viste in planimetria.

    Pagina2 ColoredellecoseAllo stesso tempo questi elementi non sono del tutto nuovi per i fumetti, e la tua graphic novel mi ha ricordato per molti aspetti lo stile di Chris Ware. Anche lui è stata una delle tue influenze? Ci sono anche altri artisti che hanno avuto un ruolo importante nella sua formazione?
    Sì, ho scoperto Chris Ware negli anni 2000, ed è stata una rivelazione per me come per molti giovani artisti. Al di là del suo linguaggio minimale, che rimane comunque figurativo, è stata la sua attenzione ai dettagli e la sua visione dell’oggetto libro a ispirarmi.
    Nello stesso periodo ho scoperto anche Damien5, che è stato un precursore dei fumetti vettoriali e caricati su Internet, un autore che mi ha ispirato parecchio (www.level32.net/when-i-am-king-tablet-mobile/when-i-am-king-mobile-001).
    Oltre ai fumetti, sono stato molto influenzato dal mondo letterario, in particolare per quanto riguarda la varietà di stili. John Fante, Charles Bukowski, ma anche Céline mi hanno aperto gli occhi su ciò che può essere un libro, un tono e un linguaggio.

    I protagonisti del tuo fumetto sono tutti rappresentati da puntini. Non abbiamo informazioni visive sulle loro caratteristiche fisiche o sulla loro espressività; tutto è lasciato alla loro interazione e all’immaginazione del lettore. In molti passaggi, infatti, attraverso la scelta del tempo narrativo, percepiamo ironia, emozione, amore, rabbia e paura. Si passa da momenti divertenti a momenti molto toccanti, in una storia di avventura e thriller: tutto questo con dei semplici punti. Come hai lavorato su questo aspetto e, più in generale, cosa pensi che dica del fumetto come medium, dei suoi elementi fondamentali o di ciò che consideriamo tali?
    La magia del fumetto è la sua economia di mezzi. Alla fine, un fumetto può affrontare qualsiasi cosa, senza limiti di budget, dimensioni o fantasia.
    È il rapporto che creiamo con il lettore che ci permette di inventare il mondo immaginario. È stato Umberto Eco a dire, a proposito della cooperazione interpretativa: “Il testo è un tessuto di spazio bianco, di interstizi da riempire”.
    Quindi è la collaborazione con il lettore che ci permette di creare qualcosa di più grande di quello che vediamo sul libro, ed è ciò che ho cercato di fare.
    Infine, credo che il lavoro extra che il lettore deve fare per interpretare la storia permetta una maggiore immersione nella narrazione.

    Da un punto di vista tecnico, come hai affrontato questo lavoro? Ho letto in altre interviste che la base è costituita interamente da grafica vetitoriale.
    Lavoro con due programmi Adobe: uno è Illustrator, che mi permette di creare i disegni e gli sfondi, il secondo è InDesign, che mi permette di comporre le tavole, impostare i dialoghi e i personaggi.
    Poi, una volta ottenuti tutti gli elementi, posso iniziare la messa in scena. Lavoro sulla composizione e sul ritmo che voglio imprimere alla sequenza. Infatti, una volta che ho scelto e disegnato i setting e i personaggi, non mi resta che ripeterli modificandone la composizione nello spazio.

    Star Wars In A Single ImageUn altro aspetto interessante è la costruzione della tavola. In combinazione con la vista aerea, mi ricorda alcuni esperimenti riusciti di webcomic a scorrimento (uno degli esempi più interessanti è To Be Continued di Lorenzo Ghetti). E anche tu ti sei cimentato in qualcosa del genere con l’omaggio in infografica a Star Wars – Una Nuova Speranza. Hai provato a trasferire quell’esperienza e quella tecnica su carta? Quali sono, secondo te, le differenze tra i due modi di fare e leggere fumetti?
    Ancora una volta, Demian 5 ha dimostrato che i fumetti possono trovare il loro posto nel web. È ancora il modo migliore per raggiungere un vasto pubblico senza dover chiedere il permesso a una casa editrice. Ma va detto che il fumetto è prima di tutto un libro. Sono diventato davvero un autore quando ho pubblicato con una casa editrice. Si possono avere milioni di visitatori sulla propria pagina, ma se non c’è un libro dietro, non conta.
    La creazione di piattaforme per la condivisione di fumetti in rete è una vera opportunità per i giovani autori, è un ottimo modo per far conoscere il proprio lavoro. Allo stesso tempo, è anche un modo per sperimentare cose nuove.

    Oltre alle forme, un altro elemento che riduci ai minimi termini sono i balloon, che di fatto diventano delle linee che escono dalle vignette e su cui le lettere e le frasi si appoggiano. Come hai lavorato su questa soluzione?
    Una delle mie grandi paure era che il lettore abbandonasse il libro. Quindi ho cercato un modo per rendere la lettura il più naturale e confortevole possibile. La scelta di mettere il testo fuori dai riquadri rende le immagini più facili da leggere e da capire. Per me è la soluzione migliore.

    È ovvio che l’elemento originale del tuo fumetto è la sperimentazione della forma, la tecnica che hai usato. Ma non dimentichiamo che hai deciso di raccontare una storia facendo riferimento a diversi generi: dramma familiare, mistero, thriller. La storia è molto cinematografica, mi ricorda per certi versi i film dei fratelli Cohen. E poi c’è l’ambientazione nel Regno Unito. Perché queste scelte? Perché la storia (a tratti incredibile) di Simon Hope?
    Una delle cose che mi piacciono molto dei fumetti è l’aspetto popolare. Volevo raccontare una storia che potesse toccare molte persone. Affronto alcuni grandi temi, certo, come la ricerca di un padre, il denaro e così via, ma c’è anche una forma di umorismo e di ironia che mi piace molto. Si può vedere la storia come qualcosa di drammatico e infinitamente triste, ma si può anche guardare questi personaggi che lottano con le loro scelte sbagliate e la loro sfortuna e trovarlo comico.
    La storia è ambientata in Inghilterra perché ero in viaggio di studio quando ho iniziato a scrivere. Vivere in questo sobborgo londinese mi ha ispirato molto, ed è per questo che la storia è ambientata a Londra.

    Pagina1 ColoredellecoseLo stile del tuo fumetto è certamente sorprendente e, data l’estrema stilizzazione dei personaggi, può risultare un po’ ostico rispetto alle precedenti esperienze di lettura dei lettori. Questo non ti spaventa? Pensi che il pubblico sia pronto per fumetti così sperimentali? Sappiamo che Il colore delle cose ha vinto quest’anno il prestigioso premio del Festival di Angoulême. Ma come è stato accolto dal pubblico in Germania e in Francia?
    È vero che, a prima vista, è un libro che può spaventare per il suo stile innovativo e sperimentale. Ma basta iniziare a leggerlo e alla fine della terza pagina si è già capito come funziona tutto il sistema e si può entrare facilmente nell’avventura.
    In Francia e in Germania molte persone mi hanno detto che non erano invogliate a cominciare la lettura, ma poi, dopo averlo iniziato magari per curiosità, non sono più riusciti a chiuderlo fino alla fine. È piuttosto emozionante vedere fino a che punto i lettori possono essere toccati da una storia fatta di piccoli cerchi. Alcuni di loro mi hanno detto che era il loro primo fumetto. Se dovessi dare un consiglio, sarebbe quello di iniziare la lettura. L’immaginazione del lettore farà il resto.

    Mi riesce difficile non chiudere chiedendoti su cosa stai lavorando e soprattutto se i tuoi prossimi fumetti si spingeranno più in là, o in nuove direzioni, nella tua ricerca e sperimentazione.
    Dopo la pubblicazione del fumetto in francese ho avuto un gran numero di proposte. Sto lavorando a storie brevi che mi permettono di sperimentare cose nuove, ma ho anche un grande progetto, un altro libro, che è sul mio tavolo di lavoro. Ho dovuto fare una pausa per promuovere la versione francese de Il colore delle cose, ma non vedo l’ora di ricominciare. Continuerò a sperimentare e a esplorare questo tipo di linguaggio che gioca con la mente del lettore e cerca i limiti della sua immaginazione.

    Grazie Martin, al prossimo libro.

    Intervista realizzata via mail tra novembre e dicembre 2023

    Martin Panchaud


    MartinpanchaudMartin Panchaud è nato nel 1982 a Ginevra (Svizzera) e da qualche anno vive a Zurigo. Autore di romanzi grafici, ha prodotto diverse pubblicazioni con uno stile visivo unico.
    La sua dislessia è stata un ostacolo che ha avuto un impatto significativo sul suo percorso scolastico. Ha posto la lettura, così come l’interpretazione delle forme e dei loro significati, al centro della sua ricerca e lo ha spinto a scegliere uno stile molto particolare per esprimere la sua creatività e raccontare storie. Ha ricevuto diversi premi e riconoscimenti e ha svolto residenze artistiche per sviluppare i suoi progetti creativi. Esposto in diversi istituti culturali in Europa, come il Barbican Centre di Londra e il Centro Culturale Onassis Stegi di Atene, si è distinto in particolare per l’imponente opera SWANH.NET, un adattamento illustrato di 123 metri di Star Wars Episodio IV, pubblicato nel 2016.
    Il suo primo romanzo grafico, La couleur des choses, un libro di 240 pagine pubblicato in tedesco da 7Edition Moderne7, è uscito nel 2020. La traduzione francese di quest’opera pluripremiata è stata pubblicata nel 2022 da Editions Çà et là. Il libro è stato stampato in una tiratura di 50.000 copie e ha ricevuto prestigiosi riconoscimenti: il Gran Premio della Critica all’ACBD e il Fauve d’Or 2023 ad Angoulême.  Nel 2023, Martin Panchaud partecipa a una mostra collettiva intitolata Pop the Bubbles, Blur the Boundaries, presso il Centro Culturale Coreano di Bruxelles.

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