Il battesimo del porco: una blasfema fiaba di ribellione

Il battesimo del porco: una blasfema fiaba di ribellione

Taddei e Canestrari firmano una storia dai toni cupi, in cui lo scontro tra sacro e profano lascia spazio all’umano.

copertinaQuando mi sono trovato davanti al fumetto di Marco Taddei e Samuele Canestrari non sono rimasto abbastanza impressionato dal titolo: Il battesimo del porco. Inconsciamente devo aver pensato che si trattasse di una metafora, di un modo di dire, un po’ come per titoli quali La profezia dell’armadillo o Il mare verticale: non c’è un vero mare verticale così come non ci sarà un vero battesimo per un vero porco. Naturalmente mi sbagliavo.

Ancora una volta Marco Taddei si ispira alla tradizione e al sacro, ambientando la storia in un borgo rurale e ombroso, in cui l’umanità si divide in tre categorie di persone: gli ingenui paesani, chi amministra la religione (il prete) e chi il profano e l’occulto (la strega). Del resto le figure religiose sono al centro degli ultimi lavori dello sceneggiatore abruzzese, partendo dalla trilogia disegnata da Simone Manfrini (La Madonnina, Lu Spiritu e Qristo, pubblicati tra il 2018 e il 2019 da Incubo alla Balena) fino al più recente Il Santo, illustrato da Marco Filicio Marinangeli (Tabularasa, 2020).

Il battesimo del porco viene pubblicato a novembre del 2020 da MalEdizioni e viene disegnato dalle matite cupe e realistiche di Samuele Canestrari, che risultano perfette nel riportare le atmosfere di una storia in cui i confini tra bene e male, luce e ombra si confondono, lasciando emergere l’umano in tutti i suoi chiaroscuri. Il porco dunque, viene battezzato: questo gesto è lo spunto per una storia che si sviluppa in una trentina di pagine, fulminante per brevità, spessore e ricchezza del messaggio. La vicenda assume i toni di una fiaba (altro genere cui Taddei non è estraneo, viste le sue pubblicazioni per la casa editrice Orecchio Acerbo) in cui si delinea una sorta di morale.

paese inizio

Il testo si apre con un montaggio decisamente cinematografico, che in un paio inquadrature ci introduce nelle atmosfere grigie e nebbiose della storia, per poi metterci davanti alla sicurezza assoluta di un paesano: «Qualcuno ha fatto il malocchio al porco. Sono sicuro». Non c’è dubbio, nemmeno l’ombra di un’esitazione. L’unica soluzione per guarire l’animale è dunque il battesimo: nella cristianità questo è il sacramento attraverso il quale si entra a far parte della comunità, si viene riconosciuti in quanto cristiani. Già qui i simbolismi si sprecano: nell’Antico Testamento, il maiale è l’animale impuro per eccellenza, simbolo di lussuria e ingordigia e anche nei Vangeli troviamo alcuni episodi che ne sottolineano la natura blasfema1; siamo in una situazione in cui, pur di mangiare, i paesani sono disposti a nutrirsi di un proprio simile, di «carne santa, carne di cristiano».Paesano2

Chi legge sarebbe portato a credere che non ci sia nessun malocchio e che si tratti solo di contadini superstiziosi: il parroco, che è abbastanza privo di scrupoli, arriverà a dare il battesimo e “miracolosamente” il porco starà meglio. Magari il prete cercherà di guadagnarci qualcosa, approfittando dell’ignoranza della povera gente, secondo un copione che sembra già scritto. Ma naturalmente il testo di Taddei e Canestrari va molto al di là di questo. Al crepuscolo, infatti, Don Palmerino passa a casa di Zia Zeudi, una donna che è anche una strega. In preda all’incredulità capiamo che i due erano d’accordo in quello che sembra uno scambio di favori: sacro e profano collaborano, ciascuno per i propri scopi.

A questo punto la strega, stanca di dover fare il malocchio a un maiale ogni anno, chiede migliori condizioni: Don Palmerino rifiuta sdegnosamente e le intima di accontentarsi di quello che ha. La relazione tra i due assume quindi caratteri differenti: è il prete quello che detiene il potere e che, di nuovo, trae vantaggio da una persona che ha meno autorità di lui. Pur di raggiungere il guadagno è disposto a sfruttare la propria nemesi, una donna che è anche una strega, l’alterità per eccellenza, e per farlo si serve della propria facoltà di decidere chi può far parte della comunità e chi invece deve rimanerne escluso. Il messaggio è che chiunque può essere ammesso (persino i porci), purché la dispensa del prete si riempia (proprio di carne di maiale, tra l’altro). Oltre al guadagno, questa strategia garantisce al prete una maggiore stabilità della propria posizione: divide i paesani dalla strega, mette gli uni contro l’altra, spacciandosi per necessario alla sopravvivenza di entrambi2. In queste dinamiche la fiaba di Taddei e Canestrari, ambientata in un luogo fuori dal tempo, mostra tutta la sua modernità.

strega dettaglio

Non riveliamo il finale della storia, che, come se non ce ne fossero abbastanza, è un ottimo motivo per leggere il fumetto: basti sapere che la strega non ci sta e rompe questo circolo di sfruttamento. Il battesimo del porco è una fiaba di denuncia e di ribellione, di rottura di uno schema e di un equilibrio che, osservati da vicino, sono in realtà un abuso. È vero che Taddei ha scritto tante storie di preti negli ultimi anni3, ma qui la figura più affascinante è Zia Zeudi, anche se compare in sole quattro tavole. Quella della soggettività ai margini che si prende la propria rivincita sull’autorità è comunque solo la morale più palese: pescando dalla tradizione, lo sceneggiatore attinge a una fonte di materiali densi e inesauribili, che offrono diverse chiavi di lettura. Il prete che si crea la propria Provvidenza; il maiale come bene materiale «enorme», così eccessivo che va a toccare i salami nella credenza, «suoi antenati»; il corpo del porco (parole che sono l’una l’anagramma dell’altra), luminoso rispetto al resto, che dopo il battesimo «sta più ritto sulle zampe» e che andrà a nutrire altri cristiani; la sordità dei paesani al cambiamento, la loro ingenuità; il bisogno di stare in comunità a ogni costo e al prezzo di pesanti contraddizioni, sono solo alcuni spunti possibili.

Paesano e maialeCome si vede, sono tutti motivi in qualche modo perturbanti, perché terreno di contesa tra la realtà dell’abitudine, della sicurezza e la possibilità che ci sia dell’altro, una verità scomoda e diversa oltre le apparenze: una realtà più profonda, che vada giù, dove c’è il buio. Del resto luce e ombra si avvicendano in ogni pagina, con disegni in cui Canestrari mette in campo tutta la propria formazione cinematografica. Il disegnatore marchigiano viene da due opere completamente sue, Mosto (MalEdizioni) e Gli uomini cane non hanno la coda (Libri Somari), e qui, insieme a Taddei, lo vediamo alle prese con il suo primo vero fumetto. Nei lavori precedenti infatti la narrazione procede per illustrazioni e didascalie, senza balloon e con una sequenzialità fatta più “a scene”. L’esperienza dell’illustrazione è tuttavia ben visibile ne Il battesimo del porco: Canestrari non disegna l’intera tavola dividendola in vignette, ma realizza singoli disegni separati, che vengono poi montati insieme sulla pagina. In questo modo l’autore è riuscito nell’impresa di consegnarci una storia composta da disegni studiati, densi, che è bello osservare e sfogliare, proprio come in un libro illustrato, e che quindi si sposa bene con la brevità della storia. I tempi funzionano e si arriva alla fine con la sensazione che altre pagine sarebbero state di troppo. Gli autori hanno saputo fermarsi al momento giusto e condensare in poche tavole quello che avevano da dire (e da mostrare). Anche questa scelta avvicina Il battesimo del porco al testo illustrato, che può lasciare delusi per la brevità della lettura, ma che con occhi diversi è un libro a cui tornare con la mente, che risuona e chiede di essere sfogliato ancora, che portiamo in cucina quando ci viene a trovare un’amica e le diciamo «Ti devo troppo far vedere un fumetto che ho preso».

parroco

Samuele Canestrari ha evidentemente raggiunto un disegno maturo, personale anche per come decide di gestirlo: nelle sue tavole vediamo sbavature, un rettangolo di scotch che tiene attaccato un pezzo di foglio, insomma, tutto ciò che sta dentro il suo processo creativo. Mostrare la sfumatura, l’imperfezione, è qui una scelta consapevole che contribuisce alle atmosfere del testo, fatte appunto di grigi ma anche di neri pesanti, materici, in cui i personaggi si mostrano in tutta la loro umanità.

Rivendicare la sfumatura, lo sporco, la bruttezza di certi ritratti, un’imperfezione che è anche linguistica e che nei dialoghi e nel lettering dona profondità all’intera vicenda: sono scelte che non lasciano indifferenti perché parlano a noi, alla nostra idea di perfezione che è soprattutto una forma di protezione4. E di protezioni Il battesimo del porco ne abbatte parecchie: lo sa bene il porc-, scusate, il parroco, sul cui destino ancora mi interrogo quando alzo gli occhi alla libreria.

Abbiamo parlato di:
Il battesimo del porco
Marco Taddei, Samuele Canestrari
MalEdizioni, 2020
32 pagine, brossurato, bianco e nero – 12,00 €
ISBN: 9788897483243


  1. Celebre la citazione di Matteo «Non gettate le vostre perle davanti ai porci»; in un altro passaggio, Gesù stesso libera un uomo posseduto trasferendone i demoni in un branco di porci, che poi si buttano in un burrone e affogano. 

  2. Per approfondire questi temi consiglio il libro di Silvia Federici, Calibano e la strega. Le donne, il corpo e l’accumulazione originaria, Milano, Mimesis Edizioni, 2015, ma anche la più recente uscita della stessa autrice, per la casa editrice Nero, Caccia alle streghe, guerra alle donne. 

  3. Se ne parla durante la presentazione fatta dai due autori insieme a Matteo Contin: https://www.facebook.com/watch/live/?v=1087067581733328&ref=watch_permalink

  4. Sul fumetto e sulla perfezione come idea protettiva, consiglio questa bella chiacchierata tra lo scrittore Giorgio Vasta e la fumettista danese Rikke Villadsen, svoltasi in occasione dello scorso festival BilBOlbul: https://bilbolbul.net/BBB20/programma/sogliole-e-cowboy

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