I tunnel che attraversano l’Israele di Rutu Modan

I tunnel che attraversano l’Israele di Rutu Modan

A otto anni dal pluripremiato La Proprietà, Rutu Modan torna con una commedia noir che racconta le tensioni della moderna Israele (e del mondo che la circonda).


tunnel-rutu-modan-lizardSe si dovessero elencare gli autori contemporanei che più sono stati in grado di narrare la recente storia di Israele e il suo rapporto con le tragedie del popolo ebraico, Rutu Modan dovrebbe avere sicuramente un posto di rilievo. Con il suo mix unico di umorismo caustico e sensibilità emotiva, un tratto impregnato di ligne claire, una straordinaria capacità di costruzione della tavola e di storytelling, l’autrice israeliana ha raccontato il dramma e le contradizioni delle infinite guerre che coinvolgono il suo paese e stravolgono la vita del suo popolo (con Exit Wounds, tradotto per Coconino col titolo Unknown/Sconosciuto, premio Eisner come miglior graphicnovel e nominato Les Essentiels d’Angoulême nel 2008) e la complessa eredità lasciata dalle persecuzioni naziste e dalla diaspora (ne La Proprietà, premio Gran Guinigi nel 2013). In questa produzione, Tunnel si inserisce come nuovo capitolo di un ideale percorso socio-politico che, partendo da Israele, racconta gli stravolgimenti del Medio Oriente, sconvolto dalla guerra di conquista dell’Isis, e di come i rapporti di forza in questa parte di mondo (e ben oltre) siano più intrecciati e complessi di quanto si pensi.

Partendo dal ruolo che il commercio (illegale) di reperti archeologici e la connivenza di esperti, studiosi e mercanti d’arte, hanno avuto nel finanziamento dello Stato Islamico, Modan costruisce una commedia degli equivoci con tinte di noir e di avventura che attraverso l’ironia restituisce Tunnel-Rutu Modan_2l’immagine, unica e controversa, del proprio paese. Come nei lavori precedenti, le vicende famigliari hanno un ruolo centrale: è la voglia di rivalsa a spingere Nili Broshi, figlia del famoso professor Israel Broshi, a cercare nuovamente quell’Arca dell’Alleanza che il padre stava per scoprire. Il fatto che le coordinate di questo Sacro Cimelio lo collochino al di là del muro antiterrorismo eretto da Israele per sancire il confine con Gaza mette in moto eventi incontrollabili, che coinvolgono mercanti d’antichità senza scrupoli, ebrei ultraortodossi, goffi terroristi islamici, nonché il fratello Nimrod, accademico succube dell’influenza del direttore del dipartimento Rafi Sarid, ex collaboratore del padre dei due e segnato da un infantile complesso di inferiorità nei confronti di Israel.

La struttura del racconto è quella tipica del genere, ricca di misteri e colpi di scena, alternando momenti divertenti ad altri di azione ad altri ancora di commozione. Rispetto alle opere precedenti, Modan decide di puntare tutto su una comicità che va dallo slapstick al satirico e corrosivo, lasciando da parte le punte di grande emotività toccate ne La Proprietà: una lente narrativa che non risparmia nessuna delle parti e che, attraverso la risata, lancia messaggi di denuncia forti e chiari.

Ogni personaggio appare inizialmente con un ruolo ben definito, quasi stereotipato e pensato come bersaglio per la critica a un ben preciso modello umano (l’arrivista frustrato, l’avido mercante, il radicale ultraortodosso, il capriccioso compratore occidentale, i jihadisti ottusi); nel corso dell’opera tuttavia ognuno di loro segue un percorso di crescita, di Tunnel_RutuModan_2realizzazione, anche di rovina. Un elemento dinamico che sicuramente giova al racconto e che contrasta con una trama, che in alcuni punti sembra arenarsi e non trovare appigli per procede in maniera più spedita.

A dare spessore e fluidità alla storia ci pensa una regia chiara e certosina, realizzata (come da prassi per l’autrice) con l’aiuto di veri attori, che vengono rappresentati grazie a uno stile più stilizzato rispetto ai precedenti lavori, in cui la linea chiara appresa da Hergè e Jacobs viene contaminata dall’espressionismo dell’underground USA. Questa scelta, se da una parte riduce l’eleganza e la tenerezza raggiunte in La proprietà, dall’altra esalta in chiave comica le reazioni esagerate dei protagonisti (occhi spalancati come in un cartoon, lacrime che si fanno dense come melassa).

Se confrontato con altri lavori, Tunnel appare certamente fin troppo denso e carico di tematiche: i mille rivoli che si disperdono dalla trama principale vengono spesso lasciati inespressi, e questo dà all’opera un senso di minor coesione, quasi di incompiutezza. Anche il climax finale e la risoluzione appaiono eccessivamente forzati, quasi a voler raccogliere quanto più possibile di quello che è stato seminato, non riuscendoci.
Però forse anche questi difetti possono offrirci una chiave di lettura possibile, un’immagine frammentata di una realtà particolare molto complessa e a noi non pienamente chiara come quella israeliana, che si interfaccia con una macrorealtà (regionale, ma anche mondiale) a sua volta percorsa da mille tensioni e profondi cambiamenti.

Solo una grande autrice come Rutu Modan, quando anche non al suo meglio, può riuscire a farci ridere, a farci riflettere e a farci discutere.

Abbiamo parlato di:
Tunnel
Rutu Modan
Traduzione di Leonardo Rizzi
Rizzoli Lizard, 2021
288 pagine, brossurato, colore – 19,00 €
ISBN: 9788817156660

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