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    I tanti volti di Frank Espinosa: da Rocketo all’Italia

    Intervistiamo Frank Espinosa, direttore artistico della Scuola Internazionale dei Comics di Firenze, ma anche animatore e autore dell’indimenticato “Rocketo”.

    Frank Espinosa è conosciuto in Italia soprattutto come autore di Rocketo, fumetto edito in USA dalla Image Comics: al tempo della sua uscita nel 2006 si rivelò un successo editoriale e arrivò anche in Italia, dove presto vedrà una nuova edizione per la casa editrice Double Shot.
    Ma Espinosa è un artista eclettico: illustratore, animatore di personaggi famosi dei cartoni animati, autore di una biografia a fumetti su Salvatore Ferragamo e attuale direttore artistico della Scuola Internazionale di Comics di Firenze. Con lui abbiamo parlato delle varie sfaccettature della sua vita professionale e del ritorno dell’esploratore Rocketo Garrison.

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    Salve Frank e benvenuto su Lo Spazio Bianco.
    Ci racconti l’esperienza di illustrazione del romanzo di Frankenstein? Per le immagini hai scelto un approccio molto materico: i tuoi disegni danno l’idea di grandi tele dipinte e poi fotografate, a cominciare dalla copertina del libro. Come ti sei approcciato a questo lavoro con cui già altri fumettisti si sono confrontati, tra tutti Bernie Wrightson?
    L’approccio al progetto su Frankenstein è stato totalmente sperimentale. Ho cercato di arrivare ai simboli nascosti nelle parole di Mary Shelley e di illustrare questi, anziché accontentarmi di una trasposizione visiva di stampo più letterale. Tale approccio mi ha dato una certa libertà visiva, che ritengo importante quando si avvia un progetto di questo tipo. Frankenstein è stato adattato in fumetti e film così tante volte che ormai di quelle immagini straordinarie abbiamo una biblioteca visiva impressa nella nostra coscienza. Qualsiasi progetto io stia iniziando, la domanda che mi pongo prima di posare il pennello sulla carta è, ogni volta: cosa posso apportare di unico con il mio lavoro?

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    Illustrazione da “Frankenstein” (Double Shot)

    Suppongo che, prima di iniziare a disegnare, tu abbia riletto l’opera: che aspetti hai voluto mettere in evidenza, con il tuo lavoro, di un romanzo e di un personaggio così iconici?
    Sì, ho riletto il romanzo molte volte, prendendo appunti sui personaggi, i luoghi, gli stati d’animo e soprattutto sui simboli nascosti di cui il testo è pieno. Questo simbolismo, l’aspetto quasi onirico della narrazione, è stato l’aspetto che mi ha catturato: l’idea di Frankenstein quasi come primo superuomo, forte, che può saltare molto in alto, veloce, ma privo di quell’amore per l’umanità che avrebbe potuto trasformarlo in qualcosa di più grande. Visivamente volevo approfondire questi simboli, anche se poi alla fine mi sono un po’ frenato: volevo basare la creazione di Frankenstein su alcune opere dello scultore Henry Moore che amo molto, sentivo che quelle forme catturavano davvero qualcosa di unico. Chissà, magari avrò un’altra possibilità di farlo in futuro.

    Si sapeva che, Dopo Frankenstein, eri al lavoro sulle illustrazioni per i romanzi di Dracula e 20000 leghe sotto i mari: a che punto sono e quando vedranno la luce?
    Dracula è finito, mentre purtroppo il Capitano Nemo – uno dei miei personaggi preferiti – dovrà aspettare tempi migliori: sono riuscito a fare un paio di piccoli schizzi di studio, ma per ora il progetto si limita a questo.

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    Illustrazione da “Frankenstein” (Double Shot)

    Ci sono molti esempi diversi di applicazione di uno stile pittorico al fumetto: dal più fotorealistico, come Alex Ross, a quello più espressionista (se così possiamo permetterci di definirlo) come il tuo. Quando disegni, pensi più all’effetto visivo e artistico della tavola nel suo complesso o alla leggibilità della stessa? E quanto di una o dell’altra parte sei disposto a sacrificare con meno rimpianti?
    Ottima domanda! Ci sono così tanti stili e modi diversi di raccontare per immagini che tutti sono meravigliosi, grazie a una gamma così ampia di possibilità. Il mio approccio visivo è più astratto, sono affascinato dalle emozioni e dal movimento dietro una scena. In ogni progetto per me è una sfida capire fino a che punto posso spingermi senza perdere il controllo: quanto posso osare visivamente? La cosa più importante è raccontare la storia. Se nessuno può capire i tuoi disegni – indipendentemente dal fatto che siano molto astratti o molto realistici – e nessuno può capire cosa sta succedendo, allora hai fallito come narratore.

    Nel 2013, con La nascita di un sogno, hai trasposto in fumetti la vita di Salvatore Ferragamo, uno dei nomi che hanno reso grande la moda italiana. Le tavole del fumetto furono esposte in una mostra al Museo Ferragamo di Firenze: ricordo che mi diede l’idea di una presentazione artistica, con le tavole disposte in successione come dei quadri, senza balloon. Com’è stato raccontare la vita di un uomo come Ferragamo che, per certi versi, è stata una grande avventura?
    La nascita di un sogno – La vita di Salvatore Ferragamo è stato un progetto straordinario a cui partecipare, l’unione di persone meravigliose e appassionate che si sono riunite per collaborare e portare a termine un grande lavoro. Ancora oggi, se mi guardo indietro e ripenso a quanto successo dall’inizio alla fine, è come un sogno. L’intero processo di creazione di quel libro meriterebbe a sua volta un’altra intervista alle tante persone che hanno collaborato per metterlo insieme. Personalmente, lavorare con la società Ferragamo è stata una boccata d’aria fresca: finalmente un’azienda che voleva fare qualcosa con l’arte e usare una graphic novel per raccontare una storia. In quella società posseggono un punto di vista da cui molti studi di Hollywood potrebbero imparare.

    Il tuo legame con Firenze è poi continuato, visto che da due anni sei il direttore artistico della Scuola Internazionale di Comics del capoluogo toscano. Puoi raccontarci qualcosa in merito? Per esempio, cosa cerchi di trasmettere della tua esperienza autoriale a docenti e allievi della scuola?
    Tutto è nato proprio grazie al libro su Ferragamo, responsabile dell’incontro e poi della nascita dell’amicizia con Alessio D’Uva, che oggi è il direttore della Scuola internazionale di Comics di Firenze. Per qualche specie di miracolo, Alessio mi ha chiesto di aiutarlo nel suo lavoro e questo è stato uno dei più grandi onori della mia vita. È Alessio a governare la nave, si muove attraverso le acque a un ritmo meraviglioso: io mi occupo solo di soffiare sulle vele ogni tanto. Gli insegnanti sono meravigliosi, tutti molto entusiasti, e questo è un aspetto importante! Sono spinti a condividere veramente le loro conoscenze: non puntano solo a insegnare gli aspetti teorici, ma a collaborare e imparare assieme agli studenti. Questi ultimi poi sono fantastici, sono una continua fonte di ispirazione: se guardo il loro lavoro, non posso che essere ottimista per il futuro del fumetto in questo incantevole paese che è l’Italia. Arriveranno grandi artisti e narratori meravigliosi. Lavorano sodo, ma se chiedi a loro ti risponderanno che io pretendo sempre un po’ di più.

    Rocketo racconta una storia molto particolare, in un certo qual modo la storia di un uomo sconfitto dal destino ma che non si arrende. C’è una componente autobiografica?
    Ma certo! Non mollare mai, non importa cosa accada: riassume in cosa consista la creazione di un libro.

    Il personaggio di Rocketo vanta un carattere complesso, sfaccettato e, sotto alcuni punti di vista, tormentato. Ci puoi raccontare come e quando nacque l’idea narrativa di questo esploratore?
    Vi ringrazio per esservene accorti. Se dovessi analizzarlo, potrei dire che è nato nel momento in cui un bambino lascia la sua casa a Cuba per spostarsi, avanti nel tempo, negli Stati Uniti. Che grande presa di coscienza! Che curiosità! È un immenso e adorabile mondo quello in cui viviamo, che posto! Chi non vorrebbe poter vedere tutto? In breve, da bambino ero un topo di biblioteca e leggevo Swift, Homer, Stevenson e tanti altri. Poi ho incontrato Kirby e la banda della Marvel. Combinazione molto esplosiva per un cervello: o impazzisci o disegni fumetti.

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    Tavola in lavorazione dal volume inedito di Rocketo

    Rocketo sembra contenere tanto di Espinosa come autore, ma non meno come lettore: suggestioni, riferimenti, ispirazioni, omaggi. Viene in mente il famoso aforisma dell’essere “nani sulle spalle dei giganti”. Quali sono le fondamenta della formazione del tuo immaginario?
    Una delle tante idee con cui l’opera si balocca è che gli esploratori in realtà non scoprono molto, si imbattono in terre dove di solito vivono già altre persone. Queste si sono adattate e hanno prosperato in posti che avrebbero ucciso chiunque altro. Gli esploratori pensano di essere i primi ma, a meno che non stiamo parlando della Luna o dell’oceano profondo, nei vari luoghi ci sono sempre degli abitanti che salutano i nuovi arrivati. Il viaggio è il modo in cui l’esploratore impara, o non impara, da queste persone. Credo che un esploratore si incontri con la storia faccia a faccia. In un modo analogo e un po’ folle, stavo riflettendo su come funziona il fumetto: ogni generazione pensa di aver scoperto la splash page, o la vignetta inserita su uno sfondo, o le forme più strane per le vignette, mentre invece è stato tutto già fatto. Molto probabilmente è stato fatto nel periodo che va dal 1917 fino agli anni ’40. Le cose più folli sono state già fatte dagli autori delle strisce per i quotidiani e dai primi pionieri dei fumetti. Conoscere queste storie è essenziale per qualsiasi autore, dall’artista più raffinato a quello che realizza fumetti. Quei giganti sono il passato e dobbiamo conoscere, apprezzare e rispettare le persone che ci hanno guidato fino a qui.

    Come e con quanta volontà hai infuso Rocketo di questi elementi del tuo essere appassionato, oltre che autore?
    Come ogni altro personaggio con cui si lavora da molto tempo, arriva un momento in cui inizi a proiettare su di esso tratti autobiografici. A volte però lo scambio funziona anche nel verso opposto: ci sono state occasioni in cui mi sono chiesto “Come Lo gestirebbe Rocketo?”, riferendomi a una situazione che potrei affrontare nella vita reale. Ho sempre ammesso che a volte adoro comportarmi come Rocketo, ma vorrei soprattutto ottenere il grado di Spiro, se sono fortunato.

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    Tavola in lavorazione dal volume inedito di Rocketo

    Tu sei conosciuto in Italia come autore di fumetti, ma in USA vanti un notevole curriculum nell’ambito del mondo dell’animazione. Qual è la differenza tra questi due mondi, quali sono i ricordi più significativi del tuo lavoro in Disney e Warner Bros?
    Per me si è sempre trattato di narrazione, raccontare una storia con il medium che hai a disposizione. Quindi, almeno da questo punto di vista, non penso che ci sia molta differenza tra il mondo dell’animazione e quello del fumetto: con entrambi i media dobbiamo raccontare storie. Certo, nell’animazione esistono elementi che nei fumetti si possono solo sognare: l’animazione è ricca di movimento, musica, editing, tempistica e tanto altro. Ma il fumetto ha altre frecce al proprio arco. Fare un film d’animazione su Rocketo sarebbe per me la sintesi definitiva.

    Come è nata e come si è sviluppata l’idea di dare un nuovo aspetto ai personaggi dei Looney Tunes nel 1992?
    L’intera linea dei Looney Tunes fu creata all’epoca da giovani animatori che stavano ricalibrando il medium. Per mantenere vivi i personaggi e la forma d’arte, è importante mantenere anche quel senso di sperimentazione. A volte però l’innovazione deve camminare a ritroso, il che ammetto possa suonare strano. Quando sono salito a bordo del progetto non si è trattato tanto di spingersi in avanti, quanto fare un po’ marcia indietro. Era stato oltrepassato il limite visivo di ciò che rendeva quei personaggi accattivanti e divertenti. Noi li abbiamo riportati ai Looney Tunes che ricordavo, in modo da poter ripartire in avanti.

    Sempre a te è dovuta la nascita dei Baby Looney Tunes. Quale fu la tua reazione quando Warner Bros ti affidò la definizione del look di questi personaggi?
    Sì, il tutto si è sviluppato nel mio dipartimento. Ricordo di aver fatto i primi schizzi di Baby Bugs e di averli appesi al muro. La prima reazione a tutto ciò di solito è “perché”? Poi però sono arrivati i fondi ed è iniziata la corsa per cercare di entrare nel mercato dei Disney Babies. Dopo lo shock iniziale, diventa tutta una questione di risoluzione dei problemi. Le soluzioni visive, se fatte nel modo giusto, possono avere un gradevole fascino e vivere di vita propria, il che aiuta ad alleviare il dolore del marketing che ci sta dietro. Penso che abbiamo creato alcune adorabili soluzioni grafiche con quel marchio.

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    Tavola in lavorazione dal volume inedito di Rocketo

    Tornerai mai al mondo di Rocketo? Ci sono possibilità di vedere nuove avventure del cartografo Rocketo Garrison in un futuro prossimo?
    Non arrendersi mai. Mentre rispondo a questa intervista, c’è una nuova pagina di Rocketo che mi fissa sul tavolo da disegno. Ci è voluto del tempo, per svariati motivi, ma anche per cause pratiche. Queste nuove pagine sono dipinte a mano, fatte con la tecnica del “guazzo”, alcune sono persino a olio. Sto sperimentando con lo stile, andando in luoghi sconosciuti fino a oggi. Invecchiando posso lavorare più velocemente in alcuni modi e più lentamente in altri. Molto tempo fa, quando tutto è iniziato, avevo già in mente un finale ben preciso per Rocketo e i suoi viaggi con il volume Journey to Ultamo.

    Grazie per la bella intervista, Frank. A presto, dunque, con il ritorno di Rocketo!
    Grazie a voi e a tutti gli appassionati che mantengono Rocketo in vita. Auguro a tutti le migliori cose, specie di questi tempi!

    Intervista realizzata via mail nel mese di giugno 2020

    Frank Espinosa

    Frank EspinosaFrank Espinosa ha frequentato la School of Visual Arts di New York, specializzandosi in cinema e animazione. All’inizio della sua carriera ha lavorato per Walt Disney Animation; in seguito, come Art Director presso la Warner Bros. Ha realizzato un premiato manuale di progettazione dei personaggi, ridisegnando i personaggi Looney Tunes e creando Baby Looney Tunes oltre alla serie completa dei francobolli Looney Tunes.
    Ha ricevuto il Visiting Professor Fellowship del Martin Luther King al Massachusetts Institute of Technology (MIT) nel 2006 e nel 2007; ha partecipato alla Ohio State University e alla Collins College Lecture Series; ha sviluppato una serie di fumetti per la Princeton University; ha creato e illustrato un romanzo grafico a colori basato sulla vita di Salvatore Ferragamo, di cui sono state esposte le illustrazioni in vetrine di tutto il mondo. Il suo romanzo grafico,
    Rocketo, è stato nominato per tre Eisner Awards.
    È stato Art Director dei Libri
    Zum zum e attualmente sta illustrando i libri di Frankenstein e Dracula che saranno pubblicati in Italia.
    Dal 2018 è il Direttore Artistico della sede fiorentina della Scuola Internazionale di Comics.
    (tratto dal sito della Scuola Internazionale di Comics)

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