“Perché l’unico modo per non avere cattivi padroni è non avere padroni”

Il racconto però non si conclude con l’uccisione dei fratelli Cervi ad opera delle milizie fasciste, ma si protrae a un odierno 25 Aprile, concludendo l’amara fine degli uomini con la potenza vivificatrice del loro ricordo.
L’autore
Federico Attardo nasce a Montecchio Emilia, nel 1977. Già durante gli studi all’Accademia di Belle Arti di Brera si concentra sui temi della memoria, tanto da conseguire la laurea magistrale presso l’ISIA di Urbino, dove conclude il percorso formativo con una tesi che mette in luce le connessioni tra la fine di un mondo contadino e la distruzione paesaggistica in Emilia a partire dagli anni Trenta del Novecento. Coltiva l’amore per la campagna e ha collaborato con diverse riviste, fra cui Internazionale, Linus e Futura.
Il racconto, i temi e le scelte
Federico Attardo decide di dare un taglio molto particolare al racconto: non si tratta di una biografia, né di un’opera storica in senso assoluto. Il focus narrativo è incentrato sul rapporto che lega gli uomini alla terra: infatti, il racconto inizia col trasferimento della famiglia ai Campirossi, evento che rappresenta la ricerca dell’autonomia, quindi della libertà, e la volontà di lavorare la campagna.

A ribadire l’importanza dei luoghi, in questo caso la campagna reggiana, concorrono due elementi: uno, linguistico, ovvero il ricorso al dialetto in alcuni dialoghi; l’altro, narrativo e fantastico, rappresentato dal ruolo di narratori assunto da diversi animali, i quali raccontano le vicende della terra e della famiglia Cervi. Così, il ricorso al dialetto e agli animali porta fin dentro alla finzione narrativa l’importanza dei luoghi e, quindi, delle tradizioni.
Tuttavia, non manca lo sguardo al futuro, verso il quale anzi proiettano proprio la cura della campagna e dei luoghi originari, insieme allo studio: la famiglia Cervi si mostra lungimirante verso le nuove tecnologie, come ricorda nelle pagine conclusive l’autore, quando racconta che i Cervi furono i primi, nel paese, ad acquistare un trattore, nel 1939.
Il passato, la campagna, il futuro
Che fra passato e futuro non ci sia opposizione, ma integrazione è testimoniato proprio dalla conclusione, anzi dalle conclusioni: la prima, narrativa, visto che il fumetto si chiude con la celebrazione di un sempre odierno 25 Aprile; la seconda, che appartiene allo spazio extra-narrativo, è rappresentato dalla pagina conclusiva, dove viene spiegata l’espressione locale “tera basa”. Il fumettista scrive: “La tera basa è un termine dialettale reggiano utilizzato in modo ironico per indicare qualcosa che sta ‘in basso’. Così la terra, superficie sulla quale ci muoviamo quotidianamente, diventa luogo di lavoro e identità per chi la vive e la cura. Oggi rischiamo che di queste terre non ne rimanga che il ricordo”.
Dunque, la Liberazione e l’amore per la propria terra, che vengono a coincidere nel nome dell’amore per la libertà, che non è un ideale astratto, ma si esercita in un luogo e si difende da chi vuole negarla, nella concretezza dell’hic et nunc.
Regia e montaggio

Stile
Federico Attardo si avvale di una tecnica mista, ovvero di un pastello a olio compattato e di matita graffiata su tavole monocromatiche. Sul piano dei colori differiscono le ultime pagine, cioè quelle dedicate alla celebrazione del 25 Aprile, dove il verde, il bianco e il rosso spiccano. I disegni sono espressionistici e, pur rappresentando con chiarezza gli elementi della scena, rivelano il personale tratto della mano più che la reale forma di corpi e oggetti.
Considerazioni conclusive
Il fumetto è originale nella sua impostazione narrativa, come originale si rivela la mano del disegnatore. Il focus narrativo è concentrato soprattutto sul lavoro nei campi, anche se comprende altri temi, come rivela proprio la prima frase che s’incontra alla seconda pagina, dedicata alla definizione degli “ecotoni“, ovvero zone di incontro di diverse comunità biologiche. Questa caratteristica potrebbe deludere chi cerca un’opera didascalica e storica in senso stretto. Ma l’originalità, unita a uno stile personale e d’alto livello rendono questo fumetto un’ottima esperienza di lettura. Inoltre, il discorso degli ecotoni, così come quello della cura della terra, a un livello più profondo prelude allo scontro di habitat diversi anche in senso allegorico: lo scontro, per esempio, fra chi studia, ama la libertà e la propria terra e chi anziché studiare vuole dominare, anziché amare e rispettare il prossimo vuole soggiogarlo, anziché coltivare ciò che ha vuole togliere agli altri.
Abbiamo parlato di:
I sette fratelli Cervi. Una famiglia antifascista.
Federico Attardo.
BeccoGiallo, 2024
128 pagine, brossurato, colori – 19,00 €
ISBN: 9788833143187
