Nel 2019 Tiziano Sclavi è tornato a dedicarsi a Dylan Dog, il suo personaggio più celebre, dopo che in precedenza aveva firmato due storie pubblicate nella testata mensile, ossia Dopo un lungo silenzio (Dylan Dog #362, novembre 2016, disegni di Giampiero Casertano) e Nel mistero (Dylan Dog #375, dicembre 2017, disegni di Angelo Stano, colori di Giovanna Niro). Sergio Bonelli Editore ha deciso di proporre direttamente in libreria e in fumetteria la nuova serie del papà dell’indagatore dell’incubo con una veste di pregio: cartonati di 64 pagine a colori, con cadenza dilatata.
Dunque, Dylan Dog presenta I racconti di domani si distingue già a partire dall’estetica del prodotto dalle altre uscite riservate all’inquilino di Craven Road 7, ma le differenze non finiscono qui. Al di là del colore, che non è un’esclusiva dato che ormai da anni ogni tre mesi si può acquistare in edicola il Color Fest, e della foliazione ridotta, a risaltare è il Dylan Dog presenta che si legge nel titolo della collana. Infatti, colui che solitamente è protagonista oppure osservatore, ma è comunque ben presente nelle pagine delle varie narrazioni, in questa nuova opera sclaviana è relegato nella cornice, lettore di storie tanto quanto il pubblico che tiene tra le mani il volume.
IL LIBRO IMPOSSIBILE
Senza sapere per quale motivo sia giunto lì, Dylan si trova davanti al misterioso negozio Safarà e nota un libro che riporta in copertina la scritta Tales of tomorrow. Sempre senza sapere il perché, decide di acquistarlo, anche convinto da Hamlin, il proprietario dell’esercizio commerciale che, uscito Dog, scompare.
Questa è la cornice narrativa pensata dallo sceneggiatore e in essa si muove il suo figlio prediletto, con quel mix di scetticismo e stupore che lo contraddistingue fin dagli esordi. La sua chiosa alle parole del negoziante è programmaticamente sclaviana: “Pazzo… Quell’uomo è pazzo… O forse… Forse il pazzo sono io”.
Rientrato nel suo appartamento, l’indagatore inizia a leggere la “raccolta di racconti che saranno scritti solo domani”.
Il primo, intitolato Il mondo di fuori, mette in scena la quotidianità di Holden – il nome fa subito pensare allo studente che desidera fuggire da tutto nel romanzo di J. D. Salinger, che tra l’altro condusse un’esistenza appartata -, un ragazzo che non esce mai di casa e si fa accudire dalla madre. Sclavi, noto per la riservatezza con la quale trascorre da anni le proprie giornate, propone la figura dell’hikikomori, fenomeno sociale di clausura auto-imposta diffuso in Giappone. Gigi Cavenago esalta l’atmosfera claustrofobica e in seconda battuta funesta, puntando su una colorazione acida, con prevalenza di verde e di viola. Il contrasto rispetto alla raffigurazione del mondo esterno all’abitazione è accentuato non solo dalle tinte calde e variegate che a esso sono riservate, ma anche dalla composizione ascensionale della splash-page che fotografa la realtà a cielo aperto (p. 18).
La verticalità dell’illustrazione a tavola intera spezza una scansione che, già a partire dalla cornice, si era articolata principalmente su tre o quattro strisce, con abbondanza di spazio bianco tra una vignetta e l’altra. La piramide umana disegnata a tutta pagina dall’artista culmina con la silhouette della Morte, entità ricorrente e tema condiviso dalle brevi narrazioni inglobate nel contenitore diegetico.
Continuando a parlare di “contenitore”, è interessante soffermarsi sulle sezioni centrali delle pp. 22-23. Un po’ di contesto: nella storia Il punto di vista degli zombi, il secondo dei Racconti di domani, Dylan è una comparsa ma, anche se al centro della vicenda – come da titolo – ci sono i non-morti, è protagonista della sequenza muta iniziale. In un cimitero si vede costretto a sparare alle creature in decomposizione, per evitare spiacevoli conseguenze. Nelle due tavole affiancate menzionate, utilizza la pistola e centra i bersagli.
Nel primo caso c’è una certa distanza tra Dog e il nemico, quindi i due si trovano rispettivamente nel rettangolo di sinistra e in quello di destra. In mezzo c’è lo spazio bianco che viene attraversato e squarciato dalla pallottola. Nel secondo caso l’eroe e lo zombi sono vicini al punto che la canna dell’arma da fuoco tocca il mento del mostro; per questo motivo, entrambi i personaggi sono presenti nella vignetta di sinistra e tornano, almeno parzialmente, in quella di destra. Cambia l’inquadratura e non c’è la necessità di rompere la griglia né di rendere candido lo sfondo.
In seguito, dalla sparatoria si passa alla passeggiata caracollante di uno zombi, il reale protagonista della narrazione, che viene portato al riparo da una preziosa alleata. Costei ha i capelli rossi e questa tonalità si sprigiona negli ambienti da lei percorsi, sostituendo l’ocra che velava la città durante la bizzarra camminata precedente. La propagazione di un colore da un particolare ad altri elementi ritorna nelle sequenze successive, in cui è l’azzurro della chioma di una conduttrice televisiva a dettare la linea cromatica.
In mezzo tra le due scene c’è la rivalsa del verde, già predominante nella disavventura dell’hikikomori. In questo nuovo caso, però, non è acido ma più acceso, quasi pulsante: ricorda i raggi gamma della nascita di Hulk e le luci tipiche della centrale nucleare di Springfield ne I Simpson.
Oltre al movimento dato dalla tavolozza di Cavenago, la sceneggiatura prevede un’ellissi narrativa, ossia un salto di tre anni che conduce a p. 44. Organizzata come il foglio di un codice miniato, essa presenta un capolettera decorato con il volto ringiovanito dello zombi (le sue nuove sembianze rimandano a quelle dell’attore Tom Hiddleston, di cui prende anche il nome di battesimo) e una ventina di righe di prosa, dedicate a un’arringa di argomento socio-politico.
Terminato Il punto di vista degli zombi, bisogna aspettare l’ultimo segmento del volume, L’evocazione, per rivedere Dylan, ancora una volta con il ruolo di comparsa, nella fattispecie di ascoltatore abbastanza scettico e svagato di un singolare caso di rito demoniaco.
Prima, però, c’è Fumo, racconto che condivide con il celeberrimo romanzo La coscienza di Zeno il discorso sul fumo di sigaretta, vizio/piacere catartico e deleterio. È interessante che Sclavi dedichi a questo aspetto della realtà, declinandolo in accordo con il tema del controllo e della repressione della massa, un intero episodio ad alta tensione, soprattutto se si considera che l’aveva già affrontato nella cornice, affidandolo alle parole di Hamlin prima e di Groucho poi.
DELLA MORTE E DEL CIELO
Se nel primo libro Dylan mette in moto la vicenda con l’acquisto e la lettura del tomo Tales of tomorrow, in Della morte e del cielo “si limita” a dormire. Si attiva nuovamente il meccanismo della cornice e, una volta esaurita la seconda tranche di racconti, il personaggio si sveglia, va sotto la doccia e pensa: “Che sogni che ho fatto…”. Nel frattempo le pagine si girano come mosse dal vento e il doppio ruolo di lettore e narratore spetta a Hamlin. Questa è la principale differenza relativa al contenitore delle narrazioni rispetto a Il libro impossibile, nel quale era in atto uno sdoppiamento curioso: lettore era Dog, ma narratore Hamlin. Il vampirico negoziante si palesa a p. 21 per commentare la storia esposta in apertura di volume, Come venne l’amore per il professor Tristezza, e introdurre la seconda, Gli ultimi cinque secondi.
La prima ricalca il solco tracciato ne Il mondo di fuori, con la distinzione che a essere solo e chiuso in se stesso non è un ventenne ma un docente universitario di 62 anni. Se il giovane si isola in casa, l’insegnante si rapporta con studenti e colleghi ammantandosi di una coltre di indifferenza e miseria interiore; eppure, come per Holden, anche per l’uomo ribattezzato “Tristezza” l’apparenza inganna: quella che appare una scelta ponderata si rivela essere piuttosto una corazza, la naturale conseguenza di un malessere radicato e irrisolvibile.
Come viene ribadito nel secondo racconto, sembra che l’unica vera liberazione sia la Morte, attesa e temuta. L’incappucciata con la falce appare a p. 30 circondata da orologi deformati, un evidente rimando a La persistenza della memoria di Salvador Dalì.
La tavola citata è ricca di chine e di nero, tanto che Nicola Mari, il fumettista chiamato a realizzare questa uscita del 2020 della nuova collana, mette in risalto soltanto i contorni della testa e del busto e, soprattutto, gli occhi spalancati del malcapitato di turno. Un po’ sorprende la scelta di un artista così gotico e legato al bianco e nero per illustrare una testata a colori. Si muove molto probabilmente nella direzione del rispetto dello stile del disegnatore la colorazione di Giovanna Niro, che adotta per buona parte del fumetto tinte più scure e desaturate rispetto a quelle di Cavenago.
È una decisione vincente, vista l’enorme differenza che intercorre tra il tratto cupo, spigoloso e tagliente di Mari e quello del copertinista della serie regolare.
Guidato da Hamlin l’affabulatore, che si rivolge direttamente a lui, il lettore si addentra nell’Oltrepò Pavese, in particolare a Buffalora, cittadina inventata da Sclavi e teatro della vicenda di Francesco Dellamorte, quel proto-Dylan Dog protagonista del romanzo Dellamorte Dellamore. Il rimando all’opera non è una novità, infatti suoi elementi sono citati nello Speciale Orrore nero di Sclavi e Giovanni Freghieri, nel ciclo 666 di Roberto Recchioni (a cui ha prestato le matite anche lo stesso Mari) e nello Speciale La grande consolazione, nuovo capitolo del 2020 della saga de Il Pianeta dei Morti firmato da Alessandro Bilotta e Carlo Ambrosini.
Ne Lo straniero, per lo sceneggiatore l’ambientazione lombarda è occasione ghiotta per inserire nei testi la parlata tipica dei luoghi, in accordo con un registro comico costituito non solo dal dialetto ma anche dalla scatologia, da un’ironia di fondo e da una bonaria presa in giro di alcune formulazioni quasi surreali, quali il “come va, come va?” pronunciato dal professorone in camice bianco e indirizzato al paziente eponimo.
Con la sua atmosfera sospesa e in parte fiabesca – una fiaba allo stesso tempo moderna e primordiale – questo racconto appare come il più riuscito e divertente tra quelli raccolti in Della morte e del cielo (si noti il titolo alla luce di quanto scritto poco sopra). Infatti, anche prendendo in considerazione l’ultimo, L’arrivo, in cui torna la conduttrice con i capelli azzurri già incontrata ne Il punto di vista degli zombi (volume #1) e si assiste alla narrazione dilatata dell’atterraggio di un’astronave, l’impressione è che il secondo volume paghi la reiterazione della formula che poteva apparire una novità nella prima uscita: il susseguirsi di brevi storie con alcuni argomenti in comune ma in buona sostanza autoconclusive.
Forse il minore, o meglio assente, coinvolgimento di Dylan, seppure anticipato in fase di presentazione e lancio della testata, priva il fumetto di una componente fondamentale nella fortuna del personaggio, ossia il personaggio stesso. Che sia protagonista o semplice osservatore, che intervenga in modo risolutivo o sia vittima degli eventi, l’indagatore dell’incubo riesce a indirizzare una trama con il suo carisma. Un carisma fatto più di sottrazione che di affermazione, perché spesso Dylan è diverso da tutti gli altri nel non essere come gli altri o addirittura meno degli altri. Allora la scrittura scorrevole, sorniona e avviluppante di Sclavi, unita ai segni personali dei grandi disegnatori chiamati a raccolta, potrebbe perdere qualcosa, se a beneficiarne non c’è anche la figura che in passato l’autore di Broni ha scelto per veicolare il proprio messaggio e la propria voce.
Abbiamo parlato di:
Dylan Dog presenta I racconti di domani #1-2
Tiziano Sclavi, Gigi Cavenago, Nicola Mari, Giovanna Niro
Sergio Bonelli Editore, 2019-2020
64 pagine, cartonato, colori – 19,00 € cad.
ISBN: 9788869614507 e 9788869615238