” I racconti del terrore di Gogol”: tradurre lo straniamento

” I racconti del terrore di Gogol”: tradurre lo straniamento

Tre fra i racconti più stranianti di Gogol rivivono per NPE re-immaginati dalla penna di Luca Franceschini e dalla matita di Francesco De Benedittis.

“Certamente, io… in fondo sono un maggiore. Andarmene in giro senza naso, concedetemelo, non è decente. Io sono uno che ha prospettive…”

Il fumetto in ordine: un’introduzione ai racconti

I Racconti Del Terrore Di GogolI racconti del terrore di Gogol si presenta nel canonico formato rigido e di buona fattura alla quale ci ha abituati la casa editrice NPE: un volume sottile ma con pagine ampie, che accolgono disegni liberi di svilupparsi e di sconfinare nei riquadri di altre scene. Il fumetto presenta i tre racconti di Gogol’, ovvero Il nasoIl ritratto e Il Vij, seguiti da un breve articolo (di tre pagine) di approfondimento sulla relazione fra reale e surreale nell’autore russo e dall’analisi dei tre racconti rappresentati nel volume, tutto per mano di Luca Franceschini.

Il primo racconto è Il naso, nel quale scopriamo l’assurda e straniante vicenda di un maggiore russo che si risveglia privo del naso. Il caso, già assurdo, presto si carica di una tensione allucinata quando il protagonista s’imbatte nel proprio naso in alta uniforme e, come se fosse un ordinario qui pro quo, cerca di farlo ragionare sul posto che effettivamente gli spetterebbe, ovvero il viso di chi gli sta parlando. Se strano possa apparire l’uso della logica in un momento tanto folle, ancor più bizzarre risultano le ragioni addotte dal signor naso per svincolarsi dal dialogo: egli fa notare al suo effettivo proprietario che, osservando i loro rispettivi abiti, risulta evidente l’appartenenza a diversi dicasteri, motivo per cui fra i due non può esserci alcuna affinità. L’avventura, allucinata e inquietante, si conclude con una pacatezza e una risoluzione dell’assurda faccenda tali da lasciare i lettori spaesati davanti alla raffigurazione tanto borghese di un fatto così irrazionale.

Il secondo racconto, Il ritratto, rappresenta la vicenda di un pittore che diventa ricco dopo aver acquistato il dipinto raffigurante un uomo dagli occhi di fuoco. Il povero arricchito non si accorge però che il prezzo della sua crescita finanziaria e sociale è proprio il suo talento e la moneta da versare al magico e diabolico dipinto è la serenità dell’anima: presto, il pittore diventa invidioso dei veri e talentuosi colleghi, arrivando persino ad acquistarne i dipinti più belli al solo scopo di distruggerli a colpi di mazza. Il mistero del ritratto viene svelato solo alla fine, a un’asta, da un nuovo personaggio… ma alla comprensione del terribile potere del dipinto non segue la sperata soluzione del problema.

Il terzo ed ultimo racconto, Il Vij, porta i lettori in un contesto fiabesco e folkloristico, dalle tinte (ovvio!) tenebrose e stregonesche. Tre viaggiatori si ritrovano costretti a cercare ospitalità in una cascina. Ad accoglierli all’uscio è un’anziana poco cortese, la quale si rivelerà essere una terribile strega, specializzata nel cavalcare sulle spalle gli uomini e capace di instillare un malvagio sortilegio tramite questa bizzarra pratica. Tuttavia, il protagonista di quest’avventura, riesce a divincolarsi, disarcionando la terribile cavaliera e uccidendola a colpi di mazza. Si scoprirà che la strega era in realtà la figlia di un capo di un villaggio vicino e che, in punto di morte, prima di spirare, ha chiesto al padre che a vegliare sulla sua salma fosse fatto venire proprio il seminarista e filosofo che l’aveva uccisa, senza rivelare il ruolo che il giovane studioso aveva avuto nella morte della ragazza-strega. Il padre acconsente alla richiesta, obbligando il giovane ai tre giorni di veglia: seguono tre notti terribili, nella quali la morta si sveglia e cerca di assaltare il giovane, protetto da un cerchio mistico e dalle preghiere. Ogni notte l’assalto diviene più aggressivo e la resistenza dello protagonista sempre meno ferma. Infine, fra le forze oscure che accorrono in supporto alla strega, arriva proprio il Vij, re degli gnomi, reinventao da Gogol’ attraverso la combinazione di diversi elementi del folklore slavo.

 

I Racconti Del Terrore Di Gogol' 1

Il fumetto in ordine: lo sviluppo dei racconti

Le tre storie presentano diversi modi di rappresentare l’elemento magico: nella prima, Il naso, la magia non compare direttamente, se non attraverso un’esplicitazione del fenomeno, che non può essere spiegato, se non interpellando forze misteriose e irrazionali. In questo senso si parla di realismo magico, definizione con la quale si indica una storia che usa gli elementi della magia senza sconfinare nei territori del fantasy. In questa tipologia confluiscono racconti eterogenei, ma accomunati dall’effetto di straniamento che deriva dal vedere un elemento perturbatore reagire con la quotidiana banalità della vita. Nel caso specifico di questo racconto, fa specie notare che il primo dilemma del protagonista sia proprio di natura sociale: come potrebbe mostrarsi in società un uomo di rango, quale egli è, senza naso? A questo assurdo problema, si aggiungano anche la reazione dei personaggi ai quali il protagonista si rivolge per chiedere aiuto. Tanto il giornalista che il commissario reagiscono con un’indifferenza che risulta doppiamente strana: in primo luogo per il fatto di ignorare una richiesta di aiuto; in secondo – e forse più impressionante – luogo, per la totale apatia con la quale rilevano la fuga del naso dal volto dell’illustre protagonista.

Infatti, proprio nelle relazioni e nelle reazioni dei personaggi si evidenzia l’aspetto satirico dell’opera di Gogol’: la società raccontata è luogo di borghesi spenti, interessati solo e soltanto a sé stessi. Potremmo affermare che l’attenzione dei cittadini benpensanti non vada oltre il loro naso, motivo per cui la perdita del naso apre il protagonista alla cinica esperienza di una società indifferente. Non casuale che l’epilogo ci presenterà il protagonista con un carattere e una disposizione d’animo mutata.

La seconda storia, Il ritratto, è, rispetto alla prima, più canonicamente magica: la presenza di un ritratto dai poteri sovrannaturali e il conseguente prezzo di quello che, a prima vista, sembrava un vantaggio, ricordano ingredienti e meccaniche tipici di certi filoni del fantastico, nei quali un patto apparentemente vantaggioso si rivela poi terribilmente esoso. Anche in questo secondo racconto, però, compare la dimensione sociale: il pittore vittima del dipinto sviluppa odio e invidia verso i veri pittori, portando sulla scena il terribile effetto di una velenosa invidia, forza che distrugge la vita del singolo e le relazioni sociali: è ancora la società dei ricchi ad essere oggetto della rappresentazione più forte e terribile dell’incantesimo. Infatti, il culmine della follia viene raggiunto al massimo del successo del protagonista, quando ormai si è lasciato alle spalle la povertà ed è entrato a tutti gli effetti nel mondo dei benestanti e dei ricchi.

L’ultima storia, Il Vij, ci conduce nel terreno dei racconti popolari, con la presenza di elementi archetipici, quali la strega, il capo del villaggio, la morta che resuscita e tormenta il giovane in preghiera e, infine, la comparsa di una creatura ctonia, appartenente al mondo della terra. Quest’ultimo racconto è diverso rispetto ai precedenti. In primo luogo, è ambientato in un villaggio, quindi non in una ricca città. Poi i personaggi appartengono al mondo degli umili, in particolare degli studiosi. In questo caso, l’elemento magico si caratterizza per le tinte orrorifiche che si manifestano dopo la morte della strega e con le conseguenti battaglie notturne fra l’orante e le terribili schiere dei mostri notturni che accorrono al richiamo di quella. La manifestazione finale del Vij rappresenta il culmine di queste manifestazioni, tanto che il luogo in cui sono avvenute non può ormai che essere abbandonato.

I Racconti Del Terrore Di Gogol' 2

Il fumetto in ordine: i disegni dei racconti

I disegni – in bianco e nero – sono caratterizzati da una linea netta, marcata anche se ondulata, come se predominasse il movimento della mano di Francesco De Benedittis. Questa caratteristica è evidente nelle linee che riempiono i disegni per accentuarne profondità ed ombre. I corpi sembrano intagliati, quasi lignei. Nel primo racconto risulta molto particolare il volto del protagonista: non manca solo il naso, ma anche la chiusura dell’ovale del volto, di modo che il viso non solo risulta incompleto, ma anche in-definito, confondendosi spesso con il bianco che fa da sfondo alle vignette.

Nel secondo racconto, se ci soffermiamo sul dipinto che dà il titolo all’avventura, risalta il tratto squadrato: le spalle dell’usuraio raffigurato sono dritte, nette sullo sfondo nero; le mani ai fianchi non fanno che accentuare la geometria del corpo, caratterizzato da una forma “a clessidra”, che sfrutta le soluzione di uno schema triangolare e simmetrico, per cui la parte superiore si restringe verso quella inferiore, che riprende a estendersi nell’apertura dell’ampio vestito. In alcuni casi, i corpi presentano un riempimento bianco su sfondo scuro, oltre al più classico nero su bianco. Lo stile a “intagliatura” è particolarmente evidente nella resa degli sguardi, nella raffigurazione delle orbite e degli occhi, spesso caratterizzati da veloci tratti di un nero intenso, oltre che accentuato da linee espressive; così come, nel dettaglio delle mani, si può rilevare l’uso geometrico del disegno.

In generale abbondano i neri, ma un discorso a parte va fatto per il terzo racconto, caratterizzato da un’ambientazione più aperta, dato che la storia è ambientato in un villaggio e non in una città urbanizzata: si notano già nelle prime pagine un maggiore uso del bianco e di piani ampi, che lasciano emergere una linea più netta e pulita, adatta a questo tipo di scenari. Un esempio di questo chiarore si ha nelle sequenze in cui il protagonista balla, nelle quali il movimento non è separato da nessuna vignetta, ma allineato in orizzontale e suggerito al lettore per mezzo della varietà delle posizioni: il piano è interamente bianco, senza sfondo, con la sola figura danzante al centro, peraltro anch’essa particolarmente chiara, con l’eccezione del mantello, reso scuro non per effetto delle linee, ma per un uso sfumato – quasi fosse cenere – del nero.

I Racconti Del Terrore Di Gogol' 3

Il fumetto in movimento: la cinetica delle sequenze

I racconti del terrore di Gogol presenta un montaggio curioso: i disegni spesso sconfinano dalla proprie vignette per invadere lo spazio di altre e molte pagine fanno esclusivo uso di vignette scontornate. Inoltre, in diversi punti della narrazione, personaggi o elementi principali occupano lo spazio di più vignette frammischiandosi in diverse scene contemporaneamente, oppure, nel caso contrario, troviamo un personaggio centrale e le diverse sequenze, che lo riguardano, gravitargli attorno. Tuttavia, predominano piani ampi e rettangolari (ma non mancano piani scene racchiuse in sequenze quadrate e regolari) sia in orizzontale che in verticale.

L’interpretazione del racconto, quindi, procede per punti di focalizzazione: c’è un centro narrativo e il resto ne rappresenta il suo sviluppo. Questa caratteristica, però, è presente accanto a uno sviluppo più lineare e classico. In alcune sequenze, in particolare, è l’oggetto raffigurato a guidare il lettore: per esempio, ne Il ritratto, dietro il terribile dipinto compare un blister di monete, all’inizio come un dettaglio in miniatura; poi, scivolando, occupa un’intera vignetta, fino a superare i confini dei contorni e, quindi, ad assumere uno spazio tale da imporsi con invadenza agli occhi del lettore. Questo tipo di scelte conduce chi legge a rivedere le sequenze a ritroso, per cercare quel dettaglio, da dove viene e a scovarlo in un piccolo angolo della scena precedentemente letta e osservata. In pratica, il filo della narrazione è desumibile da un ordine di lettura canonico, ma lo sconfinamento, l’assenza assai frequente di contorni e l’accumulo di dettagli via via crescenti rende vario e straniante lo sviluppo cinetico della narrazione.

Il fumetto e il libro: disegnare parole e tradurre immagini

Un fumetto che interpreta i racconti di Gogol’ ha uno statuto ambiguo, sul quale vorrei spendere due parole: si tratta di una interpretazione, certamente. Ma, mentre gli autori interpretano, stanno di fatto traducendo da una lingua a un’altra. E non parlo delle lingue di due popoli diversi. Voglio soffermarmi sui diversi linguaggi propri del libro e del fumetto. Nel momento in cui i due autori si sono messi a lavorare sul testo di Gogol’ hanno anche iniziato a tradurre testi e immagini per restituirli in un’opera diversa dal libro. In questo caso si parla di traduzione intersemiotica, ovvero di una trasposizione di un sistema comunicativo in un altro sistema, il quale usa segni diversi dal primo.

Inquadrare il lavoro di Franceschini e De Benedittis nell’ambito della traduzione non significa, quindi, ridurne la portata, ma riflettere insieme sul valore interpretativo del loro lavoro, che assume ad un tempo un valore artistico ed uno intellettuale. In effetti, operare certe scelte figurative ha un effetto narrativo notevole. Consideriamo per esempio la resa del signor naso nel primo racconto: questi è raffigurato con un corpo perfettamente umano. Si tratta di un naso antropomorfo. Rendere umano il naso significa normalizzare un elemento irrazionale, rendendo figurativamente esplicita quella poetica dello straniamento sulla quale ci fornisce qualche saggia parola alla fine del volume lo stesso Franceschini e cioè che il realismo magico di Gogol’ risulta satirico e inquietante (ovvero straniante) proprio perché incontra le sciocche problematiche della burocrazia o della più normale quotidianità.

Conclusioni

Il fumetto si legge bene: scene e dialoghi si incontrano in armonia, anche laddove l’armonia (dei racconti) viene seriamente minacciata da forze magiche e surreali.
Il realismo dei disegni ben si concilia con la poetica dello straniamento, così come il montaggio rende varia e, in alcuni casi, ambigua la varietà e l’ambiguità delle vicende messe in scena.
Il volume si concentra sui personaggi mentre, fatta eccezione per l’ultimo racconto, dedica meno spazio ai luoghi che fanno da sfondo alle vicende: anche se viene messa alla berlina la società altolocata, all’habitat di questo soggetto collettivo viene concesso poco spazio scenico. Naturalmente, potrebbe trattarsi si una scelta funzionale alla collisione dell’elemento magico e irrazionale con la quotidianità dei personaggi, che si gioca appunto tutta nella dimensione del soggetto più che in quella dell’ambiente.

Dunque, come Gogol’ cerca di rappresentare le miserie della borghesia attraverso uno stile esatto e straniante, gli autori del fumetto hanno rappresentato i personaggi nei luoghi antropici per eccellenza, gli interni delle case, dove far incontrare il magico con un meschino reale, fatto di avidità ed egoismi.

Abbiamo parlato di
I racconti del terrore di Gogol
Luca Franceschini e Francesco De Benedittis
Edizioni NPE, 2023
80 pagine, cartonato, bianco e nero – 17,90 €
ISBN: 9788836271429

Dal blog Come un romanzo

Gogol a fumetti secondo Franceschini e De Benedittis

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