Nel 2016 la DC Comics ha lanciato l’iniziativa Hanna-Barbera Beyond, un insieme di testate che hanno ripreso e rilanciato i personaggi dell’omonimo studio di animazione in serie a fumetti dedicate, nelle quali i personaggi avrebbero mantenuto le proprie caratteristiche e gli elementi grafici più rappresentativi, con la libertà di andare però “oltre” a quanto realizzato negli anni Sessanta e Settanta all’interno dei cartoni animati.
Tra le prime serie ad essere varate troviamo The Flintstones, dedicata agli uomini dell’età della pietra noti in Italia come Gli Antenati.
“Gli antenati con radio e TV”
Nel 1959 William Hanna e Joseph Barbera ebbero l’idea di una serie televisiva animata incentrata su una famiglia di cavernicoli la cui società era molto simile a quella moderna. L’anno seguente la serie debuttò sul canale americano ABC, per arrivare nel 1963 anche sugli schermi italiani, conquistando presto un grande successo presso il pubblico grazie allo spunto tanto semplice quanto intrigante.
Vedere le comodità e le tecnologie moderne traslate all’interno di uno scenario preistorico costituiva un concetto capace di attrarre e incuriosire sia il bambino che lo spettatore adulto, grazie alla fervida fantasia che vedeva gli adeguamenti del caso per la messa in scena di automobili, aerei, elettrodomestici e vita quotidiana dei protagonisti. Dinosauri come animali da compagnia, uccelli come tritarifiuti, piccoli mammut come aspirapolvere sono solo alcune delle spassose intuizioni presenti ne I Flintstones, che costituivano il punto di partenza per la creazione di un universo narrativo coerente e simpatico, al cui centro c’erano gli operai alla cava di granito Fred Flintstones e Barney Rubble e le relative consorti Wilma e Betty, attorno ai quali vorticava un microcosmo composto dai figli Ciottolina e Bam Bam, dall’animale domestico Dino e dal capo di Fred e Barney.
La freschezza narrativa sopperiva a tecnica e disegni: la produzione televisiva poteva godere di budget decisamente più limitati di quella cinematografica, e l’animazione al risparmio era evidente nello stile grezzo, ancorché funzionale, nei movimenti poco fluidi dei personaggi, nella regia e nelle inquadrature. Il merito degli studios Hanna-Barbera fu quello di usare un limite tecnico ed economico come punto di forza, al punto da renderlo la propria cifra stilistica, un’estetica riconoscibile nelle molte serie animate che hanno varato nella seconda metà del XX secolo.
Nella fattispecie degli Antenati, poi, alle gag più semplici e immediate che facevano presa sul pubblico più giovane si sovrapponeva una gustosa vena satirica, che strizzava l’occhio agli adulti giocando con temi come il matrimonio, il lavoro,i figli, i rapporti con amici e vicini, gli impegni sociali, il tempo libero e quant’altro. Un secondo livello di lettura che contribuì in maniera significativa al successo del cartone animato, sfruttando in maniera intelligente l’allegoria preistorica.
La versione di Mark Russell
Chiamato a scrivere le versione moderne di Fred, Wilma, Barney, Betty e tutti gli altri comprimari del cartoon, Mark Russell è partito proprio dallo spirito di Hanna e Barbera, genuinamente immerso nella società del suo tempo. Resosi conto di non dover adattare in modo particolare nulla nella caratterizzazione dei personaggi e nell’impianto generale della serie, perché ancor oggi perfettamente attuali nelle loro problematiche e vicissitudini, si è limitato a mettere mano ad alcuni dettagli e ad aggiungere alcune tematiche particolarmente sentite nella società odierna e traslate, con lo stesso sistema della serie animata, nel contesto della città di Bedrock dove si svolgono le vicende.
Nello specifico, per quanto riguarda le variazioni presenti, si notano l’aumento di età di Ciottolina e Bam Bam, originariamente due infanti e ora ragazzini delle scuole medie (così come avvenne nella serie animata spin-off degli anni Settanta I figli degli Antenati), e la ragion d’essere del club di cui fanno parte i due protagonisti: il Loyal Order of Water Buffalo, parodia dei circoli associativi in vigore negli anni Sessanta, diventa nel fumetto un ritrovo per veterani di guerra, dove i partecipanti possono parlare dei propri traumi postbellici con ex commilitoni e trovare compagnia e comprensione.
Questo elemento, introdotto quasi distrattamente nella seconda storia raccolta nel volume RW, diventa successivamente pietra angolare per una riflessione sui conflitti armati, sulle false motivazioni che portano capi carismatici a organizzare guerre per proprio tornaconto e su come certi soggetti non scompaiano mai dalla scena pubblica ma siano anzi sempre pronti a tornare, approfittando della facilità della gente di scordare il passato.
In quest’ottica, anche il classico grido di giubilo di Fred, il celebre “Yabba-Dabba-Doo” diventa una formula per gestire i momenti di tensione.
A un tema così forte e presentato in maniera particolarmente diretta, Russell alterna nelle altre storie del volume un registro più leggero, toccando sempre argomenti di interesse sociale ma rispettando maggiormente lo spirito dissacrante del cartoon: è il caso del matrimonio, che viene visto dalla maggior parte della popolazione come una novità aberrante semplicemente perché va a modificare la realtà consolidata che non prevedeva legami per la vita ma una libertà assoluta nella gestione delle relazioni sentimentali.
Nemmeno la religione viene risparmiata: il culto vigente nella società dei Flintstones appare come creato a tavolino dai due sacerdoti, pronti a cambiare soggetto divino a seconda dell’opportunità, in una doppia lettura che da una parte sorride della vacuità di certi teologie e dall’altra pone l’accento sul bisogno dell’uomo di credere in qualcosa che trascenda lui e la realtà conosciuta.
Un’altra avventura è invece dedicata al consumismo, dove l’acquisto compulsivo di oggetti perlopiù inutili si scontra con i pochi soldi a disposizione, mentre meno efficace risulta il tema del diverso, rappresentato tramite una surreale invasione aliena, poco affine al tono della serie.
Disegni dal passato remoto
I disegni di The Flintstones sono realizzati da Steve Pugh. L’artista americano opta per una soluzione estetica curiosa quanto riuscita: mentre sfondi e ambientazioni vengono raffigurati con uno stile affine a quello della serie animata, il design dei personaggi appare invece maggiormente realistico, perdendo lo stile e le rotondità con cui Fred, Barney e gli altri erano noti.
Le case, la cava dove lavorano i protagonisti maschili, le strade e i negozi di Bedrock assumono così un aspetto bidimensionale e dalle forme semplici e cartoonesche, quinte teatrali su cui si muovono personaggi dal corpo realistico e coerente con il periodo: Fred non è più grasso ma muscoloso, Barney non è il tappetto dal naso grosso ma un uomo ordinario dal viso vagamente assente, mentre Wilma e Betty acquistano femminilità grazie a dettagli dei volti e alla sinuosità del corpo.
Gli abiti restano invece quelli classici, per aumentare un contrasto visivo solo apparente e che offre invece un risultato finale apprezzabile.
La sensazione è simile a quella che si otteneva nei due film live-action del 1994 e del 2000, ma il fumetto permette un effetto migliore e più interessante rispetto a quello piuttosto ridicolo delle due pellicole cinematografiche.
Interessante l’aspetto delle sequenze di flashback, dove sia per lo stile che per il colore da rivista invecchiata – curato da Chris Chuckry – viene immediatamente trasmessa l’impressione di vedere eventi del passato.
Gli animali, che fungono da attrezzi e strumenti per gli esseri umani, sono inoltre dettagliati e realistici, acquistando – al pari dei personaggi – una concretezza che non stride con la loro funzione umoristica, ma crea una dissonanza piacevole e calzante.
La griglia delle tavole segue un andamento libero, variando il numero di vignette per pagina e ampliandone la dimensione a seconda della necessità; sensato l’uso delle quadruple, solitamente dedicate da Pugh alla sottolineatura di un momento particolarmente intenso per il personaggio che vi compare all’interno.
Gli unici difetti riscontrabili in questa prima metà di miniserie sono l’inizio in medias res e una continuità narrativa presentata in modo indeciso. Nel primo caso gli autori non si premurano di introdurre realmente i personaggi, dando per scontata la loro conoscenza presso i lettori, ma sarebbe stato un accorgimento invece utile all’interno dei presupposti del progetto fumettistico.
Per quanto riguarda la continuity, nei primi episodi pare essere assente dall’impianto del racconto, con storie sostanzialmente autoconclusive, ma nei successivi lo sceneggiatore dimostra di avere interesse a creare un sostrato fatto di colpi di scena e di informazioni importanti per quanto riguarda i protagonisti. Un percorso a “doppia velocità” che se da un lato restituisce il ritmo del cartone animato con i suoi siparietti autosufficienti, dall’altro perde l’occasione di sfruttare appieno il contesto seriale moderno.
A parte questi appunti, la serie di Russel e Pugh coglie abilmente gli elementi salienti dei Flintstones e li rimastica secondo la sensibilità odierna, mantenendo la comicità di base ma sporcandola con alcuni risvolti e considerazioni dal sapore malinconico e con una satira sociale a tratti spietata, dimostrando che poter leggere la società del proprio tempo attraverso una versione fantasiosa di quella dell’età della pietra resti un’idea solida.
Abbiamo parlato di:
The Flintstones (Gli Antenati) – Volume 1: Benvenuti a Bedrock
Mark Russel, Steve Pugh, Chris Chucky
Traduzione di Elena Cecchini
RW Lion Extra, maggio 2018
168 pagine, brossurato, colori – 14,95 €
ISBN: 9788833042602