I delitti della fenice: il fumetto seriale secondo Battaglia

I delitti della fenice: il fumetto seriale secondo Battaglia

Dino Battaglia ha realizzato nel 1982 un fumetto seriale legato all'ispettore Coke, in cui ritornano le sue consuete atmosfere gotiche. NPE raccoglie in un unico volume due delle tre storie di questo breve, ma interessante esperimento.

I delitti della fenice è un fumetto realizzato – testi e disegni – da Dino Battaglia, che viene presentato in questa edizione di Edizioni NPE assieme alla storia incompiuta Il mostro del Tamigi. Si tratta di un’opera particolarmente interessante per il fumetto seriale italiano.

Dino Battaglia, come ricostruito accuratamente anche dalla prefazione di Daniele Barbieri, esordisce infatti negli anni ’50 su sceneggiature altrui su Vittorioso, Corriere dei Piccoli, Intrepido, Bonelli, ma è soprattutto uno dei maestri dell’adattamento letterario a fumetti, a partire dal Moby Dick pubblicato nel 1967 sulla rivista Sgt. Kirk di Hugo Pratt, per poi continuare con Linus, dove dal 1968 affronterà Poe, Maupassant e numerosi altri ancora.

Nel 1982 però, per Alter Alter (rivista spin-off di Linus), Battaglia avviò con quest’opera il suo primo fumetto seriale: un tentativo destinato a vita breve, data la precoce scomparsa dell’autore l’anno seguente; ma comunque di grande interesse nel panorama del fumetto italiano di quegli anni.

L’ambientazione è la Londra degli inizi del ‘900 (nei Delitti della Fenice si parla del 1909), il genere è poliziesco: viene da pensare, ovviamente, allo Sherlock Holmes di Arthur Conan Doyle (e, volendo, tra gli autori amati da Battaglia come fumettista, al Dupin di Poe che ne è un modello). L’ispettore Coke, il protagonista, non è un detective privato come Holmes, ma un ispettore di Scotland Yard; e, pur investigatore abile e navigato, è più un personaggio verosimile da police procedural che lo stereotipo holmesiano, tutto genio e sregolatezza, tipico del giallo classico.

Inoltre, lo spostamento in avanti dell’ambientazione dall’Ottocento al primo Novecento si accompagna a un maggior peso della componente fantascientifica, simile a quella presente nei romanzi di Jules Verne, con macchine meravigliose sfruttate dai villain delle storie per i loro scopi criminosi.

Siamo infatti in quella finestra temporale sospesa tra l’entusiasmo ingenuo della scienza con l’avvento del nuovo secolo (come celebrato nel Ballet Excelsior sulle meraviglie della tecnica che l’aveva inaugurato) e la tragica, piena scoperta dei possibili orrori della tecnoscienza che si sarebbe consumata nella Grande Guerra, dal 1914 in poi. Lo stesso nome dell’ispettore, Coke, rimanda forse al carbon coke, il carburante di base delle macchine della prima rivoluzione industriale.

Il disegno di Battaglia è in sintonia con questo tipo di ambientazione. La tavola è impostata su tre strisce, tipiche della griglia all’italiana, ma interpretata in modo profondamente libero. Le vignette sono spesso smarginate, sospendendo i personaggi in un bianco straniante, che aumenta il senso di sperdimento e incertezza.
Questa scelta dà ancor più risalto alle dense campiture nere che contrappuntano gli ampi “spazi bianchi” sulla tavola, connesse ai passaggi più cupi e misteriosi, o i grigi puntinati, altro tratto tipico del segno dell’autore, che vanno a formare un elemento di equilibrio visuale in questa forte tensione bianco/nero.

Dino Battaglia morì l’anno seguente, nel 1983, e le due storie contenute in quest’opera – assieme a una terza, completa, La mummia – restano le sole di questa serie interrotta. Tuttavia, è impossibile non pensare che quest’opera, insieme ovviamente ad altri stimoli, sia stata seminale per un personaggio che tre anni dopo cambiò completamente il fumetto seriale italiano, Dylan Dog. Anche nell’ispettore Coke abbiamo infatti un detective disilluso, vessato da uno stolido sovraintendente, che indaga su casi potenzialmente sovrannaturali.

Naturalmente, si potrebbero elencare molte significative differenze: Dylan Dog è infatti totalmente diverso, come carattere e atteggiamento, dal compassato Coke (che al limite potrebbe avere dei punti di contatto con un giovane Bloch). Però, indubbiamente, molto delle atmosfere di questo poco noto, ma notevole, Battaglia seriale è passato nel primo Dylan. Per certi versi, potremmo pensare che abbia influenzato più l’intervento dell’editore, Sergio Bonelli, che quello dell’autore, Tiziano Sclavi: fu infatti il primo a volere una ambientazione londinese per il personaggio, che Sclavi inizialmente ipotizzava americano. Bonelli, in questo modo, voleva la possibilità dell’inserimento di mostri e situazioni dell’orrore classico, più rassicuranti per il pubblico bonelliano già esistente.

In ogni caso,  l’opera di Battaglia ha innanzitutto un forte interesse autonomo per il modo in cui affronta le tematiche del mistero senza legarsi del tutto alla tradizione fantastica preesistente, di natura letteraria e cinematografica, ma muovendosi nel terreno più libero e incerto dell’invenzione pura.

Abbiamo parlato di:
I delitti della fenice
Dino Battaglia
Edizioni NPE, 2019
88 pagine, cartonato, bianco e nero –  16,90 €
ISBN: 9788894818

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