HoxPox: creare un universo e portarci il lettore

HoxPox: creare un universo e portarci il lettore

Un viaggio analitico attraverso le strutture narrative del nuovo universo mutante creato da Jonathan Hickman nelle pagine di House of X e Powers of X.

[Attenzione, questo articolo contiene spoiler. Il consiglio per tutti coloro che non hanno ancora letto House of X/Powers of X è di andare a recuperare la storia e poi tornare qui.]

C’è una scena che in House of X/Powers of X (HoXPoX) viene proposta per ben tre volte e che la Marvel Comics dichiara addirittura essere “la scena più importante della storia degli X-Men”.  La sua costruzione e l’utilizzo sono un’efficace sintesi di tutto il racconto progettato dallo sceneggiatore Jonathan Hickman e ne costituiscono quindi un ideale punto di partenza per un’analisi di quella che è la storia che ha rilanciato gli X-Men nell’estate 2019.

Siamo nel parco dell’Università di Oxford, durante una festa. Charles Xavier è seduto su una panchina, di lato – segno che accetta (desidera?) compagnia – e con un gran sorriso che gli illumina il volto. Moira Kinross gli si avvicina e parla con lui: da notare che i due ancora non si conoscono e questa, dunque, è una scena del (o meglio di un) passato.
Il dialogo è fatto di allusioni ai sogni di Xavier da parte della ragazza: “Mi sono chiesta: perché, seduto tra nuvole sparse e raggi di sole, quell’uomo forte (Xavier, n.d.r.) sorride?
Sorridevo perché di recente ho fatto un sogno meraviglioso. Su un mondo migliore e sul mio posto in esso.
Tutto ruota attorno a due passaggi fondamentali, marcati dalle battute di Moira: “È questo il punto, Charles… non è un sogno, se risulta vero” e “Perché non mi leggi nel pensiero, Charles? Fallo e scoprilo.”
Questo incontro è mostrato in PoX #1, HoX #2 e, infine, PoX #6, in cui ci viene anche mostrato ciò che segue alla seconda frase.

Ogni volta, la lettura di questa scena offre suggestioni e spunti diversi, perché differenti sono le informazioni che ci vengono fornite nei tre momenti. Con questo semplice artificio, Hickman ci consente di comprendere come Moira sperimenta la sua vita anzi, le sue vite, e il suo dono mutante, perché ci fa vivere la sua stessa esperienza: il loop di un’esistenza sempre mutevole.
Nel colossale affresco temporale disegnato su Powers of X, così come nei precisi movimenti fra tattica militare e strategia politica di House of X, quella scena ripetuta funziona dunque come anello di congiunzione tra le due miniserie (facendole, di fatto, diventare una sola) e soprattutto come punto di accumulazione: non solo come elemento ordinatore del quadro narrativo, ma anche quale innesco di crescita esponenziale delle tensioni emotive.

Attraverso ciascuna delle tre ripetizioni, il racconto compie un salto di intensità e l’ultima apre la nostra immaginazione alla vertigine, poiché ci rivela che tutto quello che abbiamo seguito nelle pagine di PoX, nella scorribanda fra i secoli lì descritta, sono i ricordi delle vite di Moira che Charles Xavier ha letto nella mente della ragazza.
È in quel momento che afferriamo istantaneamente il disegno globale: tutto HoxPox è costruito per massimizzare l’impatto di questo disvelamento. Ma la costruzione di Hickman non si esaurisce certo in questo virtuosismo, che anzi diventa il primo stimolo alla rilettura compatta dell’opera, che fu peraltro presentata come unitaria a suo tempo e come tale è stata raccolta in un unico volume (in inglese e prevedibilmente, anche in italiano, dopo essere stata serializzata negli albi editi da Panini Comics tra novembre 2019 e febbraio 2020).

Riavvolgendo il nastro (del tempo e del racconto)

La questione che vi proponiamo di affrontare insieme, in questo viaggio attraverso le strutture narrative di House of X e Powers of X, è il valore aggiunto dell’utilizzo dell’universo degli X-Men come scenario del racconto pensato da Hickman. Tappe della nostra esplorazione saranno i luoghi narrativi utilizzati, dei quali metteremo in evidenza i legami con la tradizione letteraria della fantascienza e la ricorrenza in precedenti opere di Hickman.
In particolare, analizzeremo: il problema dell’ambientazione, la questione del mutante/superumano, l’utilizzo di un modello speciale del tempo e il trattamento delle dinamiche di potere. Delineato questo contesto, passeremo al ruolo degli X-Men, osservando come Hickman ne utilizzi la natura di personaggi di un immaginario noto nella costruzione del racconto e dunque come e che cosa HoXPoX riesce a raccontare grazie all’utilizzo dei mutanti dell’universo Marvel.

HoXPoX_Panini

House of X e Powers of X sono costituite da sei albi ciascuno, usciti a numeri alterni e facenti capo a un progetto unitario. Di fatto, HoX è in continuità e condivide il presente narrativo con Dawn of X (il rilancio mutante successivo alle due miniserie), del quale costituisce la premessa; PoX, invece, abbraccia con sguardo panoramico le vicende di un millennio attraverso nove iterazioni dell’universo (non è chiarito, né peraltro significativo, se il tempo si riavvolge o se avviene il passaggio a una linea di universo alternativa), racchiuse nelle nove (al momento) vite di Moira, a cui Hickman ha donato il potere mutante di rinascere a conclusione di ogni sua esistenza, per un numero limitato di volte e portando in sé il bagaglio di conoscenze della vita precedente.  HoX rappresenta la decima iterazione dell’universo che viene attualmente espansa nelle serie mensili, coordinate da Hickman, Head of X.

PoX richiama molti eventi fondanti della storia degli X-Men, collocandoli nel proprio modello di universo e dando loro un nuovo, diverso significato: il nuovo scenario definisce una nuova modalità di interpretazione di vicende note. In questa ottica, lo stimolo più immediato di questa ristrutturazione è quello di andarsi a recuperare quelle vicende, per rileggerle alla luce del nuovo contesto, provando a interpretarle con la inedita chiave di lettura fornitaci e vedere se funzionano ancora.
Soprattutto, è da evidenziare la capacità di Hickman di illuminare da una angolazione diversa decine di eventi che si dipanano su cinquantasei anni di storie. Le ombre che questo nuovo punto di vista proiettano, offrono al lettore una nuova visione di alcune vicende fondamentali della lunga epopea mutante, visione che in alcuni casi ne ribalta i significati ma soprattutto ci offre la conferma di uno dei cardini sui quali si innesta il progetto mutante hickmaniano: non un “facile” reboot, non un “commerciale” entry point, quanto una rivoluzione che si poggia su fatti ed eventi ben conosciuti dai lettori. Dunque un coerente sviluppo della storia mutante, basato su una dislocazione – o riallocazione – di vicende già raccontate in passato.
Sul valore di questa dislocazione torneremo nelle considerazioni finali, mentre ora andiamo a esplorare l’architettura del (doppio) racconto.

Un mondo dove far vivere le storie
(o una storia dove far vivere mondi)

Gli ultimi uominiIl fascino particolare di PoX è la grandezza dello scenario attraverso il quale trasporta il lettore e la sfida che propone è quella di delinearlo in una struttura narrativa coesa, reale e non fittizia, cioè tale che il lettore non si smarrisca nel racconto e che la componente esplicativa non soffochi quella drammatica. È questo, ovviamente, un problema classico nella narrativa di immaginazione in generale e in quella di fantascienza in particolare sin dai suoi esordi – si pensi, sebbene il risultato non sia felice, al celebre Infinito di Olaf Stapledon (The First and Last Man, 1930), che racconta milioni di anni di storia umana – e la sua soluzione influenza largamente la capacità di coinvolgere il lettore.
Nel corso della storia millenaria imbastita da Hickman, l’umanità si confronta con civiltà aliene che si sono evolute in forme di coscienza collettiva, risalendo la cosiddetta Scala di Kardašëv, e lo svolgimento dell’intreccio amplia progressivamente la prospettiva dal rapporto fra Homo Sapiens e Homo Superior a quello della definizione stessa di identità individuale, che risulta essere il tema fondamentale.

HoXPoX sfrutta due soluzioni per la definizione del contesto: l’utilizzo di testo esplicitamente separato dalla linea narrativa (tanto in infografiche quanto in pagine letterarie), ma comunque parte della diegesi, e l’utilizzo di un racconto che illustra lo scenario. Il primo approccio agisce sia HoX sia in PoX ed è un mezzo al quale Hickman ricorre anche altrove. Si pensi semplicemente a The Nightly News (2007), Pax Romana (2007), fino ai più recenti Black Monday Murders Decorum (2020) – tutti per Image Comics – o, per restare in casa Marvel, a Secret Warriors e Avengers, tutte serie che utilizzano fra l’altro anche simboli grafici simili. Il secondo è di fatto una buona descrizione funzionale di PoX nel suo complesso, che in questo senso è quindi la costruzione di uno scenario di riferimento lunga sei albi.

In HoXPoX, l’utilizzo di testo separato dalla linea narrativa consente di trasmettere una quantità enorme di informazioni necessarie alla comprensione delle vicende e alla costruzione della trama. Ciò definisce anche una scansione ritmica ed emozionale del racconto attraverso un doppio meccanismo: da una parte le schede interrompono lo sviluppo diegetico e cambiano la velocità di lettura, dall’altra le loro informazioni chiariscono alcuni snodi che il lettore ha appena attraversato e innescano aspettative sullo sviluppo futuro.
Il meccanismo funziona tanto a livello di contenuti quanto da un punto di vista grafico, quest’ultimo giocato sul contrasto. Le tavole a fumetti che raccontano la storia – opera di Pepe Larraz e R.B. Silva – sono caratterizzate da una colorazione intensa e vivace opera di Marte Gracia; le schede sono “asettiche”, pagine di un bianco assoluto su cui si stagliano scritte in nero in font Helvetica (un carattere assolutamente neutro).
Le schede sono documentazione sulla vicenda, proposta con un tono oggettivo che ne dichiara lo status di verità; sono finestre pop up che aprono voci di un’enciclopedia spiegando concetti appena introdotti nel racconto, note a fine capitolo che chiariscono gli eventi e guidano le aspettative del lettore, aiutandolo ad approfondire alcune sue conoscenze. In questo, ampliano l’artificio della citazione spuria in esergo, utilizzata largamente per offrire un primo tratto dell’ambientazione e dell’atmosfera del racconto (esempio classico per la fantascienza, i brani dell’Enciclopedia Galattica utilizzati da Isaac Asimov nei racconti del Ciclo della Fondazione).

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Infografica tratta da House of X #1

L’ampliamento al quale siamo di fronte è non solo e non tanto quantitativo, ma anche e soprattutto funzionale: se la breve citazione serve sostanzialmente a creare suggestione, l’inserto enciclopedico fornisce tasselli del mondo narrativo, funzione spesso affidata a dialoghi e monologhi interni al racconto, i famigerati “spiegoni”.
Dal richiamo di una suggestione si passa all’illustrazione della struttura di un universo, che, nella sua frammentarietà, rimanda a quella dell’intreccio della trama. Il punto importante è che gli inserti costituiscono sì un’interruzione fisica del flusso visivo principale, ma non di quello narrativo; la loro coerenza grafica, inoltre, va ad arricchire la dimensione visuale del racconto. Lo stesso logo della testata, nella sua conformità con il design degli inserti, finisce per agire da riferimento costante alla dimensione vertiginosa dello scenario.
Come curiosità, che è anche chiaro segno della continuità del lavoro di Hickman, vale la pena segnalare che il nuovo logo X – creato graficamente dal designer Tom Muller – riprende anche quello utilizzato in Transhuman (Hickman, Ringuet, Image Comics, 2008).

La vertigine che proviamo alla fine della terza ricorrenza dell’incontro fra Moira e Xavier nel sesto e conclusivo numero di PoX è il vero cuore emotivo dell’intera serie. Albo dopo albo, sezione dopo sezione, l’alternanza di scene dislocate lungo i secoli e le iterazioni degli universi creano un disorientamento profondo: ecco che gli inserti forniscono tutte le informazioni necessarie affinché il lettore sia in grado di ragionare sugli eventi appena conosciuti e su quelli che lo attendono ed evitano che quel disorientamento si trasformi in frustrazione.

Di passaggio, notiamo che questa relazione di complementarietà mostra che gli inserti non sono un romanzo nel fumetto, ma una sua componente fondamentale e la separazione fra drammatizzazione e connotazione evita il didascalismo.
PoX è costruito per frammenti: mette in successione brevi scene cardine appartenenti a tre segmenti temporali, marcati come anno Zero, Cento, Mille e dieci iterazioni di universo; il segmento è sempre indicato all’inizio della scena, mentre l’iterazione è indicata (talvolta) alla fine. Questa composizione spinge il lettore a cercare collegamenti in una situazione di informazione imperfetta (mentre leggiamo non sappiamo infatti a quale iterazione si riferiscano gli eventi), sfruttando il bisogno del cervello umano di dare coerenza alla frammentarietà (si veda su questo: Jonathan Gottshall, L’istinto di narrare, Bollati Boringhieri 2018).
Gli inserti in coda ad ogni scena ci offrono allora parziale soddisfazione, contemporaneamente inducendo tensione ulteriore, poiché ogni volta viene svelato un tassello del quadro generale. Quelli messi sulla pagina sono infatti, come già accennato, momenti cruciali della lunga storia dell’evoluzione della civiltà umana (e mutante) e il racconto non presenta pause o divagazioni rispetto al tema centrale della definizione dell’identità.

Sempre di passaggio, va anche segnalato che Hickman usa un elemento, quello delle iterazioni, da millenni presente nella materia religiosa e filosofica dell’umanità e che non è certo il primo a utilizzarlo nell’ambito del fumetto.
Un’antica visione esoterica egiziana vuole che la coscienza umana altro non sia che il centro di una ruota da cui partono infiniti raggi che si dipanano verso la circonferenza. Ogni raggio è una differente vita, o incarnazione, che si svolge allo stesso tempo di tutte le altre. Secondo gli egizi, la vita che consideriamo attuale, è quella in cui in questo momento si sta concentrando la nostra coscienza, ma in realtà esistono tutte e sono tutte reali allo stesso tempo. Da questo al concetto di loop delle molte vite di Moira X il passo è breve.

Idee e visioni vs. personaggi: a che cosa servono gli X-Men?

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Powers of X #3

HoXPoX è intriso dello spirito della Golden Age della fantascienza letteraria, nel senso che valorizza una visione su larga scala che segue lo sviluppo di alcune idee portanti mentre, soprattutto in PoX, utilizza i personaggi in senso largamente funzionale. D’altra parte, è un approccio che ritroviamo anche in The Black Monday Murders (Image Comics, 2016), altra opera dall’ampio respiro, che muove i personaggi in un contesto animato da poteri e dinamiche che si confrontano lungo i secoli. E proprio sotto questo aspetto possiamo trovare un valore aggiunto dell’utilizzo dell’universo narrativo degli X-Men come teatro della vicenda.

Seppure l’affresco dipinto dagli autori sia del tutto godibile e comprensibile a un lettore estraneo a quell’universo, ogni conoscenza della storia pregressa dei personaggi offre una ulteriore sfumatura alle varie scene. Sottolineiamo “sfumatura” perché il “di più” colto non è necessario né per la comprensione degli eventi né l’apprezzamento e il coinvolgimento nel racconto: ciò che serve conoscere è sempre esplicitamente messo a disposizione, dalle occorrenze dei genocidi mutanti alla storia di Apocalisse, mentre i piccoli momenti, come lo scambio di sguardi fra Emma Frost e Jean Grey alla celebrazione che chiude HoX #6, parrà certo poco significativo a un lettore digiuno della storia degli X-Men, ma, di fatto, non è niente di più che un siparietto da commedia che si esaurisce in sé, gratificazione minimale per i lettori di  lunga data.

Quello che l’utilizzo degli X-Men offre al racconto per chi frequenti o abbia frequentato le loro vicende è tuttavia un senso di profondità, poiché a ogni dialogo, incontro e scelta dei personaggi potrà associare un precedente di cui è stato diretto testimone. Detto altrimenti, ciò che riesce a fare HoXPoX è trasformare il lettore da conoscitore (ruolo ad alta conoscenza e distaccato) a testimone (ruolo partecipativo). La conoscenza della continuity da condizione necessaria alla comprensione o richiamo per cercare la complicità del lettore, diventa patrimonio di quest’ultimo, un arricchimento dell’esperienza di lettura che ne può influenzare l’atmosfera, ma senza conseguenze sulla comprensione.

Per rendersi conto di questo effetto, si può leggere Red Mass from Mars (Image Comics, 2010), che intreccia la lotta contro una specie aliena condotta da un gruppo di metaumani con le traversie dell’esistenza secolare del più potente fra di essi. Anche qui il racconto procede per frammenti, prolessi e analessi che portano in scena momenti cardine della storia in un continuo cambio di focalizzazione, dalla vicenda personale del protagonista a quella su larga scala dell’attesa dell’invasione aliena, del senso di distruzione incombente e del combattimento finale. E non serve molta fatica, grazie anche ad alcuni oggettivi riferimenti nel racconto, per immaginarlo ambientato in uno dei due universi supereroici maggiori.

“Il tempo considerato come una collana di pietre semipreziose”/”Exorcise the demon from your past”

C’è un momento in HoX #2 nel quale Moira racconta di sé guardando il lettore. In realtà, nel flusso del racconto si sta rivolgendo a Xavier che le sta leggendo la mente, ma, al di là del fatto che il lettore in quel momento non è messo nelle migliori condizioni per rendersi conto della situazione effettiva, è una scena comunque straniante, che tramite questa ambiguità percettiva svolge un importante ruolo di gancio verso il lettore stesso: mira infatti a coinvolgerlo ulteriormente nella narrazione, rendendolo partecipe della scena.
Questo sguardo verso l’osservatore resta eccezionale in HoXPoX, ma è inevitabile ricollegarlo a quello che ritroviamo in due precedenti lavori di Hickman: The Nightly News e Transhuman, nei quali l’apostrofe al lettore è costante e svolge un ruolo fondamentale. Addirittura in Transhuman il narratore, quando in scena, è sempre rivolto verso il lettore. Entrambe le opere sono costruite d’altra parte come resoconti documentari il cui contenuto coincide con la definizione dello scenario della vicenda; in essi la drammatizzazione è al servizio della comunicazione di informazione e il racconto esprime una posizione esplicita rispetto alle vicende. In HoXPoX, invece, la separazione fra narrazione e documentazione non porta con sé una specifica posizione, mentre la messa in parallelo fra le varie strategie di gestione del rapporto mutanti/umanità ordinaria viene problematizzato e interroga direttamente il lettore.

Moira X
Le vite di Moira X

Questa problematizzazione è resa visivamente dai grafici delle vite di Moira (Hox #2, Pox #6). L’infografica che in Hox #2 (Le molte vite di Moira X) si dispiega su quattro tavole e mostra (nove delle) dieci vite di Moira sintetizza l’approccio di HoXPoX alla strutturazione dello scenario (di cui ancora il lettore non ha pienamente cognizione), alla condivisione delle informazioni e al coinvolgimento del lettore, poiché irradia conoscenza ed emozione, abbracciando il racconto nella sua interezza.
Le linee temporali sono marcate con gli eventi principali della storia degli X-Men e la costante presenza di Moira mette in risalto l’importanza delle sue scelte nella lotta dei mutanti per la sopravvivenza. Siamo al terzo episodio (HoX #2 viene dopo HoX #1 e PoX #1) della miniserie e ci viene offerto un quadro sintetico nel quale la ricchezza di informazioni offre sì qualche risposta ma soprattutto suscita domande e aspettative. E le suscita in un contesto che trasmette un forte disagio.

Per il lettore ricorrente questo disagio è ulteriormente arricchito dal fatto che il punto di partenza del racconto (HoX #1) è definito amplificando in maniera plateale la discontinuità rispetto a uno dei principi cardine della visione di Xavier, quella convivenza pacifica che ha mosso gran parte delle vicende degli X-Men. Per un qualsiasi lettore occidentale d’altra parte, l’ambientazione iniziale (Gerusalemme) richiama direttamente non tanto il parallelo citato da Magneto (l’avvento di nuovi dei) quanto la tragica storia dei rapporti arabo israeliani e, in particolare, l’involuzione delle visioni politiche che lì si confrontano, che nel tempo hanno visto le iniziali posizioni laiche andare alla deriva su entrambi i fronti verso posizioni fortemente connotate da ideologie basate sull’identità religiosa. Anche la nazione dei mutanti sembra nascere come stato confessionale e di fatto si definisce come comunità esclusiva, rinunciando al sogno storico di Xavier, quello della creazione di una comunità che si nutra e arricchisca del rapporto costruttivo e creativo fra Sapiens e Superior.

Vediamo qui in azione un’altra delle linee portanti della narrativa di Hickman, già affrontata in The Nightly News, Transhuman, Black Monday Murders e New Avengers: il tentativo di portare in scena le dinamiche di potere del mondo reale. È, questa, materia prima del racconto e prospettiva di lettura fondamentale, in osservanza del cui primato la narrazione assume toni didascalici, stemperati dalla violenza – magari non fisica ma relazionale e comunque di sopraffazione – che muove i rapporti fra umani e mutanti nel tempo presente (decima vita di Moira, da Hox#1 a PoX #4).
Fra l’altro, componente fondamentale di questa costruzione è la consapevolezza di Moira del fallimento di tutte le strategie precedentemente applicate: seppure riesca a “riavvolgere” il tempo dell’universo, potendo applicare l’esperienza dei fallimenti precedenti alla vita successiva, finora non ha mai elaborato strategie vincenti (qualunque accezione si possa dare al termine). La domanda sollevata è quindi quale sia l’elemento mancante, l’errore fondamentale e sempre ripetuto. La risposta è che il difetto fondamentale sta nella volontà di Moira di farsi carico della questione, manipolando senza mai collaborare veramente. Da qui l’apertura a Xavier (prima) e Magneto poi in questa ennesima reitarazione della propria esistenza.

House Of X 01_Jerusalem

La morte sdrammatizzata

HoXPoX mette la morte in una prospettiva specifica, della quale merita investigare le conseguenze sulla caratterizzazione emotiva del racconto. Abbiamo due casi: la capacità di Moira di rinascere mantenendo la memoria delle esperienze vissute e il processo di “ricreazione” che dona di fatto l’immortalità ai mutanti, a partire da una matrice/backup che ne preserva la personalità e l’esperienza.
Questi due meccanismi fanno venir meno il carattere di unicità delle esistenze dei personaggi, rendendo la morte semplicemente un’interruzione momentanea, una sorta di sospensione o ritiro temporaneo dall’attività. In questo modo, si rinuncia a una leva emotiva importante, poiché il racconto stesso assume quel principio di eterno ritorno valido a livello editoriale, ma rispetto al quale vige la sospensione di incredulità nella lettura delle singole gestioni dei vari personaggi.
La delicatezza del punto è ben segnalata da un dialogo fra Moira e Destiny (HoX #2), che si premura di annunciarle che il suo ciclo di rinascite è tutt’altro che illimitato, ma conta al massimo undici loop (en passant: una in meno del numero di rigenerazioni originariamente concesse al Doctor Who). Questo avvertimento dichiara che anche per Moira la vita avrà un termine e che quindi deve fare molta attenzione a come vive ciascuna di esse. A essere unica, è l’esperienza di vita che si estende su più cicli; il principio di unicità è quindi salvo e con esso la carica emotiva associata: la drammaticità e intensità delle scene nelle quali agisce Moira è infatti una caratteristica forte dell’intero racconto.

Con il processo di rigenerazione dei mutanti la faccenda si fa più delicata e il caso esemplare per analizzare gli effetti dell’applicazione di questa idea sulla resa della tensione e delle emozioni è la missione per la distruzione della stazione spaziale Mother Mold, generatrice di Sentinelle (HoX #3). Abbiamo una missione ad altissimo rischio, se non suicida, durante la quale i protagonisti affrontano e si confrontano con la morte (si vedano in particolare i dialoghi fra Wolverine e Nightcrawler sull’aldilà, fra Scott Summers e Jean Grey).
La missione è compiuta, ma la squadra mutante è morta nel portarla a termine. I componenti di questa, tuttavia, vengono fatti rinascere e possono partecipare ai festeggiamenti.
L’esempio rende chiaro che la messa in campo della rigenerazione richiede un nuovo trattamento dei personaggi e delle loro avventure per evitare che ogni travaglio diventi rubricabile come non significativo. Questo perché ogni mutante diventa a tutti gli effetti un replicante e allora diventa fondamentale, sia per la caratterizzazione dei personaggi sia per quella delle tensioni narrative, chiarire il rapporto di ciascun esemplare con i propri precedenti. Quale è il loro valore, la loro umanità, se possono essere sacrificati e riproposti sul campo senza particolari problemi? Che cosa accade alla loro personalità, alla loro individualità? In che modo la disponibilità di un simile processo cambia il loro modo di affrontare la vita? Che fine fa l’irripetibilità e irreversibilità di ogni scelta?
Questi interrogativi sono oggettivamente sollevati, ma la loro risposta è demandata agli attuali sviluppi che si stanno leggendo nelle varie testate di Dawn of X, dove se ne stanno sollevando di nuovi e dove, soprattutto, le risposte trovate generano nuove questioni che – guarda caso, in un loop – si ricollegano a piccoli sprazzi di informazione sparsi in HoXPoX.

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Questa miniserie invece ci lascia indirizzando le aspettative in un’altra direzione. Come visto, il racconto propone un vertiginoso processo di evoluzione adattativa delle relazioni fra Sapiens e Superior, attraverso le varie strategie attuate da Moira. Se il tentativo che Moira vuole applicare in questo (suo ultimo) ciclo è l’unità fra tutti i mutanti, il cliffhanger di chiusura mostra Xavier e Magneto tentare di prendere il controllo sulla situazione rispetto alle strategie (manipolazioni?) di Moira, suscitando l’aspettativa che quell’unità di intenti non riuscirà a realizzarsi, portando i mutanti all’ennesima sconfitta.

In tutto questo, come già notato, il punto fondamentale nell’esperienza di lettura è che il lettore non ha un riferimento morale saldo, una “confort zone etica” nella quale rifugiarsi o dalla quale osservare e leggere gli eventi. Detto in maniera grossolana ma significativa, questi X-Men fanno paura, questi Superior fanno paura, questi Sapiens fanno paura.
HoxPox ci mostra futuri cupi, senza speranza, dominati dalla morte e apparentemente inevitabili. Questo è il sasso lanciato da Hickman e per gli appassionati non resta che seguirne le onde attraverso i racconti che ne stanno scaturendo.

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