Avvertenza: in quanto approfondimento sull'opera, il testo che segue fa riferimenti espliciti agli eventi e al finale di Heroes in Crisis.
Heroes in Crisis (d'ora in poi, HiC) è una serie di nove numeri, firmata da Tom King (testi), Clay Mann (disegni) e Tomeu Morey (colori), lo stesso trio responsabile della serie Batman/Catwoman, entrambe per DC Comics.
La vicenda ruota intorno a Sanctuary, una struttura segreta che intende aiutare i supereroi a confrontarsi con le proprie crisi e nevrosi che emergono dall'attività quotidiana di difesa dell'umanità. Un vero e proprio centro di recupero per super esseri affetti da disturbo da stress post traumatico, gestito direttamente da Batman, Superman e Wonder Woman.
Il racconto inizia con una strage di supereroi, della quale i primi sospettati sono Booster Gold e Harley Quinn; mentre si sviluppano le indagini, un misterioso informatore rivela a Lois Lane l'esistenza di Sanctuary e le consegna le registrazioni delle sedute dei supereroi. La giornalista decide di diffondere le notizie, mentre le indagini, svolte dalla Trinità DC e, autonomamente dalle due coppie Booster Gold/Blue Beetle e Harley Quinn/Batwoman vengono a capo dell'accaduto.
Una raccolta di idee sparse
C'è un problema di economia narrativa, in HiC: lo leggiamo e alla fine ci ritroviamo con la sensazione di una montagna che ha partorito un topolino. Elementi, temi, idee e spunti sono portati sulla tavola con prodigalità, ma, come reagenti in proporzione sbagliata, solo qualcosa si trasforma in racconto, mentre altro, la maggioranza, rimane materia prima o semilavorato. La serie appare una sorta di work in progress, un non finito che mette in mostra una metabolizzazione parziale, espone i componenti nel loro ruolo funzionale, con tutte le loro potenzialità non sviluppate.
La frustrazione nella lettura nasce proprio dalla chiarezza con la quale misuriamo la distanza fra potenzialità e risultato. Ecco l'incompiutezza della linea narrativa con Lois Lane, caricata con aspettative di una crisi personale, etica e sociale; ecco la chiamata in scena della Trinità DC, che compare con platealità (guardate, all'inizio HiC #2, quell'inquadratura dal basso verso l'alto, che potrebbe venire da Kingdom Come, cfr. Fig. 1) e poi recita una piccola scena a tesi. Entrambi questi passaggi sono narrativamente portanti, poiché rendono chiaro uno dei temi fondamentali della vicenda, la crisi della fiducia: l'azione di Lois Lane scatena l'interesse mediatico e nutre il sospetto e il timore nei confronti dei superumani; il confronto fra Wonder Woman, Superman e Batman rivela che la fiducia non è simmetrica, minando non tanto la sintonia della loro azione quanto il loro stesso rapporto.
Questa crisi mina la missione pubblica e i legami privati dei superumani e nasce dalla frizione fra la sfera ideale e la realtà quotidiana, fra che cosa l'eroe rappresenta, come icona e simbolo, in particolare il ruolo e la personalità che il mondo gli assegna, e quello che sperimenta, vive e soffre. Siamo quindi nel cuore tematico delle opere di King, da Sheriff of Babylon a Strange Adventures, passando per The Omega Men e Mister Miracle.
Il punto è che quelle scene sembrano i prodromi di un processo di disgregazione, l'innesco di una deflagrazione, ma poi niente in realtà accade: l'ordigno resta inesploso e siamo lasciati con qualcosa che sembra un elemento di colore, un en-passant che viene messo da parte dalla frenesia e dai meccanismi dell'intreccio giallo. Detto altrimenti, in HiC la crisi del ruolo-supereroe e quella dell'individuo-supereroe restano separate e i loro racconti procedono giustapposti, con meri contatti e incastri funzionali.
Il racconto della crisi del ruolo letteralmente evapora, più o meno dal quinto numero in poi. Il mistery si prende tutto lo spazio narrativo e ci ritroviamo con un rompicapo cervellotico, solido e ben articolato (almeno quanto possa esserlo in un intreccio che consente i viaggi nel tempo), ma che non restituisce niente sull'altra componente della vicenda, che pure era stata così platealmente portata sul proscenio.
Abbiamo una vera e propria rifocalizzazione in corso d'opera, così che la prima parte (che pure occupa oltre metà dell'intero racconto!) viene ridotta a una preparazione con divagazioni estemporanee: i due momenti di confronto sopra citati, fra Superman/Clark Kent e Lois Lane e fra i membri della Trinità, portano semplicemente alla scena successiva dell'intreccio giallo, ma non precipitano/innescano alcuna crisi profonda. E questo non sequitur è sbalorditivo: vediamo tradita la fiducia profonda da parte delle persone a noi più vicine, di quella che amiamo, di quelle con cui combattiamo e rischiamo la vita ogni momento; ce n'è abbastanza per una destabilizzazione profonda e invece tutto prosegue come se niente fosse. Sei la persona con la quale divido la mia vita e hai diffuso immagini e notizie sul più segreto dei segreti? Ah giusto, sei fai la giornalista, quindi bene così. Ah, è ora di cena: che cosa ci prepariamo?
Per usare un eufemismo, siamo davanti a una storia abortita, visto che questo spunto viene abbandonato e il racconto passa ad altro. La cesura è netta: la seconda metà di HiC ruota attorno all'individuo-eroe e “bros before heroes” è alla fine il più opportuno dei motti per questa vicenda, che tavola dopo tavola precipita verso la tragedia. Nello scioglimento della storia, la confessione di Wally West/Flash (che all'inizio del racconto era stato annoverato fra le vittime), fonde lo spiegone degli eventi, con la loro meccanica brillante e contorta, davvero degna di un giallo classico, con la dichiarazione della propria condizione di burn-out. La camera di Sanctuary diventa la cella di una qualche prigione: ricompare la Trinità DC, ma non si capisce se la detenzione intende isolare o dare un diverso e migliore aiuto al velocista.
C'è del marcio in Sanctuary?
La tragedia di Wally è anche un fallimento di Sanctuary: l'istituto offre ai suoi ospito un mondo tutto per sé, dove esplorare il proprio spirito, le proprie nevrosi. In HiC, È Sanctuary lo scenario dell'azione, ma dei suoi lati inquietanti solo uno viene evidenziato, per poi essere abbandonato come tutto ciò che riguarda il ruolo-supereroe. Ovvero: se i supereroi ne hanno bisogno, forse non sono così affidabili, forse sono pericolosi.
Tuttavia, c'è un altro evidente aspetto, che coinvolge sia il ruolo sia l'individuo-supereroe e che non viene di fatto trattato: quanto è affidabile Sanctuary? A quali usi deviati si presta un sistema simile?
A questo si collega immediatamente la questione di che cosa (seppur qualcosa) cambierà in esso, dopo la tragedia di Wally: come questo centro di recupero inquietante, completamente regolato da una onnipresente Intelligenza Artificiale sotto il controllo di Batman, affronterà casi di depressione profonda o totale perdita di senso.
Non solo questo interrogativo non viene sollevato, ma viene esplicitamente accantonato attraverso la costruzione dell'ultima tavola. È divisa in quattro vignette orizzontali: le prime due mostrano rispettivamente Booster Gold e Blue Beetle che si stanno godendo una serata di fronte al televisore, Harley Quinn e “Poison Ivy” che camminano insieme, qualcuno che sta per entrare in Sanctuary, atteso dagli androidi di servizio e quindi Wally, disperato in una cella (Lois e la Trinità sono ignorate).
Non abbiamo alcuna suggestione riguardo ai rischi di Sanctuary: da una parte, niente suggerisce che la cella di Wally sia all'interno di Sanctuary; dall'altra, l'immagine di un ennesimo supereroe che entra nell'istituto, proprio perché posizionata dopo due testimonianze di serenità riguadagnata, trasmette la sensazione di un ritorno all'ordinarietà e non di preludio a un'altra tragedia. Certo, Wally è speciale perché è araldo della Forza della Velocità, di quell'energia il cui rilascio ha provocato la strage; ma la sua instabilità psicologica sembra del tutto ordinaria, così che alto sembra il rischio di suicidio/omicidio fra gli ospiti. Ma che cosa ci dice, alla fine, HiC degli ospiti di Sanctuary?
Cose elementari allo sguardo
Di contro alle complicazioni dell'intreccio, la serie ha una costruzione visiva quanto mai lineare e leggibile: la straordinarietà della situazione è messa sulla tavola in una modalità ordinaria, basata su naturalismo, plasticità e visualizzazione tipica degli eroi, che appaiono tutti in una versione quasi iconica, fisicamente perfetti, prestanti, “belli” anche quando sono coperti di ferite, lordati di sangue. Anche (addirittura soprattutto) durante le confessioni, un momento significativo, anche per la sua ingombrante presenza quantitativa, e ciò merita uno sguardo non superficiale (Fig. 3).
Visivamente, le confessioni sono stereotipate. L'effetto è strano e siamo davvero di fronte a una scatola cinese: i personaggi “recitano se stessi”, dicono ciò che ci si aspetta da loro e lo fanno in un setting (quello del confessionale da reality show) associato alla finzione, alla simulazione. Eppure siamo in un centro di recupero e si suppone che quei momenti siano dedicati al tentativo di esprimere i propri stati d'animo: uno spazio e un tempo sospeso e al sicuro, nel quale cercare con consapevolezza pezzi di sé, per portarli fuori dai luoghi oscuri dell'animo e dar loro realtà tramite le parole, così da poterli finalmente affrontare.
Ecco allora che l'utilizzo dello stereotipo della simulazione apre una doppia lettura: che gli ospiti non abbiano parole proprie per esprimere il proprio animo e i propri traumi e/o che non si fidino di Sanctuary. In questa prospettiva, il caso di Wally non è più un “a sé” isolato e spurio, ma solo un caso estremo, comunque parte di un continuum di esperienze.
A questo punto è utile anche uno sguardo comparativo con gli approcci visuali utilizzati nelle altre opere a firma di King che si confrontano con crisi di identità e fiducia. Senza aprire un approfondimento nell'approfondimento, guardiamo le tavole di Sheriff of Babylon, The Omega Men e Miracle Man. In esse vediamo una realtà che sfugge a una lettura immediata: è la stessa instabilità delle forme che ci interroga e ci trasmette il disorientamento nel quale si muovono i personaggi. Apriamo ora The Vision: qui le cose del mondo hanno contorni precisi; ed è proprio questa nettezza dei confini che innesca la crisi e la tragedia, poiché i protagonisti tentano di annullarli.
Quindi, al di là dello specifico stile, la forza di quelle opere deve molto alla coerenza espressivo/tematica, che a sua volta si basa sulla focalizzazione del racconto. Focalizzazione che è proprio ciò che manca in HiC. In fase comparativa, per quanto superficiale, merita segnalare che anche The Omega Men soffre di un eccesso di materia prima non sempre metabolizzato ed è curioso notare che in esso troviamo un discorso enfatico che chiama in causa i valori nazionali statunitensi, analogo a quello di Superman in HiC. Due momenti talmente fuori tono nei due racconti che ci induce a ritenere siano particolarmente importanti nella loro economia tematica.
Heroes in Crisis resta un'opera fragile nell'esplorazione dell'identità individuale attraverso le forme del supereroico: se da una parte la sua incompiutezza consente di individuare con facilità gli elementi portanti e i centri tematici che troviamo pienamente fusi altrove, dall'altra resta la sensazione di una sorta di quaderno di appunti, di idee non sviluppate e messe da parte.
Abbiamo parlato di:
Heroes in Crisis
Tom King, Clay Mann, Tomeu Morey
Traduzione di Dario Mattaliano, Grazia di Salvo
Panini Comics, 2020
240 pagine, cartonato, colori – 27,00 €
ISBN: 9788828732440