Heavy Bone: una miniserie per la verità del rock

Heavy Bone: una miniserie per la verità del rock

I nuovi albi dello zombie assassino di cantanti donano coerenza alla mitologia sinora sparsa fra le varie storie, ribadendo la natura ribelle della musica
Cover di Stefano Cardoselli

Heavy Bone è un personaggio che non muore mai: nulla di cui stupirsi, trattandosi in fondo di un putrido zombie partorito dall’Hellsound, l’Inferno dedicato alla musica. L’immortalità di Heavy Bone però è qualcos’altro: è la sua capacità di rigenerarsi in molte forme, salvo negarsi allo stesso tempo al lettore più avido.

Alle spalle ha infatti una miniserie ormai scomparsa dai radar e firmata da Enzo Rizzi sia per i testi che per i disegni; poi altre storie sparse su vari volumi, la presenza come testimonial e anfitrione nelle storie musicali realizzate per la Nicola Pesce Editore; e infine le comparsate qua e là su locandine, magliette, copertine. Una diffusione che lo ha reso una sorta di paladino per una scena underground che tocca musica, proiezioni, e qualsiasi evento in cui l’horror e il metal possano in qualche modo farla da padrone.

A mancare era un progetto coerente che rendesse conto degli spunti disseminati qua e là e della possibile “mitologia” che si intravedeva nelle imprese di questo serial killer di rock star, che riscrive in una grottesca ucronia la storia della musica, inseguendo un misterioso piano che unifica i tragici destini dei migliori cantanti del XX secolo. Quel progetto ora prende forma nella nuova miniserie in cinque volumi, scritta e prodotta da Rizzi attraverso la sua etichetta indipendente Heavy Comics, che vede avvicendarsi ai disegni Gero Grassi e Nathan Ramirez.

La storia, seguendo la natura frammentaria e onnipresente del personaggio, scivola tra varie epoche, dal 1977 al 1994, al 2002 e ancora al 2005, fino al remoto passato con le rivelazioni dei retroscena su Heavy Bone. Cambiano dunque scenari ed epoche, i comprimari umani passano dalla giovinezza all’età avanzata, restituendo il senso di un tempo che è mutevole nelle sue parti ma inserito in un unico disegno.

Se questo non fosse già abbastanza, c’è da tenere conto del disorientamento provocato dai rimandi/riferimenti incrociati fra la realtà storica e la riscrittura in chiave horror delle morti eccellenti che la vicenda porta avanti; e degli equivoci provocati dagli imitatori, che arrivano a riprodurre le fattezze dei loro idoli musicali attraverso la plastica facciale. Rizzi sembra suggerire, insomma, che la passione per il rock e le sue icone resta lo spunto principale, ma che più in generale gli interessa giocare e sorprendere: meglio abbandonarsi quindi alla vertigine provocata dall’andirivieni tra finzione e realtà, morti vere e presunte, leggende e ricalchi.

Dove invece si fa sul serio è sul disegno, che si presenta professionale e attento a unire la cifra più sbozzata della miniserie originale – con una certa fissità che permane nelle scene di dialogo – allo stile che esplode letteralmente nella descrizione dell’Hellsound e nei momenti splatter, in cui si manifesta l’estro più radicale delle forme.

È interessante il modo in cui Grassi e Ramirez interpretano Heavy Bone: lo fanno proprio, dandone ciascuno un’interpretazione definita, ma rispettandone alcune caratteristiche peculiari, si veda l’uso pesante ed espressivo dei neri, che in Grassi aggiunge fisicità e possanza alle figure, mentre in Ramirez le scontorna in una cifra più gotica. Oppure il gusto per le splash page che sembrano pensate per fare quasi storia a sé, per offrire a Heavy Bone l’ennesimo ritratto iconico: gioco accentuato dal confronto con i colori così vivi delle cover firmate da Rafa Garres, Maurizio Rosenzweig, Alessio Fortunato, Gian Marco De Francisco, Pasquale Qualano, Emanuele Boccanfuso, Stefano Cardoselli, Walter Trono, oltre che dagli stessi Rizzi e Grassi.

Stili a confronto: Gero Grassi (a sinistra) e Nathan Ramirez (a destra)

L’alternanza fra i due disegnatori conduce così a un finale inedito in cui lo stile di Grassi tenta una sintesi fra le anime della storia, quella sua iniziale, più “piena”, e l’altra più sulfurea dell’intermezzo di Ramirez. Il finale non è privo di sorprese e lascia presagire che l’eventuale futuro del personaggio sarà molto diverso. Una scelta che fornisce la chiave di lettura ideale con cui Rizzi intende il rock: qualcosa che è già morto eppure vive, che può redimere anche i mostri, ma non placare la loro rabbia.

Soprattutto, non soltanto un divertito gioco citazionista che si accontenta del gusto per le maschere, ma più in generale un sentito inno iconoclasta in cui trionfa sempre la ribellione. Fosse anche quella alle regole cui Heavy Bone è costretto a sottostare e che potrà divertirsi a stravolgere ancora.

Abbiamo parlato di:
Heavy Bone #1-5
Enzo Rizzi, Gero Grassi, Nathan Ramirez
Associazione Culturale Heavy Comics, 2017
5 uscite da 40 pagine, spillato, bianco e nero – 4,00 €

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