Fin dal suo debutto nella serie animata di Batman degli Anni Novanta, dove riscosse fin da subito un enorme successo tra i fan, il personaggio di Harley Quinn rappresenta uno degli elementi più riconoscibili e apprezzati all’interno dell’immaginario legato al Cavaliere Oscuro e dell’universo DC Comics nella sua totalità.
La sua popolarità ha subito poi un’impennata negli ultimi anni, da quando l’effervescente interpretazione che ne ha dato Margot Robbie nel film Suicide Squad del 2016, divenuta subito iconica, ha permesso al personaggio di raggiungere un pubblico mainstream e di diventare una vera e propria icona della cultura pop contemporanea. Non stupisce quindi che Warner Bros. abbia deciso di promuovere la compagna del Joker al ruolo di protagonista assoluta nel film Birds of Prey e la fantasmagorica rinascita di Harley Quinn, diretto da Cathy Yan e uscito nelle sale italiane a febbraio 2020.
Già perché, a dispetto del titolo, è attorno alla sola Harley Quinn che ruota una cospicua parte del film e, anzi, le Birds of Prey vere e proprie, ossia il gruppo di eroine che vigila su Gotham City, non vengono introdotte che negli ultimissimi minuti. Non che questa sia stata una scelta poco azzeccata, comunque, dal momento che la protagonista risulta essere uno degli elementi maggiormente riusciti della pellicola. Nuovamente interpretato da Margot Robbie, la quale dimostra anche in quest’occasione notevoli doti attoriali per come riesce a calarsi magistralmente nella parte, il personaggio di Harley riesce a conquistare lo spettatore fin dal primo momento con la sua magnetica esuberanza.
Una vivacità senza inibizioni che si riflette anche nell’impianto estetico del film. In questo frangente a farla da padrone sono una fotografia incredibilmente sgargiante, pesantemente saturata e che riversa sullo schermo una palette di cromatismi oltremodo vasta, un’accattivante ecletticità nella scelta dei costumi e nella costruzione delle scenografie e una regia a dir poco dinamica ma anche estremamente consapevole. Infatti, se già nelle scene meno movimentate la regista dimostra un’apprezzabile padronanza della macchina da presa, riuscendo a confezionare diversi momenti visivamente suggestivi, è nelle sequenze d’azione che dà il meglio di sé. Ognuna di esse è costruita con notevole perizia e si fa apprezzare per un uso parsimonioso degli stacchi di montaggio, cosa che favorisce enormemente l’intelligibilità, per coreografie dei combattimenti ben studiate, e che fanno un uso intelligente dell’interazione con elementi dello scenario per accentuarne la spettacolarità, oltre che per occasionali piani sequenza, seppur molto brevi.
Se si aggiunge un ritmo incalzante che scandisce i centonove minuti della pellicola e un accompagnamento musicale azzeccato, con una selezione di brani pop eccentrica e briosa quanto il personaggio interpretato da Margot Robbie, è facile capire come Warner Bros. e la regista Cathy Yan siano riuscite appieno nell’intento di offrire al pubblico un prodotto d’intrattenimento divertente e visivamente appagante.
D’altro canto, un po’ meno memorabile si rivela il comparto della scrittura, in particolare per quel che riguarda i personaggi. La stessa Harley, al netto della caratterizzazione e dell’interpretazione accattivanti, appare come un personaggio più piatto di quanto possa sembrare in superficie. Il mutamento del suo rapporto con Joker, che dovrebbe rappresentare la scintilla che innesca la sua “rinascita” (o “emancipazione”, volendo fare riferimento al titolo inglese), viene raccontato a parole, più che mostrato (anche a causa della ritrosia/impossibilità nel mostrare direttamente il principe pagliaccio del crimine). Questo fatto, in contravvenzione con la regola aurea dello storytelling “show, don’t tell”, penalizza il coinvolgimento del pubblico, fallendo nel creare un solido legame empatico tra quest’ultimo e la protagonista.
Ad affiancare Harley nelle sue rocambolesche peripezie in giro per Gotham ci sono Dinah Lance/Black Canary (interpretata da Jurnee Smollett-Bell), Renee Montoya (Rosie Perez), Helena Bertinelli/Cacciatrice (Mary Elizabeth Winstead) e Cassandra Cain (Ella Jay Basco). Sfortunatamente anche queste ultime finiscono per soffrire della medesima superficialità di scrittura, laddove tutte loro sono penalizzate, alcune in misura maggiore di altre, da backstory stereotipate, dalla mancanza di reali character arc che ne segnino un’evoluzione psicologica percepibile nel corso della pellicola e addirittura, come nel caso della Cacciatrice, da un minutaggio troppo esiguo anche solo per iniziare a instaurare un qualsivoglia legame emotivo con gli spettatori. A differenza del personaggio di Margot Robbie, poi, questa banalità di scrittura non è controbilanciata da performance attoriali altrettanto incisive e la prova offerta dalle attrici, in tal senso, oscilla solamente dal buono (come nel caso della Black Canary di Jurnee Smollett-Bell) all’anonimo (come per la Renee Montoya di Rosie Perez).
L’unico membro del cast, oltre alla protagonista, che riesce a lasciare un segno è il villain, Roman Sionis/Black Mask, portato sullo schermo da Ewan McGregor. Beninteso, anche in questo caso si tratta di un personaggio che, per motivazioni e intenti, finisce per ricadere nel cliché. Tuttavia a rendere degno di nota il suo apporto all’economia del film ci pensa l’interpretazione di McGregor, il quale riesce a tratteggiare un cattivo sopra le righe, volubile e vagamente misogino con estrema abilità, infondendogli un carisma ammaliante.
A livello di sceneggiatura il film segue la medesima strada votata all’ordinarietà, andando a imbastire una vicenda dalle tinte pulp senza fronzoli, estremamente semplice e prevedibile ma anche perfettamente funzionale, chiaramente pensata come mero pretesto per mettere in scena le rocambolesche scorribande di Harley e compagne. A onor del vero, nella prima parte della pellicola la regista tenta di aggiungere un elemento di imprevedibilità all’intreccio, mediante una narrazione non lineare degli eventi. Questo espediente però finisce per risultare un po’ fine a sé stesso, non svolgendo di fatto alcuna funzione narrativa ma limitandosi tutt’al più a sottolineare l’eccentricità della protagonista (la quale ricopre anche il ruolo di voce narrante).
Birds of Prey e la fantasmagorica rinascita di Harley Quinn è in definitiva un film solido. Sebbene quanto espresso in questa recensione possa farlo apparire come un prodotto fortemente ambivalente, caratterizzato da una netta disparità tra la cura profusa sul lato tecnico-estetico e quella riversata nella scrittura, guardandolo risulta palese come il primo aspetto abbia in realtà un peso di gran lunga superiore nell’esperienza complessiva. Una volta che si viene catturati dall’esplosivo carisma che la regista Cathy Yan e la fascinosa Margot Robbie sono in grado di riversare sullo schermo, le mancanze di scrittura finiscono per passare irrimediabilmente in secondo piano e quel che resta è la soddisfazione per una pellicola divertente e confezionata con competenza.
Abbiamo parlato di:
Birds of Prey e la fantasmagorica rinascita di Harley Quinn
Warner Bros.
Regia: Cathy Yan
Storia e sceneggiatura: Christina Hodson
Live action, 2020, 109 minuti