Gus, western di Christophe Blain serializzato sin dal 2007 e ancora in corso, di cui Bao Publishing ha tradotto in Italia i quattro volumi realizzati finora, narra le vicende di una sgangherata e incostante compagnia di tre banditi: Gus, Clem e Gratt.
Se ci limitassimo a questo rilievo non renderemmo di certo onore all'anima vulcanica e multiforme, quasi incontenibile, della creatura a cui un grande autore come Christophe Blain, ormai divenuto uno dei vanti assoluti del panorama fumettistico francese, ha dedicato finora più di dieci anni.
Fra i vari media, e in particolare nel cinema, vero e proprio palcoscenico principe in cui il genere western si è impresso nell'immaginario del grande pubblico, abbiamo visto l'epopea del Vecchio e Selvaggio West contaminarsi di ogni tinta: dal fantawestern (fra western gotico e ambientazioni spaziali), western puro con toni sci-fi (indicativo è Cowboys e Aliens, che ha le sue origini proprio nel fumetto), al western horror (ad esempio Joe R. Lansdale e altri) o thriller, fino alla commedia umoristica e alla parodia; ma un western di questo tipo non lo avevamo certo mai visto: una commedia romantica che si avvicina a tratti al feuilleton, per deviare sull'erotico, sempre raffinato e mai visivamente esplicito, con toni grotteschi, comici e avventurosi, ma anche fortemente carichi e drammatici, assieme ad un approfondimento caratteriale che è quasi simile a quello del classico slice of life.
Un unicum insomma, costituito da componenti eterogenee saggiamente mescolate fra loro, che sostiene una narrazione sempre vivace e sapiente, e che sfrutta anche gli artifici narrativi più classici senza dimenticare di strizzar l'occhio ad un tono più moderno, quasi da serial televisivo, evidente nell'evoluzione dell'ultimo volume e nel cliffhanger che travolge il suo finale.
I'm a poor lonsome cowboy and a long way from home…”
“I'm a poor lonsome cowboy and a long way from home…“, questo il motivetto che cantava il noto pistolero più veloce della propria ombra alla fine di ogni sua avventura.
Certamente Blain aveva presente, al momento della creazione, alcuni archetipi: impossibile, fra tutti, non pensare proprio al Lucky Luke di Reneé Goscinny e Morris.
Il piglio comico della serie, il design cartoonesco e caricaturale del protagonista, la vena scanzonata e il ricorrere di motivetti cantati che dietro la loro semplicità nascondono la base “ideologica” di un intero edificio narrativo, non tradiscono questo parallelo.
Ma se da un lato abbiamo un protagonista, Lucky Luke, la cui vita corrisponde pienamente con le sue avventure, e non esorbita da queste, circondato da comprimari e antagonisti dalla dubbia intelligenza che danno spunto per frequenti gag comiche, oltre a una narrazione che si stratifica, gioca sull'accumulazione e fondamentalmente non mira ad una crescita personale del protagonista, dall'altro vi è una precisa scelta di Blain a non tenere mai ferma la propria creatura.
La vita di Gus e dei protagonisti (oltre che essere, all'opposto, dei banditi) è tutt'altro che sola avventura, anzi, semmai la maggior parte del loro tempo passa fra un saloon e un tentativo di approccio con la donna più ammaliante del locale. Sono saltuari e soprattutto repentini e brucianti i momenti in cui Gus e la sua banda hanno occasione di rapinare una banca o una diligenza.
Potremmo dire che se da un lato un classico western ci avrebbe mostrato dei banditi intenti nel realizzare uno o più colpi ed esaurire la propria avventura, dall'altro Christophe Blain ci racconta il momento successivo, quello in cui i banditi si godono il bottino, dilatandolo e rendendolo il vero fulcro della narrazione, concentrandosi sulla reale essenza dei personaggi.
Nel primo volume, Nathalie, l'autore indugia dunque sul presentare le vicende e la piacevole “routine” dei protagonisti, che da par loro se la godono, creandogli attorno un alone di invincibilità, con l'assenza di un vero antagonista e comprimari totalmente passivi. Il loro tempo passa fra la lettura di un libro western incentrato su un mix di avventura e amore, un innamoramento e una canzone giocosa a cavallo.
“I've committed love and other crimes”
“I've committed love and other crimes”, così canta invece Clem, una dichiarazione programmatica che rappresenta a pieno i toni differenti su cui l'autore si focalizza.
Nel Vecchio e Selvaggio West, si sa, non si va tanto per il sottile, non c'è tempo per distrarsi dalla propria missione, perdersi in inutili chiacchiere, o conoscere davvero i protagonisti, perché ancor prima di sapere chi essi siano, i tamburi delle pistole hanno già iniziato la loro frenetica e ruggente danza.
Gus restituisce invece l'idea di un western scanzonato, a tratti comico, incentrato sull'amore romantico e sull'impossibilità, almeno per Gus (eterno perdente in amore, ma che non si arrende mai), di raggiungere l'oggetto del desiderio: una donna.
Un ruolo centrale è inoltre giocato dall'importanza che la letteratura ricopre almeno nei primi due volumi. L'amore per il racconto, l'avventura e l'intrattenimento, che contraddistinguono la serie, animano in primis i personaggi stessi, specialmente Gus, che ad esempio si finge scrittore per sedurre una donna, Gratt, che adora passare intere giornate a leggere racconti romantici del vecchio West, e Ada, la moglie di Clem, celebre scrittrice di romanzi rosa incentrati su complesse storie d'amore di banditi.
Nei volumi successivi invece la personalità dei personaggi diviene più spessa e viene messa in crisi. Dopo aver dedicato una piacevole introduzione alle vicende, Blain incentra ogni volume sull'approfondimento psicologico dei singoli personaggi: nei volumi due e quattro il protagonista principale è Clem, mentre nel terzo abbiamo un gioco di flashback per raccontare un Gus di primo pelo che si approccia al mondo delle bande; per ora invece Gratt rimane principalmente sullo sfondo, rappresentando spesso il ruolo di spalla, pacificatore del gruppo o avventuriero solitario, ma del suo passato non sappiamo molto.
Ciò che importa è comunque la totale differenza di approcci dei due personaggi (per ora) cardine, Gus e Clem, alle relazioni amorose con le donne incontrate durante le loro scorribande.
Gus è un animo tronfio, che ricorre alle menzogne più stravaganti per attirare le donne, provando spesso ad avere il piede in due scarpe. La sua indole nasconde però una natura ben più timida e insicura, come visto nel terzo volume, in cui Blain mette completamente in discussione il personaggio, lo rende un totale perdente e gli fa toccare più volte il fondo per poter poi finalmente liberarsi e risalire.
Quella di Gus è una quest continua, un perenne inseguimento che non lo porta mai a nulla: quando lui arriva, l'amore è già volato via. È la sua stessa indole a condannarlo a questo, una sorta di contrappasso per un personaggio “furbetto” che spreca tantissimo tempo in raggiri e artifici a danni di donne di cui rimane puntualmente vittima.
Dall'altro lato abbiamo Clem, un uomo sposato e con una figlia, che a tratti alterni si considera e viene considerato ormai impegnato e legato saldamente, con i suoi continui tentativi di restare fuori dai giochi.
Nonostante tutto, Clem sente spesso la necessità di darsi all'avventura, non riesce a star fermo anche se prova in tutti i modi a tenersi disperatamente aggrappato a una routine che lo porta a essere persino un goffo e ormai fuori forma gestore di una grande ferramenta.
Le sue scappatelle lo portano poi a conoscere un altro dei personaggi principali della storia: Isabelle, donna bellissima profondamente erotica e misteriosa, dall'animo iper passionale, in cerca di una libertà assoluta.
È proprio in questi episodi che l'animo di Clem vacilla e viene in superficie in tutta la sua differenza rispetto a Gus: Clem è un uomo più semplice, ma non per questo meno sofisticato, che ama la raffinatezza (non a caso veste i panni del Bel Bandito per le sue rapine in solitaria), e soprattutto agisce sulla base di una coscienza e di un senso di colpa che non gli danno mai tregua.
Durante tutte le avventure viene perseguitato da un mostruoso ciclope che lo incolpa costantemente per essere venuto meno ai propri doveri di marito e padre, e in questi contesti vengono a galla tutte le sue ansie e paure, e la sua peculiare situazione di bandito che deve barcamenarsi fra i doveri familiari e la necessità di reperire denaro; una situazione di certo non così canonica nel genere western.
Clem è il personaggio con il sistema di valori più solido della serie, l'uomo buono e responsabile, che allo stesso tempo dimostra come sia davvero impossibile non commettere errori e restare immacolati o non cedere alle proprie tentazioni.
“I wish I was an apple hangin' in a tree and every time my sweetheart passed she'd take a bite of me”
Un'altra peculiarità della serie è costituita dalle figure femminili, eterni “oggetti” di ricerca da parte dei protagonisti, e che riempiono le pagine con la loro affascinante presenza.
I caratteri femminili in Gus sono tutto il contrario dei protagonisti: dei personaggi sinceri, limpidi, sempre chiari e privi di doppi fini, che si comportano lealmente e con raziocinio; figure solitarie, impossibili da ingannare, con una grande propensione a vivere liberamente e serenamente le proprie pulsioni e voglie di avventura.
Le donne, dunque, sono l'unico e vero tesoro, il bottino, su cui l'opera di Blain si incentra. La continua ricerca delle loro attenzioni, l'azione che si svolge totalmente in loro funzione, il loro fascino misterioso e inafferrabile, le rendono le vere protagoniste iconiche di quest'opera, ognuna con le proprie peculiarità. Non è un caso quindi se nell'introvabile città di El Dorado, che è spesso centro dell'azione, e che Gus scopre quasi per caso, non vi siano né ori né banche da derubare, ma solo bellissime donne, note per la loro forza d'animo.
Segnali di stile
Se da un lato Blain fa riferimento a un sostrato prettamente cartoonesco e caricaturale, in special modo per i personaggi, ognuno reso chiaramente riconoscibile da alcune esagerazioni grafiche, dall'altro questa base viene ammantata da un tratto prettamente autoriale, che rende Gus un'opera raffinata e matura.
Il suo tratto sporco, sinuoso ed essenziale, perfettamente misurato e più nervoso nella rese delle ombre, rimanda molto al segno di Blutch, altro grande maestro della bedé.
Nell'arco del suo sviluppo, l'autore ha perfezionato il proprio stile, adottando un segno più pulito e minuzioso, molto più dettagliato nella resa degli sfondi e degli ambienti, non sempre però guadagnando rispetto alla forza iconica e dirompente della resa grafica degli inizi.
Il colore è poi componente fondamentale nel restituire il mood delle storie, con tonalità piatte e nette, che conferiscono grande raffinatezza alla narrazione, ed anch'esse in costante evoluzione nell'avvicendarsi dei volumi.
Anche nel tenore del racconto il passare di circa dieci anni di serializzazione ha fatto prendere una forma sempre differente alla serie, costituendone la principale peculiarità.
Se c'è infatti un elemento da apprezzare sommamente è proprio il carattere di “opera aperta” che Blain ha fornito alla sua creatura: una sequela ampia di generi narrativi coinvolti, dei toni che sono partiti all'esordio trasmettendo un'idea di scanzonata positività e comicità, con parentesi erotiche e romantiche, per approdare al dramma più doloroso messo in scena nell'ultimo volume, con un climax inesorabile che conduce al cliffhanger finale, oltre che ad una situazione drammatica che investe tutti i comprimari. Blain introduce dunque dei toni “grim and gritty” che non erano propri della serie, puntando sull'effetto sorpresa.
L'impossibilità di incasellare la serie entro un unico e specifico solco, restituendo un'immagine sempre differente, come riflessa in un prisma, è una delle fonti di forza di quest'opera.
Altro punto su cui Blain preme molto è l'attenzione alla psicologia dei personaggi: la narrazione è sapiente, ma il contenuto delle storie potrebbe essere accostato a quello di un feuilleton o di una soap. Ciò che conta è dunque su chi questa quotidianità viene cucita: i personaggi di Blain sono sempre riconoscibili, ognuno con sue caratteristiche in continua scoperta, sono mutevoli, e soprattutto è impossibile non affezionarsi a loro.
L'autore offre in definitiva al lettore un'interpretazione rivoluzionaria del genere western, una prova narrativa senza eguali che ha di mira il gusto della lettura e l'empatia del lettore.
Blain è senza ombra di dubbio uno dei più grandi maestri della bedé francese, e Gus non fa che confermare la sua grandezza assoluta nel panorama fumettistico europeo.
Abbiamo parlato di:
Gus 1 – Nathalie
Christophe Blain
Traduzione di Michele Foschini
Bao Publishing, ottobre 2014
79 pagine, cartonato, colori – 16,00 €
ISBN: 9788865432464
Gus 2 – Il bel bandito
Christophe Blain
Traduzione di Michele Foschini
Bao Publishing, maggio 2015
88 pagine, cartonato, colori – 16,00 €
ISBN: 9788865432891
Gus 3 – Ernest
Christophe Blain
Traduzione di Michele Foschini
Bao Publishing, novembre 2015
90 pagine, cartonato, colori – 16,00 €
ISBN: 9788865435076
Gus 4 – Happy Clem
Christophe Blain
Traduzione di Michele Foschini
Bao Publishing, febbraio 2017
104 pagine, cartonato, colori – 18,00 €
ISBN: 9788865436158