I grandi Imperi e le guerre interiori di Nate Powell

I grandi Imperi e le guerre interiori di Nate Powell

Imperi, la toccante opera di Nate Powell, narra della violenza che ognuno ha dentro di sé e della libertà che l'esser grandi ci dona.

28196340_panini-9l-presenta-imperi-la-nuova-toccante-graphic-novel-di-nate-powell-1Chi, da piccolo, non ha giocato “alla guerra”? Immaginato e creato mondi fantastici nei quali essere un eroe o perlustrato le campagne e i boschi che circondano le nostre città? Chi non ha immaginato passaggi segreti che conducessero in altre parti del mondo?
Poi questi giochi finiscono, non si sa neanche bene come o quando, ma finiscono. E si cresce, si inizia a guardare il mondo in maniera più disillusa, più tormentata.

E’ questa l’idea che c’è dietro Imperi di Nate Powell, fumettista americano di cui Panini Comics pubblica finalmente quest’opera, nella sua linea 9L.
Tre ragazzi, Lee, Purdy e Sarah, vivono la loro infanzia scambiandosi momenti di vita comune, per caso, per il solo motivo di esser nati nello stesso posto sperduto di una periferia americana, nonostante rivelino attitudini diverse, per certi versi opposte. Avvicinatisi in seguito a dei misteriosi ritrovamenti di tartarughe con il guscio spaccato, ben presto la vita li separa in vari modi, anche forzatamente, fino a che non si rincontrano da adulti, mentre cercano in vari modi il loro posto nella “vita che conta”.

Imperi è un romanzo di formazione?
Sì, assolutamente sì.
Ma non solo. E’ anche fantasy, senza contenere personaggi quali elfi e streghe, ma semplicemente ragazzi appassionati di animali o di G.I. Joe.

La trama, apparentemente semplice, viene intrecciata e mescolata a tal punto da renderla interessante, ma a tratti macchinosa, involuta. Powell gioca sui paradossi temporali, mischiando abilmente, senza soluzione di continuità, presente, flashback e flashforward. E se non bastasse, accavalla il piano reale a quello del sogno, delle aspettative, delle possibilità – da cui appunto l’essere un “piccolo” fantasy del libro-. Ne viene fuori un affresco complesso e complicato, nel quale è il lettore a dover trovare il bandolo della matassa, a dover capire dove inizia un piano e ne finisce un altro, quando ci si trova di fronte ad un what if o invece alla conseguenza di un evento reale.
È forse questa l’ennesima idea geniale di Nate Powell, in un fumetto che affronta il tema della crescita ponendo l’accento sulla libertà individuale. Il lettore è così chiamato a scegliere quale, tra i molteplici, sia il vero Purdy, così come il Purdy del fumetto – oramai mutilato da una guerra apparentemente senza senso – è chiamato ad avvalersi della libertà di scegliere se rimanere un soldato o no. Se accettare passivamente ciò che è o cambiare, magari accettando le conseguenze di quello che è diventato.
Ed è sempre mediante la libertà che Sarah e Lee riescono ad andare al di là del rapporto infantile che avevano da bambini – che si limitava all’avventura, per una, e alla salvaguardia degli animali per l’altro – o a superare, in una struggente scena finale, gli anni dell’integrità e dell’idealismo. 29906464_imperi-0

E’ anche un fumetto che squarcia un velo e porta alla luce la violenza che ognuno ha dentro di sé. Un hobbsiano “homo homini lupo”, che Powell, in maniera assolutamente cinica, fa discendere direttamente dai primi anni della nostra vita, quasi come una innata predestinazione. Ecco che quindi rompere i gusci delle povere tartarughe, rappresenta una manifestazione di virilità non richiesta, contraltare infantile di quella che sarà la guerra che viene narrata quando i protagonisti sono cresciuti. Reale o no che sia.
E questo è incarnato sia in Lee – che da piccolo sembra vivere in un costante gioco di ruolo dove tutto è in qualche modo collegato alla guerra – sia sopratutto in Purdy, che ne rappresenta la declinazione più efferata e opportunista, tanto da apparirci mutato finanche fisicamente. E’ evidente che, secondo l’autore, la violenza induce una schiavitù che si contrappone alla libertà precedentemente esposta. E’ anzi una costrizione che rende succubi, sia di se stessi sia dei comportamenti degli altri.

Imperi è un fumetto potente. Lo è nell’approccio, nei dialoghi – asciutti e radi – e sopratutto nel disegno, dove emerge tutta la qualità della narrazione di Nate Powell, fatta di layout interessanti e piuttosto originali, nei quali il bianco e nero dei disegni si staglia nella pagina ora bianca ora nera – lavorando quindi sia per aggiunzione che per sottrazione – e di uno storytelling efficace, ma non impeccabile, nel quale le immagini sono il vero collante tra i salti temporali.
Mirabile il tratto, sporco e non sempre definito, al quale Powell affida, mediante ottime espressioni e grande senso di dinamismo, parte della caratterizzazione stessa dei personaggi.

Probabilmente una migliore gestione dei tempi e del loro avvicendarsi avrebbe reso la lettura di questo fumetto meno ardua di quello che è, ma questo non inficia né il ritmo della lettura né l’attenzione del lettore. Alcune scene (penso in particolare alla fucilazione iniziale e al finale) richiedono più letture approfondite per essere colte appieno, ma questo rende questo fumetto ancora più prezioso. Non perfetto, ma assolutamente mirabile.

Nella sua atipicità, Imperi rappresenta un’altra perla nel catalogo Top Shelf e nella linea Panini 9L, che costantemente si arricchisce di ottimi fumetti, che ora per una ragione ora per un’altra sono rimasti troppo a lungo inediti nel nostro paese.

Abbiamo parlato di:
Imperi
Nate Powell
Panini 9L – Marzo 2014
304 pagine, cartonato, bianco e nero – 22 €
ISBN: 9788891200266

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