La cover di GorazdeTra il 1995 e il 1996 Joe Sacco si reca a Goražde quattro volte. È facile dedurne che secondo l’autore la cittadina costituisce un’efficace allegoria della realtà che si stava sviluppando in quella regione durante la guerra. Ed è altrettanto facile convenire con l’autore per i seguenti motivi: innanzitutto Goražde è un’enclave musulmana nel cuore del territorio controllato dai serbi e i suoi abitanti, quindi, vivono nel terrore di essere barattati nel computo di qualche trattato di pace dai propri leader, o peggio, essere conquistati dai nemici. Inoltre la città è piccola, all’epoca dei fatti contava circa 57.000 abitanti, e non ha né l’appeal mediatico né l’importanza strategica e politica della capitale Sarajevo. Le forze d’interposizione delle Nazioni Unite si dimostrano un’inutile accozzaglia d’inadeguatezza e impotenza, specialmente dopo i fatti di Srebrenica. In breve gli abitanti della città di Goražde sono abbandonati a loro stessi.

In questo clima Joe Sacco cura la sua inchiesta a fumetti. Com’era già accaduto per Palestina si basa soprattutto sulla sua esperienza e sui racconti delle persone che ha incontrato. Non sviluppa una trama vera e propria con un inizio e una fine, ma segue le vicende di alcune persone e le muove nel tempo con ripetuti flash-back e flash-forward. L’autore non pare voler esprimere ciò che ancora non è stato detto sulla guerra nei Balcani, né ricercare una nuova e improbabile verità. L’ambizione di Sacco non è nemmeno quella di fare il corrispondente di guerra, perché il medium fumetto parte in posizione di svantaggio rispetto al giornalismo televisivo, radiofonico o quello della carta stampata, che reagiscono in tempo quasi reale al susseguirsi delle notizie.

Goražde è descritta dal fumettista come un microcosmo isolato, all’interno del quale si muovono ogni sorta d’esemplari umani: il vecchio nostalgico, il pazzoide, il vendicativo, lo sciacallo, il soldato con la passione per la musica, le studentesse frivole. Il fumetto muta disordinatamente e diventa a tratti un’opera corale, a tratti intimista, in cui i racconti di guerra più truculenti si mischiano con i ricordi e le speranze della popolazione.
Nelle vicende narrate in prima persona il bianco e nero è ricco di sfumature e il taglio delle vignette cerca di essere il più realista possibile. Nei racconti in flash-back invece Sacco si lascia andare a qualche orpello espressionista, in particolar modo sull’ombreggiatura e per l’utilizzo di diverse inquadrature per visualizzare la singola scena. Per favorire il coinvolgimento empatico del lettore l’autore, nel raccontare le testimonianze degli abitanti di Goražde, abolisce il tradizionale campo-controcampo. Per essere più chiari, ogni volta che un abitante dell’enclave bosniaca racconta la sua esperienza il suo interpellato dovrebbe essere lo stesso autore, ma è invece al lettore che si rivolge direttamente. Con quest’artificio narrativo, Sacco vuole essere il meno possibile un filtro tra i testimoni di questa tragedia e il lettore. È questa una delle chiavi più importanti per capire l’intera sua opera.

Joe SaccoSotto quest’aspetto vanno interpretate tutte le scelte stilistiche di Sacco, per questo l’opera non risparmia né particolari macabri, né facezie inutili. Per questa ragione è possibile passare da narrazioni che riguardano bombardamenti e fosse comuni a storie apparentemente meno significative come la sospensione delle lezioni nelle scuole e nelle università. A Sacco probabilmente interessa raccontare la guerra a Goražde non per parlare della Bosnia, ma per parlare di tutte le guerre, anzi forse più semplicemente per raccontare la vita quotidiana delle persone sotto assedio. I ricordi, le speranze, la disperazione dell’intera popolazione della città si susseguono senza sosta. La logica è quella di un continuo flusso d’immagini e deriva dall’emozioni e dalle sensazioni provate dall’autore in quei giorni. La divisione in capitoli diventa funzionale alla regolazione di quello che si è chiamato flusso: senza essa effettivamente sarebbe risultato molto più arduo governare il racconto.
Il vero merito di Sacco è di aver inventato un nuovo genere di fumetti e parallelamente un nuovo modo di affrontare argomenti così delicati, il linguaggio di un’opera artistica viene applicato al campo dell’informazione e del reportage. Proprio per questo motivo la sua opera finisce con l’essere ibrida: è insieme un’inchiesta, un fumetto, una graphic-novel, un romanzo di guerra e un racconto pulp.

Sacco adotta scelte sempre coraggiose e non comuni, come l’idea di costellare certe tavole con didascalie che funzionano ora da voce fuori campo ora da commento alla vicenda, anche se probabilmente alla lunga questo artificio finisce con l’appesantire un po’ la lettura. Graficamente invece siamo un passo avanti alle prospettive estreme e sbilenche che caratterizzavano Palestina. In questa occasione l’autore predilige inquadrature decisamente più convenzionali, ma sempre ragionate e interessanti, dando l’impressione di volersi concentrare molto più sul messaggio e un po’ meno sulla spettacolarità del disegno. Una scelta grafica che prende un po’ le distanze dalle sue origini underground, grazie probabilmente a un processo di maturazione stilistica oltre alla maggiore consapevolezza (e sicurezza) dei propri mezzi e dei propri obiettivi.
Questo, e la conseguente autorevolezza, ottenuta col successo che Palestina ha avuto in tutto il mondo, porta Sacco a fare a meno di enunciare in modo organico e approfondito il punto di vista dei Serbi. Diversamente da quanto fatto in Palestina, in cui le ragioni degli israeliani erano ben evidenziate, in Gorazde manca la volontà di scandagliare le ragioni di tutti i protagonisti di un conflitto fratricida, catastrofico negli effetti umani e politici. L’autore si limita a far parlare le comparse bosniache, a raccontare la loro tragica esperienza di assediati. In questo le similitudini con il precedente lavoro sono del tutto evidenti. La mancanza di un’analisi politica e storica, solamente accennata all’inizio del romanzo, è probabilmente dovuta alla novità di un simile conflitto all’interno della storia politica moderna, ai suoi lati ancora incomprensibili dopo più di dieci anni dalla sua fine. Sacco è immerso in quel momento storico, ne fa parte, e il suo mestiere ne fa un volontario protagonista. Potrebbe estraniarsi per avere una visione più completa di quello che sta succedendo? Sarebbe una richiesta umanamente difficile da esaudire. Di solito è un compito che si lascia agli storici e non ai cronisti, quando molta acqua è passata a lavare le ferite che ancora oggi sono intrise di sangue.

Per questo, e per la sua importanza come testimonianza tout court, il giudizio su Goražde Area Protetta non puo’ che essere molto buono. Sacco ha dimostrato un’audacia fuori dal comune sia nella scelta del tema, sia nel modo in cui è stato affrontato.
La vera forza del prodotto di Sacco è quella di essere un ottimo fumetto, ma non solo un “semplice” fumetto. Non a caso Mondadori l’ha inserito nella collana Strade Blu, dimostrando coraggio e lungimiranza nel proporre in un’ottima edizione un titolo del genere direttamente nelle librerie di varia.

Riferimenti:
La nostra recensione di Palestina
La pagina di Sacco sul sito della Fantagraphics Books
Joe Sacco visto da Aleksandar Zograf
Sacco omaggiato da Edward W. Said

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