Gli Orchi-Dei: in piedi sulle spalle dei giganti

Gli Orchi-Dei: in piedi sulle spalle dei giganti

Piccolo, primo capitolo della serie Gli Orchi-Dei curata da Barbara Canepa, propone una storia semplice ma coinvolgente, soprattutto per l'attenta ricostruzione dell'universo narrativo in cui è ambientato.

La figura dell’orco si è profondamente radicata nella narrativa occidentale: i ciclopi di Omero, Davide contro Golia, Il gigante egoista di Oscar Wilde e le vicende raccontate dal folklore britannico in Jack e la pianta di fagioli, solo per citarne alcuni.
In tempi più recenti la fascinazione che molta nostra mitologia esercita sul Giappone ha dato vita alle riuscite contaminazioni de L’attacco dei giganti di Hajime Isayama, il cui successo planetario ha riacceso i riflettori sull’argomento; al cinema sono arrivati Il grande gigante gentile e Il cacciatore dei giganti; la Sony ha rimasterizzato per la PS4 il poetico Shadow of Colossus.
La ricca letteratura classica ha profondamente codificato la materia: il contesto medioevale, il rapporto conflittuale fra il genere umano e il popolo dei giganti, l’arguzia degli uni e l’ottusa brutalità degli altri, ma anche le eccezioni alle suddette dinamiche.

Gli Orchi-Dei: Piccolo, testi di Hubert e disegni di Bertrand Gatignol, non intende discostarsi dalla tradizione e questo, che pure a tratti è un limite dell’opera, ci consegna un variazione sul tema del gigante buono in lotta con i suoi simili in virtù di un’educazione altra ricevuta fin dalla tenera età.
Viene creato un ponte tra il mito del Buon Selvaggio di Rousseau e lo Stato di Natura di Hobbes: la vita e il relativo sistema di valori sono il prodotto dell’imprinting socio-culturale ricevuto che, in questo specifico caso, poggia le proprie fondamenta sull’amore per l’arte e il bello.

La storia è lineare: Piccolo, figlio della regina dei giganti, nasce sottodimensionato per la sua specie. Il padre lo considera un abominio mentre la madre vede in lui il capostipite di una nuova stirpe che andrà a sostituire una genia ormai corrotta da secoli di consanguineità. Lo nasconde presso la prozia Desdee, unico gigante che ama il popolo degli uomini, per la loro arte e creatività.

Il protagonista si ritrova dunque a dover scegliere tra l’essere un piccolo gigante o un grande uomo, in una parabola identitaria protesa a un desiderio di appartenenza nella quale risulteranno decisivi i sentimenti verso Sala, splendida giovane offertagli in pasto dalla madre. La storia d’amore tra i due, sebbene talvolta involontariamente tragicomica per via delle differenze fisiche, è necessaria e funzionale al racconto del percorso formativo e di crescita di Piccolo.

Al termine di ogni capitolo, sapientemente introdotta dagli accadimenti, viene raccontata in prosa la biografia di alcuni membri della famiglia dei giganti attraverso estratti da “Il libro degli avi”. Le pagine in questione sono la parte migliore dell’opera, ben scritte ed efficacemente illustrate, impreziosite da tutta una serie di elementi grafici e cromatici che ricordano i volumi di pregio del passato: capilettera arabescati, cornici d’orate, miniature e simbolismi che si accompagnano a un testo che stilisticamente rimanda alle fiabe della tradizione popolare.
Il tutto contribuisce a creare un’ambientazione spazio-temporale coerente, storicamente credibile e dettagliata.

L’opera, pur nella sua totale e autonoma fruibilità, è la prima parte di un affresco del quale gli autori hanno già pubblicato in Francia un secondo capitolo, Demi-Sang, che propone eventi paralleli alle vicende di Piccolo, a riprova che l’intento di Hubert sia proprio quello di raccontare non soltanto una storia, ma un intero mondo con una sua precisa continuity.

A fine 2017 Tunué ha pubblicato Pistouvi presentandoci, in tutt’altro contesto, le peculiarità stilistiche di Gatignol: gli occhi e alcune soluzioni espressive prese di peso dalla tradizione manga, i neri spessi, il tratto pulito ma icastico e misurato, lontano da ogni pretesa di realismo come anche da qualsivoglia eccesso caricaturale. In questo secondo lavoro l’autore, oltre a confermare tali premesse, stupisce sia per una maggiore teatralità, sia per l’incisività con cui vengono modulate graficamente le reazioni emotive dei personaggi, con un occhio di riguardo per la mimica delle labbra, simbolo della ferocia cannibale dei giganti.

È frequente la scelta della soggettiva dal basso; i primi piani sono volutamente schiacciati dentro le cornici troppo strette delle vignette, i campi lunghi e gli esterni sono davvero rari, per concentrare la vicenda negli spazi chiusi del castello, concorrendo a offrire maggiore enfasi all’imponente fisicità dei protagonisti. L’impaginazione, varia ma ordinata, si appoggia su una griglia leggibile e ben ragionata per ritmo, equilibri e simmetrie.

I grigi, volutamente piatti, netti e uniformi, rivelano un attento studio sulla provenienza della luce, conferendo potenza alla messa in scena. Coerentemente con i continui rimandi a un certo tipo di tradizione pittorica l’autore ama citare i classici fin dalla copertina, Leonardo da Vinci su tutti.

Crudo in quanto fiaba, divertente perché grottesco nelle premesse e con un finale rassicurante nello spietato cinismo che lo pervade, Gli Orchi-Dei: Piccolo stupisce visivamente attraverso un racconto di formazione nel quale crescere vuol dire anche e soprattutto scegliere da che parte stare: al netto di sentimenti, origini e aspettative.

Abbiamo parlato di:
Gli Orchi-Dei: Piccolo
Hubert Bertrand, Gatignol
Traduzione di Laura Paoletti
Bao Publishing, febbraio 2018
176 pagine, cartonato, bicromia – 18,00 €
ISBN: 9788865436714

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