C’è un mostro, sulle coste foggiane. Un gigante terrificante, non fatto di sangue e ossa, ma di cemento, vetro e ferro. Un gigante immobile e imperscrutabile che si chiama ONPI, all’interno delle cui viscere si muovono piccoli uomini dalle vite più o meno difficili che sembrano segnati inevitabilmente da un destino di miseria, sofferenza e violenza. Ed è per questo loro ruolo, quello di vere protagoniste in una storia corale che veri protagonisti non ha, che le palazzine Ex-ONPI (acronimo che sta per Opera Nazionale Pensionati d’Italia) campeggiano sulla copertina di Gli Assediati, la nuova opera di Stefano Nardella e Vincenzo Bizzarri, ancora una volta insieme dopo Il paese dei tre santi.
Ed è proprio da questa copertina e dal confronto con il lavoro precedente che si può partire per parlare della nuova fatica dei due autori, perché ancora una volta è un luogo a definire il tono della storia, i personaggi e le atmosfere: si passa da un paese, uno spazio aperto e illuminato da colori caldi che fanno presagire una possibilità di una speranza (destinato però a non avverarsi) a un palazzo, un luogo chiuso in cui la comunità si restringe e si ritira nell’oscurità illuminata dai fuochi dello scontro, quello con l’esterno ma anche intestino, che segna la fine di ogni possibile apertura, destinata a soccombere all’assedio di un’esistenza violenta.È all’interno di questo microcosmo prigione, di questa lotta tra fuori e dentro, che si sviluppano e trovano compimento varie storie di questa opera corale, senza veri protagonisti: quella di Cirù, un ragazzo che si muove ai margini della malavita ma che vorrebbe farne parte; quella di Fausto Musso, il pittore pazzo; quella di Esterina, che contrabbanda sigarette e che aspetta di vendicare il figlio ucciso dalla polizia. Nardella e Bizzarri scelgono di iniziare il loro racconto da un momento imprecisato collocabile dopo la distruzione da parte delle forze dell’ordine dell’edificio.
La narrazione degli ultimi istanti della palazzina è affidata al boss malavitoso Cannemozze, che ricorda i fatti dopo aver inaspettatamente ritrovato, in uno dei suoi nascondigli, un quadro realizzato da Musso che immortala l’esplosione dell’ONPI. Pian piano, nel mezzo di questo affresco collettivo, si svelano le esistenze dei personaggi, i loro traumi passati, le loro reazioni (spesso violente) a questi e il loro senso di abbandono, come esseri umani, ma anche come cittadini. Bastano pochi tratti, pochi dialoghi secchi, poche linee sporche che per scolpire profili e espressioni con gusto quasi caricaturale, per definire ogni attore di questi dramma vissuto da una comunità che si è trincerata in un senso distorto di vicinanza e solidarietà.
E mentre la vicenda va avanti tra colpi di scena e segreti rivelati, le storie si vanno a saldare tra loro in un crescendo narrativo che opprime sempre di più personaggi e lettori. Sebbene questo movimento sia simile a quanto visto nell’opera precedente di Nardella e Bizzarri, è il ritmo ad essere qui completamente diverso, più teso ed esasperato man mano che la storia volge al termine: questo, unito alla decisione di raccontare la storia partendo dalla fine, crea un senso di incombenza e angoscia in attesa dell’inevitabile esplosione. I due autori sfruttano ogni elemento del fumetto per rendere concreta questa atmosfera, dimostrando estremo controllo di ogni aspetto della narrazione: i testi asciutti e tesi di Nardella sono intrisi di dialetto, risultando così credibili e verosimili; i disegni di Bizzarri, di chiara ispirazione francese (e non a caso l’opera è stata pubblicata in contemporanea in Francia da Edition Sarbacane), sanno essere precisi e sintetici quando ricreano dettagli realistici (in primo luogo le architetture) ma anche ruvidi, sporchi, espressionisti nel loro abbondante uso di chiaroscuri, quando si tratta di definire con intensità dettagli fisici, espressioni e gesti dei personaggi. Anche la scansione delle tavole, sintetiche nei racconti del passato dei personaggi, si fa più fitta nelle sequenze più concitate e carichi emotivamente, focalizzandosi sui dettagli che guidano l’azione, un gesto o un’espressione che fissano un momento cardine.
Ma è forse il colore, e la sua compenetrazione con i suddetti chiaroscuri, l’elemento più di rilievo dell’intera opera, quello che segna un cambio di passo nel lavoro di Nardella e Bizzarri. Laddove la tavolozza solare e quasi pastello di “Il paese…” serviva più a evocare l’atmosfera delle ambientazioni, qui il colore diventa elemento narrativo centrale, capace di definire i vari momenti della trama: si va dal blu e dai toni freddi dalla placida ma sottilmente inquieta notte del presente, quella del racconto di Cannemozze, ai toni ocra dei racconti del passato dei vari personaggi, per poi arrivare alle esplosioni di rosso che illuminano l’oscurità degli interni durante gli scoppi di violenza e i momenti di agitazione.
Come Les Miserables di Ladj Ly o La terra dell’abbastanza dei fratelli d’Innocenzo, oppure il recente Athena di Romain Gervais, anche Gli Assediati rientra di diritto tra le opere contemporanee che rifuggono dal racconto autobiografico della periferia e della società, per raccontarle attraverso una lente più cruda, guardando ai suoi angoli più abbandonati, quelli più violenti e disperati. E con Gli Assediati, Stefano Nardella e Vincenzo Bizzarri confermano il loro talento di narratori a fumetti, di quel genere che ci piacerebbe leggere sempre di più nel nostro Paese.
Abbiamo parlato di:
Gli assediati
Stefano Nardella, Vincenzo Bizzarri
Edizioni BD, 2022
128 pagine, cartonato, colore – 19,00 €
ISBN: 9788834910337