
“A proposito di vomito, indovinate cosa ha vomitato per voi l’inferno, stanotte? Risposta esatta! Zio Ramarro!”
(Dalla storia The Hell in my mind)
Credo di aver associato spesso il nome di Giuseppe Palumbo alla parola ‘miracolo’, perché a mio parere quest’artista ha davvero qualcosa di miracoloso. Come spiegare, altrimenti, un simile talento a soli ventuno anni, quando nel 1986 dava alle stampe il suo personaggio più famoso: Ramarro.
E da allora ne ha fatta di strada, questo artista dal talento infinito; dalle pagina della rivista più rivoluzionaria degli anni ’80 direttamente alla Sergio Bonelli Editore per disegnare Martin Mystère; poi, alle soglie del nuovo millennio, viene invitato a cimentarsi con un altro grande personaggio del fumetto italiano, Diabolik, di cui disegna un remake de Il re de terrore, e al quale tutt’oggi dedica parte del suo lavoro come disegnatore.
Quello di Palumbo è un talento davvero raro, che gli ha dato la possibilità di collaborare con case editrici come Mondadori e Feltrinelli, per essere poi addirittura pubblicato in Giappone dalla casa editrice Kodansha; Palumbo ha realizzato fumetti in veste di autore completo (Vorrei cantarti una canzone d’amore, Eterna Artemisia, Uno si distrae al bivio) e disegnato storie di autori come Massimo Carlotto e Giancarlo De Cataldo. Ma il suo esordio è di quelli che non si dimenticano. Così come indimenticabile resta il personaggio che lo ha reso famoso: Ramarro, il primo supereroe masochista. Intendiamoci: quello di Ramarro non è un personaggio semplice, tutt’altro; le sue storie sono un vero concentrato psichedelico di azione e ironia, in cui emerge quella immediatezza e spontaneità del racconto tipica del periodo in cui il comics indipendente prendeva piede.
Ricordiamoci che siamo poco dopo la metà degli anni ’80 e gli autori che più influenzano Palumbo sono gli stessi che stanno rivoluzionando il fumetto italiano (Magnus e Andrea Pazienza, tanto per fare due nomi). E il giovane Palumbo coglie al volo la possibilità di avere una libertà espressiva senza limiti e, letteralmente, si scatena in una serie di tavole in cui un segno fresco e dinamico si contrappone a un uso del colore violento ma efficace. Nel suo demenziale personaggio confluiscono tutte le passioni fumettistiche e narrative del giovane autore lucano che si diverte a creare una serie di storie a metà tra sogno e realtà; con testi a volte colti a volte ingenui, che citano la filosofia di Voltaire e ricorrono all’ironia di Oscar Wilde e con delle immagini che sembrano un incrocio di surrealismo e pop art fuse in un videoclip alla MTV.
E permettetemi di dire che le ultime tavole de La Vergine della tempesta, a distanza di quasi trent’anni, suscitano ancora una buona dose di stupore, per la grazia artistica con cui furono realizzate. In quelle tavole, e in tutte le altre racchiuse in questa bellissima edizione antologica realoizzata da Cimicon Edizioni, c’è tutta la grinta di un autore che negli anni si sarebbe imposto come uno dei migliori nel panorama del fumetto italiano; un vero camaleonte artistico, capace di stupire disegnando storie con i personaggi più popolari del fumetto nostrano e arrivando a vertici tecnici altissimi, come nella storia Miracoli scritta da Massimo Semerano in cui Palumbo realizza delle vignette degne di un vero fuoriclasse.
Una classe che Giuseppe Palumbo ha sempre dimostrato, in un percorso intrapreso fin da giovanissimo e che tutt’oggi continua grazie a una costante ricerca di nuove soluzioni artistiche.
Ma credo che l’intraprendenza con cui l’autore realizzò questo primo ciclo di storie di Ramarro rimanga unica nel panorama del fumetto italiano; quella magia artistica, quella fermezza che a soli ventidue anni lo portò a disegnare come un collaudato professionista con anni di carriera alle spalle sarà, forse, difficile ricrearla.
Verrebbe da dire: C’era una volta il fumetto italiano… ma in realtà c’è ancora, grazie ad autori come Gipi, Onofrio Catacchio, Sebastiano Vilella e altri che continuano a credere e ad amare il fumetto.
E come, naturalmente, Giuseppe Palumbo che, con alle spalle quasi quarant’anni di carriera, non smette mai di stupire e conserva ancora quella straordinaria energia che sprigionava in quelle mitiche tavole del suo personaggio più amato.
Curiosità
La prima apparizione di Ramarro risale ad una short story intitolata Tosca la mosca, pubblicata sulla rivista Tempi Supplementari.
Giuseppe Palumbo tornò a disegnare Ramarro su testi di Daniele Brolli con le storie Seconda pelle e Doppelganger entrambe pubblicate nel 1992 dalla rivista Cyborg. Mentre nel 1994 il personaggio ritorna in Ramarro nell’inframondo e nella miniserie di quattro numeri Terre desolate disegnata da Maurizio Rosenzweig.
Edizione Consigliata
Bellissimo e ricchissimo volume dedicato al personaggio di Giuseppe Palumbo, che rientra nella collana I fondamentali realizzata da Comicon Edizioni. Oltre a tutte le avventure degli esordi e altre varie, l’edizione consigliata vanta parecchio materiale inedito che farà la gioia di tutti gli appassionati dell’autore. Apparati critici di Andrea Mazzotta e Raffaele De Fazio e un’intervista a Palumbo a cura di Alino ed Emanuele Soffitto.
Altre edizioni
Beh certamente quella storica di Primo Carnera editore, di certo non eccelsa, visti i limiti della stampa negli anni ’80, ma di grande valore storico e con un’introduzione al volume consigliato di Giuseppe R. Ferri che viene riproposta anche nell’edizione consigliata. A questo primo volume fa seguito anche il secondo sempre di Primo Carnera Edizioni, Ramarro 2, pubblicato nel 1991.
La storia La vergine della tempesta è stata pubblicata nel volume n. 28 della collana 100 anni del fumetto italiano pubblicato nel 2010 in allegato al Corriere della Sera.