Il gioco delle rondini

Il gioco delle rondini

Zeina Abirached BeccoGiallo, 2009 - 192 pagg. bross. b/n - 17,50

La copertinaIl Libano è una polveriera. Lo è oggi con le diverse fazioni politiche e religiose in conflitto fra loro. Lo è stato nel recente passato, per motivi storici, culturali e anche per gli interessi geopolitici dei paesi limitrofi, primi fra tutti Israele e Siria. Lo è stato nel 1984, anno in cui è ambientato questo fumetto, cioé nel bel mezzo della guerra civile che avrebbe poi sconvolto il paese fino al 1990.

All’epoca dei fatti l’autrice era una bambina, e nel libro evoca la sua infanzia fatta di paura e bombardamenti, ma anche di tanta, tantissima umanità. Questo è probabilmente il vero punto di forza dell’opera che di per sé non brilla né per stile, né per originalità. L’autrice è molto brava a concentrarsi sui personaggi e a mostrare la loro evoluzione e il loro spessore; inoltre il testo acquista un fascino ancora maggiore se si considera che i personaggi sono reali, cioé persone realmente esistite. Quindi il lavoro non è stato tanto quello di inventare uno sviluppo della trama, ma palesare i sentimenti e le impressioni della gente con la quale si sono trascorsi diversi momenti di tensione, momenti ricchi allo stesso tempo di tenerezza e paura.

La trama si sviluppa fondamentalmente all’interno di una stanza, durante un bombardamento. Due bambini sono momentaneamente soli a casa perché i genitori sono andati a trovare una parente. Ecco che, alla spicciolata, arrivano tutti i condomini del palazzo, sia per tenere compagnia ai bambini, sia perché la stanza di ingresso di quella casa è ritenuta la più sicura di tutto l’edificio.
La struttura narrativa procede quasi sempre così: ogni volta che arriva un personaggio nuovo, viene raccontata la sua storia in un flashback, e poi si ritorna alla vicenda principale che vede tutti coinvolti, cioé l’attesa dei genitori dei bambini. In questa maniera il tempo scorre, mangiucchiando una cosa, bevendo un goccetto, guardando vecchie foto e soprattutto chiacchierando alla stregua di una famiglia.
Tutte le vicende sono narrate con una prospettiva quasi documentaristica, ma non per questo priva di empatia. Tra i personaggi c’é per esempio la vecchia governante Anhala, che dopo aver trascorso tutta la sua vita al servizio di una famiglia rischia di rimanere sola; c’é Ernst un vecchio professore di francese al quale è stato ucciso il fratello gemello; c’é Chucri che ha perso il padre quando era ancora un ragazzo, ma non per questo ha perso la fiducia nel futuro del suo paese.

L'autriceIl bell’affresco proposto da Zeina Abirached si conclude con l’arrivo dei genitori dei piccoli, ma anche con l’arrivo di una granata nel palazzo, evento che convince la maggior parte degli inquilini ad abbandonare la città. Questo è l’unico momento in cui si intrecciano i destini dei personaggi principali, perché per il resto le loro storie procedono parallele e non si incrociano mai.
Grazie alla scansione temporale delle vignette la narrazione procede in maniera molto chiara e godibile. La stessa vignetta, infatti, viene disegnata più volte e ogni volta, mentre lo spazio è sempre il medesimo, il tempo trascorre e la rende diversa dalla precedente. Con questa tecnica possiamo per esempio vedere la vita della governante Anhala in poche tavole.Il tempo viene deformato e plasmato a seconda delle esigenze. Ora una vignetta racconta un attimo di silenzio imbarazzato, ora una vita intera. Adesso è un salto nel futuro, adesso uno nel passato.

Lo stile grafico è piuttosto asciutto. Un bianco e nero netto, senza sfumature, a tratti geometrico nel descrivere i paesaggi, talvolta quasi espressionista nei volti.Un modo di disegnare che ricorda da vicino quello dell’iraniana Marjane Satrapi, in particolare nella sua opera più famosa, Persepolis. Peraltro le analogie fra le due autrici non finiscono qui: entrambe impostano l’autobiografia raccontando l’infanzia attraverso i loro stessi occhi di bambine e narrando allo stesso tempo la storia del loro paese.

Il gioco delle rondini è comunque un fumetto gradevole da leggere, ovviamente Zeina Abirached deve ancora maturare, non tanto nella costruzione della tavola, quanto nella composizione della sceneggiatura, migliorando probabilmente nello sciogliere tutti i nodi narrativi, anziché tagliarli e riprenderli in un momenti successivi, perché facendo in questo modo rischia di privare il lettore del climax della storia, rendendo il lavoro decisamente più piatto. La giovane autrice porta così nel nostro paese un avamposto interessante del fumetto libanese, del quale, a parte la collaborazione di Mazen Kerbaj con Internazionale, non si ha praticamente traccia.

Riferimenti:
Becco Giallo Editore: www.beccogiallo.it

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