C’é stato un periodo in cui andavano di moda le storie basate sullo scoppio della terza guerra mondiale: tanto per citare tra di essi alcuni film estremamente diversi, storie come Il dottor Stranamore e War Games appartengono a questo filone.
Spesso queste storie davano la responsabilità del disastro ad ipertrofiche AI (Artificial Intelligence) impazzite, distogliendo l’attenzione dal fatto che queste stesse macchine erano il prodotto degli esseri umani, che per questo erano altrettanto colpevoli: in fondo quando il disastro arriva è più importante uscirne vivi che scoprirne il colpevole… Da queste tematiche nascevano le cosiddette Cronache del Dopobomba (per usare un titolo di Philip Dick) a cui si può far risalire, tra le altre, la serie di Mad Max.
È in questo “abusato”, ma forse ancora prolifico, filone che si inserisce il lavoro di Balcarce e Zanotto, anche se nel loro fumetto si va addirittura oltre, trasformado il tutto in una vera e propria epopea umana, una storia sul riscatto del genere dell’uomo. Per far ciò è costretto a passare per tutta una serie di topoi più o meno evidenti e più o meno riusciti, tanto che questo Cronache del Tempo Medio risulta approcciabile da diverse angolazioni.
Senza soffermarsi su inutili luoghi comuni dico subito che l’autore ci presenta la sua personale versione del mondo governato dalle macchine, in cui gli uomini non sono altro che un passatempo giocoso, ridotti all’unico rango di schiavi. Solo che a Balcarce piace “complicarsi la vita”: egli immagina un processo di disumanizzazione del potere che, prima di passare definitivamente nelle “mani” dei computer, passa attraverso l’ingegneria genetica e la creazione di un “computer organico” di nome Brain. Quest’ultimo sentendosi abbandonato in funzione di Nerone, AI totalmente meccanica di ultima generazione cui viene devoluto il potere sul genere umano e che, tenendo fede al suo nome, decide di ricreare la storia romana nel futuro, trasformerà la sua esistenza in una battaglia di rivalsa sulle macchine. Forse che l’autore voglia enfatizzare come l’invidia sia uno di quei sentimenti primordiali che, prescindendo dalla razza, sono caratteristiche proprie della Vita? Difficile dargli torto.
Per Balcarce, così come per altri autori (vedi il già citato War Games), l’unico modo di insegnare la guerra ai computer è il gioco, ovviamente quello più tattico di tutti: gli scacchi. Ed ecco che Brain e Nerone trasformano la loro lotta in una partita a scacchi in cui la scacchiera è l’umanità. È questa una versione alquanto particolare del disastro tecnologico cui molti autori rimandano la fine del mondo, e non è un caso che Balcarce citi esplicitamente Clarke: “La prima Macchina intelligente che inventeremo sarà l’ultima cosa che ci sarà permesso di inventare”.
Ma non si può leggere quest’opera fermandosi in superficie: in Cronache del Tempo Medio c’é molto di più. C’é la lotta per la libertà degli uomini, che da pedoni involontari in una sanguinosa partita a scacchi si trasformano in terzo giocatore per rovesciare i re (sia bianco che nero). E qui Balcarce ci spiazza facendo notare che tra tutti i modi di ribellarsi la non violenza risulta un po’ sterile: i membri della “Fratellanza dell’Abaco” scelgono l’inattività ad ogni costo, ma questa linea di condotta non può portare ad alcun risultato, se il robot che hai di fronte non sa riconoscere la tua decisione all’inattività – forse perché non conosce cosa voglia dire scegliere.
Un altro concetto che attraversa la narrazione è la necessità degli opposti. Una volta distrutto Nerone, Brain potrebbe dominare incontrastato. Ma cosa può fare Brain senza Nerone? Come in una partita a scacchi il bianco non esiste senza il nero, così Brain si rende conto di non avere motivo d’esistere senza Nerone, non ha la capacità di reinventarsi un obbiettivo, e quindi si riduce a reinventare il proprio nemico, per continuare il gioco interrotto.
Ma tutto ciò ancora non basta. Balcarce inserisce anche il tema dell’oblio cui la storia passata deve andare incontro sotto la pressione di bisogni più immediati. In fondo non è quello che l’umanità fa da sempre, scordando l’imperativo degli antichi ad imparare dalla storia, e dando ragione al filosofo secondo cui la storia si ripete circolarmente? Ed è esattamente questo che accade ai personaggi, che non esitano a scannarsi nemmeno una generazione dopo essersi disfatti di Brain, quando al disastro tecnologico si soppianta quello ecologico. Concetto già chiaro in precedenza, del resto, quando trovandosi in biblioteca i personaggi decidono di scaldarsi bruciando i libri da cui avrebbero potuto apprendere qualcosa. Ovviamente il primo tra tutti è quel Farenheit 451 che celebra il buio cui si va incontro quando si abbandona la cultura.
Non si po’ prescindere nell’analisi di questo volume nemmeno dal notare lo sviluppo del mito del messia, che qui incrocia in parte il concetto di supereroe, non dimenticando l’idea Marveliana di supereroe con superproblemi, rappresentati da disabili con poteri ESP (Extra-Sensorial Power). Ma questa è soprattutto una storia fatta di uomini, e gli uomini, quando incontrano qualcuno che, per nascita, risulta superiore, vi si ribellano, invidiandolo e perfino odiandolo. È ciò che succede ad Aden, eroe della parte finale dell’opera, odiato ed avversato addirittura dalle sorelle Magda e Lena, immemori di come si comporto’ la loro ben più famosa omonima. Ma Aden è il messia, ovvero la salvezza per il genere umano, ed il suo nome non è scelto a caso: sarà lui a dover affrontare la bestia dell’Apocalisse (il libro di San Giovanni è citato esplicitamente). Ma è buona norma non anticipare il finale di una storia. Soprattutto quando è così eccessivo…
In tutto questo turbinare di argomenti si inserisce Juan “Vanni” Zanotto. I suoi disegni sono puntuali, la narrazione per immagini fluisce scorrevole e le tavole sottolineano egregiamente la sceneggiatura. Zanotto si trova a suo agio con le macchine di distruzione create da Nerone, ma soprattutto con la parti erotiche del racconto, senza farsi pregare per dover mostrare i corpi dei protagonisti (soprattutto quelli femminili) e le loro performance libidinose, ma sempre e solo in modo funzionale alla narrazione, come quando il supercervello Brain devo soddisfare le sue voglie da supervoyeur.
La stampa invece lascia un po’ a desiderare, spesso l’inchiostro oscura la narrazione, soprattutto nella seconda e terza parte. Il che è giustificato in parte dal costo contenuto e dalla veste “popolare” del volume, che merita certamente di essere letto.