Ghost World: da fumetto a film, da Clowes a Zwigoff

Ghost World: da fumetto a film, da Clowes a Zwigoff

Ghost World tracciò una felice parabola sulla scena fumettistica e cinematografica. Analizziamo il fumetto di Daniel Clowes e la trasposizione di Terry Zwigoff.

Enid: “È così deprimente.”
Becky: “Che cosa?”
Enid: “Come tutto sia così uguale, ovunque ci si muova.”
Becky: “Potresti deprimerti un po’ anche per me?”

ghost_world_cvr_1Pare che il termine graphic novel si stia infiltrando inesorabilmente anche nel lessico non specialistico delle patrie lettere grazie anche a recenti solide iniziative editoriali e relative pubblicità. Ma tanto se ne diffonde l’uso tanto ne cresce l’abuso. E forse evitando di brandire il termine come un feticcio che regalerebbe (supposte) garanzie di valore e qualità, sarebbe opportuno farne un uso più meditato. Per esempio (ostinandoci con gli anglicismi), iniziando a parlare anche di graphic short story, o graphic tale. Se tali distinzioni sono canonizzate in letteratura, da cui vengono mutuati i termini (novel, tale, short story), perché non usarle nella nostra beneamata nona arte?

Per Ghost World di Daniel Clowes si potrebbe, quindi, parlare di graphic short stories: 8 storie brevi a fumetti già apparse nella acclamata serie di comic books Eightball (la cui prima uscita risale al 1989 e ripetutamente premiata con il Harvey Award), raccolte e pubblicate da Fantagraphics nel 1997 e prontamente in Italia dalla defunta Phoenix Enterprise di Daniele Brolli nel 1999 per poi essere riproposto da Coconino Press.
Queste graphic short stories hanno avuto una trasposizione cinematografica a regia di Terry Zwigoff distribuita in Italia nel 2002, che ha fatto conoscere Clowes anche al di fuori del circuito fumettistico.

IL MONDO FANTASMA DI CLOWES

Con Ghost World, Daniel Clowes sbircia nelle esistenze di due teenagers della provincia americana, Enid Coleslaw (anagramma del nome dell’autore) e Becky Doppelmayer, immerse in una estate crepuscolare, superato l’esame di maturità, che deve segnare il trapasso dall’adolescenza all’età adulta.
È un mondo di spettri, come ci suggerisce l’anonimo imbrattatore urbano che lascia la scritta ghost world sugli edifici della cittadina, dove i moti incerti e contraddittori dell’animo e del corpo delle due protagoniste animano e incontrano un mondo weird (parola abusatissima nel testo), strano e bizzarro, specchio di un America morbosa e perversa (e non troppo diversa dalla realtà nostrana) che manda camionate di lettere ai serial killer o che indulge a seguire programmi dove si speculano sulle disgrazie altrui.

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È un mondo alieno dove i baratri esistenziali emergono da paesaggi urbani dominati da non-luoghi: shopping malls, viali alberati della suburbia, casette con prati ben rasati e garages, minimarkets e scipiti fast food in replica anni ’50. Negli episodi dell’opera compaiono un variegato caleidoscopio di figuri: un cinico nerd destroide che gestisce una rivistina di nome Mayhem (caos, distruzione), vende snuff movies, bazzica preti pedofili e il KKK, disposto pur di farsi pubblicità a presentarsi a un talk show e difendere la pedofilia; una strana coppia di satanisti; un ex punkone ora pronto a “inculare il sistema da dentro” diventando executive di una corporation; un fricchettone di mezza età, Bob Skeetes, sedicente “rinomato astrologo” che a Enid compare e scompare di continuo (come un fantasma, sic!); Mellora, una odiosissima compagna di scuola dall’aspetto perbene che si vanta di comparire in uno spot televisivo per la candidatura di un politico; e Josh, l’amico, un dritto che le due amiche usano (per esempio per andare in un sexy shop), stuzzicano e strapazzano (per esempio chiedendogli di esporre in pillole il suo credo ideologico per poi dileggiarlo) ma a cui sono in fondo molto affezionate.

Enid di personalità più marcata e più intraprendente di Becky, nella impervia ricerca di ancorarsi a delle certezze in un mondo sfuggente e informe, cambia look in continuazione, legge improbabili libri come Le cose che realmente accadono o 50 motivi per volerti uccidere e per andare a sostenere l’esame di ammissione al college si fa la patente e compra un enorme e desueto carro funebre.

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Gli individui che circondano le due amiche sono dei loser, degli sfigati, dei perdenti (altra parola che si ripete come un mantra nel testo, riflesso di una società ossessionata dal mito del successo) e a volte non mancano di molestare con cinismo e crudeltà le debolezze altrui, come nell’episodio in cui rispondono ad un annuncio di cuori solitari spacciandosi per la donna cercata.
In altri episodi emerge di contro tutta la tenerezza delle due adolescenti, come quando vedono per strada una coppia di mezz’età mano nella mano brutta e malvestita e di cui ammirano i sentimenti sinceri, oppure la commozione e la nostalgia che catturano Enid nell’ascolto di un finalmente ritrovato 45 giri dell’infanzia A smile and a ribbon.

Le uniche magre certezze per Enid si riveleranno nell’ultima storia: la fine dell’amicizia con Becky, entrata nel “tunnel” del lavoro e legata ormai a Josh, l’anonimo imbrattatore che intravede ma che è imprendibile, e la fermata dell’autobus soppressa, con la panchina dove sostava sempre un vecchio; e, infine, un autobus in partenza, con lei sopra.

1Storie minimali, ellittiche, sottili e vibranti, cupe e piene di humour che prendono corpo con un segno minimalista e un po’ anacronistico che caratterizza molto fumetto intimista e/o autobiografico nordamericano; nel caso di Clowes le affinità grafiche si notano soprattutto con Adrian Tomine , con una migliore modulazione del tratto nelle fisionomie a favore del primo. L’impianto regolare delle tavole con una tonalità di colore verdastro (richiamo ad altro spettro onnipresente, quello televisivo!) che si aggiunge ai bianchi e neri, agevola il clima di sospensione di una quotidianità altra che aleggia sull’opera.

La sceneggiatura scolpisce con efficacia quella realtà profonda ma impalbabile che si cela dietro alle azioni abitudinarie. I dialoghi corrosivi, lapidari, irriverenti creano una forte empatia verso i personaggi e fanno di Ghost World un lavoro di mimesi incisivo che lascia il segno e dove riemerge subito alla memoria l’Holden Caufield di J. D. Salinger. Lontanissimo appare invece, per rimanere negli anni ’50, l’Archie di Bob Montana popolarissimo in America, a cui si sono ispirate non solo la serie televisiva Happy Days, ma pure i vari American Pie che ci hanno inseguito negli anni.
Certo, la ombra lunga di Archie si vede nel segno grafico di Daniel Clowes, ma vi è stata una metabolizzazione e rielaborazione di forme e contenuti. Clowes si è formato nel circuito delle autoproduzioni, delle fanzine e del fumetto indipendente statunitense; ha collaborato negli anni per Twist, Blab e Weirdo e poi per Mad, New Yorker, Esquire, Times e Newsweek; annovera tra i suoi ammiratori artisti quali Art Spiegelmann e Matt Groening che lo confermano degno erede dei grandi dell’underground americano degli anni ’60.

IL MONDO FANTASMA DI ZWIGOFF

936full-ghost-world-posterL’incontro con Terry Zwigoff, quindi, non è casuale, anche lui provenendo dallo stesso ambiente. Zwigoff è amico personale ed ex sodale di band musicale del guru del fumetto underground americano Robert Crumb, già realizzatore del bellissimo documentario Crumb (non del tutto apprezzato dalllo stesso autore) uscito nel 1994 dopo 6 anni di lavoro, vincitore del Gran Premio della Giuria al Sundance Film Festival del 1995 e regista di Babbo bastardo (Bad Santa, 2003).

Il Ghost World filmico è stato sceneggiato da Zwigoff assieme a Clowes (nomination all’Oscar come miglior sceneggiatura), coprodotto da John Malcovich e interpretato da Thora Birch (Enid), Scarlett Johansson (Rebecca) e Steve Buscemi (Seymour). L’accoppiata Zwigoff-Clowes è continuata con Art School Confidential (anch’esso liberamente tratto da un racconto breve uscito sulla più che decennale serie Eightball) uscito nelle sale americane nel 2006 con interpreti tra gli altri Max Minghella, John Malcovich e Angelica Houston.

Il film Ghost World è un adattamento piuttosto libero dal fumetto dove, per ammissione dello stesso Clowes, le scelte di Zwigoff sono state determinanti. Si è scelto di sviluppare un sub-plot del fumetto e farne il cardine di un intreccio lineare (a differenza del comic). Emerge quindi assieme alle due adolescenti la figura di Seymour (Buscemi), cuore solitario di disilluso quarantenne, maniacale collezionista di 78 giri di jazz e blues anni ’20, prima molestato dalle ragazzine che rispondono ad un suo annuncio anonimo ma poi coinvolto in un ambiguo rapporto con Enid. Un altro episodio centrale nel film e assente nel fumetto è il corso di recupero estivo d’arte, dove emerge il marcato biasimo degli autori per una didattica dell’arte nutrita da un conformismo dell’originalità e da un’idea preconfezionata di genialità e dove le ossessioni perbeniste del politically correct faranno naufragare i sogni di Enid.

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Scorre nel film un sottotesto pregno di citazioni e riferimenti al mondo dell’undeground americano e agli stessi autori, assenti nel fumetto (dove piuttosto si notano riferimenti alla cultura pop anni ’50).
Ad iniziare dal personaggio di Seymour, ispirato a Crumb e in parte allo stesso Zwigoff (entrambi collezionisti estremi di 78 giri di jazz e blues anni ’20), al disco che compare nel garage sale dei Cheap Suit Serenaders (gruppo in cui suonavano assieme Crumb e Zwigoff), ai disegni nel quaderno di Enid realizzati dalla figlia di Crumb, allo stesso Clowes che compare in cammeo come cliente del pornoshop.

Il film può deludere sul piano del rigore di trasposizione, considerando il deragliamento del soggetto, il dialogato del fumetto alle volte riportato un po’ forzatamente, la scelta di una fotografia dai colori iperrealisti (all’opposto del fumetto), o l’aspetto delle due protagoniste più attraente dei lugubri e opachi alter ego del comic.

Il film, in fine dei conti, vive di luce propria, corroborato anche da una colonna sonora da urlo che spazia dal rock & roll indiano anni ’60 di Mohammed Rafi, al punk rock dei Buzzcocks, al blues d’annata di Skip Jones al New Orleans Jazz di King Oliver e rappresenta una falsa commedia sui generis dalle traiettorie sghembe e con un cuore nero e implacabile. Il pensiero corre subito al Todd Solondz di Fuga dalla scuola media e Happiness (di cui tra l’altro Clowes realizzò la locandina) dove il cinema del disagio travestito da teenager’s movie spiattella al pubblico con un sorriso dolorose verità di una società senza memoria, senza futuro, patria di solitudini e di famiglie disastrate.

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Il confronto di Ghost World su medium diversi ci conduce però a un vicolo cieco, considerando i due binari paralleli su cui viaggiano le due opere. Passando pero’ alla lente grandangolare, e mettendo a confronto il filone teenagers, gli autori, le fruizioni, i mercati dei due medium, sembra apparire un vantaggio della nona arte sulla settima.
Forse per questioni in definitiva di vil denaro il filone sembra nel cinema molto più condizionato dall’offerta d’evasione, del college movie; si pensi a film quali American college, agli American Pies e ai Porky’s (pur avendo anch’essi come antesignano un fumetto!). Con alcune felici eccezioni quali appunto Solondz e Zwigoff.

Nel fumetto no.

Nel fumetto l’eccezione (virtuosamente) è la regola, il filone adolescenti appare più maturo, più autoriale grazie molto al fumetto nordamericano (Craig Thompson, Charles Burns, Adrian Tomine, Seth, ecc.) ma anche europeo (vedi David B.) che vi si cimenta in termini più o meno autobiografici.

In questo il fumetto si dimostra più diretto e libero rispetto al cinema.

Zwigoff quindi, che ha inteso Ghost World come “una rappresentazione del declino della civiltà americana e occidentale” si troverebbe placido e in amabile compagnia con molti fumettisti, per i quali i mondi fantasma non sono altro che dei simulacri minimalisti che nascondono interrogativi sui massimi sistemi.

Abbiamo parlato di:
Ghost World
Daniel Clowes
Coconinco Press Fandango, 2015 (ristampa)
80 pagine, brossurato, bicromia – 18,00€
ISBN: 9788876182945

Ghost World
Regia di Terry Zwigoff
Sceneggiatura di Daniel Clowes, Terry Zwigoff
Interpreti: Thora Birch, Scarlett Johansson, Steve Buscemi
USA, 2011

 

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