La riproposta di Panini Comics
Panini Comics ha ristampato, tra il 2013 e il 2014, tutto quel che c’era di pubblicabile su Gea, la baluarda ideata, scritta, sceneggiata e disegnata da Luca Enoch.
Si tratta di tre volumoni, di quelli che lasciano il segno. E per l’imponenza con cui si presentano e per la cura dedicata. Ogni volume, alto 25 cm, è formato da 784 paginone, con eccezione del terzo che ne contempla 792.
Come si può notare il formato è piuttosto generoso, sovradimensionato rispetto al libretto originale. Anche la carta di stampa è diversa da quella originale. Leggera e scura quelle degli albi Bonelli, pesante e brillante questa della riedizione Panini.
C’è da dire subito che, da questa lussuosa scelta editoriale, l’opera in sé non ha altro che da guadagnarci. A onor del vero non si può dire che il tratto di Luca Enoch fosse eccessivamente sacrificato dal formato libretto bonelliano. Eppure, da questa edizione de luxe l’eleganza del tratteggio dell’autore ricava un valore aggiunto. In particolare, una perfetta purezza, che restava leggermente nascosta nelle più ristrette gabbie dell’originale, e il dono di una estrema luminosità, che incoraggia il lettore a indugiare a lungo, più di quanto richieda la stretta necessità di lettura, sulle tavole dell’artista milanese.
Nei tre volumi trovano ospitalità tutti i diciotto numeri (sei per ogni tomo) usciti in edicola, più, come vedremo, molto altro ancora.
È bene chiarire subito che nulla è andato perso del lavoro originale. Non le copertine, diligentemente riportate, a colori, alla fine di ogni volumone, che, ripulite dai caratteri della testata, ne guadagnano in dimensione pittorica. E neppure i dotti corollari grafico testuali di Luca Enoch (“i mostri”, “dal libro di Gea”) che troviamo riportati alla fine di ogni avventura. In più, tanti contenuti speciali, come l’intervista fumettistica di Sprayliz a Gea, pubblicata su Dime Press 21, e numerose illustrazioni coloratissime, realizzate qua e la in diverse occasione. Non potevano mancare l’intervista di Marco Rizzo, impeccabile curatore di questa opera, allo stesso Luca Enoch e la prima ristampa dello speciale Gea nel Paese delle Differenze, realizzato con il patrocinio dell’Università Ca’ Foscari sul tema della disabilità.
Il significato di Gea nel fumetto italiano
Una simile edizione e l’attenta cura della Panini Comics verso Gea hanno un suo perché, motivato non solo dalla qualità dell’opera, ma forse, soprattutto, dalla particolarità del fumetto dell’opera nel panorama italiano e anche internazionale.
Gea esce con il primo numero (Il baluardo) a giugno del 1999, ha 132 pagine e costa 4.000 Lire. L’avventura editoriale si conclude otto anni dopo, nel novembre del 2007, con il diciottesimo numero (La casa dei canti) che ha ancora 132 pagine ma costa, adesso, 3,20 Euro.
Solo diciotto numeri in nove anni di storia in edicola, a causa della periodicità. E già questo costituisce un fatto unico. Una periodicità semestrale per un fumetto prodotto in formato popolare non era mai stata azzardata. Un rischio enorme dal punto di vista commerciale. Una tale periodicità alimentava, infatti, le probabilità che il lettore si potesse disaffezionare facilmente del personaggio.
Sergio Bonelli aveva inteso correre il rischio perché aveva la massima fiducia nella capacità dell’autore, soggettista, sceneggiatore e disegnatore delle future storie di Gea, di creare un rapporto confidenziale e indissolubile con il suo lettore. Forse senza illudersi di riuscire a creare un caso editoriale (alla Dylan Dog, per intenderci) con conseguente successo commerciale, Bonelli confidava nel fatto che Enoch avrebbe potuto contare su una schiera di quei fedelissimi, che avevano sancito il successo di Sprayliz, la precedente creatura dell’artista meneghino.
Luca Enoch, infatti, quando fece la sua proposta alla Sergio Bonelli Editore, aveva in dote una certa notorietà, conseguita attraverso le avventure della teenager graffitara Sprayliz. Pubblicato per la prima volta su Intrepido #14 del 6 ottobre 1992, il personaggio aveva avuto l’onore di una testata tutta sua, pubblicata, per undici numeri, dalla casa editrice Star Comics. Nonostante successi di pubblico e di critica, l’editore, a causa di dissapori con l’autore, decise di chiudere la testata appunto dopo undici mesi di pubblicazioni.
Sprayliz si era presentata come una eccezione nel panorama fumettistico italiano. Il fumetto aveva trattato temi impegnati e importanti, a volte scabrosi, affrontando problematiche che andavano dall’omosessualità alla pornografia, dal razzismo alla droga. Temi non originali in assoluto, ma che, per la prima volta, venivano affrontati, sino a diventare tema dominante, in un fumetto popolare e seriale.
I moduli grafici e narrativi erano piacevoli e accattivanti. Enoch era in possesso di un tratto gradevole, nel contempo dinamico e le storie erano divertenti. Per quanto i temi trattati fossero particolarmente seri, le storie di solito scorrevano con ritmo veloce. Questo nonostante l’abitudine dell’autore di indugiare, qualche volta di troppo, in verbosità saggistico-descrittive, ad avviso di alcuni critici, pesanti e fuori luogo.
Sprayliz, il fumetto, aveva avuto una gran presa sui giovani. Attraverso la sua sensibilità Luca Enoch era riuscito a interpretare fantasie, aspirazioni e vaghezze di una parte (forse quella migliore) della generazione venuta dopo l’insensatezza etica e civile degli “anni di piombo” e cresciuta negli “anni da bere”. La provocatoria graffitara interpretava quelli che, in un generale appiattimento dei valori, insistevano ancora sui diritti delle minoranza e andavano a formare vari movimenti per i diritti civili, di orgoglio gay e lesbico e per l’affermazione della sessualità individuale.
Sergio Bonelli era rimasto favorevolmente colpito dal personaggio creato da Enoch, tanto che, proprio nella consueta presentazione del primo numero di Gea, dichiarava che dei “fumetti dei nostri giorni” quello che preferiva era proprio Sprayliz.
Luca Enoch aveva compiuto il piccolo miracolo di convincere lo storico editore del fumetto italiano a vincere la sua naturale ritrosia nel pubblicare fumetti con evidenti riferimenti alla odierna realtà sociale e politica.
L’autore milanese, per circa dodici numeri, pur presentando un personaggio sostanzialmente diverso da Sprayliz, di fatto non rinuncia al consueto approccio politicamente impegnato. Attraverso Gea, Enoch affronta tematiche complesse, esprimendo una superiore maturità di pensiero, rispetto all’esuberanza di cui era permeata Sprayliz. Enoch ha fatto un buon apprendistato e adesso la sua narrazione acquista discrezione e perspicacia. Il punto di vista dell’autore, seppure palese, ristà a suggerire le trame della narrazione dietro le quinte, senza apparire troppo invadente nel contesto narrativo. Al lettore si richiede innanzitutto un’opera di riflessione su tematiche addirittura cosmologiche, quali l’eterna lotta tra il bene e il male, ma anche su temi più concreti, seppure di portata universale. Ad esempio la riflessione sulla menomazione e il conseguente confronto del disabile con la vita di tutti i giorni. Riflessione di cui è testimone Leo, il coprotagonista paraplegico delle prime avventure di Gea.
In ogni caso, come sottolinea anche Marco Rizzo nell’intervista a Enoch (volume 2), al di là degli aspetti di impegno sociale, Gea rappresenta una rottura e una “provocazione” nel campo dei fumetti Bonelli e, in genere, sul versante del fumetto italiano, per i frequenti nudi integrali, le scene di sesso di cui è protagonista l’eroina minorenne, nonché per le frequenti e approfondite riflessioni sull’uso delle sostanze psicotrope.
Gli episodi autoconclusivi
L’opera di Gea si può dividere in due parti piuttosto distinte.
A sancire la cesura fra le due sezioni è l’invasione dei Diavoli, i quali stravolgono l’ambientazione sostanzialmente urbana delle storie per impiantarle in uno scenario apocalittico con sfumature bucoliche, molto spesso epiche, a volte mistiche. L’intera vicenda resta unita, comunque, da una precisa continuità narrativa, rimarcata dall’analogia dei temi e dalla logica evoluzione degli eventi.
Nella prima parte (i primi dodici fascicoli ospitati nei primi due volumi della ristampa Panini) ogni episodio ha un iter narrativo autoconclusivo. La presenza di alcuni personaggi, come il poliziotto Ahmad, destinati ad assumere una notevole rilevanza nella seconda parte, rappresentano una certa continuità narrativa tra un episodio e un altro.
Con il tredicesimo numero inizia la seconda parte che, per la prevalenza del tema, definiremo “la saga dell’invasione”.
Le avventure di Gea, seppure riescono ad offrire un divertimento immediatamente percepibile, per essere totalmente apprezzate, richiedono un alto tasso di sensibilità e intelligenza da parte del lettore. Spesso i temi sono connessi in materia dualistica (intolleranza e invasione, normalità e diversità). L’argomentazione narrativa sviluppa una contrapposizione dicotomica cui però non viene mai data una soluzione univoca e incontrovertibile. Frequentemente le tesi si sovrappongono e si confondono per lasciare sul campo un numero di domande più numeroso di quello proposto all’inizio.
Così come l’ironia non distoglie dalla tragedia, il tratto elegante di Enoch serve per enfatizzare un autentico orrore. L’autore si serve di un disegno, innocuo a prima vista, per far emergere sbigottimento e terrore. La conoscenza perfetta delle forme anatomiche consente al disegnatore di lasciare sfogo alla sua predilezione nell’invadere, distruggere, deformare, possedere, inondare di umori e liquami disgustosi i corpi disegnati, bestie, demoni o uomini che siano. Come Cronenberg, Luca Enoch ci conduce nel campo del body horror, incutendoci paura e nausea per le deformazioni e le mutazioni del corpo.
Impressiona l’enorme lavoro di documentazione che ha portato alla realizzazione del personaggio e che è di supporto a tutte le storie.
La densità delle informazioni si traduce in contenuti problematici che contengono i temi che da sempre accompagnano le angosce esistenziali dell’umanità.
Sembra quasi che, come accade nelle migliori avventure letterarie, Enoch, in questo fumetto, si sia messo direttamente in gioco e si serva delle storie per porre delle domande di cui non conosce la risposta (o forse non osa darla). Il tono complessivo è molto più elevato di quanto lasci intravedere l’ironia, dietro alla quale l’autore si nasconde e dissimula.
Enoch apre diversi fronti che girano intorno a quesiti esistenziali di alto tenore: la natura del bene e del male, la ragione per cui l’uomo debba patire, da una parte, e, dall’altra, il motivo per cui è naturalmente indotto a provocare, agli altri esseri, sofferenze illimitate e infinite. Da dove nasce l’odio, la crudeltà, l’intolleranza, presenti in entrambe le specie, dei diavoli e degli uomini?
Queste domande (e il problematico tentativo di offrire delle risposte) diventano il perno centrale della seconda parte della storia di Gea,
La saga dell’invasione
Con il tredicesimo numero inizia l’invasione. I temi prettamente sociali lasciano il passo. Il ritmo dell’opera cambia. I comprimari storici, Leo e Sig, assumono una posizione più ritirata nel contesto generale.
Il ritmo serrato degli avvenimenti viene penalizzato dalla serialità semestrale che poteva ancora funzionare quando le vicende, per quanto nel contesto di una continuità più ampia, si concludevano in un unico albo.
Risulta evidente la pena del lettore nel dover inseguire, per incommensurabili lassi temporali, un avvicendamento di accadimenti veloci e molto serrati.
L’edizione Panini si rappresenta dunque come l’occasione per apprezzare finalmente la sequenzialità della narrazione nella sua integrità.
Al tempo, alla conclusione della lunga serie semestrale, chi scrive aveva ricavato la sensazione che l’opera avesse raggiunto i migliori livelli narrativi nell’ambito dei primi dodici numeri.
Adesso (grazie anche a questa edizione) si può osservare l’intera opera da un punto di vista unitario e distaccato. Dalla rilettura, la seconda parte acquista un significato più alto, rispetto a quello che poteva essere percepito nel corso dello stillicidio semestrale.
Nella saga dell’invasione è l’epos che prende il sopravvento. Vecchio Testamento, Mahābhārata, Iliade e Odissea, sono a volte direttamente citati, a volte ne sono ripresi toni e stili.
L’autore, sotto il divertimento e la sagacia, fa trapelare un profondo pessimismo in genere sulla natura dell’uomo e sui suoi comportamenti.
Temi storici, etici ed ecologici si sovrappongono e si confondono nella rappresentazione di una concezione magica dell’esistente in cui bene o male non hanno importanza in sé.
Vengono ripresi e approfonditi i quadri allucinanti delle stragi di cui l’umanità si è resa colpevole, argomenti, in verità, già di spicco nella prima parte. Nell’ultimo episodio non mancano angosciati richiami alla Terra stessa intrisa di sangue e che richiede ulteriori tributi.
Una visione metastorica, quella di Enoch, disperata nella contemplazione del passato e del presente dell’umanità.
È nella saga dell’invasione, in cui la struttura narrativa perde ogni contatto con l’attualità, che l’autore trova spazi sconfinati per dare sfogo alla propria fantasia.
Enoch gioca duro con l’incredulità del lettore: per dare campo libero alla propria creatività non si fa scrupolo di forzare logica e raziocinio. È una caratteristica dell’autore quella di non tollerare il giogo di stringenti vincoli logico-narrativi. Lo avevamo visto in alcuni episodi disegnati e sceneggiati per Legs Weaver1 ma è una caratteristica che rimane anche in Lilith. Le soluzioni che Enoch escogita per risolvere nodi narrativi puntano sul vincere facile: egli spezza, senza farsi soverchi problemi, l’intoppo logico-realistico, se questi risulta di impedimento per una sfrenata fantasia, a volte sfociante persino nella demenzialità.
Per questo Enoch ama figure quasi grottesche e onnipotenti come i “Pesanti”, che possono risolvere, con il solo contributo di una forza smisurata e di una totale invulnerabilità (che si dispiegano in situazioni del tutto paradossali), situazioni apparentemente senza uscita. Il lettore dovrà riconoscere questo vezzo (o limite) di Enoch e se lo ama credere ancora nelle sue incredibili narrazioni. E se lo farà sarà ripagato, come in questa saga del’invasione, dalle visioni di spettacolari paesaggi onirici in cui pteranodonti, cavalcati come leggendari ippogrifi, contendono lo spazio ad orribili draghi montati da demoni. In questa seconda parte più che le immagini di Roger Dean2 ci sembra di attraversare quelle stesse atmosfere e paesaggi percorsi da Arzach, il personaggio realizzato da Moebius.
La discussione su cosa sia il bene e cosa il male, l’antitesi fra la natura e la tecnologia, la distruttività insita nell’umanità, le argomentazione poste nelle storie di Gea assumono un tono altissimo cui non può essere data risposta.
Questo spiega un finale in una certa qual misura lasciato “aperto”, ma che può essere visto più correttamente come un finale di consolazione e di speranza, nella misura in cui si prospetta una sostanziale fusione fra la razza umana e la razza “nemica”. Tale finale lascia spazio ad immagini di armonia e di conciliazione, all’illusione di un punto di intesa in cui anche i contrasti nel seno dell’umanità dovranno trovare auto-comprensione.
A circa otto anni da quando è stato lanciato, il messaggio conclusivo di Enoch ci regala un augurio ancora più gradito, considerato il momento presente, in cui intolleranze politiche e religiose diventano causa di sempre nuove violenze.
Abbiamo parlato di:
Gea omnibus: #1
Luca Enoch (Autore), M. Rizzo (a cura di)
Panini Comics, novembre 2013
784 pagine, cartonato, bianco e nero – 20,40€
ISBN: 8891200352
Gea omnibus: #2
Luca Enoch (Autore), M. Rizzo (a cura di)
Panini Comics, novembre 2013
784 pagine, cartonato, bianco e nero – 20,40€
ISBN: 8891202126
Gea omnibus: #3
Luca Enoch (Autore), M. Rizzo (a cura di)
Panini Comics, marzo 2014
792 pagine, cartonato, bianco e nero – 20,40€
ISBN: 8891203475