X-Men: il futuro di un franchise
L’uscita negli USA, nei giorni scorsi, di X-Men: Apocalisse, ha confermato nuovamente il successo degli X-Men al cinema, anche se con le dovute distinzioni. La terza pellicola del nuovo corso mutante diretta da Bryan Singer ha incassato nei quattro giorni del Memorial Day 80 milioni di dollari piazzandosi subito al primo posto del botteghino, ma risultando un successo meno brillante di X-Men: Giorni di un Futuro Passato anche per quanto riguarda l’accoglienza della critica, che non ha risparmiato impietose recensioni.
Le critiche più forti verso il terzo capitolo del “nuovo corso” mutante hanno riguardato in gran parte la costruzione della nuova linea narrativa della serie scaturita dagli eventi del film precedente, che secondo molti sarebbe stata gestita da Singer in maniera contradditoria e confusionaria.
In una interessante analisi apparsa nei giorni scorsi su The Hollywood Reporter dal titolo “Perché il franchise degli X-Men ha bisogno di evolvere o morire”, Graeme McMilian ha posto alcune intelligenti questioni e problematiche sul franchise dei mutanti Marvel, chiedendosi se, dopo X-Men: Apocalisse, sia venuto o meno per la 20th Century Fox il momento di rilanciare la serie con un reboot definitivo in piena regola, sottolineando alcuni elementi che sono diventati un ostacolo per la sua stessa evoluzione.
A questo punto della loro esistenza, i film degli X-Men sono diventati un pasticcio confuso per chiunque cerchi di appassionarsi alla serie: I primi tre film hanno avuto luogo al giorno d’oggi, poi tutto era ambientato nel passato, ad eccezione dei film di Wolverine e Deadpool, il primo dei quali termina con un cliffhanger che porta a X-Men: Days of Future Past, anche se non proprio, e quest’ultimo sembra esistere magari in una realtà completamente diversa. E come può il Ciclope di X-Men Origins: Wolverine collegarsi a quello di X-Men: Apocalisse o alla trilogia originale? Forse è meglio non pensarci troppo per paura di causare un mal di testa.
Nel suo articolo, McMilian evidenzia come, per contrasto, guardate individualmente le due trilogie risultano più coese e meno contradditorie rispetto alla confusione che generano se visionate assieme. Un particolare questo non da poco che spinge il giornalista a chiedersi se è ancora possibile, per la Fox e il regista Bryan Singer, rivelatosi in questi anni il deus ex machina della saga al cinema, riuscire a portare avanti il franchise senza generare questi problemi per lo spettatore comune, ma anche andando oltre i soliti personaggi presentati.
Un reboot offre il modo più veloce e più semplice per rivedere in modo significativo l’estetica visiva della serie e avvicinarla a quello che il pubblico è abituato a vedere, sia in termini di altri film di supereroi e anche, in particolare, dei fumetti degli X-Men stessi.
In secondo luogo, un riavvio permetterebbe alla serie di riaccentrare e riorientare sé stessa, permettendo così di rompere le cattive abitudini e pianificare il futuro. Cerchiamo di essere onesti, se c’è un problema che i film degli X-Men hanno, è che hanno sempre riguardato una di queste tre persone: Wolverine, Charles Xavier e Magneto. Certo, ci sarà una minaccia esterna e alcuni altri personaggi in vetrina, ma con una sola eccezione (Deadpool, che tecnicamente non è nemmeno un film degli X-Men se si considera che egli stesso nega di essere un X-Man) queste pellicole avranno almeno uno di quei personaggi che dominano gli eventi, e probabilmente almeno un cameo da parte di un altro.
Aldilà delle ipotesi, è innegabile che per la Fox non sia ancora giunto il momento di riavviare la saga, visto il successo riscontrato dalla pellicola in termini di incassi. Mentre la major punta su altri franchise basati sui fumetti (in primis sulle creazioni di Mark Millar) la saga sui mutanti si è sempre dimostrato un sicuro investimento che ha generato personaggi riconoscibili (il Wolverine di Hugh Jackman, la Mystica di Jennifer Lawrence), come d’altronde lo stesso giornalista ricorda.
Il problema è che non c’è alcun impulso per la Fox di riavviare la serie in questo momento. Apocalisse sembra destinato a essere un successo… e spin-off come Deadpool, il Wolverine in produzione e New Mutants stanno suggerendo che le properties stanno andando bene… Probabilmente, lo studio ha perso la possibilità di riavviare il tutto; Days of Future Past nel 2014 ha resettato la linea temporale della serie, offrendo la migliore possibilità di avere una nuova torta e iniziare a gustarla; come nel film di Star Trek del 2009 avrebbe potuto creare una tabula rasa per le versioni future. Invece, il climax è stato ribadito con il cast del film originale, ancora una volta.
A ragionare sul futuro del franchise cinematografico è stato anche il sempre attento Scott Mendelson su Forbes, il quale ha spiegato quattro modi che potrebbero aiutare il brand a sopravvivere a se stesso, cercando in primo luogo di spostare l’attenzione su altri personaggi.
La centralità di Wolverine, l’utilizzo costante di Magneto come villain principale (a eccezione di Apocalisse e, forse, del William Stryker di X-Men 2) sono alcuni dei problemi evidenziati dal giornalista, assieme allo spreco di personaggi femminili, la cui presenza negli anni non è stata valorizzata come era all’inizio.
Quello che è scioccante sul trattamento dei personaggi femminili nel corso degli ultimi due film è come il franchising ha devoluto su questa scala rispetto all’inizio. Siamo passati da un originale X-Men, con protagonista la Rogue di Anna Paquin, a X-Men: Days of Future Past in cui vengono tagliate tutte le scene di Rogue dalle sequenze ambientate nel futuro. Siamo passati dalla Tempesta di Halle Berry che era un personaggio di supporto importante della trilogia iniziale a un nuovo film dove la Tempesta di Alexandra Shipp ottiene meno dialoghi della famiglia trucidata di Magneto.
Sul problema dei personaggi femminili sottoutilizzati, Mendelson non è tenero nemmeno con la star Jennifer Lawrence (a mio parere trasformata in un personaggio centralissimo – ndr) e per la Moira MacTaggert di Rose Byrne, depotenziata dal fascino di X-Men: L’inizio e trasformata in una mera cotta per il professor Charles Xavier.
Qualunque sia il futuro cinematografico di questa serie che in 16 anni ha incassato oltre 3 miliardi di dollari e si è dimostrata sempre capace di attirare il pubblico, è ovvio che ben presto la dirigenza della Fox dovrà iniziare a ragionare su quale strada percorrere, soprattutto in vista del prossimo film di Wolverine, che vedrà per l’ultima volta Jackman nel ruolo dell’artigliato mutante canadese.
L’intenzione dell’attore di non riprendere più il personaggio dopo il prossimo capitolo diretto da James Mangold porrà certamente la major di fronte ad alcune scelte, e alla possibilità di gestire nuovi franchise (il New Mutants di Josh Boone) cercando in primo luogo creare personaggi che sappiano conquistare, senza generare nostalgia per i vecchi.
Intanto, nei giorni scorsi Movie Pilot ha diffuso alcuni interessanti dati riguardanti il trend di X-Men: Apocalisse sui social network pochi giorni dell’uscita avvenuta il 27 maggio, che mostrano il forte impatto che la pellicola ha avuto sugli utenti.
Suicide Squad
Continua la campagna promozionale attorno alla pellicola diretta da David Ayer, che sarà il primo vero test per la Warner Bros, inerente il nuovo Universo condiviso scaturito dagli eventi di Batman V Superman: Dawn of Justice.
Il film comunque, a distanza di un paio di mesi dalla effettiva uscita nelle sale cinematografiche, sembra avere ormai imboccato una strada in discesa per quanto riguarda la campagna marketing. Come riportato nei giorni scorsi da USA Today, Suicide Squad è il lungometraggio più discusso sul social network twitter, raccogliendo 1 milione di tweets tra il 1 marzo e il 26 maggio, dove la conversazione online è stata sostenuta grazie all’utilizzo di un emoji raffigurante il Joker e dall’hashtag #JokerWasHere, che è stato condiviso dall’attore Jared Leto che sul proprio profilo ha 2,27 milioni di follower. Inoltre, nel mese di aprile, la pellicola con Will Smith e Margot Robbie ha avuto più di 130.000 retweet e 170.000 “mi piace”.
Nel frattempo, Merchoid ha presentato la sua linea di abbigliamento basata sul film, che comprende varie t-shirt e cappellini con il logo ufficiale ispirati ai personaggi di Harley Quinn e Joker, berretti da baseball, giacche, accessori e molto altro ancora. I prodotti della linea sono attualmente disponibili per le pre-ordinazioni, in vista dell’uscita ufficiale prevista nel mese di giugno.
Tra i punti salienti della collezione vi è la maglia “Daddy’s Little Monster“, una replica esatta della camicia indossata nel film dall’attrice Margot Robbie.
Film Playmobil: Weinstein fa causa
La Weinstein Company ha annunciato di avere avviato una causa legale che coinvolge il film di animazione basato sui giocattoli Playmobil, che sarà realizzato dalla Open Road Films e la cui uscita nelle sale è stata fissata nei giorni scorsi per il 18 gennaio 2019, per la regia di Lino DiSalvo.
La major americana sostiene che avrebbe stipulato un accordo, del valore di 35 milioni di dollari, per realizzare la pellicola prima ancora della Open Road, facendo così causa ai produttori Moritz Borman e Dimitri Rassame chiedendo di onorare i propri obblighi contrattuali nei confronti di TWC e la sospensione del contratto con Open Road Films per gli stessi diritti di distribuzione che essi dichiarano essere già stati venduti a The Weinstein Company, evidenziando come il loro accordo sia “vincolante e applicabile”.
Officer Downe
Intervistato nei giorni scorsi da CBR, Joe Casey ha avuto modo di parlare dell’adattamento cinematografico di Officer Downe, da lui prodotto assieme a Mark Neveldine e Skip Williamson e diretto da Shawn Crahan. Casey ha affrontato da subito la questione inerente il fatto che il film è un progetto indipendente, non finanziato dai grandi studios di Hollywood.
Non passò molto tempo da quando avevamo fatto la versione hardcover del fumetto che Skip Williamson e Mark Neveldine si misero in contatto con me circa i diritti cinematografici che, naturalmente, Burnham e io controlliamo al 100% (grazie, Image Comics) . Questi erano i ragazzi che hanno fatto il film “Crank”, per cui questo tipo di materiale era fatto per loro. Quando mi sono incontrato con loro, non ero sicuro di quello che si aspettavano, ma ho fatto delle richieste specifiche. La prima era ovvia: che avrei scritto la sceneggiatura e sarei stato un produttore del film. La seconda era un po’ meno ovvia: non avevo voglia di un grande studios. Ho voluto fare questo film in modo indipendente. Per fortuna, questo è esattamente il modo in cui volevano farlo anche loro. Non volevano avere a che fare con la cultura degli studios che probabilmente avrebbe portato a una versione molto triste e annacquata del materiale originale.
Per me, la cosa più importante che è emersa dalla versione cinematografica è l’importanza – e la natura più profonda – di Officer Downe. Ciò che egli è. Ciò che egli rappresenta nella storia. Il senso della sua esistenza. Come il suo passato colpisce il suo presente. Come viene visto da chi lo circonda… Se non avessi inserito tutto questo nello script, non credo che un attore del calibro di Kim Coates avrebbe mai pensato di prendere il ruolo. Devo dire che è stato gratificante quando ha firmato, perché sapevamo da subito che questa visione del personaggio avrebbe funzionato. E se avete letto il fumetto, l’interpretazione di Kim è così credibile. Si è adattato pienamente al ruolo. Come ho detto, dovete solo vederlo.
A parlare della pellicola, e in special modo del protagonista, è stato anche Chris Burnham, co-creatore assieme a Casey della serie a fumetti, il quale è rimasto fortemente colpito dall’attore Kim Coates.
La prima volta che ho incontrato Kim era in costume, a pochi minuti dalle riprese della sua prima scena come Officer Downe, e io ero fuori di testa, cazzo. Ero solo vagamente consapevole della sua carriera, a quel punto, quando lo abbiamo scelto, quindi dal mio punto di vista è stato come in “Weird Science” quando Kelly LeBrock viene creata da un gruppo di Playboys ed emerge pienamente formata dal computer. Fuori dal camerino di Kim è apparso Officer Downe! I miei baffi, gli occhiali da sole, il mio costume, la mia semi-plausibile pistola a doppia canna, tutto quello che c’è in tre dimensioni. Pazzesco. Joe ed io abbiamo creato Kim Coates per recitare in “Officer Downe.” “Sons of Anarchy”, “Goon”, “Last Boy Scout”, ecc sono tutti effetti collaterali.