Fumetti contro tutti – prima parte

Fumetti contro tutti – prima parte

La polemica sui fumetti in Italia negli anni Quaranta e Cinquanta. Primo round. Vittorini e le nuvolette nel politecnico.

In Italia  il primato dell’apertura della cultura alta allo studio del fumetto va attribuito a Elio Vittorini. Lo scrittore (ma anche critico, traduttore, giornalista e organizzatore culturale) dichiarava, in un’ intervista raccolta da Umberto Eco e apparsa sul primo numero della rivista “Linus” (aprile 1965):

“Io mi sono sempre interessato di fumetti da tempi lontanissimi, da quando ero ragazzo. Me ne occupavo anche ai tempi del “Politecnico ” e ricordo che una volta ho pregato Del Buono di intervenire su certi fumetti americani parlandone non soltanto sotto il profilo sociologico, come succede di solito, ma anche sotto il profilo storico (…) Del resto, uno “spirito di fumetto” c’era anche nel tipo di impaginazione che usavo per il “Politecnico” dove poi c’era una appendice interamente dedicata ai fumetti. Trevisani vi curò la pubblicazione di Lìl Abner e di Barnaby, il ragazzo afflitto dalla psicanalisi. Le storie di Barnaby erano uscite durante la guerra e noi su “Politecnico” ne riportammo due o tre” .

Eco, successivamente, avrebbe ricordato quell’intervista inquadrando meglio il tipo di rapporto esistente tra Vittorini e i fumetti per poi concludere:

“Vittorini sapeva che si può riflettere sull’uomo  sia in endecasillabi che in strisce”.

Della partecipazione di Elio Vittorini ad una tavola rotonda nel 1965 insieme a Umberto Eco ed Oreste Del Buono ha scritto anche Edmondo Berselli il 29/04/2005 sulle colonne di “Repubblica” in uno speciale dedicato ai fumetti raccontando della nascita di Linus: “nella storica tavola rotonda linusiana  questi tre agitatori di idee discussero di Charlie Brown e i fumetti”.
Allora occorreva comunque“fare critica”, distinguere fra disegno e segno, richiamarsi alla semiologia. E Vittorini,che si era occupato di fumetti già ai tempi del Politecnico, poteva anche sostenere con generoso arbitrio che

fra il Salinger del Giovane Holden e lo Schulz dei Peanuts l’artista più rappresentativo era quest’ultimo,il creatore di una microsocietà irriducibile dentro l’America adulta1.

Eppure soltanto con il mio saggio “Vittorini e i balloons. Vittorini e i fumetti del Politecnico2 per la prima volta si è aperto uno spiraglio su Vittorini sdoganatore di comics e sullo stretto rapporto fra l’editor e la Nona Arte; nel testo analizzavo il contesto politico-culturale della rivista “Il Politecnico” in cui furono inserite, ad esempio, sette strip di Popeye, o tre episodi di Barnaby o ancora articoli sul fumetto e su Walt Disney ed immagini a supporto di saggi e commenti letterari.

L’importanza dell’immagine e delle arti figurative come forma di espressione e come strumento di ridondanza per nozioni e messaggi è evidente già nel numero 1 del 29 settembre 1945 dove Vittorini scrive “non più una cultura che consoli nelle sofferenze , ma una cultura che protegga dalle sofferenze, che le combatta e le elimini”e nella prima pagina inserisce come corredo del suo articolo “Il popolo spagnolo attende la liberazione” un disegno di Renato Guttuso “L’ultimo atto della reazione spagnola. Banchetto di Erode”.

Nel secondo numero  del settimanale, datato 6 ottobre  1945,  che nella prima pagina presenta il famoso intervento di Concetto Marchesi sulla scuola, nella terza pagina correda la conclusione dell’articolo (la prima parte era intitolata LA SOCIETÀ NELLA CULTURA: La letteratura e la storia- I Promessi Sposi contro la democrazia) La società nella letteratura. Letteratura e storia; perché i Promessi Sposi non sono popolari con un disegno dell’abbraccio fra il Cardinale Federigo Borromeo e l’Innominato convertito; tuttavia, il segnale più importante di questo nuovo rapporto tra i fumetti e la cultura con l’inserimento, quindi, delle strip  all’interno del programma della Nuova Cultura de “Il Politecnico”  lo troviamo nell’ultima pagina dello stesso numero con un approfondito articolo di Giuseppe Trevisani, (che collaborò al Politecnico succedendo ad Albe Steiner nella realizzazione grafica) a cui fu affidata la redazione del Politecnico-mensile, su “Il mondo  a quadretti”.
Insieme al commento di Trevisani su “favole buone e cattive del nostro tempo” vi sono due “quadretti” con protagonisti Arcibaldo (Jiggs in America) con la sua nuvoletta rigorosamente in inglese e Braccio di Ferro; Vittorini, forse, anticipava così l’inaugurazione di un progetto che si vedeva realizzare nel numero del Politecnico mensile  datato agosto 1946, dove venivano inserite sette strip di Popeye.

Trevisani nel suo articolo, dopo aver ricostruito sommariamente la storia del fumetto riferendosi all’americano Hearst ed alle sue pubblicazioni ed al giornalino italiano l’Avventuroso,  citava come “Comics” buone “quelle in cui il disegnatore riesce a creare un mondo poetico” e sottolineava che

“Fortunello, Arcibaldo, Mio Mao (Topolino) soprattutto Braccio di Ferro non sono solo racconti per i ragazzi sono personaggi umani ed hanno un loro preciso messaggio sia pure modesto da annunciare al mondo. Dimostrano che è possibile raccontare ( e raccontare bene) con qualsiasi mezzo: anche con le storielle a quadretti”.

Così come Trevisani accomunava i comics al cinema , per il taglio delle inquadrature, il ritmo delle sequenze e certi effetti sonori,  così Vittorini e la sua redazione verso il fumetto manifestarono anche un’illuminata sensibilità artistica lasciando le nuvolette in lingua originale, come nei film cinematografici, e ponendo i sottotitoli.

 

(Fumetti contro tutti – prima parte – continua…)


  1. E.Berselli , LA REPUBBLICA, E la critica scoprì il fumetto, del 29-4-2005 

  2. Bonanno editore, 2008 

2 Commenti

1 Commento

  1. Marco Pellitteri

    7 Settembre 2011 a 09:52

    Annalisa, mi pare inutilmente autoincensatorio che dichiari che solo con il tuo libro si parli finalmente di Vittorini come il primo intellettuale italiano interessato a legittimare il fumetto (oltre al fatto che anche questa tesi sarebbe da controllare e corroborare). Sul tema v’è una bibliografia molto vasta che di certo coosci bene. Lascia valutare ad altri gli esiti del tuo saggio e casomai prenditi i complimenti e accetta le critiche.

  2. ANNALISA

    7 Settembre 2011 a 14:43

    Marco, forse la mia espressione è sembrata autoincensatoria in realtà, nelle mie intenzioni, serviva a sottolineare con dispiacere che la LETTERATURA ALTA e la CRITICA LETTERARIA che in tantissimi anni hanno studiato a fondo tutta l’opera di Vittorini non hanno mai sfiorato quell’aspetto del suo lavoro editoriale e quell’intuito di pensare, progettare e trattare di fumetti nel lontano 1945  come se aver letto comics, averli inseriti nel Politecnico, averne parlato e averli cercati negli anni Cinquanta fosse per un intellettuale di quel calibro una “pecca”.Ciò che è importante per me è che un piccolo volumetto ha fatto parlare di nuovo di Vittorini ed ha aperto a tutti una nuova strada dando anche stimolo per nuove ricerche intorno agli anni Quaranta e Cinquanta. Le critiche fanno migliorare e sono ben accette, sempre.

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