Fletto i muscoli ed ecco Cinzia

Fletto i muscoli ed ecco Cinzia

Leo Ortolani torna nell’universo di Rat-Man per raccontare le origini di Cinzia, la transessuale da sempre accanto al suo eroe in calzamaglia. Un racconto intimo, un musical a fumetti, un viaggio che tocca temi attuali con ironia, onestà e senza retorica.

Un volume scritto e disegnato da ha il potere di non passare inosservato. Con la nuova uscita, lanciata poco prima del Lucca Comics & Games 2018, l'interesse era certamente legato al fatto che Ortolani, a distanza di oltre un anno dallo storico – e vero oggetto cult per gli appassionati – numero 123, non solo sarebbe tornato a raccontare una storia ambientata nel Rat-manVerse, ma lo avrebbe fatto senza dedicare neppure una tavola al suo eroe in calzamaglia e orecchie giganti.

Al centro della scena infatti non viene messo ma Paul, un postino che durante il suo giro quotidiano consegnava la posta a Deboroh, l'alter ego del più improbabile dei supereroi.
La storia racconta che, durante uno scambio tra i due, Paul consegna una copia di al protagonista. Deboroh scopre così la sua vocazione e diventa Rat-Man, Paul invece smette di essere un postino per diventare Cinzia.

La Cinzia raccontata dalla novel edita da è quella che ha appena smesso i panni di Paul per trasferirsi nella Città senza Nome in un periodo che si colloca idealmente alle origini del mito. La collocazione non è casuale: Ortolani non vuole raccontare Rat-Man, neppure accenna alla sua esistenza, ma costruisce un racconto dedicato a quello che è probabilmente il personaggio più strutturato e amato.  Con Cinzia, infatti, viene raccontato un personaggio in trasformazione, una persona alla ricerca di un posto nel mondo.

Bastano poche tavole per comprendere che, al lavoro che ci si trova di fronte, non manca la vena comica di Ortolani, ma allo stesso tempo è evidente come il pensiero laterale che da sempre caratterizza la produzione dell'autore pisano sia stato messo al servizio di qualcosa di diverso.

Il racconto si apre con il mondo che scorre attorno a Cinzia mentre nella sua testa tornano le ultime parole di sua nonna. Un colloquio di lavoro, un viaggio in metro e una chiusura cinematografica; il treno entra in galleria, le didascalie tacciono per aprire sul titolo del volume e presentare in tutto il suo spessore la protagonista.

“Prima di morire, mia nonna mi disse: 'Paul non è un brutto nome… solo che non è il tuo, se vuoi, puoi usare il mio. Tanto, ormai, non mi serve più'”.

L'apertura presagisce un equilibrio tra comicità e riflessione che prosegue lungo tutto il volume, con la prima che diventa veicolo per la seconda; l'incontro nella comunità LGBT, che è anche oggetto per una riflessione più ampia, e poi il rapporto con un corpo che non si riconosce e la riflessione sul proprio status: una macchia scura sul vestito pulito della realtà della gente.

Il concetto di macchia è una delle trovate grafiche più interessanti del volume; il suo valore metaforico permette all'autore di raccontare uno stato d'animo, ma anche il modo che la società ha di approcciare la questione senza ricorrere ad artifizi retorici, una metafora che esplode con tutta la sua forza nella sequenza dedicata all'esame per l'assegnazione del genere.

Cinzia chiede al mondo di essere riconosciuta e il mondo, che non comprende, si ferma alle apparenze e reclama Paul. La sequenza, comica e crudele, si chiude con tre tavole mute.

Un nuovo viaggio in metro, mezzo e situazione tornano spesso con nuove connotazioni nel volume, e Cinzia che non riesce a fare quello che per ciascuno è la norma: confondersi nella folla. A lei tocca il ruolo di macchia, o macchietta come spesso è avvenuto nel nostro varietà. Ortolani fa satira, denuncia e narrazione. Lo fa senza usare parole, ma un racconto per immagini che arriva diretto.

Il rapporto con Tamara, la compagna di stanza di Cinzia, è invece l'occasione per comprendere più a fondo l'animo della protagonista. I dialoghi sono densi di ironia, ma allo stesso tempo raccontano del rapporto tra chi è in una fase nella quale i dubbi sono enormi e le certezze poche e chi invece, è il caso di Tamara, la sua strada l'ha percorsa fino in fondo e ha trovato un suo equilibrio, l'equilibrio di chi non cerca il consenso altrui per potersi accettare.

Se da un punto di vista stilistico Ortolani resta assolutamente riconoscibile – il suo tratto, le sue inquadrature, la metrica scandita lungo il susseguirsi delle strisce fino alla soluzione comica sono assolutamente tipici – dall'altro si nota la cura per la costruzione di Cinzia. La tavola nella quale la mostra di fronte allo specchio è densa di affetto per una creatura alla quale Leo vuole proprio bene.

Non siamo infatti di fronte al personaggio sfrontato, sicuro di sé al punto di poter giocare sulla propria ambiguità, conosciuto tanto nella serie quanto nelle parodie ai classici declinati in Rat-man style. Nessuna curva o esuberanza estetica a confermare la sicurezza di una persona che ha trovato la sua identità, quanto piuttosto un corpo incerto all'esterno quanto tormentato al suo interno: non più Paul, non ancora Cinzia. L'immagine che Ortolani costruisce è quella della crisalide che non è ancora farfalla, la tessera di un mosaico che non trova la sua collocazione.

Sola e spaesata, vero, ma tutt'altro che congelata in un ruolo che non sente proprio. Cresce costantemente una tavola dopo l'altra, è tenace e ha il coraggio di mettersi in discussione scegliendo la collocazione lavorativa più improbabile e affrontando la sfida più difficile: l'amore.

Nel raccontare il suo percorso funziona il parallelo biblico con il Diluvio Universale. La volontà di Cinzia di salire sull'Arca è un tributo che Ortolani fa allo storico sketch della Smorfia di Troisi, Arena e Decaro. Nella storica scenetta Troisi, ad un passo dal Diluvio prova a convincere Lello Arena, nei panni di Noè e Decaro, che interpreta il figlio, ad essere accolto sull'Arca. I vani sforzi hanno una immediata resa comica. Troisi insiste fino a inventare gli animali più assurdi pur di avere uno posto sull'Arca.

–   Sono un minollo
–   Un minollo, eh? I minolli già ci stanno!

Cinzia, esattamente come Troisi, cerca di convincere il patriarca ad essere accettata a bordo e quando trova l'intransigenza di Noè gioca anche lei la carta dell'improbabile travestimento.

Facile vedere nella selezione pre-diluvio, sviluppata in tempi affini all'esame per il cambio del nome sui documenti, il parallelo tra diritto alla salvezza e la sua conquista, una differenza la cui comprensione risulta fondamentale tanto per lei quanto per il lettore.

Da un punto di vista strutturale, quello che colpisce del volume è il modo in cui Ortolani utilizza linguaggi e stereotipi adattandoli a un racconto che resta coerente. Da questa prospettiva anche la contaminazione tra musica e fumetto diventa un valore aggiunto.

Cinzia in molte sequenze è un libro che suona e canta, con sequenze musicali esemplari che passano dal varietà al musical fino alla colonna sonora di Ufficiale e Gentiluomo, e lo fa in modo talmente convincente da risultare assolutamente naturale, senza che neppure per una vignetta venga persa la rotta imposta al racconto. Tutto viene fatto al servizio della narrazione, senza deviazioni e con ben chiaro il percorso che si vuol presentare al lettore. Ogni elemento, la macchia, la storia di Paul e Cinzia, il rapporto con Tamara, fino al racconto dell'Arca e persino la musica trovano una precisa collocazione, archi narrativi che convergono e che portano inevitabilmente alla scena finale, una sequenza che diverte e commuove, assolutamente coesa col resto del racconto.

Partendo dalla riflessione su quale sia il posto che il mondo riserva ai transessuali – fanno riflettere ad esempio i colloqui di lavoro ai quali Cinzia si sottopone – Ortolani va oltre ed estende il discorso all'altro lato della barricata. Se da un lato è indubbia la discriminazione che molte persone avvertono, dall'altro la ricerca di una comfort zone, per forza di cose spesso esclusiva, espone al rischio di creare un'ulteriore occasione di discriminazione.

Il gay pride ad esempio, “la festa nel quale celebriamo l'orgoglio di essere diversi”, è un'occasione di affermazione di identità forte quanto è forte la discriminazione, ma che perderebbe legittimità là dove gli organizzatori la ritenessero esclusiva o autoreferenziale. D'altra parte auspicabile che alla fine ne emerga e si affermi il folklore, ma questa è un'alterazione ammissibile solo nel momento nel quale venissero meno le ragioni che trasformano le differenze ostentate in discriminazione vissuta.

Cinzia è in tutto e per tutto un lavoro maturo, che non presenta sbavature e nel quale non mancano passaggi di intensità emotiva, le risate e la musica, ma al quale l'autore ha aggiunto una riflessione profonda su quale sia il rapporto tra volontà di affermarsi e diritto ad esserlo, tra vissuto e percepito.

Una grande prova d'amore per un personaggio nato come marginale, ma capace di camminare da solo con il suo magnifico vestito leopardato.
Non sorprenderebbe, dopo un suo racconto delle origini tanto strutturato, che Cinzia fosse solo il primo tassello di una narrazione più ampia.

Abbiamo parlato di:
Cinzia

Bao Publishing, 2018
240 pagine, cartonato, bianco e nero – 20,00 €
ISBN: 9788832731552

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