Il martedì e il mercoledì in USA sono i giorni dedicati all’uscita dei nuovi albi a fumetti, molti dei quali sono numeri di esordio di serie e miniserie, i first issue.
First Issue è la rubrica de Lo Spazio Bianco dedicata ai nuovi numeri uno in uscita negli States! In questo episodio #92 analizziamo alcune delle novità più interessanti uscite tra il 29 settembre e il 13 ottobre 2021.
Marvel Comics
Lo so, lo so. Questa rubrica si chiama First Issue, quindi perché sto parlando di un numero 75? Prima di tutto perché ho deciso di dover recensire ogni albo scritto da Zeb Wells. Ma soprattutto perché questo numero è di fatto un vero e proprio nuovo inizio per la testata ragnesca.
Dopo la fine della discussa e decisamente contorta (per usare un eufemismo) gestione di Nick Spencer, la Marvel ha deciso di rilanciare il Ragno con un team di autori che, oltre a Wells, comprende Kelly Thompson, Saladin Ahmed, Cody Ziglar e Patrick Gleason, in una operazione che ricorda molto il Brand New Day che seguì la saga One More Day. Ironia della sorte, per due motivi: prima di tutto, perché OMD è la saga che insieme a Sins Past ha spinto la vena revisionista di Spencer e i salti mortali dell’ultima parte della sua gestione; e anche perchè Wells fu parte del team di autori che scrissero il BND. E questo la dice lunga sulla ciclicità della storia, ma soprattutto della ciclicità delle storie di supereroi (e del fatto che Zeb Wells abbia sempre la parte del pompiere quando si tratta di Spider-Man).
In questo nuovo corso ci troviamo non con uno, bensì con due Spider-Man protagonisti: da una parte un Peter Parker provato dagli eventi recenti, dall’altro un recuperato Ben Reilly, che torna sulle pagine dell’ammiraglia ragnesca dopo la Cospirazione del Clone dell’era Dan Slott, dopo una serie (non molto entusiasmante) di Peter David e dopo alcune apparizioni sporadiche (tra cui, la più recente, in Iron Man di Cantwell). Ed è un ritorno in grande stile, con tanto di nuovo costume da Uomo Ragno, brand adesso posseduto dalla (misteriosa e poco limpida, come da copione) Beyond Corporation che lo ha acquistato dalle fallite Parker Industries.
Wells costruisce un albo introduttivo abbastanza interlocutorio ma comunque ben equilibrato, che presenta la nuova condizione di Reilly, recuperando vari elementi del ciclo di Slott (su tutti, gli Spider-Gadget), e al tempo stesso dedicando del tempo a esplorare i recenti traumi di Parker. Le interazioni tra i due co-protagonisti sono la parte migliore dell’albo, permettendo di approfondire non solo la loro condizione attuale, ma anche il loro rapporto, con cura e con attenzione tipiche della gestione ragnesca dell’autore. Interessante, benché non originale, anche il concetto di brandizzazione dell’Uomo Ragno, soprattutto nel contesto attuale: sarebbe interessante veder sviscerare questo elemento in maniera ficcante e intelligente per riflettere sulla nostra società, anche se è difficile sperarci visto le recenti gestioni del personaggio (a prescindere dagli autori).
Il tratto di Patrick Gleason, che farà parte anche del gruppo degli sceneggiatori della serie, è solido e corposo, potente e dinamico nelle scene di azione, ma soprattutto attento all’espressività e alla recitazione corporea nei momenti dedicati al confronto tra i personaggi: il colloquio tra Parker e Reilly risulta naturale e coinvolgente grazie all’ottima amalgama tra testi e vignette, costruite con una struttura molto regolare per scandire al meglio il tempo dei dialoghi.
In chiusura dell’albo, due brevi backup story: una dedicata alle Figlie del Drago Misty Knight e Colleen Wing, anche loro apparse insieme a Ben Reilly in Iron Man #6 per combattere Korvac e qui reclutate dalla Beyond; l’altra dedicata al ruolo della Dr. Kafka nel recupero del personaggio, anche lei ingaggiata dall’azienda e comprimario importante della serie dedicata al personaggio che esordirà a gennaio 2022.
Pur non offrendo ancora molti indizi sulla nuova direzione della testata se non un finale sibillino, la ripartenza del ragno rappresenta comunque una boccata d’aria dopo i grandi mal di testa della gestione precedente. E dato che la cadenza della nuova serie sarà di tre albi al mese, posso dire che il secondo numero (o meglio, il #76) conferma tante buone impressioni del primo. Ma di questo, su First Issue, non possiamo parlare.
Emilio Cirri
Wanda Maximoff è destinata a stare sotto alla luce dei riflettori in questo periodo, sia per il successo e l’apprezzamento di pubblico e critica della serie televisiva WandaVision, sia per il ruolo centrale che dovrebbe avere nel prossimo film del Dr Strange (Doctor Strange in the Multiverse of Madness).
Non si sottrae alle regole del marketing la realizzazione di The Darkhold, crossover in sette parti che la vede protagonista. La trama in breve: il Dottor Destino riesuma il terrificante Darkhold, testo occulto dagli enormi poteri, e nonostante le sue ben note ambizioni di dominio si rende conto della minaccia che rappresenta e decide di affrontarla per fermarla (fallirà). Wanda percepisce l’energia sprigionata dagli atti di Von Doom e il pericolo che rappresenta per il mondo se dovesse non riuscire a trattenere le forze della dimensione magica per cui il libro è una sorta di passaggio. Mette così insieme, sulla base di una antica favola contenuta nello stesso Darkhold, una squadra di cinque personaggi (Blade, Freccia Nera, Iron Man Spider-Man, e Wasp), ma non tutto andrà come dovrebbe.
Questa la premessa dell’intrigante trama ordita da Steve Orlando, sceneggiatore ben noto al pubblico dei supereroi. Premessa non completamente mantenuta, poiché il ritmo narrativo si perde un po’ nei cliché grande minaccia/nessuna speranza/si ritrova la speranza con altrettanto grande potere per affrontarla. Il finale dell’albo non riserva grandi sorprese, con una prevedibile piega negativa degli eventi, ma offre interessanti spunti per i futuri sviluppi.
Insomma, non una grande prova di originalità da parte di Orlando, che certamente ha il pregio di raccontare in maniera comunque accattivante una vicenda che, almeno per ora, si prospetta ben poco sconvolgente o sorprendente. Ad aiutarlo nel rendere sapida questa pietanza un po’ povera di gusto è l’ottimo disegnatore Cian Tormey, che ha un segno ricco di dettagli in cui si ritrovano influenze di diversi predecessori illustri come Bagley, Pacheco e Dodson fra gli altri. Alla sua nitida ed efficace costruzione della tavola ben si accompagnano i colori di Jesus Aburtov, che creano un’atmosfera – forse sin troppo tecnologica rispetto al tema magico – da cui emerge potente l’energia sprigionata dagli artefatti magici. Una lettura non entusiasmante se ricercate qualcosa di nuovo, ma ben strutturata per garantire divertimento sia al lettore più smaliziato che a colui che si avvicina provenendo dalla visione di film e serie.
Paolo Garrone
Di seguito, le copertine delle novità Marvel Comics.
DC Comics
Di seguito, le copertine delle novità DC Comics.
Image Comics
Vancouver, British Columbia. Un uomo asiatico leggermente sovrappeso esce da un palazzo e si accende una sigaretta. Non fa in tempo ad aspirare che inizia a piovere, e lui non ha un ombrello. Per rifugiarsi, corre a prendere un autobus. Da qui ha inizio un viaggio apparentemente normale, verso una destinazione ignota: ma una volta arrivato lì, il protagonista si trova di fronte a una scena sconvolgente. Ma chi è il protagonista? Perché era diretto a quella casa? Cosa è successo a quella famiglia? E potrebbe essere proprio quello sconosciuto incontrato al supermercato ad aver commesso un crimine?
Niente ci viene detto in questo primo numero di A Righteous Thirst of Vengeance, nuova serie di Rick Remender e Andrè Lima Araujo. Un numero quasi muto, se si esclude una breve conversazione esistenzialista tra il protagonista e un ragazzino, in cui la tensione e il senso di smarrimento è costruito tramite una tavola scansionata in maniera perfetta da un Araujo alla sua prova migliore: controllo assoluto del ritmo e dello storytelling, delle scelte di inquadratura che mettono in risalto una espressione, un gesto, che esaltano il senso di mistero e di tensione che nascono nell’ignoto della quotidianità. E il tutto realizzato con un tratto fine, preciso, attento al minimo particolare che ricostruisce con attenzione un mondo reale, apparentemente innocuo, e nel quale però si annida il male e il pericolo. Non si può dire molto di più di questo numero introduttivo, se non che sia un esordio brillante e totalmente inaspettato, una specie di episodio pilota o di cortometraggio da festival indipendente che suscita così tante domande da non poter non voler leggere il seguito, per approfondire quello scollamento tra realtà e orrore tutto umano che fa parte del nostro mondo.
Era da un po’ che non si vedeva un numero uno così fuori dal comune.
Emilio Cirri
Altri editori
Chicken Devil, nuovo fumetto pubblicato da AfterShock Comics, si presenta come un prodotto ben confezionato, grazie all’impostazione delle tavole e al segno particolari di Hayden Sherman, al lettering affilato contenuto in balloon e didascalie scelti e posizionati con cura da Hassan Otsmane-Elhaou e alla interessante e simpatica appendice con cui si chiude l’albo, ossia un riassunto della vita del protagonista e un listino delle consumazioni che si possono acquistare presso il Mitch’s hot chicken, il locale di cui Mitch stesso è proprietario.
Nel primo capitolo sceneggiato da Brian Buccellato, quest’uomo a prima vista qualunque si trova coinvolto in qualcosa di molto più grande di lui: un giro di droga e un’esplosione che gli porta via gli affetti più cari. Non esattamente il genere di dramma che ci si aspetterebbe da un comic book che in copertina reca un tizio vestito da pollo, con una pistola in mano, vero? Invece, è proprio nella sorprendente dicotomia tra cover, titolo e sviluppo che risiede la forza di un racconto che, anche grazie ad alcune pagine animate dal segno grezzo dell’artista sulla scia di Klaus Janson (Daredevil: gli ultimi giorni), sembra avvicinarsi all’underground più che alla corrente nella quale Buccellato ha navigato spesso, cioè quella più rassicurante delle major statunitensi.
Il fumettista centra il bersaglio attraverso accessi improvvisi di violenza e tagli repentini, senza inventare nulla per quanto riguarda i dialoghi, ma puntando sul sarcasmo nel momento giusto. Dal canto suo, Sherman gioca con le inquadrature, facendosi notare soprattutto per quelle frontali dall’alto, e con le vignette: alcune sono rettangoli piccoli in successione orizzontale, altre sono trapezi sbilenchi disposti lungo una circonferenza immaginaria, altre ancora sono cerchi e ovali che racchiudono vari pannelli dalle forme differenti.
Pertanto, dati i singoli elementi, A devil in the henhouse, il primo episodio della serie, risulta un esordio piacevole, che fa ben sperare per un’evoluzione imprevedibile della narrazione.
Federico Beghin
Fuori. Fuori di. Spento. Finito. Compiuto. Inaccettabile. All’aperto. Esterno. Un qualsiasi traduttore online ci suggerisce alcune interpretazioni possibili del breve e suggestivo titolo Out della nuova serie pubblicata da AWA Studios. Una preposizione composta da tre lettere, incisiva, veloce ed eclettica, con la giusta dose di mistero che sembra esaurire la sua carica cupa ed enigmatica nello spazio del breve tempo della sua pronuncia. Il resto, quello che incontriamo tra le pagine interne dell’albo, invece non brilla per particolare originalità e freschezza andando ad ascriversi alla categoria delle cosiddette minestre riscaldate. Una minestra, beninteso, fatta di ingredienti ricercati e di qualità che, pur riproponendo sapori e profumi già registrati nella nostra memoria interna, non risulta mai realmente stucchevole o particolarmente odiosa o indigesta.
Ai metaforici fornelli letterari troviamo il writer chef gallese Rob Williams, che ci conduce nella plumbea atmosfera della seconda guerra mondiale, in giorni glaciali nei quali la spinta espansionistica dei maledetti nazisti sembra subire una battuta d’arresto a fronte dell’inesorabile avanzata della coalizione delle truppe alleate. Gli scellerati ufficiali tedeschi decidono allora di risvegliare un antico e malvagio essere per ribaltare le sorti del conflitto, testando la sua fame atavica e la sua forza su di un gruppo di prigionieri di guerra. Tra questi ultimi spicca la figura di Nocona, un Comanche nativo americano, code-breaker esperto di linguaggio che cerca di contrastare la violenza dell’immondo essere.
Out si rivela immediatamente quale un grande mix di generi che spaziano dal puro thriller all’horror (30 Days of Night), giungendo sugli impervi sentieri del cinema di guerra e di prigionia (Stalag 17) fino a reminiscenze videoludiche (Castle Wolfenstein) o ammiccamenti a serie tv come la recente The Strain. Senza mai arrivare realmente a stupire o sorprendere, la sceneggiatura si dimostra snella e godibile, improntata a caricare le tavole di un crescente senso di tensione evitando di appesantire la narrazione di questo capitolo d’esordio con troppe informazioni. Si disvela così agli occhi del lettore una storia in lenta crescita sia per quel che riguarda la trama che per i personaggi, dei quali si comincia qui ad avere indizi sulla personalità e sulle sfumature caratteriali.
I disegni di Will Conrad, precisi su fisionomie, espressività e ambienti, non riescono a imprimere particolare ritmo alla storia, assecondando lo scorrere degli eventi in vignette prive di particolare personalità o inventiva.
AWA Studios pubblica così un fumetto che ci racconta una storia con evidenti pecche e scarsa originalità, realizzata con apprezzabile mestiere che sembra anticipare tematiche e suggestioni della prossima festa di Halloween, presentando un racconto trasversale che strizza l’occhio ai fans dell’horror e dei war movies.
Ferdinando Maresca
Clear è la nuova serie Comixology Originals, firmata da Scott Snyder (testi), Francis Manapul (disegni e colori) e Andworld Design (lettering) sotto etichetta Best Jackett Press, fondata dall’ex sceneggiatore di Batman; questo numero d’esordio è inoltre disponibile gratuitamente su Amazon Prime Reading. Inizia evocando dalla prima immagine atmosfere hard-boiled con pioggia fitta accompagnata da voce narrante che delinea lo scenario delle vicende, con forti tinte di paranoie dickiane. Si immagina un futuro prossimo (2052) nel quale è possibile vivere immersi in una realtà alternativa a proprio piacimento. I “veil”, così chiamati con ovvia allusione al “velo di Maya” dell’illusione, sono disponibili nei più disparati stili e modificano la percezione della realtà che circonda il portatore/utente; questa tecnologia pervade il mondo, nel senso che tutto ciò che viene prodotto segue specifiche che lo rendono, per così dire, “velabile” (i vecchi oggetti, d’altra parte, risultano più difficili da velare); il largo uso dei veli definisce un mondo di bolle personali, mentre ciò che accade altrove resta ignoto ai più. Definito questo contesto, il racconto presenta il protagonista, il detective Sam Dunes (nome omaggio al celebre Sam Spade di Hammett), che offre la voce narrante e che si trova costretto ad affrontare il proprio passato a seguito della perdita di una persona amata.
Tutto molto tradizionale, quindi, ma messo sulla pagina con un ritmo che consente l’immersione nella vicenda. La scena iniziale, della quale comprenderemo il significato solo in chiusura dell’albo, ha un passo lento: mostra un ambiente freddo e l’isolamento degli individui è già evidente nei loro volti, nei loro sguardi bassi e poi ecco il miscuglio fra umani e robot dal viso metallico, che dichiara una delle caratteristiche fondamentali della società. Poi arriva l’azione: entra in scena Sam Dudes con una splash page che lo mostra in moto con un casco la cui visiera ingrandisce gli occhi in modo grottesco, e poi tutto accelera, in una serie di tavole dalla griglia variabile e addirittura frammentata, che mostra anche l’effetto dei veli come inserti che trasformano ciò che vediamo. Quindi andiamo al sotto finale e al cliffhanger che di fatto innesca la storia a venire.
La prima parte è avvolta in una luce fredda: ci muoviamo sotto la pioggia prima, poi in un obitorio gelido; poi ci spostiamo nell’ufficio disadorno di Dunes, e i toni cromatici diventano caldi, amplificando prima la sensualità di una immancabile femme fatale e poi la forza del cliffhanger.
In conclusione, un racconto costruito secondo stilemi di genere, che scorre fluidamente e crea subito l’atmosfera a quelli stilemi associata; punti critici saranno l’approccio ai personaggi e al mondo, come interagiranno approfondimento psicologico e strutture sociali e culturali, se, ad esempio, la metafora rispetto al nostro modo di percepire il mondo sarà spunto narrativo o mero didascalismo. Che, in fondo, sono i punti critici del genere.
Simone Rastelli
Di seguito, le copertine delle altre novità.
Per questa puntata è tutto. Vi diamo appuntamento a novembre con First Issue #93.
Stay tuned!