First Issue #83: Valchirie, detective oscuri invecchiati e religioni mutanti

First Issue #83: Valchirie, detective oscuri invecchiati e religioni mutanti

Molte novità provenienti da tante case editrici, mainstream e indipendenti, sono il fulcro di questa nuova puntata di First Issue.

Il martedì e il mercoledì in USA sono i giorni dedicati all’uscita dei nuovi albi a fumetti, molti dei quali sono numeri di esordio di serie e miniserie, i first issue.
First Issue è la rubrica de Lo Spazio Bianco dedicata ai nuovi numeri uno in uscita negli States! In questo episodio #83 ci occupiamo di alcune delle novità uscite tra il 14 e il 21 aprile 2021.

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 Marvel Comics

The mighty Valkyries #1

The Mighty Valkyries 1Dopo aver narrato le gesta di Jane Foster nella sua lunga gestione di Thor, Jason Aaron ha dedicato all’ex compagna di Don Blake una serie di dieci capitoli, sceneggiata insieme ad Al Ewing. Terminate quelle avventure, durante le quali la donna ha smesso di impugnare Mjolnir per lottare come Valchiria, è tempo di una nuova miniserie di cinque numeri, sempre firmata da Aaron, accompagnato da Torunn Grønbekk, che l’aveva già affiancato in precedenza.
L’albo d’esordio è suddiviso in due parti; si comincia con Jane Story, episodio scritto dai due autori per i disegni e i colori di Mattia De Iulis, nel quale la protagonista alterna la sua professione di medico addetto all’obitorio con l’investigazione in borghese, propedeutica allo svolgimento delle missioni in armatura. Lo sviluppo della vicenda è bipartito: da un lato c’è ciò che accade sulla Terra, raccontato dai dialoghi, che talvolta sembrano avere velleità di brillantezza senza centrare il bersaglio, e dalle didascalie di pensiero; dall’altro i fatti misteriosi riguardanti dimensioni ultraterrene, introdotti dalla voce suadente del narratore onnisciente. La storia è interessante, ma a rubare la scena è il lavoro di De Iulis, abile a infondere nel fumetto realismo ed epicità al contempo, a definire con cura i lineamenti di Jane e a modellare meticolosamente ogni dettaglio, finanche le pieghe e gli orli della giacca dell’interlocutore della supereroina. A confermare l’efficacia dell’estetica di questo #1 è la colorazione: opacità e brillantezza coesistono in modo credibile ed elegante.
La seconda parte dello spillato è riservata a New Valkyrie story, testi di Grønbekk, in questo caso da sola, matite di Erica D’Urso, tavolozza di Marco Menyz. Al centro della narrazione si trova un’altra Valchiria alla ricerca di risposte su se stessa e il proprio compito. Nel tentativo di rendere il contesto il più chiaro possibile, la sceneggiatrice gira un po’ a vuoto, dilatando la sequenza “descrittiva” con molte parole, finendo per smorzare l’impatto della rivelazione finale. Decisamente più riuscita è la visualizzazione di D’Urso, che sfoggia un tratto arricchito da influenze europee, statunitensi e orientali. Su sfondi profondi e vivaci, la protagonista si muove in modo fluido e alcune espressioni facciali appaiono particolarmente naturali.
Nel complesso, quindi, The mighty Valkyries si fa notare come un esordio piacevole, nel quale i disegni e le tinte scelte attirano l’attenzione più delle parole.
Federico Beghin

Way of X #1

Way Of X 1Sono passati 19 numeri dall’inizio di X-Men e della rivoluzione mutante di Jonathan Hickman. Sono passati 12 numeri dal settimo albo della testata, uno dei più intrisi di filosofia e teologia, riflessioni sull’anima dei mutanti e sullo spirito di un popolo, in cui un sempre dubbioso Nightcrawler si interrogava su cosa siano l’aldilà e la vita stessa per esseri che non possono più morire.
Proprio da queste riflessioni partono Simon Spurrier e Bob Quinn in Way of X #1, nuova testata mutante che inaugura di fatto la nuova fase degli uomini X, il Reign of X seguito all’evento X of Swords. Avevamo lasciato Nightcrawler in crisi, mentre rifletteva sulla possibilità di creare una nuova religione mutante, lo ritroviamo nelle primissime scene arzillo e in piena azione, come se fosse diventato il capitano di un nuovo team alle prese con missioni esoteriche. Ma basta la morte di Pixie (conscia della sua resurrezione) e la reazione dei giovani Krakoani per ritornare immediatamente alle atmosfere di X-Men #7: Spurrier indaga scena dopo scena i dubbi e le perplessità di Kurt Wagner, i suoi passi indecisi verso una nuova fede di cui dovrebbe essere pastore riluttante, schiacciato dal peso della sua formazione cristiana e dalla sua profonda umanità. Lo sceneggiatore si dimostra subito a proprio agio nel tratteggiare l’X-Men, portando fuori le sue caratteristiche grazie al confronto con altri personaggi: la dolente mutante depotenziata Lost, il cinico e messianico Magneto, lo Xavier mentore e al tempo stesso capo di stato, ma soprattutto il Doctor Nemesis, vero pallino di Spurrier (che lo ha scritto già in X-Men: Blind Science e X-Force) e mattatore filosofico, scientifico e ironico dell’albo. Oltre ai numerosi elementi interessanti di concetto presentati in questo numero e piantati come semi destinati a crescere, Spurrier riesce anche a creare interesse nella trama e nei suoi sviluppi lanciati già nel finale del primo numero.
Bob Quinn si inserisce bene nel panorama artistico del mondo X, dando un particolare apporto alle scene d’azione: l’ingresso in scena di Nightcrawler nella seconda tavola mette in luce tutta la pienezza delle linee e la plasticità del segno di Quinn, la fisicità e l’impatto delle sue figure, nonostante la composizione del disegno sia più illustrativa che dinamica. L’artista riesce anche a dare un buon apporto nelle scene più meditative e ricche di dialoghi, in particolare quelli che coinvolgono il Doctor Nemesis, il cui concept viene reinterpretato in maniera molto interessante. Resta da vedere quanto possa questo artista essere adatto per le parti più profonde e più filosofiche, dato il suo approccio supereroistico molto classico.
Emilio Cirri

Di seguito, le copertine delle altre novità della Marvel Comics.

DC Comics

Batman - The Detective #1

Batman - The Detective 1A Tom Taylor piace scrivere versioni alternative rispetto al canone dei supereroi e, va riconosciuto, gli riesce anche molto bene, come ha già dimostrato in passato su progetti come Injustice e DCeased. Il nuovo status quo dell’universo DC Comics, nato a seguito di Death Metal e Infinite Frontier, in cui il multiverso è tornato prepotentemente alla ribalta e permette il racconto di storie con varie versioni degli eroi – presenti, future o, appunto, alternative – offre la possibilità allo sceneggiatore australiano di regalare ai lettori la propria versione del Batman milleriano, cioè quel Cavaliere Oscuro invecchiato che è stato protagonista negli anni di un’epopea a più parti ripresa da Frank Miller a partire dalla metà degli anni Ottanta del XX secolo.
Batman – The Detective ci presenta così un Bruce Wayne invecchiato, cinico, amareggiato, duro e anche più “sborone” del solito, che lascia Gotham per recarsi in terra britannica, teatro di un disastro aereo che pare legato a doppio filo alla figura dell’uomo pipistrello.
Taylor cala perfettamente l’interpretazione del suo old Bruce nella conformazione caratteriale che Miller negli anni ha modellato intorno al suo Dark Knight e la capacità dell’autore di Melbourne di scrivere dialoghi secchi, intensi e realistici contribuisce alla resa della psicologia del protagonista, in un albo che setta più che altro lo scenario dell’indagine che il detective incappucciato si troverà a dover affrontare durante i successivi numeri della miniserie.
I disegni di Andy Kubert, accompagnato ai colori da Brad Anderson, presentano un Batman vecchio, pieno di cicatrici ma ancora più massiccio del solito, che ricalca esattamente l’immaginario milleriano ma che guarda anche alla versione cinematografica di Zack Snyder, soprattutto nel look del personaggio. Le tavole sono efficaci per impatto visivo, costruzione e dinamicità dello storytelling e Kubert gioca molto sul contrasto tra i neri netti e decisi, che strutturano i volumi del corpo di Batman, e gli spazi lasciati al colorista, che si avvale di una palette cromatica varia e accessa.
Il lettering di Clem Robbins accompagna l’architettura delle vignette, differenziando con il colore le didascalie di pensiero di Bruce che accompagnano l’intera narrazione.
Ciò che viene fuori da questo albo d’esordio è un personaggio centrato ed efficace, coinvolto in un mistero da svelare le cui premesse sono originali e interessanti.
David Padovani

Di seguito, le copertine delle novità DC Comics.

Image Comics

Di seguito, le copertine delle novità della Image Comics.

Altri editori

The Girls of Dimension 13 #1

Girls of Dimension 13 01Quattro ragazze vengono invitate da una misteriosa benefattrice ad abitare nella sua villa nel centro di New York, per occuparsene in sua assenza. Le quattro estranee scoprono però di avere qualcosa in comune: la capacità di utilizzare particolari poteri sovrannaturali. Ben presto, inoltre, appare chiaro che l’antica magione, all’apparenza assolutamente normale, nasconde in realtà dei segreti ben più sorprendenti e arcani.
The Girls of Dimension 13, edito da Aftershock Comics, a uno sguardo superficiale può apparire come uno scontato teen fantasy senza troppe pretese, a parte quella di cavalcare la corrente del “girl power”, ma si rivela in realtà un prodotto addirittura peggiore. Oltre a una sceneggiatura, firmata da Graham Nolan, che fallisce nel catturare l’interesse del lettore, infarcita com’è di cliché e dove l’unico momento di conflitto è relegato a una scena del tutto slegata dalla storia, a rendere la lettura tediosa è anche l’impossibilità di provare la benché minima empatia per le protagoniste. Non viene fornito neanche un piccolo accenno di background per nessuna di loro e soprattutto sono tutte dotate di personalità talmente vaghe e approssimative da risultare praticamente indistinguibili l’una dall’altra (e dove forse solo una mostra un flebile tratto caratteriale distintivo). I disegni di Bret Blevins possono contare su un tratto molto piacevole e quasi pop, che non risparmia nel costruire le ambientazioni con dovizia di dettagli, ma che mostra il fianco in espressioni facciali stralunate e nel character design poco ispirato.
Marco Marotta

 

The many Deaths of Laila Starr #1

The Many Deaths of Laila Starr 1C’è un passaggio in un rapporto (una volta sarebbe stata una profezia in un libro sacro) che dice: “Il dodicesimo giorno del dodicesimo mese, nascerà nell’uomo il bambino che porterà la vita eterna“, ovvero darà agli esseri umani l’immmortalità. La morte, quindi, non avrà più niente a che fare con l’umanità e questo è esattamente ciò che scatena The many Deaths of Laila Starr, la nuova miniserie di BOOM! Studios in cinque numeri di Ram V (scrittore), Filipe Andrade (artista), Inês Amaro (assistente ai colori) e AndWorld Design (lettering).
“Lontano oltre le nuvole mortali” vivono gli dei, occupandosi delle cose del mondo. Il Pantheon assomiglia a una tipica azienda: corridoi, uffici e gerarchia; sembra che persino la “gestione delle risorse” divine segua gli stessi principi della gestione risorse umane delle aziende, poiché appena stabilisce che Morte (la dea che la gestisce) non avrà più niente da fare, la licenzia: un’eternità di dedizione buttata via in un attimo. Ora, Morte è da sola e per riconquistare il suo ruolo decide che l’unica cosa che può fare è uccidere “il bambino che porterà la vita eterna”.
Questo numero d’esordio è in gran parte dedicato a impostare la storia e introdurre i personaggi principali: l’ironia è il registro principale, che emerge soprattutto dal contrasto tra la serietà del tema (bloccare la morte dovrebbe significare sconvolgere l’equilibrio dell’universo, no?) e la resa degli dei, le cui preoccupazioni e la cui condotta sembrano banalmente umane. A questo si deve aggiungere la voce off che annota gli eventi quasi immagine per immagine, con tono distaccato aumentando ulteriormente l’asetticità del racconto. Il punto di svolta è quando la Morte si incarna e inizia a scoprire il mondo umano: da questo momento le emozioni iniziano a scorrere nelle pagine, soprattutto grazie alle tonalità cromatiche che diventano calde, gli eventi prendono velocità e la narrazione vera e propria sembra decollare.
In definitiva, The many Deaths of Laila Starr #1 sfrutta un’accelerazione lenta ma costante; quello che manca è un momento forte in grado di segnare l’atmosfera del racconto: il miglior candidato è sicuramente la scena in cui la Morte prende il bambino appena nato e medita di ucciderlo, ma una tavola e mezza (otto immagini) risulta non essere sufficiente a creare slancio. La causa principale è che, a questo punto, la Morte è ancora un personaggio indefinito, che ha agito quasi in modo comico solo poche pagine prima: in questa scena avviene un cambiamento critico, ma la sua decisione scaturisce da un contesto vuoto, così da apparire, alla fine, estemporanea e semplicemente funzionale a far proseguire il racconto.  D’altra parte, sembra chiaro che il racconto sia incentrato sui personaggi, poiché la loro presenza domina quasi ogni immagine: i volti, gli occhi, le espressioni sono sempre puliti, definiti da linee e quasi senza ombreggiature, amplificati da sfondi composti da campiture uniformi di colore. Ecco quindi che questo esordio si muove in una dissonanza fra la dichiarata centralità dei personaggi e la loro scarsa caratterizzazione, che ne indebolisce grandemente l’impatto.
Simone Rastelli

Locke and Key/Sandman Universe: Hell & Gone #1

Locke-&-Key-Sandman-Hell-&-Gone-1La seconda metà degli anni ’80 ha segnato in modo indelebile il mondo del fumetto: è in questi anni che hanno visto la luce infatti capisaldi quali Il ritorno del cavaliere oscuro, Watchmen e Sandman, serie che hanno cambiato radicalmente il modo di leggere, guardare e raccontare la nona arte e che continuano ancora a influenzare autori e aspiranti tali anche a tre decadi di distanza.
Locke and Key di Joe Hill e Gabriel Rodríguez è uno degli eredi più riusciti della creatura di Neil Gaiman, con una sapiente commistione di elementi storici, horror e fantasy e proprio per questo Hell & Gone, crossover tra la famiglia Locke e Morfeo, è stato sì inaspettato ma anche apparentemente inevitabile.
Mary Locke, sorella di John “Jack” Locke, è alla ricerca di un modo per salvare l’anima del fratello – deceduto da dieci anni ma che continua a spedire lettere a casa – destinata ormai da tempo all’inferno e questa sua missione la porta a incontrare, oltre a Morfeo, anche altre personalità ben note ai lettori di Sandman. Questo suo viaggio tra le vestigia del regno dei sogni potrebbe rappresentare il sassolino sul piatto della bilancia in grado di spostare l’equilibrio tra la salvezza del fratello o il subirne la stessa sorte.
È ancora presto per poter dire con certezza come si svilupperà la vicenda o quale – e se – una delle due “anime” del crossover prenderà il sopravvento sull’altra, ma la lettura di questo primo numero lascia il lettore con una certezza: pur essendo quella raccontata in queste pagine prevalentemente una storia di Locke and Key, il figlio di Stephen King è perfettamente a suo agio con i personaggi nati dalla penna di Neil Gaiman e con la scrittura di quest’ultimo.
La prima tavola del racconto, con l’introduzione a ciò che attende nelle pagine successive, sembra uscita direttamente da Sandman, eppure nulla sembra mai come un tentativo di imitazione, bensì un sentito – e capace – omaggio. Allo stesso tempo anche Gabriel Rodríguez sembra esaltarsi all’idea di poter far incontrare questi due universi narrativi e, se già durante i sette volumi che compongono l’epopea della famiglia Locke il suo tratto ha continuato ad evolversi e raffinarsi, su queste pagine l’unico pensiero che può sovvenire è chiedersi il perché non abbia avuto prima la chance di disegnare gli Endless, essendo riuscito a caratterizzare i personaggi in modo al contempo personale ma immediatamente riconoscibili.
Al netto di quello che questa miniserie riserverà, quel che adesso rappresenta è un gradito ritorno a casa tanto nel regno dei sogni quanto a Keyhouse, orfana delle atmosfere della serie a fumetti nell’adattamento televisivo targato Netflix, complice anche un target diverso.
Emanuele Emma

Di seguito, le copertine delle altre novità.

Per questa puntata è tutto. Vi diamo appuntamento al 12 maggio 2021 con First Issue #84.
Stay tuned!

[Un ringraziamento al nostro Paolo Garrone, che cura la gallery delle cover sulla pagina Facebook de Lo Spazio Bianco per ogni puntata di First Issue.]

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