Ogni mercoledì in USA esce quasi un centinaio di albi a fumetti, molti dei quali sono numeri di esordio di serie e miniserie, i first issue…o almeno così è stato fino al 25 marzo 2020.
Il mercoledì successivo, 1 aprile (amara ironia…), è stata la prima volta nella storia del fumetto statunitense che non è uscito nessun comic, a causa dell’emergenza da Covid-19 e relativo lockdown che da circa due mesi sta sconvolgendo e trasformando le vite di buona parte degli abitanti del pianeta.
Da allora le maggiori case editrici USA, Marvel e DC Comics – seguite anche da Image Comics, Dark Horse Comics e da uno stuolo di editori più piccoli – hanno sospeso le pubblicazioni di albi in formato cartaceo e digitale, in primis a causa della sospensione delle attività di Diamond, distributore monopolista di tutto il materiale a fumetti e relativo merchandasing sul territorio statunitense.
Le conseguenze di questo lockdown non sono ancora ben chiare, ma in un mese i segnali positivi sono stati ben pochi. Image Comics ha licenziato parte dei suoi dipendenti, Marvel Comics ha annunciato la riduzione del 20% delle sue pubblicazioni previste fino a settembre 2020 e ha posto in congedo metà del suo staff editoriale (continuando a pagare loro l’assicurazione sanitaria). In tutto ciò, le fumetterie americane sono ancora chiuse e – come del resto nel nostro Paese – a oggi è impossibile prevedere quale sarà il loro futuro. Quel che appare chiaro è che molte realtà di questo tipo, soprattutto le più piccole, scompariranno.
Qualcosa però sta iniziando a muoversi, un primo passo di quella che quasi certamente sarà una rivoluzione del mercato fumettistico USA. DC Comics ha ricominciato a distribuire alcuni suoi titoli da martedì 28 aprile, appoggiandosi su due nuovi distributori (nati dalla sinergia di alcune grandi fumetterie, come Midtown Comics di New York) che si divideranno localmente il territorio americano per le consegne.
Sul fronte Marvel ancora tutto tace, mentre lo storico editore della rivista Heavy Metal ha annunciato la nascita di una piattaforma di fumetti digitali – Virus – che inizia la sua attività proprio oggi 29 aprile.
Intanto è notizia di oggi che la Diamond ricomincerà a distribuire fumetti a partire dal prossimo 20 maggio.
First Issue, la rubrica de Lo Spazio Bianco dedicata ai nuovi numeri uno in uscita negli States, si è fermata per poco più di un mese poiché purtroppo le novità sono scomparse in seguito a tutto ciò che vi abbiamo appena descritto.
Tuttavia abbiamo deciso di pubblicare oggi una nuova puntata, la #66, un po’ come buon auspicio di rinascita dopo i difficili frangenti che tutti abbiamo attraversato – e stiamo continuando ad attraversare.
In questo episodio ci occupiamo di un po’ di novità uscite dall’inizio del 2020 e che non avevano trovato posto nelle puntate precedenti.
Marvel Comics
Zeb Wells non è considerato un grande nome, uno di quelli che può muovere tantissimi fan e che fa grandi numeri in termini di vendite, e il fatto che le sue apparizioni nel fumetto mainstream USA degli ultimi anni siano state sporadiche non gioca sicuramente a suo favore. Eppure in passato questo autore, conosciuto soprattutto per essere uno degli sceneggiatori di punta della premiata serie comedy stop motion Robot Chicken, ha scritto storie di buon, se non ottimo livello, soprattutto in Marvel: tra queste ricordiamo alcuni episodi di Spider-Man’s Tangled Web (in particolare la poetica I was a teenage Frog-Man insieme a Duncan Fregredo), vari episodi del Brand New Day del tessiragnatele, due miniserie di Carnage e la co-sceneggiatura di Battlin’ Jack Murdock con Carmine Di Giandomenico. Ma è soprattutto con i New Mutants (insieme a Leonard Kirk) che Wells ha realizzato una lunga e convincente serie, capace di scavare in anni di storie avvincenti e di caratterizzare al meglio i personaggi, portandoli in direzioni nuove e interessanti.
Proprio per questo il ritorno dell’autore su una serie mutante, nella seconda fase del Dawn of X, è una notizia da non sottovalutare. E in effetti il primo numero di Hellions, realizzato insieme a Stephen Segovia, non tradisce le aspettative.
Lo scrittore mette insieme un gruppo di mutanti a dir poco problematici, che non riescono ad adattarsi alla vita di Krakoa per via delle loro mutazioni e della loro tendenza a comportamenti violenti. Tra questi il sicario Scalphunter, l’ex-Satiro Empath, il feroce Wildchild, gli oscuri X-Villains Nanny e Orphan Maker e pure Havok, fratello di Ciclope in preda a incontrollati e misteriosi comportamenti violenti. A dirigere il gruppo il machiavellico Sinistro, su cui veglia Psylocke, comandante sul campo scelta da Ciclope come guardia di questo pericoloso gruppo di anti-eroi.
In poche pagine Wells riesce a definire in maniera efficace il gruppo, che si caratterizza come una vera e propria Suicide Squad mutante, per interazioni e dinamiche. La storia serve per presentare i protagonisti della serie e il suo collocamento nel nuovo ordine delle testate mutanti, andando ad affrontare un tema delicato come quello della giustizia e del trattamento di individui problematici in una società chiusa e idilliaca. Tra i personaggi svetta su tutti Sinistro, sempre più immerso nel suo ruolo di diabolico istrione, il cui sarcasmo tagliente e la crudele freddezza lo confermano come grande minaccia per la stabilità dello stato mutante (ruolo già delineato, tra l’altro, dallo stesso Hickman).
Stephen Segovia si inserisce nel solco dei maggiori artisti del parco mutante, in particolare R.B. Silva, Pepe Larraz e il connazionale Leinil Francis Yu: tratto plastico che si esalta nelle scene di azione, chiaroscuri che definiscono i volumi e creano un senso di pericolo imminente, cura dei dettagli che non mette mai in secondo piano la chiarezza della narrazione. Rispetto agli altri artisti citati, Segovia pecca in alcuni punti, in particolare alcune prospettive ambigue ed espressioni ravvicinate poco curate, ma in generale riesce a dare al fumetto la giusta dose di dinamismo e di impatto.
Tutti questi elementi, uniti al climax conclusivo di tutto rispetto, rendono Hellions una delle serie potenzialmente più interessanti del parco testate mutanti.
Emilio Cirri
Il ritorno di Zeb Wells in Marvel non si ferma con Hellions e raddoppia con una miniserie dedicata ad Ant-Man. Lo scrittore riparte da uno Scott Lang in crisi, con una figlia adolescente tornata a essere supereroina (da Stature a Stinger), alla perenne ricerca di un lavoro. Per questo non può rifiutare la richiesta d’aiuto della Florida State Beekeepers Association, non certo esaltante per un eroe ma almeno remunerata: ritrovare le api scomparse dagli allevamenti della Florida. Ovviamente, la missione lo porta a scontrarsi con Swarm (signore delle vespe) e con altri nuovi, bizzarri ma temibili nemici.
Wells sceglie di dare alla storia un tono grottesco e surreale, in cui le gag slapstick e le battute taglienti a ripetizione la fanno da padrone. I disegni di Dyaln Burnett interpretano al meglio queste atmosfere e le esaltano, grazie soprattutto alla cura delle espressioni e al dinamismo dei movimenti, che creano scene d’azione coinvolgenti e divertenti sostenute da un controcanto perennemente ironico. I colori brillanti e caldi di Mike Spicer completano questo quadro.
Pur non essendo una serie che si prefigge di essere memorabile, Ant-Man è sicuramente un fumetto divertente, che riporta in scena un personaggio ormai sdoganato tra il grande pubblico, declinandolo nella maniera migliore e più rispettosa delle sue caratteristiche.
Emilio Cirri
Passato un po’ in sordina negli ultimi mesi, dopo il one-shot di fine 2019 Incoming, l’evento Empyre prende il via con questo speciale scritto da Robbie Thompson e disegnato da Mattia De Iulis e Javier Rodriguez.
Thompson non è nuovo agli alieni mutaforma della Casa delle Idee, dato che nel 2019 ha scritto Meet The Skrull, una miniserie molto interessante e forse ingiustamente sottovalutata. In quella storia, ci veniva presentata una famiglia Skrull sotto copertura sulla terra, impegnata in una missione che li ha portati a ritrovare una figlia scomparsa, Ivy, ma a perdere il padre, Carl.
La forza della miniserie non era tanto quella di costruire una storia di azione e spionaggio, quanto quella di usare una famiglia di guerrieri strappata dal proprio mondo di origine che si ritrova ad affrontare le proprie radici, la propria natura, ma anche la possibilità di scegliere e forgiare una propria identità libera e indipendente.
L’uso di un cast corale composto, oltre ai citati Ivy e Carl, da Gloria (la madre), Madison e Alice (le due figlie), ha permesso a Thompson di costruire personaggi dalle personalità diverse utili per approfondire vari degli aspetti citati poco sopra.
In Road to Empyre, Thompson ritrova i suoi personaggi e affida a Ivy (il personaggio meno approfondito di Meet The Skrull) il compito di riflettere sulla vita del guerriero, sul dolore e la stanchezza che lo fiaccano e la volontà di vivere una vita normale, su un conflitto millenario, quello tra Kree e Skrull, che diventa riflessione sull’insensatezza di ogni conflitto. Questo sottotesto si deve saldare con la necessità di riassumere le tappe della guerra Kree-Skrull, partendo dall’omonima saga degli Avengers scritta da Roy Thomas e disegnata da Sal Buscema, Neal Adams e John Buscema per poi passare alla saga della Madonna Celestiale e i Fantastici Quattro di John Byrne (in particolare Fantastic Four Annual #18, con lo scontro tra il Kree Bel-Dann e lo Skrull Raksor). Questa esigenza riduce purtroppo gli spazi di manovra di Thompson e rende questo numero un interessante, ma pur sempre verboso e didascalico trailer.
De Iulis e Rodriguez si alternano tra sequenze del presente e sequenze del passato, creando un mix azzeccato e convincente. Lo stile dell’italiano, realistico e leggermente patinato, attento a volumetrie e anatomie, pur non convincendo nella definizione di sfondi e ambienti, riesce a caratterizzare sempre in maniera attenta e precisa le espressioni dei personaggi, che esprimono emozioni delicate e intense. Lo stile dello spagnolo è invece una summa del meglio dei classici maestri Marvel, in particolare Jack Kirby, riletti e interpretati per la narrazione a fumetti contemporanea: come già visto in History of the Marvel Universe, l’autore gioca con costruzioni della tavola che uniscono potenza illustrativa e chiarezza narrativa, ricchezza di particolari e eleganza retrò del tratto. In particolare la rappresentazione dei suoi Skrull richiama moltissimo quella del Re dei comics, suscitando un senso di vera “archeologia” della storia del fumetto Marvel che ben si adatta alle necessità dei flashback. Interessante anche l’evolversi dello stile con l’andamento della storia, con il tratto che si ammorbidisce nel falshback dedicato agli Young Avengers, unendo il carattere smaccatamente pop art della prima parte con un gusto da fumetto alternativo contemporaneo.
Pur essendo un fumetto dalla struttura tipica del prologo utile a lanciare un prossimo evento, gli autori al lavoro su Road of Empyre riescono a trovare degli spazi per renderlo una lettura con spunti di interesse che meriterebbero un giusto sviluppo. Chissà se queste troveranno luogo proprio durante lo svolgersi di Empyre, quando finalmente verrà pubblicato.
Emilio Cirri
Image Comics
Potere, responsabilità, controllo di sé: caratteristiche minime del supereroe positivo, mancando anche una sola delle quali è inevitabile lo scivolamento verso un’area di ambiguità morale. In fondo, lo stesso vale anche per gli umani ordinari, e proprio da questa somiglianza proviene il potenziale metaforico che nutre tanta narrativa supereroica.
Detroit è città in decadenza da decenni, a suo tempo marchiata dall’epigramma di Frank Lloyd Wright (“Che cosa si potrebbe fare per migliorare Detroit?”. “Raderla al suolo”) e palcoscenico delle azioni di Stealth, personaggio creato da Robert Kirkman e Marc Silvestri, che dà il nome alla serie firmata da Mike Costa (testi), Nate Bellegarde (disegni) e Tamra Bovillain (colori), pubblicata nella collana Skybound diretta dallo stesso Kirkman.
Il malessere della città, il suo degrado capillare e le sue velleità di risollevarsi fanno da introduzione a questo primo albo e definiscono tanto l’ambiente antropico quanto l’atmosfera del racconto, intrisa di rassegnazione e di un incipiente senso di sconfitta. E paura. Non tanto la paura fisica che nasce dalla diffusione della violenza nelle strade, quanto quella della perdita della stabilità minima della vita quotidiana: in queste pagine, infatti, seguiamo Tony, che tenta di guadagnarsi da vivere come giornalista e nel giro di pochi giorni è avvertito del suo possibile licenziamento e vede suo padre scivolare nella demenza senile.
Stealth guadagna forza da dialoghi e disegni essenziali, che trasmettono immediatamente le pene e il disorientamento dei protagonisti; gli ambienti sono resi con pochi dettagli, mentre corpi e volti dominano sempre gli spazi delle immagini. Data la bontà del suo esordio, la speranza è che la serie vada oltre e più in profondità rispetto alla connotazione action packed, con la quale è promossa dall’editore.
Simone Rastelli
Altri editori
Scritta da Mark Sable, per i disegni di Maan House, Godkillers #1 della Aftershock Comics si focalizza sul personaggio di Abdul Alhazred, un ateo e scettico professore di miti e folclore. Quando però viene suo malgrado reclutato nei Godkillers, una task force militare che ha il compito di arginare minacce soprannaturali e creature mitologiche, si ritrova a dover mettere in discussione le proprie convinzioni.
Da un’idea non propriamente originale si sviluppa un primo albo non propriamente stimolante. Infatti, rimandata l’introduzione dell’elemento soprannaturale all’ultimissima pagina, il fumetto si presenta come una generica storia di stampo militare e di ambientazione mediorientale, nella quale personaggi anonimi e dalle reazioni troppo impostate non riescono a reggere il filo di una narrazione che finisce per perdere l’interesse del lettore ben prima della fine. Nemmeno i rimandi alla reale situazione in Medio Oriente che ben conosciamo, potenzialmente in grado di offrire parallelismi interessanti, vengono sfruttati a dovere, limitandosi a meri elementi di contestualizzazione per la storia.
I disegni si caratterizzano per un tratto sporco e aspro che, insieme a una colorazione vistosamente declinata su tonalità scure, veicola con efficacia un’atmosfera cupa e inclemente. Il disegnatore offre poi una buona prova nella realizzazione delle vedute esterne ad ampio respiro ma si dimostra molto più avaro di dettagli quando l’azione si sposta in ambienti più circoscritti.
Marco Marotta
Una guerriera e un mago, uno scontro che dura da anni e che arriva a una conclusione apparente. Secoli dopo, una versione sopra le righe di Hela, la dea della morte della Marvel, sguinzaglia i suoi subalterni affinché trovino l’amuleto capace di rievocare lo stregone.
Comincia così, in mezzo alla violenza e agli spruzzi di sangue, con un pizzico di trash vampirico e demoniaco, Red Sonja: Age of chaos, nuova serie che Dynamite Entertainment ha affidato ai testi di Erik Burnham.
Nel primo capitolo la diavolessa resta in secondo piano, perché a dominare la scena sono vari personaggi bad ass con caratterizzazioni stereotipate, che si affrontano in una lunga scazzottata ben coreografata da Jonathan Lau. Il disegnatore mostra una predilezione per la creazione di grandi vignette che fungono da sfondo, dalle quali far emergere riquadri più piccoli, preferibilmente in numero considerevole. In particolare, si notano tavole con trifore verticali collocate anche in modo asimmetrico per aumentare il dinamismo delle sequenze. Le molte onomatopee colorate con toni accesi esaltano, per contrasto, la buona gestione delle tinte scure da parte di Celeste Woods, andando a completare l’aspetto estetico del fumetto, il più riuscito. Infatti, i dialoghi sono piuttosto semplici e servono principalmente per delineare la premessa e accompagnare l’azione, mentre lo svolgimento, per il momento, non offre niente di più di una situazione di partenza basata su una lotta tra Bene e Male.
Federico Beghin
“Friday Fitzhug had only been back in King Hill for half an hour and already it was like she never left”. Sono queste le parole che accompagnano l’incipit di Friday, serie firmata da Ed Brubaker (testi), Marcos Martin (Disegni) e Muntsa Vincente (colori), pubblicata sulla piattaforma Panel Syndicate.
Le prime immagini mostrano una notte di neve, con quattro vignette orizzontali che zoomano dall’alto verso un sentiero nel bosco. Il buio è rischiarato da una macchia di luce bianca e gialla che si sparge sul terreno e i tronchi degli alberi.
La seconda tavola è invece divisa in due grandi panel che ci mostrano tre personaggi (Friday, l’amico d’infanzia Lancelot Jones e lo sceriffo Bixby): anche qui il punto di vista si avvicina, mostrandoci prima le figure intere, poi i volti che risaltano sullo sfondo buoi per la luce delle torce. Due tavole e già siamo immersi immediatamente nell’atmosfera e ci presentano i protagonisti: un ritorno, un mistero e un forte contrasto luce/ombra.
Il resto dell’albo arricchisce di dettagli e definisce il punto di vista di Friday, introducendo quello che appare come il motore profondo della vicenda: la ragazza deve dire qualcosa a Lancelot, ma la frenesia degli eventi non le lascia tempo. O forse le offre solo una scusa per non farlo?
Questo primo albo riesce a costruire un piccolo mondo: l’inizio in medias res crea da subito una tensione che aumenta tavola dopo tavola sia grazie al ritmo, sia grazie alla continua frustrazione del bisogno di Friday di parlare con Lance. Martin porta questo mondo sulla tavola con pochi tratti, lasciando spesso lo sfondo spoglio; Vincente sfrutta lo spazio per stendere il colore a campiture piatte, usando spesso contrasti netti e con risultati di grande espressività.
In conclusione, un ottimo debutto che caratterizza un’atmosfera tesa e propone molti fili narrativi.
Simone Rastelli
Wednesday Warriors
Anche i nostri “cugini” di Dimensione Fumetto hanno temporaneamente sospeso la loro attività di “Guerrieri del mercoledì”. Nell’ultima puntata andata on line di Wednesday Warriors, la #64, Fabrizio Bam Nocerino ha tirato le somme di Curse of the White Knight, seconda miniserie dedicata al Batman del Murphyverso.
Murphy non è però un “semplice” rigetto sputato fuori dalla parte peggiore e volutamente kitsch del fumetto statunitense: autore completo, scrittore acerbo ed artista pienamente sbocciato, Sean Gordon Murphy ha dimostrato di saper riproporre il Cavaliere Oscuro in una salsa completamente nuova sebbene totalmente derivativa con la sua opera di debutto da autore completo, White Knight – un successo di pubblico, più che di critica, volato in cima alle priorità DC Comics grazie alla spinta dell’immenso talento artistico di S.G.M. Forte della fiducia dei piani alti e di incoraggianti vendite, Murphy ha affrontato la sua prova di maturità con il diretto sequel Curse Of The White Knight – una prova che ha in realtà mostrato tutta l’immaturità del Murphy autore completo.
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[Un ringraziamento al nostro Paolo Garrone, che cura la gallery delle cover sulla pagina Facebook de Lo Spazio Bianco per ogni puntata di First Issue.]