Ogni mercoledì in USA esce quasi un centinaio di albi a fumetti, molti dei quali sono numeri di esordio di serie e miniserie, i first issue.
First Issue è la rubrica de Lo Spazio Bianco dedicata ai nuovi numeri uno in uscita negli States! In questo episodio #64 ci occupiamo delle novità uscite il 26 febbraio e il 4 marzo 2020.
Marvel Comics
Di seguito, le copertine delle novità targate Marvel Comics.
DC Comics
Togliamoci subito il dente. Strange Adventures, la nuova maxi serie in dodici parti firmata dal duo Tom King-Mitch Gerads a cui stavolta si è unito un altro talento del disegno di nome Evan “Doc” Shaner, è un’altra tipica storia scritta dall’ex agente della CIA diventato uno degli autori più acclamati della DC Comics e del fumetto americano.
Dunque, se avete apprezzato Vision, Mister Miracle, la run da 85 numeri su Batman e Heroes in crisis non resterete delusi da questo esordio. Se invece siete tra coloro che non riescono a digerire l’approccio tangenziale alla materia supereroistica di King, non credo che sarà questa l’opera che potrà farvi cambiare idea.
Strange Adventures, che in USA esce per Black Label, l’etichetta “adulta” della DC, rientra a piene mani in quella categoria che un paio di anni fa abbiamo definito Nuovo Umanesimo Supereroico, cioè una corrente interna al fumetto supereroistico più recente che si concentra sui risvolti e sui rapporti umani degli esseri in calzamaglia più che sui loro poteri.
Protagonista della storia è Adam Strange, eroe fantascientifico di due mondi creato nel 1958: archeologo terrestre teletrasportato per mezzo dei potenti raggi Zeta su Rann per fermare una minaccia al pianeta che diventa la sua seconda casa e dove mette su famiglia.
Con Vision e Mister Miracle, Strange Adventures condivide il tema della normalizzazione dello straordinario. Se nelle prime due opere abbiamo, rispettivamente, un androide e un dio che vogliono essere uomini, in questa nuova storia troviamo un eroe fantascientifico che vuol provare a vivere una vita normale con la sua famiglia. Però, anche se da un punto di vista grafico potrebbe sorgere il dubbio, Strange Adventures non parte da dove si era fermato Mister Miracle e indaga cose diverse. Se la maxi serie dedicata a Scott Free parlava degli sforzi di un essere umano per superare un trauma – che era da subito presentato al lettore in maniera drammatica – e provare a trovare il proprio ruolo nell’esistenza, l’impressione è che in questa nuova storia King andrà a indagare uno dei temi che – da ex agente della CIA e uomo sul campo in Iraq – gli stanno molto a cuore. Dopo aver affrontato lo stress da trauma post traumatico in Heroes in Crisis, adesso King si concentra su un tema per molti versi molto “americano”, ovvero la percezione pubblica della differenza tra atti eroici e crimini di guerra in un contesto bellico. Ciò che dall’esterno appaiono azioni talvolta efferate, che significato e peso morale assumono in un contesto in cui la vita dell’individuo si gioca in prima linea e il senso di mors tua, vita mea diventa il fine ultimo di ogni azione? E come si inquadra questo in un contesto più ampio di dovere necessario quale cittadino di una nazione che, nella propria convinzione, ha sempre lottato per la libertà?
Il tutto legato all’attuale concetto di “percezione” della verità da parte del pubblico e la sua manipolazione, in una storia che lascia percepire fin da subito un dramma di sottofondo che accompagnerà l’intera narrazione.
Per far ciò King decide di raccontare due storie in una, ciascuna affidata a due artisti completamente diversi nello stile come King e Gerads, e abbandonando la griglia a nove vignette che aveva connotato Mister Miracle per sposare una struttura si pagina con tre vignette orizzontali, manifesto omaggio a Darwin Cooke e al suo New Frontier.
La differenza di stile tra Shaner e Gerads è estremamente funzionale: il primo è veramente, come lo definisce King, l’incarnazione dell’ideale platonico del disegno a fumetti di genere supereroico, mentre il secondo si conferma un autore capace di ammantare di un’aurea di “sporco” realismo anche la storia più incredibile. Bravo King a variare il registro dei dialoghi tra le sequenze reali di Gerads e quelle di Shaner, con le prime che vanno a illustrare come la storia e la figura di Adam Strange siano viste dagli occhi della gente e il secondo che rappresenta il punto di vista dell’eroe stesso e di come lui si racconti la propria storia.
Nonostante la diversità di segno, le tavole godono di una coesione visiva e cromatica sbalorditiva, tanto che il passaggio da un disegnatore all’altro, da una storia all’altra, avviene in maniera totalmente liscia, senza alcun attrito grafico.
David Padovani
Quinto titolo pubblicato sotto l’egida Wonder Comics, Amethyst segue le gesta della giovanissima Amy Winston, nella sua doppia vita di normale adolescente terrestre e di principessa del mondo incantato di Gemworld. Salutati i suoi genitori terrestri, nel giorno del suo sedicesimo compleanno, per tornare al proprio regno, la ragazza lo trova però devastato e il suo popolo scomparso. Angosciata per la scoperta e sospettando il coinvolgimento della sua vecchia nemesi Opal, la principessa Amethyst si imbarca dunque in un viaggio attraverso le distese cristalline di Gemworld in cerca di risposte e di alleati.
Il topos del “personaggio figlio di due mondi”, ricorrente quando si parla di storie di supereroi (basti pensare a Superman o Aquaman o al succitato Adam Strange, rimanendo in solo ambito DC), viene in realtà toccato solo marginalmente dall’autrice Amy Reeder, relegandolo a brevi e frettolosi scambi di battute tra la protagonista e i suoi tutori terrestri nelle primissime pagine. La maggioranza dell’albo si concentra dunque sul narrare le peripezie di Amy per svelare il mistero riguardo al fato toccato alla sua gente ma la narrazione appare piuttosto monocorde e priva di pathos, soprattutto per quei lettori non avvezzi alle avventure della violacea eroina (che sono presumibilmente la maggior parte, dal momento che le precedenti serie monografiche di Amethyst risalgono tutte agli anni ’80). Infatti, nonostante la spread page nella parte iniziale deputata a ricapitolare gli eventi salienti nel passato della ragazza, non viene mai mostrato un reale legame emotivo tra lei, il suo regno e gli abitanti che lo popolano. Viene spiegato a parole, certo, ma mai mostrato e questo va di conseguenza a indebolire il coinvolgimento empatico del pubblico nell’angoscia di Amy e nell’urgenza della sua missione, almeno per chiunque non abbia una conoscenza pregressa di tale rapporto.
Un esempio lampante è il personaggio di Turquoise, la cui insolita freddezza nei confronti della protagonista avrebbe avuto un impatto maggiore se solo l’autrice avesse speso una o due pagine per illustrare, con un rapido flashback, l’amicizia che lega le due donne. I disegni, realizzati dalla stessa Reeder, danno invece maggiori soddisfazioni, grazie a un tratto meticoloso che regala alcuni scorci suggestivi, impreziositi dalla dovizia di dettagli e dai giochi di luce sulle formazioni cristalline che ricoprono Gemworld. Unico neo: una realizzazione zoppicante della mimica facciale dei personaggi, laddove essi finiscono sovente per assumere espressioni tra il bizzarro e l’inquietante.
Marco Marotta
Di seguito, le copertine delle novità DC.
Image Comics
Di seguito, le copertine delle novità Image Comics.
Altri editori
È un brutto risveglio quello di Denis, che si ritrova in posizione fetale nel fossato al ciglio di una strada. Si tira su, si incammina e il primo incontro è con un automobilista dalla testa di cervo. Ma Denis non è troppo disorientato, perché sta semplicemente vivendo un suo sogno. O almeno di questo è convinto.
Ambienti e figure sbozzate da macchie di colore, creature e dialoghi surreali, il tutto miscelato con relazioni fra i personaggi pienamente ordinarie, del mondo diurno, anche quando il personaggio ha il volto sottosopra, come il barista del locale nel quale Denis cerca informazioni: questi gli elementi di King of Nowhere, serie BOOM! Studios creata da W. Maxwell Prince (testi) e Tyler Jenkins (disegni), alla quale i colori di Hilary Jenkins danno un’atmosfera di profonda ambiguità e un’intensa densità emotiva.
Molto del fascino del racconto è dovuto senza dubbio proprio alla rappresentazione del mondo nel quale si muove Denis, caratterizzato da una sorta di instabilità diffusa e capillare di ciò che vediamo. Una fluidità che trasmette la sensazione che ogni singola cosa sia sul punto di dissolversi, grazie alla combinazione di linee marcate per delimitare corpi e oggetti e dell’uso pittorico della luce che ne caratterizza le superfici attraverso giochi di luci e ombre. In particolare, questo uso della luce dà espressività ai volti senza cadere nel caricaturale, mentre gli sfondi acquistano consistenza anche quando sono spogli proprio grazie all’inquietudine trasmessa attraverso il colore.
Succedono poi anche molte cose, in questo primo albo: molti incontri, alcune conoscenze, tutto seguito attraverso lo sguardo distaccato del protagonista, che affronta conversazioni e risse nella convinzione che niente sia reale.
In conclusione, un debutto dall’intreccio denso e fluido che lascia buone aspettative e un senso (positivo) di inquietudine.
Simone Rastelli
Mercy, una ragazza che nasconde qualcosa; Laura e Orcus, una non vedente e il demone da lei evocato; Ulloo e Jadoo, il mago e il ragazzino illusionista. Nella New York del 1979 questi individui vengono riuniti per proteggere il mondo.
Nel primo capitolo di Hidden Society, nuova miniserie targata Dark Horse Comics, lo sceneggiatore Rafael Scavone si limita a presentare i personaggi e a introdurre la magia nel mondo reale, senza aggiungere molto altro, al punto che si arriva velocemente alla fine dell’albo con l’impressione di aver avuto a disposizione solo un (troppo) breve assaggio di quello che verrà.
La scrittura è agile e la vicenda è chiara: si tratta di un esordio estremamente introduttivo, di quelli a cui sono abituati gli appassionati di fumetti supereroici. Nei comics Marvel e DC, per citare solo le major, capita spesso di leggere first issue in cui viene costruita una squadra da zero oppure un eroe arruola altri superumani per sconfiggere il nemico di turno. Nel caso di Hidden Society, però, non viene presentata la minaccia e, sebbene qualche indizio lasci intuire una possibile infiltrazione nel gruppo, non si registra la crescita del pathos necessaria per “costringere” il pubblico ad acquistare la seconda uscita.
Se l’albo non terminasse prima di innescare la bomba da far esplodere negli episodi successivi, si potrebbe pensare di essere di fronte a un fumetto del Millarworld, magari a uno spin-off di The magic order, a maggior ragione se si tiene conto che a disegnare Hidden Society è quel Rafael Albuquerque che ha dato vita con le proprie matite ai titoli Huck e Prodigy, sceneggiati da Mark Millar. La differenza sta quasi tutta nel fatto che lo scozzese non si limita a portare in scena character archetipici e affascinanti, ma sa sempre come accendere la miccia, riesce sempre a dare quel qualcosa in più che fa saltare sulla sedia: un’idea sola, a volte, ma talmente potente da tenere in piedi tutta la baracca.
Albuquerque tra queste pagine continua a far evolvere il proprio tratto, come già mostrato nelle due serie citate, ormai lontano da quello degli esordi DC Vertigo. Messe da parte linee fitte e spigolose, perdendo un po’ in originalità, l’artista brasiliano compone tavole spesso pulite ed eleganti, popolate da personaggi espressivi, abbigliati in modo tale che sia evidente la funzione narrativa che sono chiamati a svolgere. Forse una colorazione più scura e oscura di quella scelta da Marcelo Costa avrebbe giovato, perché avrebbe esplicitato quei pericoli per ora solo accennati, con scarso successo, in un paio di balloon.
Federico Beghin
In giorni neri governati dalla paura e dalla preoccupazione per la galoppante e reale espansione di un pericoloso virus a livello globale, Peter Milligan ci racconta che Tomorrow (domani) le cose non potranno che peggiorare. Il talentuoso autore inglese, unendo elementi horror e fantascientifici ci introduce ad un mondo fiction nel quale un virus per computer creato in Russia compie il salto di specie, iniziando ad infettare e mietere vittime tra la popolazione adulta. Il mondo, colpito duramente da questa inesorabile piaga, scivola nelle mani delle nuove generazioni che tendono ad unirsi in gang giovanili.
Seguendo un concept non particolarmente fresco o innovativo, la narrazione si concentra sul raccogliere e dipanare i fili di alcune storie parallele di personaggi secondari, giungendo poi a focalizzarsi sul protagonista Oscar Fuentes. Violoncellista, giovane promessa della musica, impegnato a confrontarsi con la paura per la repentina esplosione dell’epidemia e il desiderio di colmare la distanza che lo separa da casa per ritornare da sua sorella gemella Cira.
Ponendo l’accento sulle diverse prospettive e punti di vista del protagonista e dei gregari, Milligan gestisce il racconto delineando un mondo sull’orlo dell’apocalisse abitato da personaggi dalla spiccata umanità, vittime delle ansie e idiosincrasie dei loro tempi. Dialoghi credibili e dinamici garantiscono spessore alla storia che, in questo primo numero, si focalizza sulle reazioni e le motivazioni degli attori portati a confrontarsi con la presenza e gli effetti del virus sulla popolazione. Personaggi che garantiscono un buon livello di empatia, innescando una naturale curiosità per le loro vicende future, che conduce alla fidelizzazione del lettore.
Sotto l’aspetto grafico, le matite di Jesus Hervas colgono decisamente nel segno, catturando momenti di tensione ed espressioni di sgomento, portando alla luce le emozioni degli attori immersi in un clima di minaccia incombente. Grazie ad un tratto pulito dalle linee semplici e una costruzione delle tavole in sintonia con la fluidità del narrato, il disegno riesce a sottolineare il mood della storia in un impianto grafico particolarmente riuscito ed armonioso.
I colori di James Devlin codificano in modo vibrante la narrazione, fornendo il giusto corollario al perfetto impianto grafico. Peter Milligan ripropone questa nuova serie per la Dark Horse Comics alcune idee narrative non particolarmente nuove, attingendo a tematiche e suggestioni appartenenti alla letteratura catastrofista e apocalittica. Grazie a personaggi enigmatici, credibili e dalla spiccata umanità, impreziosisce un racconto altrimenti monodimensionale, iniziando solo a sollevare una piccola parte del velo che nasconde la sua creatura. Una creazione fumettistica che potrebbe riservare sorprese nella possibile esplorazione di tematiche legate al fenomeno delle gang giovanili ed al controllo sociale e del territorio.
Ferdinando Maresca
Di seguito, le copertine delle altre novità.
Wednesday Warriors
Nella puntata #60 di Wednesday Warriors su Dimensione Fumetto, Fabrizio Bam Nocerino analizza l’albo di esordio di Wolverine, nuove serie della Dawn of X della Marvel.
Wolverine #1 debutta con un grosso carico di aspettative: 60 pagine di storia ed un costo piuttosto elevato per un albo spillato (8$) ma soprattutto tante responsabilità affidate a Ben Percy, autore che qui affronta la sua prova del nove dopo anni di buoni ma non esaltanti risultati alla Distinta Concorrenza. Romanzista e sceneggiatore, Percy si trova di fronte ad uno dei personaggi più amati di sempre della Casa delle Idee, assente da tanto, troppo tempo dagli albi a fumetti nella sua “versione originale”. Per l’occasione, l’autore è affiancato da un artista sinonimo del nome Wolverine, Adam Kubert, protagonista della prima storia dell’albo, The Flower Cartel.
LEGGI LA RECENSIONE COMPLETA QUI
Per questa puntata è tutto. First Issue ritorna tra due settimane, con la puntata #65 il 25 marzo 2020.
Stay tuned!
[Un ringraziamento al nostro Paolo Garrone, che cura la gallery delle cover sulla pagina Facebook de Lo Spazio Bianco per ogni puntata di First Issue.]