Ogni mercoledì in USA esce quasi un centinaio di albi a fumetti, molti dei quali sono numeri di esordio di serie e miniserie, i first issue.
First Issue è la rubrica de Lo Spazio Bianco dedicata ai nuovi numeri uno in uscita negli States! In questo episodio #57 ci concentriamo sulle novità uscite mercoledì 6 e 13 novembre 2019.
Marvel Comics
Se c’è un gruppo che ha fatto breccia nel cuore degli X-appassionati fin dalla sua prima apparizione, nel 1983, questo è sicuramente quello dei Nuovi Mutanti. Pensati come la nuova generazione degli X-Men, questo supergruppo creato da Chris Claremont divenne leggendario grazie ai disegni di Bill Sienkiewicz, colpendo fin da subito per le dinamiche tra i personaggi e per il sapiente bilanciamento tra commedia adolescenziale e tragedia. Non a caso molti scrittori dopo Claremont sono stati affascinati da uno o più personaggi del gruppo, fino ad arrivare ai giorni nostri con la miniserie New Mutants: Dead Souls di Matthew Rosenberg e la gestione discussa (e in alcuni frangenti effettivamente discutibile) dello scrittore di alcuni di questi personaggi su Uncanny X-Men.
Ma proprio a confronto con l’oscurità e la drammaticità in cui erano stati gettati i Nuovi Mutanti nel recente passato, la nuova serie del Dawn of X a loro dedicata risulta ancor più appagante e piacevole. La formazione originale si ritrova insieme quasi al completo, con il ritorno in vita di Rahne Wolfsabane Sinclair e Roberto Sunspot Da Costa e con l’aggiunta del samoano Mondo e dell’esplosivo Chamber – membri originali di Generation X, evoluzione anni ’90 di New Mutants -, in un contesto completamente nuovo.
Un’introduzione idilliaca che sa di aria fresca, dopo le terribili vicende vissute dai personaggi negli anni recenti, un inizio che riporto alle atmosfere originarie. Dopo questo prologo immerso nella tranquillità, i due sceneggiatori Johnathan Hickman e Ed Brisson spingono l’acceleratore, proiettando i protagonisti nello spazio Shi’ar, alla ricerca di Sam Cannonball Guthrie, insieme agli Starjammers.
La serie si presenta come un’avventura veloce e dinamica, votata al divertimento ma soprattutto all’approfondimento dei personaggi; sin dalle prime battute, infatti, i due autori dimostrano di conoscere e amare i personaggi, facendoli interagire in maniera convincente e naturale ed esaltandone le caratteristiche peculiari, come la spacconaggine di Sunspot o il temperamento “demoniaco” di Magik.
Se la progettualità degli eventi può essere in qualche modo imputata alla visione di Hickman (che recupera uno degli elementi dei suoi Avengers, ossia lo sviluppo di Sunspot e Cannonball, ormai padre di famiglia e fidanzato col superguardiano Shi’Ar Smasher, aka Izzy Kane), il ritmo e la verve di questo primo numero giovano dell’apporto di Brisson, sempre abile nel costruire dialoghi convincenti e mai artificiosi: basta fare un confronto con i primi due numeri della nuova serie degli X-Men, comparando gli scambi di battute tra i Summers con quelli tra Sunspot e Corsaro, per notare una differenza sostanziale di ritmo e di brillantezza.
A questa brillantezza contribuisce in maniera essenziale anche la matita di Rod Reis, che dimostra un’attenzione mai così forte alle espressioni dei personaggi, di cui esalta soprattutto la parte comica: quelle energiche ed esilaranti di Magik, i primi piani sullo sguardo interdetto di Cypher a pagina 8, lo sfondamento della quarta parete di Sunspot sul finire dell’albo o lo scambio di battute e sguardi su sfondo completamente bianco tra Moonstar e Da Costa a pagina 14. Proprio in questa pagina si nota un richiamo e un omaggio allo stile di Sienkiewicz, e questo elemento torna molte volte in questo albo d’esordio, reinterpretato e declinato secondo il gusto del disegnatore. Anche la costruzione delle tavole e delle inquadrature, così come la scelta di colori brillanti e caldi, esalta sia la componente comica che quella avventurosa della serie.
New Mutants si pone così come una delle serie più interessanti, accattivanti e ben riuscite di questa nuova Alba X, capace di riportare quel sapore di avventura senza limiti e quel bisogno di interazioni naturali e genuine tra i personaggi che da molto tempo mancava su una serie degli X-Men.
Emilio Cirri
Di seguito, le copertine delle altre novità targate Marvel Comics.
DC Comics
“This is Christmas” esclama un eccitato Jon Kent, dopo aver incontrato i suoi nuovi amici in Legion of Super-Heroes #1, il tanto atteso esordio della nuova testata dedicata ai Legionari dell’universo DC, sceneggiata da Brian Michael Bendis per i disegni di Ryan Sook e i colori accesi di Jordie Bellaire. Considerato l’andamento dell’albo, si può azzardare una chiave di lettura: l’autore chiede al pubblico di mettersi nei panni Superboy, originario del XXI secolo e appena giunto nel XXXI, mentre osserva con occhi spalancati la realtà che si trova davanti. Ecco allora che quel modo di parlare nevrotico, che caratterizza i personaggi di alcuni fumetti di Bendis, è giustificato dall’esperienza che sta vivendo e dalle novità incredibili che sta scoprendo. Ecco che la sua irrequietezza e il suo saltare di qua e di là nel desiderio di conoscere, comportano inevitabilmente uno sviluppo della trama rapido e a singhiozzi, nel quale la carne al fuoco sembra essere tanta, poiché coinvolge un nemico potente e indecifrabile, un’autorità ambigua, una componente fantascientifica che chiama in causa l’ambientalismo e l’immancabile avventura con quel sense of wonder un po’ retrò.
Se il messaggio dello sceneggiatore è veramente quello di lasciarsi trasportare e cercare di leggere il fumetto immedesimandosi con il protagonista, magari ritornando adolescenti fino alla chiusura dell’albo, allora certi aspetti che possono apparire come degli errori diventano punti di forza, visto che lo spaesamento è ben presente alla fine del capitolo, mentre all’inizio e nel mezzo sono potenti meraviglia e coinvolgimento.
Senza ombre è sicuramente la prova offerta da Sook che si diverte a comporre le tavole in modo creativo e dinamico, spaziando dalle vignette rettangolari disposte lungo una griglia rigida alla frantumazione della gabbia, con frequenti contatti tra elementi di panel diversi. Oltre alle splash-page e ai cerchi che racchiudono i personaggi, è bene sottolineare l’orientamento diagonale di alcune scene, talvolta crescente e talaltra decrescente, importante per accentuare il senso di movimento. Non solo per l’architettura delle pagine va segnalato il lavoro dell’artista, perché riesce a riempire le strutture con tante figure senza sacrificare precisione e armonia, diversificando le fisionomie e le espressioni facciali.
Federico Beghin
La Lanterna Verde Mullein è inviata su Far Sector, per indagare sul primo omicidio commesso sul pianeta da oltre cinque secoli. Il colpevole è già stato arrestato, ma è importante capire moventi e fini: la società di Far Sector, infatti, vi ve su un delicato equilibrio fra tre razze, che per sopravvivere e convivere hanno scelto di abolire le emozioni. Il timore è che l’omicidio sia il sintomo dell’incrinarsi di quell’equilibrio.
Questo lo scenario di Far Sector, serie in dodici capitoli per l’etichetta Young Animal, scritta da Nora K. Jemisin (scrittrice di fantascienza con un prestigioso palmares di Hugo e Nebula) per i disegni e colori di Jamal Campbell, delineato in questo primo episodio. La grande quantità di informazioni necessaria a condividere il setting è trasmessa attraverso la voce narrante della stessa Mullein, che si rivolge anche direttamente al lettore e accompagna la vicenda in ogni immagine.
Il risultato è una lettura farraginosa: la spettacolarità degli ambienti resta un elemento del tutto separato dal flusso di testo, come se immagini e parole si muovessero su due canali paralleli. Il didascalismo delle parole smorza l’impatto stesso delle immagini, che sembrano affogare sotto un mare di cartigli e bla bla bla; resta una generica cupezza trasmessa dai toni scuri dei colori, ma anche questa alla fine è una caratteristica uniforme, che, senza variazioni, diventa semplicemente rumore di fondo.
Così, ad esempio, mentre le architetture abbozzano un senso di magica meraviglia verso un mondo che appare del tutto alieno allo sguardo, un richiamo a Manhattan la infrange, con una similitudine che torna in chiusura a dare il colpo di grazia a qualsiasi senso di straniamento. Quelli che potevano essere tracce di disorientamento della protagonista, quindi uno spiraglio nella sua caratterizzazione, finiscono per essere due osservazioni da provinciale nella grande città: il tentativo di riportare l’alieno alla propria esperienza non come primo passo per la comprensione, ma come segno di incapacità di aprirsi al diverso.
Infine, molti i personaggi presentati, ma tutti restano a livello di stereotipo – peraltro inespressivo, sebbene qui giochi la faccenda della rinuncia alle emozioni -, mentre le scene si susseguono una dopo l’altra senza variazioni di ritmo: una monotonia che né il flashback sul passato del pianeta né un paio di tentativi di battuta da parte della voce narrante perturbano. Si arriva al finale che propone un cliffhanger d’ordinanza e nessun particolare motivo per appassionarsi alla vicenda.
Simone Rastelli
Nell’Inghilterra del 1979, la piccola Alice e i suoi genitori ricevono in eredità una vecchissima casa delle bambole, tramandata nella famiglia da più di un secolo. La bambina se ne appassiona subito ma quello che all’apparenza sembra un innocuo giocattolo cela in realtà un segreto: le bambole che vi abitano sono vive e l’oscura presenza che le controlla ha già messo gli occhi su Alice.
The Dollhouse Family, seconda serie pubblicata sotto l’etichetta Hill House, scritta da Mike Carey, si distingue fin da subito da Basketful of Heads – serie che ha fatto da apripista all’etichetta – per alcune differenze lapalissiane. Prima di tutto, la componente horror che nella serie scritta da Joe Hill aveva le sue radici nella realtà, assume qui connotati decisamente soprannaturali. Secondariamente, mentre Hill si è preso il suo tempo, nel primo numero, per presentare i personaggi e costruire la suspense, facendo entrare la storia nel vivo solo in corrispondenza del cliffhanger finale, Carey opta invece per un approccio più immediato, iniziando a mettere in moto gli ingranaggi narrativi già dopo poche pagine. Ciò non vuol dire, tuttavia, che l’approfondimento dei personaggi venga sacrificato. Anzi, parte della ragione per la quale questo primo numero si rivela una lettura appassionante sta proprio nella gestione delle caratterizzazioni e delle dinamiche familiari, laddove, proprio come per la casa delle bambole, la facciata di normalità da tipica famigliola inglese nasconde un sostrato fatto di risentimento e violenze domestiche.
Diventa dunque estremamente facile empatizzare per la giovane protagonista, soffocata dai continui litigi dei genitori e che trova nella confortevole compagnia dei residenti della casa delle bambole l’unico mezzo per evadere da una quotidianità sempre più avvilente. Peraltro, a livello di sceneggiatura, l’autore svolge un lavoro egregio nel costruire il mistero che circonda la piccola abitazione, andando a disseminare interrogativi e accenni velati nel corso di tutto l’albo e impostando la narrazione su due distinti piani temporali, facendo poi culminare il tutto in un cliffhanger a dir poco spiazzante.
Il senso di disagio e di tensione che si respira è ottimamente rappresentato visivamente dal disegnatore Vince Locke (su layout di Peter Gross), mediante l’impiego di un tratto graffiante e di un’abbondanza di chine, le quali arrivano addirittura a fagocitare la scena in quella che è la sequenza più suggestiva dell’albo. A questo stile si allinea perfettamente la colorazione di Cris Peter, che si mantiene su tonalità fosche anche nelle scene più luminose.
Marco Marotta
Di seguito, le copertine delle altre novità DC.
Image Comics
Futuro. Probabile, prossimo venturo. Mentre gli Stati Uniti d’America sigillano i propri confini per iniziare un lungo periodo di completo isolamento, il resto del mondo si divide in due distinte alleanze. Da una parte l’Europa e l’Africa e dall’altra le regioni asiatiche, fazioni separate ma al contempo accomunate dalla minaccia di un virus che si atteggia a inarrestabile pandemia globale. Un misterioso messaggio che promette un antidoto alla malattia in rapida espansione, conduce un team di mercenari e scienziati ad addentrarsi in missione nel territorio americano, un luogo ormai sconosciuto a causa della prolungata alienazione dalla scena mondiale durata trenta anni.
Scott Snyder e Charles Soule sceneggiano il numero d’esordio di Undiscovered Country con passione e mestiere, poggiando saldamente i piedi in un’analisi critica della politica e degli stili di vita delle società moderne. I cambiamenti climatici, le opinabili scelte di chi ci governa e un generale senso di connessione con il nostro quotidiano, regalano alla lettura un piacere e una verità particolare in grado di aggiungere profondità alla narrativa dei due autori.
Grazie ad un riuscito bilanciamento tra la necessità di introdurre il lettore a un nuovo mondo e l’esigenza di rendere avvincente questo percorso, i due autori condensano informazioni e contenuti in una trama corposa e dotata di una spiccata vocazione corale. Oscillando tra le fasi di preparazione della missione e la realizzazione della stessa, gli autori optano per una narrazione non lineare che riesce a dimostrarsi fluida e ben orchestrata nel mantenere alta l’attenzione del lettore per tutte le 38 pagine di questa prima uscita.
Ben orchestrata l’interazione fra i personaggi che si dimostrano solidi e credibili e che, imbrigliati in realistiche dinamiche di gruppo e tensioni relazionali, restano sempre un passo indietro rispetto a ai cliché di genere.
Le matite del duo Giuseppe Camuncoli e Daniele Orlandini, supportato dai colori di Matt Wilson, portano poi alla luce, in modo esemplare, ambienti ed attori riuscendo validamente a virare verso lidi più surreali e grotteschi con il progredire della storia. Linee pulite che rendono la gamma emotiva dei personaggi, elemento fondamentale per la profondità e risonanza della narrazione che, sviluppata per la maggior parte del tempo sulla misura della doppia pagina, risulta funzionale a sottolineare il respiro globale della storia.
Snyder e Soule ci introducono a quello che promette di essere un racconto avventuroso e fantastico, invitandoci ad un viaggio in un distopico futuro globale. Traendo linfa da narrativa d’avventura, fantascientifica e film crepuscolari e apocalittici come Mad Max, Undiscovered Country sembra porsi l’obiettivo di voler esplorare diversi stili e filoni, creando una miscela narrativa postmoderna di grande impatto. Risultato raggiunto in un racconto complesso e articolato che, grazie a sottili riferimenti alle moderne pressioni sociali e alle suggestive intuizioni su probabili tensioni future, mantiene alta l’attenzione fino all’ultima pagina, candidandosi a porre nuovi e alti standard di genere.
Ferdinando Maresca
Di seguito, le copertine delle novità Image Comics.
Editori indie
Di seguito, le copertine delle altre novità degli editori indipendenti.
Wednesday Warriors
Nella puntata #49 di Wednesday Warriors su Dimensione Fumetto, anche Andrea Gagliardi ha analizzato il primo numero di Legion of Super-Heroes di B.M. Bendis.
Al netto di qualche dialogo sconnesso questo primo albo di Legion of Super-Heroes conferma la capacità di Bendis di descrivere e gestire supereroi adolescenti riuscendo a essere un buon punto di inizio per i nuovi lettori senza scontentare i fan storici; Ryan Sook, assistito da Wade Von Grawbadger alle chine e da Jordie Bellaire ai colori, riesce a modulare il suo tratto passando da atmosfere più cupe a quelle più luminose senza particolari sofferenze.
La partenza sembra essere quella giusta.
LEGGI LA RECENSIONE COMPLETA QUI
Per questa puntata è tutto. First Issue ritorna tra due settimane, con la puntata #58 il 4 dicembre 2019.
Stay tuned!
[Un ringraziamento al nostro Paolo Garrone, che cura la gallery delle cover sulla pagina Facebook de Lo Spazio Bianco per ogni puntata di First Issue.]