First Issue #43: tante novità Marvel Comics

First Issue #43: tante novità Marvel Comics

La Casa delle Idee ha presentato alcune novità interessanti nelle ultime due settimane da “Meet the Skrulls” a “Age of Conan: Belit”. La DC Comics risponde con “Batman who laughs: the Grim Knight” e la Dark Horse amplia sempre più l’universo di Black Hammer.

Ogni mercoledì in USA esce quasi un centinaio di albi a fumetti, molti dei quali sono numeri di esordio di serie e miniserie, i first issue.
First Issue è la rubrica de Lo Spazio Bianco dedicata ai nuovi numeri uno in uscita negli States!In questo quarantatreesimo episodio ci occupiamo delle novità uscite mercoledì 6 e 13 marzo 2019.

Marvel Comics

Esordio di una nuova miniserie dedicata alla mutante Domino. Di Domino Hotshots #1 ci parla Federico Beghin.

Domino hotshots #1

Dopo aver rispettivamente sceneggiato e disegnato i dieci capitoli della serie Domino, Gail Simone e David Baldeón tornano a raccontare le gesta di Neena Thurman in una inedita miniserie di cinque albi. Mentre l’esordio assoluto si configurava come un vero e proprio punto d’accesso per nuovi lettori, questo incipit può risultare ostico per coloro che non abbiano letto le precedenti avventure della mercenaria, dal momento che la protagonista interagisce con alcuni personaggi poco noti, ma che si sono rivelati importanti nell’economia della trama intessuta dall’autrice statunitense. Non si tratta di un cavillo, perché uno dei due elementi d’interesse del racconto è costituito proprio dalla fiducia che Domino ripone nelle due vecchie alleate, in contrasto con il sospetto che nutre nei confronti delle altre “colleghe”.
Il secondo fattore positivo si rintraccia nel motivo per il quale la squadra tutta femminile parte per la missione: il coinvolgimento di un Celestiale che, si ipotizza, potrebbe collegare la vicenda con quanto accaduto nel primo arco narrativo di Avengers di Jason Aaron. Purtroppo, però, a una scena iniziale che getta efficacemente le basi di un mistero, segue uno sviluppo anticlimatico e privo di sussulti, ripartito tra lunghe chiacchierate e una fin troppo classica scazzottata tutt’altro che risolutiva.
A lasciare perplessi è anche la discontinuità nella caratterizzazione di Neena, sempre in bilico tra essere una macchietta e un leader carismatico, mentre decisamente più convincente è l’espressività accentuata che Baldeón le conferisce. Il disegnatore, che solitamente sfoggia un tratto nervoso e dinamico, per raffigurare il Celestiale si rifà al segno potente di Jack Kirby, riuscendo così non solo a ricreare il character design scelto dal Re, ma anche a trasmettere la maestosità dell’essere superiore.

Arriva anche la tanto attesa serie Meet the Skrulls, che racconta le vicissitudini quotidiane di una famiglia di alieni mutaforma nascosta tra i terrestri. Ha letto il primo numero per noi Simone Rastelli.

Meet the Skrulls #1

Lascia ben sparare il debutto di Meet the Skrulls, firmato da Robbie Thompson (testi), Niko Henrichon (disegni) e Laurent Grossat (colori). Oltre alla fluidità della scrittura e alla sensibilità espressa dai disegni, appare interessante il tema proposto: il confronto con i cambiamenti che una lunga permanenza fra gli esseri umani hanno indotto nelle personalità dei componenti di una famiglia Skrull, che sta lavorando da anni per facilitare un’invasione della Terra sotto l’identità di famiglia Warner.
Il momento cardine di questo episodio è quando, famiglia riunita a pranzo, Alice, la figlia minore, esita a riprendere la forma originaria. Il messaggio è chiaro: la sua identità, meglio: la propria percezione della sua identità sta cambiandone e si sta allontanando da quella attesa dalla famiglia (provocazione ripresa più tardi, quando si allontana dalla tavola dichiarando “”Noi non siamo una vera famiglia”). Aggiungiamo una sorella scomparsa, le tensioni dell’età scolastica (quindi una inevitabile risonanza con il Visione di King e Walta), le pressioni per portare a termine la missione, il cui fallimento condannerebbe gli Skrull, e la spietatezza della caccia umana ai mutaforma infiltrati e abbiamo abbastanza elementi per un racconto che scavi nella personalità dei singoli con uno sguardo aperto su questioni di umanità ordinaria e politica quotidiana.
Henrichon caratterizza ogni personaggio e asseconda una certa teatralità didascalica del racconto, che è certamente la sua maggior criticità ma al momento non infastidisce. Dal punto di vista visivo, è particolarmente efficace la scena iniziale che presenta Alice in una successione di campi e controcampi con cambi di inquadrature fluidi.

Per il franchise legato a Conan, arriva una miniserie dedicata a Bêlit, personaggio femminile creato da R.E. Howard nelle storie del cimmero. Del numero di esordio ci parla Federico Beghin.

Age of Conan: Bêlit #1

Esordio in sordina per Age of Conan: Bêlit, miniserie dedicata alla piratessa creata da Robert E. Howard: senza riuscire a trasmettere pathos, la sceneggiatrice Tini Howard e la disegnatrice Kate Niemczyk raccontano quello che dovrebbe essere un episodio chiave della giovinezza della bella e risoluta Regina della Costa Nera, capace con il suo fascino di stregare Conan il barbaro.
Nel primo di cinque capitoli, Bêlit viene presentata come una ragazza dalla carnagione chiarissima, con una fisicità ancora acerba e un carattere già determinato: è un’individualista convinta che la quotidianità le vada stretta e che dal mare stiano per giungere dei mostri pericolosi. A limitarne le intemperanze è il padre, re dei pirati, uomo d’onore, fermo sostenitore del valore dell’amicizia, ma soprattutto reo di aver commesso terribili crimini in passato.
Proprio le sorti del genitore costituiscono il motore di una vicenda che ha il suo apice in una scena drammatica collocata nel momento sbagliato, che non arriva alla fine dell’albo spiazzando il lettore, bensì a tre quarti. Questo non sarebbe un fattore negativo se le pagine rimanenti venissero utilizzate per approfondire la situazione o per la catarsi, ma l’autrice sceglie di passare oltre e dedicare la sequenza successiva a un combattimento dall’impatto emotivo molto limitato.
Anche dal punto di vista estetico il capitolo non esalta, a causa della recitazione legnosa dei personaggi, spezzata soltanto dalla variegata mimica facciale della protagonista. Guardando alla costruzione delle tavole, si segnalano alcune vignette orizzontali ampie, perché danno modo di osservare il contributo di Jason Keith, colorista abile a dare profondità al cielo, sia nelle inquadrature notturne che in quelle diurne.
Oltre alla bella copertina realizzata da Sana Takeda, è bene menzionare la presenza, in appendice, della prima parte di un romanzo in prosa di Micheal E. Stackpole dedicato a Bêlit.

Di seguito, le copertine delle altre novità Marvel.

DC Comics

Andrea Gagliardi ci parla di uno one shot legato alla miniserie The Batman who laughs.

The Batman who laughs: the Grim Knight #1

Introdotto nel secondo numero della miniserie The Batman who laughs, il Grim Knight è un’altra delle versioni alternative di Batman provenienti dal Multiverso Oscuro: una sorta di Punitore in salsa DC. A differenza delle altre incarnazioni di Batman viste negli spin-off di Dark Knight: Metal, questa non sembra essere una nemesi del Nostro né la sua antitesi quanto una deviazione, il risultato di sottili cambiamenti alla storia da noi conosciuta che lo hanno portato a essere il vigilante che abbiamo di fronte: il Grim Knight mantiene un’etica, un senso di giustizia, che lo distingue dagli altri Bat-men visti finora.
Il “peccato originale”, l’omicidio dell’assassino dei suoi genitori, di questo Bruce Wayne stravolge l’essenza stessa di Batman così come noi la conosciamo facendolo diventare uno strumento, una lente distorta, che offre nuove possibilità di esplorazione del personaggio.
In una storia che scorre su due binari paralleli, la narrazione del presente che vede il Grim Knight scortare Jim Gordon nei sotterranei di Gotham e il flashback che ne racconta le origini, gli autori riescono nel compito di dare elementi nuovi sulla trama della miniserie principale, illustrando efficacemente le dinamiche tra il Grim Knight e il Batman Che Ride, e a delineare un personaggio che fino a questo momento sembrava un semplice divertissement.
Raccontando le origini del “Truce Cavaliere” Scott Snyder e Edoardo Risso riescono a chiarire in maniera illuminante la differenza che separa l’eroe dal vigilante, tra un uomo mosso da uno scopo, un ideale, e uno che persegue solamente una vendetta. In questo senso è esemplare il dialogo con Gordon a pag. 27: “Non sei per nulla Batman. Posso sentirlo nella tua voce. Tu vedi la città come qualcosa da brandire e usare. Tu non credi in lei. Non credi in niente.
Non è un caso quindi che Eduardo Risso riempia l’albo di rimandi e citazioni al Dark Knight Returns di Frank Miller, che fa dell’esplorazione del confine eroe/vigilante una delle chiavi di volta del proprio racconto, allontanandosi dallo stile più concettuale di Jock a favore di un tratto maggiormente realistico. Il disegnatore si destreggia tra le due parti della storia cambiando registro, passando dallo stile più descrittivo nel raccontarci il presente a quello pittorico, sfumato, dei flashback prendendosi anche carico dei colori.
The Grim Knight non è un albo indispensabile nello sviluppo della trama di The Batman who laughs, pur aggiungendo qualche elemento a questa, ma è senza dubbio una lettura interessante e piacevole, capace di dire qualcosa di nuovo su un personaggio con 80 anni di storia sulle spalle.

Image Comics

Di una delle novità di Image Comics, Little Bird, ci parla Simone Rastelli.

Little Bird #1

Il debutto di Little Bird – serie Image creata da Darcy van Poelgeest (testi) e Ian Bertram (disegni), qui affiancati da Matt Hollingsworth (colori) – colpisce anzitutto lo sguardo. Linea sottile e sintetica, sfondi definiti con economia di dettagli, volti resi con un tratteggio scarno ma efficace nel restituire stati d’animo (paura, tensione, tristezza, arroganza) e di malattia (macchie e bubboni deturpanti, ossa del teschio che tirano la pelle del viso), cromatismi caldi, caratterizzazioni surreali e ironiche (servi volanti con corpi senza pelle e visi tondi, un eroe riluttante che indossa una maglietta con la bandiera canadese) compongono una miscela di forte impatto.
C’è un richiamo vago ma chiaro alla BD degli anni ’70, che contribuisce all’identità visuale: la distanzia dalla media delle proposte correnti, ma la lascia nell’alveo mainstream per leggibilità.  A tenere insieme questa congerie di elementi, il racconto di un Nord America post catastrofe, dove i sopravvissuti patiscono deformità assortite, la religione è instrumentum regni e la crudeltà è moneta corrente.
Questo primo episodio narra la ricerca da parte della piccola Little Bird, sopravvissuta al massacro della sua comunità, dell’Eroe che potrebbe salvare il mondo. L’ambientazione e le sue complessità emergono con naturalezza attraverso dialoghi e pensieri, senza didascalismi o spiegoni che distruggano l’atmosfera cupa del racconto: passo dopo passo ricostruiamo la situazione corrente e alcuni legami fra i personaggi, mentre l’intreccio prepara l’apertura verso le puntate successive.
Grandi aspettative, quindi, nella speranza che tanta materia prima non vada sprecata in favore della spettacolarità.

Di seguito, le copertine delle altre Image.

Editori indie

BOOM! Studios fa esordire Ronin Island e ci parla del primo numero Emilio Cirri.

Ronin Island #1

Dopo Mech Cadet Yu, Greg Pak torna a lavorare per BOOM! Studios con Ronin Island. Il primo numero è una classica introduzione ai personaggi e alle ambientazioni. In un momento imprecisato del XIX secolo, gran parte della popolazione giapponese, coreana e cinese è stata colpita dal misterioso evento catastrofico noto come il “Grande vento”. Alcuni sopravvissuti si sono rifugiati su un’isola nascosta per ricostruire una società pacifica e collaborativa. Tra questi, la giovane orfana coreana Hana, figlia di modesti contadini, e Kenichi, erede di una importante famiglia di samurai giapponesi. Due ragazzi dai caratteri opposti, che competono per essere i migliori della propria generazione e che si trovano improvvisamente ad affrontare l’invasione di un nuovo Shogun, che li vuole assoggettare per proteggerli da una minaccia più grande, quella di un esercito di guerrieri mostruosi.
La storia imbastita da Pak è lineare, diretta e dal ritmo veloce tipico delle miniserie. Questa velocità, pur conferendo brio e dinamismo all’avventura, sacrifica la profondità dei personaggi, lasciando un persistente senso di già visto, e non sviluppa gli elementi di background necessari per essere coinvolti appieno nella vicenda. Nonostante questo, l’atmosfera orientale riesce a conservare il suo fascino. Il merito è anche di Giannis Milogiannis, bravo a costruire ambientazioni convincenti grazie ad un tratto sintetico che attinge a piene mani sia dal mondo del manga, sia dall’esempio di Stan Sakai. Questa influenza si vede anche nella definizione delle espressioni dei personaggi, sempre vitali ed energiche. Purtroppo l’artista dimostra alcuni limiti laddove le inquadrature si ampliano e si arricchiscono di particolari: la sintesi del segno sconfina spesso nell’imprecisione e in alcune abbozzature grossolane.
Questa serie, con un primo numero senza infamia e senza lode, conferma comunque l’impegno di BOOM! Studios nel proporre sul mercato statunitense serie che riescono a spaziare per tematiche e per stile, che attingono a modelli non solo statunitensi, ma anche europei e giapponesi: serie come Misfits City, Giant Days, Lumberjanes e molti altri sono riuscite a conquistare una grande fetta di pubblico, espandendo l’offerta del fumetto mainstream. E anche Ronin Island, con la sua promessa di intrattenimento e azione, potrebbe trovare successo tra il pubblico di giovani e giovanissimi.

Dark Horse Comics e Jeff Lemire continuano a espandere l’universo di Black Hammer con il lancio di una nuova miniserie, Black Hammer ’45, di cui ha letto il primo numero David Padovani.

Black Hammer ’45 #1

La ricchezza del progetto Black Hammer, creato da Jeff Lemire in coppia con il disegnatore Dean Ormston, è quella di un immenso universo supereroistico – certamente e volutamente derivativo, in quanto omaggio ai personaggi Marvel e DC in primis – che può fornire lo spazio per decine di storie da raccontare.
L’approccio indie dell’autore canadese ha poi regalato all’iniziativa un sapore narrativo originale, così come altrettanto originale e inedito è il tipo di “derivatività” che Lemire ricerca nelle storie, omaggiando i supereroi delle sue letture da appassionato ponendoli in situazioni inusuali.
Black Hammer ’45 è l’ultima, in ordine di tempo, di un gruppo di miniserie che hanno espanso il nucleo narrativo principale di Black Hammer raccontato nella testata principale, focalizzandosi di volta in volta su personaggi ed epoche differenti dal presente narrativo.
Lemire, affiancato ai testi da Ray Fawkes, stavolta sposta l’azione durante la Seconda Guerra Mondiale per raccontarci le avventure di una squadriglia di aviatori chiamata Black Hammer e impegnata, insieme ad altri supergruppi delle Forze Alleate, a fronteggiare la minaccia nazista.
In un racconto che rimbalza avanti e indietro tra presente narrativo e passato, giocato moltissimo sui dialoghi prima che sull’azione, tornano fin da questo primo numero i topoi fondamentali della poetica lemiriana come la famiglia e l’amicizia.
Valore aggiunto sono le tavole di Matt Kindt, colorate ad acquerello da Sharlene Kindt, il cui stile di disegno si avvicina moltissimo a quello dell’autore canadese: nervoso, immediato, grezzo a un primo impatto, ma ricco di storytelling e di attenzione ai particolari e alla recitazione dei personaggi.

Di seguito, le copertine delle altre novità degli editori indipendenti.

Per questa puntata è tutto. First Issue torna il 10 aprile 2019, con la puntata #44.
Stay tuned!

[Un ringraziamento al nostro Paolo Garrone, che cura la gallery delle cover su Facebook per ogni puntata di First Issue.]

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