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Ogni mercoledì in USA esce quasi un centinaio di albi a fumetti, molti dei quali sono numeri di esordio di serie e miniserie, i first issue.
First Issue è la rubrica de Lo Spazio Bianco dedicata ai nuovi numeri uno in uscita negli States! Ritorna, dopo le ferie estive, l'appuntamento quindicinale con la nostra rubrica. In questa speciale puntata “monstre” vi presenteremo le più interessanti novità uscite sul mercato a fumetti statunitense durante lo scorso mese di agosto.
Marvel Comics
Detto che a farla da padrone nell'agosto della Casa delle Idee è stato il ritorno del mensile dedicato ai Fantastici Quattro a cui abbiamo dedicato una puntata del nostro First Issue Presenta, in Marvel non sono certo mancate altre novità e debutti.
Tra questi è arrivata la nuova serie dedicata al Punitore, di cui ci parla Federico Beghin.
Esplosioni, sparatorie, parti del corpo che volano via, scontri tra veicoli di grandi dimensioni, scheletri di volatili e ovviamente un simbolo che non lascia dubbi: il teschio del Punisher. Dopo aver indossato l'armatura di War Machine, Frank Castle torna ai suoi abiti consueti per continuare a espiare gli errori commessi schierandosi al fianco dello Steve Rogers malvagio durante Secret Empire.
A narrarne le gesta, in continuità con la serie precedente, è sempre Matthew Rosenberg, affiancato per questo World War Frank dal disegnatore Szymon Kudranski. Quest'ultimo, da un lato, è autore di una prova apprezzabile per quanto riguarda la composizione delle tavole, adottando soluzioni interessanti che vanno da una pagina divisa in nove vignette collegate da alcuni bossoli che ne varcano i confini, fino all'uso di piccoli riquadri riservati ai dettagli importanti, disposti su un'immagine di grandi dimensioni, utile come sfondo.
Dall'altro lato, lascia a desiderare quando deve ritrarre i volti dei personaggi, che appaiono legnosi nell'espressività e, generalmente, mutevoli e poco definiti, con l'eccezione di Tony Stark, modellato inequivocabilmente sui lineamenti dell'attore che lo interpreta al cinema, Robert Downey Jr. In questo primo capitolo il Punisher deve vedersela con l'Hydra, un Barone Zemo dal fisico imponente e la società Roxxon, per portare a termine una missione dai risvolti probabilmente considerevoli, come predetto da un colpo di scena finale potente e inaspettato.
Alle sequenze di pura azione si contrappongono elaborati scambi di battute: sebbene i balloon siano piuttosto carichi di testo, con un ritmo decisamente rallentato, Rosenberg riesce a scrivere dialoghi realistici e talvolta brillanti. La colorazione di Antonio Fabela, oltre a incrementare la cupezza e l'impatto dell'ambientazione notturna, richiama l'attenzione sui bordi di alcune vignette che assumono una tinta diversa rispetto al fondale o al più classico bianco.
Di seguito, le copertine delle altre novità Marvel.
DC Comics
Tantissime e importanti le novità in casa DC Comics, a partire dal rilancio dell'etichetta Vertigo nientemeno che con il debutto del Sandmanverse presentato in Sandman Universe #1 di cui ci parla l'esperto Simone Rastelli.
Attesa con grande curiosità fin dal suo annuncio, debutta finalmente l'iniziativa Sandman Universe, alla quale Neil Gaiman collabora con un ruolo non proprio chiarissimo. L'iniziativa si articolerà nei prossimi mesi in quattro testate: The Dreaming (con Si Spurrier ai testi e Bilquis Evely ai disegni), Book of Magic (Kat Howard e Tom Fowler), House of Whispers (Nalo Hopkinson e Dominike “Domo” Stanton) e Lucifer (Dan Watters con Max Fiumara e Sebastian Fiumara).
Questo albo ferragostano, scritto da Spurrier su soggetto di Gaiman, introduce le quattro linee narrative – ciascuna illustrata dal disegnatore titolare e tutte colorate con grande efficacia da Mat Lopes – presentandone spunto iniziale e protagonisti. Vediamo così, rispettivamente, una minaccia incombere sul Regno del Sogno mentre il Re è introvabile; Timothy Hutton alle prese con una strana professoressa che sembra conoscere tutto di lui; una coppia omosessuale femminile che entra nelle trame delle divinità voodoo Erzulie e Uncle Monday/Re Alligatore e Stella del Mattino in cerca del proprio “sangue che cammina nel mondo” e di sua madre. A metterci in contatto con queste vicende apparentemente sconnesse, il corvo Matthew, che tenta di trovare Sogno/Daniel nel mondo della Veglia.
Spurrier cuce un albo sostanzialmente “di servizio” che affastella informazioni e suggestioni, un po' nello stile di quelli che ultimamente hanno introdotto i vari eventi Rebirth, Metal, Legacy e così via.
Al di là del tratto comune di muoversi fra Sogno e Veglia, ciascuna delle quattro tracce offre indicazioni non tanto su come saranno raccontate le storie quanto – grazie soprattutto agli approcci visuali – sulle loro atmosfere, che si preannunciano ben distinte. The Dreaming, Book of Magic e Lucifer sembrano peraltro riprendere quelle delle serie di riferimento, mentre House of Whispers – al di là delle affinità con la vicenda di Foxglove e Hazel (vedi Sandman: il gioco della vita e Death: The Time of Your Life) – appare più libera dal peso del passato e per questo probabilmente quella con maggiori margini di manovra. L'approccio di Stanton amplifica la distanza fra questa e le altre tre serie: mentre infatti Evely e i Fiumara valorizzano l'aspetto fantastico e Fowler quello realistico trasmettendo la materialità delle dimensioni del Sogno e della Veglia, Stanton comunica una maggior leggerezza e umanità: usando una apparente semplicità da linea chiara, si distacca tanto dall'espressionismo (decisamente fascinoso) di Lucifer quanto dal naturalismo di Book of Magic e dalla concretezza di The Dreaming.
La sfida che questa iniziativa raccoglie è naturalmente quella di non limitarsi alla reiterazione di situazioni e replica di caratteri, ma di sfruttare il Sandman Universe per raccontare storie e personaggi complessi evitando banalizzazioni.
Dal punto di vista delle macrostrutture narrative, vale infine la pena ricordare, fra l'altro, che l'universo di Sandman è stato inglobato in quello DC mainstream – e ad esempio Sogno/Daniel è già comparso in Dark Knights Metal: queste serie offriranno quindi un ulteriore caso per osservare e analizzare le conseguenze di questa operazione e gli eventuali insegnamenti tratti da editor e autori dalle recenti esperienze di Doomsday Clock e Wildstorm.
Intanto, nelle tracce presentate in questo albo-trailer, di questa integrazione non ci sono segni.
Arrivano anche i primi due prodotti dell'etichetta Jinxworld, che ospita le produzioni creator-owned di Brian Michael Bendis. Si comincia con Pearl, di cui ci parla Simone Rastelli.
Jinxworld è l'etichetta creata negli anni '90 del secolo scorso a Brian Michael Bendis per realizzare i propri lavori e sotto la quale l'autore canadese, siglato un accordo con la DC Comics, propone oggi due nuove serie. Pearl, storia di Yakuza ambientata a san Francisco, è la prima ad apparire; disegnata da Micheal Gaydos, che già affiancò Bendis per la prima serie di Jessica Jones, debutta con un albo tanto affascinante visivamente quanto impalpabile nei personaggi e stereotipato nello scenario.
L'impatto visuale di Pearl è di grande effetto, a partire dalla copertina, che colpisce per l'inquadratura della protagonista dalle labbra alla parte superiore del busto, il suo nome in kanji sovrimposto sulla pelle candida del collo, la stesura dei colori con effetto pastello di cera, graffiati e mescolati in un luminoso gradiente dall'azzurro al rosa e il doppio motivo floreale che combina linee sinuose e canne di pistola, dando così le coordinate stilistiche dell'opera.
La messa in scena sfrutta cambi repentini sia nello stile del disegno sia nelle scelte cromatiche, per amplificare e distinguere emozioni e atmosfere; come risultato collaterale, abbiamo una netta scansione delle sequenze, con un ritmo visuale esplicito, apprezzabile già solo sfogliando l'albo.
Molte le tavole che rendono questo albo particolarmente interessante dal punto di vista tecnico e che meriterebbe analizzare nella loro composizione. La prima tavola, ad esempio, è uno zoom all'indietro, che parte dal dettaglio del tatuaggio di un ragno che la protagonista ha sul polso – scopriremo essere il suo segno più che particolare – , fino a quello della mano e dell'avambraccio. Si volta pagina e abbiamo una composizione su due tavole costruita su due righe: la superiore è occupata da un'unica vignetta orizzontale lunga, con la protagonista all'estremità sinistra e quello che sarà il suo interlocutore all'estremità opposta. La seconda riga, invece, è organizzata in sei vignette verticali che raccontano l'incontro dei due personaggi. A confermare sensibilità e approccio espressivo vanno poi almeno le scene della sparatoria che innesca il racconto – realizzata in verde e rosso, mostra non tanto gli eventi quanto la violenza del momento e lo spaesamento indotto nei protagonisti – e i ricordi di Pearl di quando il padre le donò la sua pistola – in una bicromia acquerellata, la cui delicatezza amplifica per contrasto i ragionamenti ossessivi del genitore.
Una volta ammirata la composizione visuale di questo albo di debutto, si scopre però che tutto questo dispiegamento di perizia tecnica al limite del virtuosismo è al servizio di una vicenda della quale non emerge sostanza. Al momento, l'impressione è quella di un'opera calligrafica, dove niente è fuori posto, lo stile è fiammeggiante, lo sguardo appagato, ma la lettura offre solo luoghi e trattamenti canonici: adrenalina ed esotismo abbondano, ma la forza di ogni singola scena resta ancora imprigionata nell'assenza di una visione ampia. Inoltre, l'abbondanza di inquadrature ravvicinate sui personaggi lascia intuire attenzione verso la loro valorizzazione, ma ci ritroviamo invece con una specie di chiacchiericcio continuo che inonda le tavole di parole senza dire niente che metta in dubbio la stereotipia di relazioni, situazioni e ruoli.
Una lettura alternativa è che lo sguardo focalizzato sul dettaglio che domina questo primo albo serva a precipitare il lettore nel centro del racconto senza farlo smarrire: in quest'ottica, la stereotipia diventa funzionale a una chiara trasmissione delle coordinate principali del contesto, che rende possibile muoversi al suo interno con fluidità, senza digressioni che interrompano il dipanarsi dell'intreccio.
Sempre sotto l'etichetta Jinxworld fa il suo ritorno anche Scarlet, il cui primo numero di questa nuova stagione ha letto per noi Federico Beghin.
Dopo il trasloco di B. M. Bendis in DC, arriva anche il terzo arco narrativo di Scarlet e sembra lecito parlare di “nuova stagione”, visto che si riparte dal numero uno. A precedere l'incipit in medias res della storia troviamo un riassunto dei fatti accaduti, ma il filo con il passato viene riannodato dalla stessa protagonista nel corso di più di metà delle pagine a disposizione. Due tavole composte da due diverse immagini di sfondo su cui risaltano le didascalie e un lungo monologo, che occupa molte vignette, sono funzionali allo scopo.
La ragazza, che è alla guida di una lotta contro il sistema ed è diventata la persona più famosa del mondo, pronuncia un vero e proprio “j'accuse”, evidenziando il lato oscuro degli Stati Uniti dai tempi di Lincoln fino ai giorni del presente narrativo.
Sebbene il personaggio dica di essere nervoso e di parlare a ruota libera per questo motivo, la scrittura di Bendis assume un andamento poco anaforico e frammentato, molto meno nevrotico rispetto a quello di altri suoi lavori. È una fortuna, perché ci troviamo di fronte a un primo capitolo che chiarisce la situazione attraverso una quantità generosissima di parole, senza che la trama avanzi di un millimetro fino alla pagina conclusiva, significativa in vista degli sviluppi futuri.
Insieme allo sceneggiatore, torna sul luogo del delitto Alex Maleev, con un tratto più asciutto ed essenziale rispetto ai primi numeri della serie. Oltre a realizzare alcune splash-page, egli gioca con l'escamotage narrativo: sebbene si abbia l'impressione che Scarlet si rivolga a noi lettori, in realtà sta inviando un messaggio in mondovisione. Così, l'artista avvicina e allontana la telecamera rispetto alla protagonista, accentuandone la mimica facciale e la postura del corpo che, a differenza della parlantina, sono effettivamente influenzate dal suo stato d'animo. Non solo le figure sono meno cariche di segni, anche le tinte paiono stemperarsi in questa continua evoluzione del disegnatore, fermo restando che i personaggi emergono nettamente dal fondale monocolore.
Se sul piano visivo l'albo è da ritenersi senza dubbio riuscito, qualche perplessità è suscitata dalla sceneggiatura. La struttura del capitolo sembra sottintendere le volontà di consentire ai nuovi lettori di salire a bordo senza difficoltà e di invogliarli a recuperare il pregresso, tuttavia l'apparente staticità della storia potrebbe dissuadere dal proseguire. Coloro che hanno seguito dal principio le avventure di Scarlet possono liquidare questo episodio come una lunga dichiarazione d'intenti, in attesa di entrare nel vivo.
Ritornando al DC Universe consueto, Marco Marotta ci parla dei debutti di due miniserie, Adventures of Super Sons e Batman: Kings of fear.
Peter J. Tomasi firma i testi di questa maxi-serie in dodici numeri che vede al centro della scena Damian Wayne e Jon Kent. Con la scuola appena terminata e gli illustri genitori temporaneamente assenti, il giovanissimo duo si prepara a un'estate interamente dedicata alla lotta al crimine e alle azioni da supereroi. Fin dal dialogo d'apertura l'autore rende palese il suo intento con questa serie: creare un fumetto brioso, sopra le righe e in cui è il divertimento spensierato a farla da padrone. La narrazione procede infatti spedita, tra adrenaliniche scene d'azione e momenti di humour, con un ottimo ritmo scandito da dialoghi frizzanti e sagaci.
Robin e Superboy non perdono occasione per punzecchiarsi a vicenda e attraverso i continui scambi di battute tra i due Tomasi sottolinea, accentuandola, la dicotomia tra il carattere serioso, burbero e calcolatore del figlio di Batman e la personalità aperta, solare e fanciullesca del giovane kryptoniano. Ne risulta un'alchimia tra i due protagonisti decisamente riuscita e in grado di far facilmente appassionare alle loro peripezie.
Se ce ne fosse bisogno, il carattere irriverente dell'opera è sottolineato anche da un finale che fa entrare in scena un elemento di assoluta bizzarria e che per questo riesce a catalizzare la curiosità per ciò che l'autore ha in serbo nei prossimi numeri.
I disegni di Carlo Barberi si sposano perfettamente con il tenore della storia, sia grazie a un tratto rifinito, particolareggiato ed efficacissimo nel veicolare l'emotività dei personaggi attraverso le espressioni del volto, sia grazie a una colorazione vivace e a dir poco radiosa.
Con questa miniserie in sei parti, scritta da Scott Peterson e disegnata da Kelley Jones, l'intento degli autori è quello di catapultare i lettori indietro nel tempo fino agli anni '90, proponendo loro un fumetto dal feeling decisamente retrò. Lo si può notare dal costume di Batman, con tanto di classicissimo ovale giallo sul petto, dal design di Joker, dalla batmobile, visivamente molto simile a come appariva nella storica serie animata, finanche dall'approccio senza fronzoli alla narrazione e dallo stile di disegno smaccatamente “anni '90”. Un'operazione nostalgia che funziona solo in parte, penalizzata da una sceneggiatura davvero troppo semplice e lineare, che non sorprende con particolari colpi di scena, che si avvale di alcuni topoi ormai visti e rivisti nel canone batmaniano e che appare anche un po' frettolosa in alcuni passaggi narrativi. Tuttavia il vero punto di forza dell'opera sono i disegni, che colpiscono prima di tutto per un tratto incredibilmente definito che riesce a mettere in risalto ogni dettaglio delle fisionomie dei personaggi. Si fa poi notare un character design – tanto di Batman quanto, soprattutto, dei numerosi villain che compaiono nel corso dell'albo – molto ispirato, leggermente deformed e capace di veicolare efficacemente la personalità dei soggetti rappresentati. È solo nelle scene d'azione che il disegnatore mostra qualche incertezza, risultando queste un po' troppo caotiche.
A valorizzare il comparto artistico ci pensa infine una colorazione attenta, che ammanta le tavole di ombre o in alcuni casi di totale oscurità, creando al contempo un efficace contrasto visivo con tonalità più accese e sgargianti.
Di seguito, le copertine delle altre novità DC Comics.
Image Comics
Tra le novità Image Comics puntiamo l'attenzione su Cold Spots, di cui scrive Federico Beghin.
Zero didascalie, pochi dialoghi secchi, una spruzzatina di sarcasmo, molte vignette mute, perfette per trasmettere un'inquietudine ineffabile, amplificata da un inspiegabile irrigidimento del clima.
Cullen Bunn lancia la sua nuova miniserie horror puntando soprattutto sull'atmosfera misteriosa che circonda i personaggi. Il non detto prevale nettamente su quanto viene svelato: sappiamo solo che il protagonista, scarsamente caratterizzato, viene ingaggiato da una persona con la quale condivide un trascorso conflittuale, per trovare due donne scomparse. A questo dato, sicuramente non originale, si aggiunge la presenza del soprannaturale, riconducibile all'apparizione di alcuni fantasmi.
Il connubio tra una scrittura sintetica, che accelera il ritmo del racconto, e l'ambientazione viene accentuato dalle modalità con le quali Mark Torres mette su carta questo primo capitolo di Cold Spots. Fin dalla sequenza iniziale, all'apparenza slegata da ciò che segue e sviluppata interamente lungo la dimensione orizzontale delle vignette, risulta chiara l'importanza dei colori: le varie tonalità di grigio scelte per questa determinata scena non riempiono solo gli sfondi, ma invadono anche le linee che contornano i personaggi. Pur con maggiore rispetto per la tinta realistica dell'incarnato, un fenomeno simile si ripete anche nel corso della storia, quando a fare da padrone sono le declinazioni del viola, del verde e dell'azzurro.
Con il suo segno netto e ispessito dalle chine, il disegnatore preferisce mettere in risalto il linguaggio del corpo, relegando in secondo piano l'espressività dei volti, rilevante solo nei momenti più intensi. Il lavoro di Torres, dunque, assume grande importanza in un incipit basato sulle sensazioni suscitate dagli elementi solamente visualizzati e non spiegati, lasciando al lettore la curiosità di scoprirne la connessione e l'origine.
Di seguito, le copertine delle altre novità Image.
Aftershock Comics, Albatross, Dark Horse Comics, BOOM! Studios, IDW Publishing
Per quanto riguarda i debutti avvenuti nelle case editrici indipendenti, Marco Marotta ci parla di due novità presentate rispettivamente da Aftershock Comics e Dark Horse Comics.
Jacob Tate è un ragazzo che vive in Alaska con gli zii ed è ossessionato dai codici, dai misteri, dalla crittografia e dalle teorie cospirazionistiche. È proprio a una di queste astruse teorie che sta lavorando quando, come un fulmine a ciel sereno, si ritrova catapultato in prima persona nell'occhio del ciclone di quello che sembra essere il più grande e complicato mistero nella storia dell'umanità.
Benché le premesse non suonino come qualcosa di particolarmente innovativo, Paul Jenkins, già autore per Aftershock dell'interessante Alters, riesce a infondere nella materia trattata un tocco personale decisamente riuscito.
La prima parte dell'albo è occupata da una considerevole mole di testo, volta a illustrare al lettore la piena estensione del “complotto” che Jacob sta cercando di districare, oltre che fornire informazioni sul suo conto e sulla sua routine quotidiana. L'autore riesce però a non risultare eccessivamente pesante grazie a uno stile di scrittura brioso e immediato. Il protagonista stesso, così come i pochi altri personaggi che fanno la loro apparizione, può inoltre vantare una caratterizzazione molto convincente.
E proprio verso i due terzi dell'albo, quando sembra che la frizzantezza della sceneggiatura stia per lasciare il passo alla ridondanza, Jenkins imbastisce un colpo di scena che, seppure non del tutto inaspettato, riesce a rimescolare efficacemente le carte in tavola. Senza fare spoiler, lo status quo vigente fino a quel momento viene ribaltato, il ritmo della narrazione si impenna e il lettore viene trascinato attraverso un'ultima sequenza al cardiopalma, fino all'immancabile cliffhanger che lascia una sincera curiosità di conoscere gli sviluppi futuri della storia.
I disegni sono realizzati da Wesley St. Claire e offrono un tratto spigoloso e quasi sgraziato ma comunque curato nei dettagli. A questi si affianca una colorazione particolarmente efficace nel riflettere il mood che ogni scena cerca di trasmettere, partendo da tonalità molto tenui di bianco e azzurro per gli iniziali momenti di calma, per poi virare bruscamente sui violenti toni del rosso quando la situazione precipita. Infine vale la pena segnalare la trovata, da parte dell'editore, di integrare Beyonders con un concorso a premi. Conformemente alle tematiche trattate, infatti, le vignette dell'albo (e dei successivi) sono disseminate da piccoli simboli, parti di un codice. Una volta che la serie sarà conclusa, i primi cento lettori che troveranno la soluzione del codice verranno ricompensati con ricchi premi. Non sarà nulla di eclatante ma si tratta ad ogni modo di un'iniziativa simpatica che favorisce il coinvolgimento del pubblico.
“The machines rose from the ashes of the nuclear fire”.
Ogni appassionato di cinema degno di questo nome dovrebbe riconoscere al volo queste parole, dato che sono le parole d'apertura del primo, indimenticabile capitolo cinematografico della serie Terminator, uscito nel 1984 e diretto da James Cameron. Sono anche le parole con cui Brian Wood decide di accogliere i lettori che si accingono a leggere questa miniserie in quattro parti, omaggiando così il celebre capostipite del franchise.
La vicenda ha luogo a New York, esattamente in concomitanza con gli eventi del primo film. Mentre infatti Sarah Connor è impegnata a tentare di sfuggire al Terminator che le da la caccia a Los Angeles, un secondo modello T-800 viene inviato nel passato per uccidere Lucy Castro, una poliziotta che è destinata a dare alla luce quello che pare diventerà un membro chiave della resistenza, nella futura guerra contro le macchine. Brian Wood è senza dubbio un autore capace e lo dimostra imbastendo una sceneggiatura equilibrata, scandita da dialoghi asciutti e molto poco invasivi che lasciano in molte occasioni alle immagini il compito di far evolvere la storia. Si denota inoltre l'abilità dell'autore nel tratteggiare personaggi credibili e inseriti in una quotidianità altrettanto plausibile. Tuttavia già dalla breve sinossi della trama è possibile intuire quale sia il principale limite del fumetto: manca di originalità.
Le premesse narrative che muovono la vicenda appaiono, in questo primo numero, fin troppo simili a quanto i fan hanno già avuto modo di vedere al cinema e questo, insieme a un citazionismo un tantino eccessivo verso la pellicola dell'84, lascia alla fine solamente un poco esaltante senso di déjà vu.
I disegni di Jeff Stokely, se non altro, convincono grazie a un tratto nervoso e sporco che, unitamente a una colorazione torbida, virata su tonalità fosche, restituisce egregiamente l'atmosfera malsana dei sobborghi newyorkesi in cui si svolge gran parte dell'azione.
Di seguito, le copertine delle altre novità indipendenti.
Esclusive Comixology
Concludiamo con il consueto spazio dedicato alle esclusive pubblicate sulla piattaforma Comixology, gestito da Simone Rastelli.
Lyn Lisso è una ragazza metà umana e metà fata (fay nell'originale), che ha seguito il padre, Jarrel Lysso, inviato dal suo sovrano in una missione segreta in un paese straniero, dove cresce, fra l'ostilità dei cittadini umani “puri”, dei suoi coetanei in particolare, e i tentativi di stringere amicizia da parte dei pochi membri del popolo delle fate. Il racconto inizia con Lyn adolescente e procede con una serie di flashback che ricostruiscono lo scenario.
Messo sulla tavola con linea chiara elegante e sensibilità ritmica nella costruzione delle sequenze e delle scene, questo primo numero di Wintertide, serie firmata da Joanne Wojtysiak come autrice unica, scorre con grande fluidità. L'espressività dei personaggi è affidata ai movimenti di occhi e bocche e, anche se nel caso dei ragazzi assume spesso toni caricaturali, è sempre efficace nel trasmettere le emozioni.
L'autrice gestisce con perizia sia le ellissi – si veda l'addio di Jarrel alla famiglia – sia la visualizzazione delle scene per istanti ravvicinati – come lo scontro fra Lyn e i ragazzi, raccontato con cinquantaquattro vignette distribuite lungo sette tavole dalle griglie regolari e sempre variabili su tre righe.
Già molti gli elementi portati sulla scena: le tensioni fra Jarrel e la famiglia, che lo disprezza per la figlia, quelle fra i fay e gli umani e le allusioni a una trama spionistica, che si immagina amplificherà le tensioni già intense, magari aggiungendone fra padre e figlia. Proprio il confronto fra fay e umani ci aspettiamo sarà al centro del racconto, con la figura di Lyn “mezzosangue”, come la chiamano gli altri ragazzi, a fare da catalizzatore delle emozioni e guida attraverso gli eventi.
Siamo giunti alla conclusione di questa puntata numero 30. L'appuntamento è tra due settimane, mercoledì 19 settembre con First Issue #31.
Stay tuned!
[Un ringraziamento al nostro Paolo Garrone, che cura la gallery delle cover su Facebook per ogni puntata di First Issue.]