Cantava Niccolò Fabi in una sua famosa canzone:
per ricordare ai musicanti di mettere le ali
per invitare tutti quanti a mettersi le ali.
Ed è quanto fa Sualzo in questo suo volume, Fermo – prima uscita per la Bao nella collana Le città viste dall’alto.
Sebastiano, giovane venticinquenne timido, come tanti, con la sua vita regolare e incasellata, viene chiamato alla leva obbligatoria, nonostante debba finire i suoi studi universitari. Riconvertito a prestare servizio civile presso il limitrofo comune di Bibbiena (Arezzo), si trova a lavorare in un centro di assistenza sociale, a contatto con persone con disagi mentali e malati terminali.
Per una persona come Sebastiano la malattia è, all’inizio, una cosa in più di cui aver paura, da cui rifuggire. Essa riveste appieno il senso d’inadeguatezza che egli sente nei confronti di se stesso, di non piena soddisfazione in ciò che fa – da cui il ritardo negli studi universitari. Tanto è vero che, nonostante il paesino in cui svolge il servizio civile sia distante solo poche ore da casa sua e dalla sua fidanzata, egli decide di rimanervi per più di qualche fine settimana, quasi ad isolarsi dal mondo nel quale fino ad allora era cresciuto. È un distacco significativo, che gli dà il coraggio di progredire e di prendere coscienza di se stesso. È anche una costante fuga dai suoi legami e dalle sue responsabilità.
Fermo ha una grande componente autobiografica, come ammette lo stesso autore nella post-fazione in Sualzo rilegge un periodo difficoltoso della sua vita. Attraverso Sebastiano viene ricordato il rapporto con la fidanzata Giulia, la dura convivenza quotidiana con gli attacchi di panico e il suo blocco creativo. Ma sono il confronto e le esperienze con le persone cui deve dare aiuto e i cui pensieri sfuggono alla logica comune, che offrono ad Antonio/Sebastiano un appiglio per rivalutare la sua vita.
Ecco che la malattia (degli altri) e la sua assistenza timorosa diventa motivo di profonda catarsi, facendo scoprire a Sebastiano la capacità eccezionale di adattarsi ai sentimenti degli altri, di cercare di rendersi amico loro; il cercare costantemente lo scambio e l’ascolto, diventano per lui un motivo di autocoscienza. Così come importante è la presenza di Vasco, che nell’essere profondamente diverso da Sebastiano, riesce a destabilizzarlo e alle volte ribaltare il suo punto di vista, scuotendolo in maniera giusta.
È presente, qui come nel precedente L’improvvisatore (edito da Rizzoli), la musica e in particolare il sassofono – quasi fosse l’elemento che conferisce un tocco autobiografico all’intera vicenda. Qui però il suo ruolo è diverso da quello che svolge ne L’improvvisatore. E’ un momento doloroso – Sebastiano soffre infatti di attacchi di panico – ma al quale egli non rinuncia, perché è, nel suo scorrere tranquillo, l’unico momento in cui si sente vivo, in cui riesce a combattere la timidezza.
Il rapporto con Giulia, sua ragazza da sempre e per sempre, è significativo nella sua evoluzione. La presa di posizione – nonostante avvenga in maniera un po’ infantile e indelicata – rappresenta la chiave di volta nella crescita del personaggio. E questo è ulteriormente confermato dal modo in cui il protagonista gestisce il rapporto con Marta, vecchia compagna di scuola che incontra per caso in questo nuovo paesino.
L’esaltazione per un nuovo rapporto, desiderato in adolescenza e che ora finalmente può nascere, non lascia indifferente Sebastiano, ma lui riesce a capire che non è ciò che desidera in quel momento. Ciò di cui ha bisogno. E’ piuttosto un’altra cosa da sistemare nella sua vita, non un punto finale di approdo.
Un volume lieve, amaro, raccontato in punta di piedi. Sualzo si conferma un autore “gentile”, mai sopra le righe, che possiede il dono di raccontare episodi di vita comune rendendoli speciali. Il suo lavoro sui testi è notevole: sono poetici, rarefatti, mai invasivi. Sono ben dosati e lasciano ampio spazio alle immagini, ai silenzi, di cui Fermo è pieno.
Lo stesso possiamo dire dei suoi disegni, ben riusciti e sempre chiari e molto ben articolati, adatti a illustrare una fiaba ma efficaci nel raccontare episodi tristi e di vissuto quotidiano. In questo senso, Sualzo è un autore poetico.
La colorazione – che assume ruolo narrativo nel delineare il tempo delle vicende raccontate – è piena di tonalità calde.
È interessante notare come, nonostante non vi sia nessun elemento architettonico particolare, ogni disegno, ogni vignetta, ricordi l’Italia. È, infatti, forte il legame con l’ambientazione – non tanto nelle vicende narrate – quanto negli scenari coinvolti che rappresentano l’unico setting possibile per questa storia.
Potrebbe sembrare un romanzo di formazione, e di base lo è, nonostante la vera e propria evoluzione del personaggio avvenga chiaramente solamente nell’epilogo che è anche temporalmente staccato dalla vicenda principale. Qui Sebastiano, cambiato anche graficamente, sembra aver finalmente messo in chiaro gli aspetti che lo bloccavano e lo spaventavano; il bozzolo da cui liberarsi per diventare finalmente adulto.
Fermo. Solo rimanendo fermo, Sebastiano è riuscito a cambiare se stesso.
Il titolo diventa ossimorico e riesce a tenere la vicenda sospesa in un limbo temporale. È un po’ la storia di tutti, della crescita, delle perdite, delle distanze. Dei dolori e degli incontri che ti fanno cambiare, di persone per caso che poi scompaiono in paesi lontani per non incontrarle mai più. È la storia delle amicizie di sempre, dei gesti di sempre, quelli che si coltivano dalla tenera età e costituiscono il nostro legame con l’età adulta.
Fermo è un ottimo fumetto, per certi versi migliore de L’improvvisatore, nel quale Sualzo riesce a raccontare con profonda delicatezza una storia personale, la storia di tutti.
Abbiamo parlato di:
Fermo
Sualzo
Bao Publishing, 2013
128 pagine, brossurato, colori – 15,00€
ISBN: 978-88-6543-158-0