La favorita (titolo originale: La favorite) di Matthias Lehmann, autore completo, è un fumetto che riesce a trattare un tema molto cupo e scabroso con una particolare cautela e attenzione.
Nato a Parigi nel 1978, l’autore si è sempre mosso tra illustrazione e fumetto, ha spesso trattato il tema del difficile passaggio dell’adolescenza, che qui viene indagato in un caso particolarmente traumatico.
Il titolo ha fin da subito una ambivalenza inquietante: evidente riferimento alla bambina protagonista, richiama la terminologia usata – anche in francese, lingua originale – per indicare l’amante di un uomo potente, che ne ricava particolari privilegi. La ragazzina protagonista appare sin da subito possedere questo titolo in modo paradossale, perché si trova in balia di una nonna terribile, che la tiene segregata in una antica villa e la punisce spesso corporalmente, mentre il nonno è assente e svagato.
Se si coglie fin dall’inizio il riferimento a un ambiente ricco e potente, benché ormai decaduto – i nonni della bambina sono gli ultimi discendenti di una dinastia imprenditoriale ormai decaduta – il senso erotico del termine non è subito così evidente, ma getta un’ombra sulla storia che andiamo leggendo, rendendola ancor più inquietante.
Il segno adottato richiama un mondo antiquato in due modi: da un lato, il tipo di tratteggio richiama lo stile delle incisioni xilografiche, che presentano un tratteggio spesso e vistoso laddove si vuole ottenere una mezzatinta (si vede qui forse la competenza dell’autore come illustratore). Inoltre, il segno cartoonistico adottato fa pensare a molte strip della prima età del fumetto, basate su bambini e bambine terribili e sul meccanismo malefatta-punizione, a partire da quel Max & Moritz di Wilhelm Busch che sta alle origini del fumetto moderno.
Il tutto dà un senso fortemente ottocentesco alla vicenda, e all’inizio al lettore potrebbe pensare che sia realmente ambientato in tale epoca, anche se piccole spie rivelano subito che la vicenda è più moderna; ad esempio, a p.10 il nonno ascolta Franz Liszt, ma l’edizione del disco e il giradischi sono indubbiamente moderni: elemento che diviene palesemente evidente a p.14, dove troviamo una automobile databile almeno agli anni ’70.
Queste piccole spie introducono il tema del “non detto” inquietante, in modo quasi subliminale. Il comportamento da maschiaccio della bambina ci pare per paradosso l’elemento più credibile, frutto delle costrizioni rigide a cui è sottoposta (e invece prepara il rovesciamento di metà albo), mentre tutt’intorno si addensano segreti – sulla figlia morta, sull’alcoolismo del nonno – fino a quando le contraddizioni vengono alla luce con l’arrivo dei ragazzi zingari, in una accelerazione della narrazione fino a qui più limitata a costruire il quadro familiare.
Non sveliamo la svolta, che introduce un forte colpo di scena e getta una luce ancora più sgradevole su tutta la vicenda, producendo poi le evoluzioni successive della narrazione. Nonostante l’inevitabile cupezza di fondo, la narrazione in sé non manca di offrire quadretti narrativi più sereni, a volte anche di una certa delicatezza, senza mai far dimenticare la componente più malata di tutta la situazione, ma trattandola in alcuni punti anche con una certa leggerezza. La morbidezza del segno aiuta nel narrare una vicenda fortemente scabrosa senza indulgere nel compiacimento – viene in mente la lezione di Maus di Art Spiegelman, che ha influenzato un certo modo di raccontare storie difficili.
Il finale però torna cupo ed estremamente drammatico: la catastrofe finale in cui deflagra il malsano groviglio di contraddizioni su cui si fondava il quadro familiare risulta precipitosa ed eccessiva nei toni sovraccarichi, in contrasto col difficile bilanciamento messo in scena in precedenza. Probabilmente questa enfasi è anche un modo per sottolineare la gravità di quanto fatto al protagonista: ma appare una sottolineatura non necessaria e in parte fuorviante, poiché induce a identificare come causa dell’orrore l’ultraviolenza del finale e non già il sottile stillicidio di nauseante prevaricazione nel corso di tutta l’opera.
Nel complesso, comunque, un’opera matura e profonda, che riesce quasi sempre a mantenere un equilibrio narrando una storia difficile e impegnativa.
Abbiamo parlato di
La favorita
Matthias Lehmann
Traduzione di G. Eusebi
Edizioni 001, 2016
160 pagine, brossurato, bianco e nero – 19,00€
ISBN: 9788899086756