Era la sua prima volta a un festival in Italia e non poteva scegliere che la manifestazione più importante d’Europa: Garth Ennis è stato sicuramente tra i più attesi e rilevanti ospiti di Lucca Comics and Games 2023.
Una presenza fisica degna dei suoi Tommy Monaghan e Billy Butcher, un andamento e una indole paciosa e tranquilla ma uno sguardo che si accende con arguzia nei momenti di humor più nero e dissacrante, una parlata che pur essendosi americanizzata tradisce le origini nord-irlandesi, lo sceneggiatore di Holywood si è calato nel contesto del festival con grande generosità e disponibilità.
Oltre a dividersi tra vari firmacopie per Panini Comics e saldaPress, Ennis ha partecipato a numerosi incontri: quello dedicato ai comics statunitensi dal titolo Scrivere l’America con Joe Kelly e Howard Chaykin; quello molto articolato e interessante dedicato alla rappresentazione della guerra nei fumetti, Un mondo in subbuglio – I fumetti raccontano la guerra, con ospiti a rotazione tra cui Alec Trenta, Olga Gebrennik in collegamento, Gianluca Costantini, Francesca Torre e Margherita “La Tram” Tramutoli; e infine il più folle incontro di sempre tra Garth Ennis ed Emiliano Pagani, Quei cattivi ragazzi).
Inoltre ha fatto da cicerone a più riprese per il pubblico nella mostra a lui dedicata a Palazzo Ducale, minuziosamente organizzata da Alessandro “Doc. Manhattan” Apreda e Luca Bitonte (autori anche del documentario dedicato all’autore e disponibile su Raiplay). Tra la riproduzione di un pub irlandese e insegne stradali che rimandano a luoghi e personaggi dei fumetti di Ennis, la mostra ha dato la possibilità ai visitatori non solo di ammirare le tavole di alcuni degli storici amici e collaboratori dello sceneggiatore, in primis John McCrea e i compianti Steve Dillon e Carlos Ezequerra, tratte dalle storiche e seminali Hitman, Preacher, The Boys fino alle sue famose War Stories, ma anche di trovare alcune piccole chicche (le tavole del Demon del 1993 disegnate da McCrea, quelle del Judge Dredd realizzato con Dillon oppure la miniserie Authority: More Kev di Glenn Fabry), storie meno conosciute come lo sword and sorcery Hawk the Slayer (revival di un classico britannico realizzata nel 2022 con Henry Flint) e soprattutto Troubled Souls, la prima storia in assoluto di Ennis, realizzata nel 1989 per la rivista inglese Crisis in coppia con un McCrea dallo stile pittorico e realistico, che diede poi origine ad alcuni sequel scanzonati e “cazzoni” come For a Few Troubles More nel 1990 e la serie Dicks degli anni 2000 per Avatar Press.
Partiamo proprio da una domanda su questa storia per raccontare il press cafè con lo scrittore svoltosi il 3 novembre nella Sala Oro della Camera di Commercio di Lucca. Si parla di origini, del crescere in un paese, l’Irlanda del Nord, all’epoca della guerra civile e come questo abbia influito sulle sue storie. “Tengo a precisare che all’epoca, ero un ragazzino, vivevo in una famiglia borghese ed ero lontano da dove avvenivano gli scontri. Ero comunque esposto alla costante presenza del conflitto, della guerra, e credo che questo mi abbia reso più cinico e anche più disilluso su quello che è la guerra, e su come nessuno volesse veramente far finire quel conflitto, perché era più semplice per tutti gestirlo piuttosto che risolverlo. Inoltre sono diventato diffidente sia nei confronti dei governi, ma anche di persone che seguono grandi cause e ideali. Tutti abbiamo visto Star Wars e associamo la parola ribelle a un’idea romantica: non dovremmo. La rivoluzione è un affare sporco e sanguinoso, e raramente i buoni emergono vincitori“. 
Dalle storie degli inizi, nel periodo inglese, si passa a parlare degli esordi negli Stati Uniti e della nascita del suo primo, grande successo (arrivata dopo una delle più famose e amate gestioni di Hellblazer): Preacher, la serie DC Vertigo di 66 numeri co-creata con Steve Dillon e arricchita dalle copertine di un altro collaboratore storico di Ennis, l’inglese Glenn Fabry. “All’epoca ognuno degli autori al lavoro per Vertigo, quindi io, Jamie Delano, Grant Morrison, Neil Gaiman e altri, stava cercando di trovare la propria strada, così come l’etichetta stessa e tutta la DC, perché fino ad allora non c’era mai stata un’etichetta mainstream espressamente dedicata a un pubblico adulto. È stato un processo evolutivo ma piuttosto semplice e senza grosse censure. Però per ognuno era diverso: per fare un esempio, al tempo Grant Morrison stava facendo The Invisibles e dovette cambiare e riscrivere un numero disegnato da Jill Thompson che aveva tra i suoi personaggi il Marchese De Sade. Dopo aver fatto questo e aver visto quello che io Steve stavamo facendo con Preacher si chiese perché la sua roba era stata censurata. Insomma, era un periodo fluido.”
A questo aggiunge un divertente aneddoto sul quel periodo. “L’unico controllo da parte di DC, un editore molto cauto ma che con Vertigo era più permissivo, riguardava l’angolo della posta, perché quella era la voce della compagnia e non la mia. Ricordo alcune lettere molto divertenti che non ho potuto pubblicare, tra cui una che raccontava nei minimi particolari come cucinare carne umana, un resoconto molto ben scritto da un ragazzo che aveva mangiato quattro piatti di spaghetti bolognesi a un ristorante all-you can eat e il dettagliato racconto di cosa accadeva dopo, una storia di un ragazzo che aveva cercato di circoncidersi con un asciugamano, uno scalpello e un secchio di ghiaccio. Ho cercato di far capire al mio editore che era una cosa divertente, ma purtroppo non ne hanno voluto sapere“. Un tipico esempio dello humor nerissimo, dissacrante e sgangherato dello sceneggiatore.
Ma le considerazioni di Ennis su Preacher sono più profonde e inaspettate, dato che a domanda esplicita su quale sia il suo personaggio invecchiato peggio, è proprio Jesse Custer e la sua epopea che vengono indicati. “Dietro tutto l’horror, la violenza, la blasfemia e l’esagerazione, è un personaggio molto romantico e ottimista. La storia è idealistica nella sua concezione di amicizia, delle relazioni umane, si fonda tutto su un mito dell’America, sul sogno americano, per questo credo che ormai sia diventata un classico western che non racconta la contemporaneità ma solo il mito del passato. È anche una storia anni ’90, io mi sono divertito in quel periodo e credo che il mondo, per lo meno quello occidentale, fosse più divertente e che si divertisse molto di più rispetto ad adesso. Andando avanti e vedendo cosa è accaduto negli USA negli ultimi 10-15 anni, capisco di essere stato troppo ottimista“.

Parlando delle sue opere più famose, non si può non pensare alla stretta, storica e inossidabile collaborazione con Steve Dillon, scomparso prematuramente il 22 ottobre 2016.
“L’idea di lavorare insieme è iniziata nel 1990, sedendo fino a notte inoltrata di fronte a una bottiglia di whisky e parlando di quello che i fumetti avrebbero potuto fare, cosa avrebbero potuto raggiungere. L’idea di fondo era quella di raccontare la realtà con un piccolo twist, piuttosto che scrivere un fantasy. Nonostante il successo all’epoca di molti bei fumetti per adulti, vedevamo ancora troppe storie con influenze fantasy, per esempio The Sandman. Noi volevamo qualcosa più con i piedi per terra. Il lavoro tra di noi si basava sull’istinto, sulla fiducia più totale: io mi fidavo delle sue capacità di raccontare le mie storie come le immaginavo, e lui sapeva che non lo avrei sovraccaricato di dettagli. Comunque, e questo sorprende spesso molte persone, noi non parlavamo mai di lavoro durante i nostri frequenti incontri, perché il nostro lavorare insieme era così naturale che non erano necessarie grosse discussioni“.

Pur mostrandosi aperto a qualsiasi tipo di adattamento, ha riservato un pensiero particolare alle sue amate Storie di Guerra. “Mi piacerebbe se venissero adattate, ma al tempo stesso sarei molto inquieto del risultato finale, avrei paura di vederle banalizzate, hollywoodizzate. Ci sono molti film di guerra che amo usciti da Hollywood, ma anche tanti altri che sono terribili. Le storie che scrivo sono basate su fatti reali, perciò sarei molto inquieto se in un adattamento succedesse questo. Io sento la responsabilità, quando scrivo queste storie, di rappresentarle con realismo e rispetto per onorare le persone che hanno combattutto, per le loro vite e i loro sacrifici. Prendete Dreaming Eagles (realizzato con Simon Coleby per Afterschock, NdR): ho rappresentato con onestà la storia di un gruppo di piloti afroamericani di caccia che hanno combattuto con valore nella Seconda Guerra Mondiale, superando molti pregiudizi. Ne racconto le storie personali, ma anche le loro gesta in guerra con fedeltà e senza fronzoli. Se prendiamo il film Red Tails (film del 2012 diretto da Anthony Hemingway, interpretato da Cuba Gooding Jr. e Terrence Howard, NdR) si parte dalla stessa base, ma banalizzando la storia e rendendo le scene d’azione come quelle dei cartoni animati del sabato mattina“.
Come ultima domanda, si parla del futuro e della possibilità dell’arrivo di nuovi personaggi epici e memorabili nella sua carriera. “Ho piani a lungo termine per una serie di graphic novel dedicate alle imprese della Royal Air Force nella Seconda Guerra Mondiale, come la Battaglia d’Inghilterra, di Malta, la campagna della Renania alla fine della guerra. Questo progetto sarà epico per le dimensioni, se non nella loro natura intrinseca. Forse questo sarà sufficiente per il mio futuro.“
Alla fine dell’incontro si ha la sensazione di aver avuto troppo poco tempo per approfondire una carriera veramente enorme, per produzione ma anche per rilevanza, ma di aver anche trovato alcuni spunti per affrontare le opere di Garth Ennis con uno sguardo diverso, cogliendo un’ennesima occasione per rileggerle e approfondirne nuovi aspetti.




