Essential 11: undici storie bonelliane per Moreno Burattini

Essential 11: undici storie bonelliane per Moreno Burattini

Gli 11 fumetti più rappresentativi pubblicati nella sua lunga storia dalla Sergio Bonelli Editore selezionati da Moreno Burattini, sceneggiatore di fumetti, saggista, commediografo, attuale responsabile della testata Zagor.

Un gioco: senza altro criterio che quello soggettivo, indicare gli 11 fumetti più rappresentativi pubblicati dalla Sergio Bonelli Editore (in qualsiasi sua precedente incarnazione editoriale). I motivi che spingono alla scelta di un titolo o di una storia piuttosto che un altro possono essere i più disparati: affettivi, editoriali, storici, emotivi, artistici, narrativi etc. etc…
Il tutto fino a scoprire che il gioco non è altro che un pretesto per parlare di molti, tanti fumetti, spesso dimenticati, spesso mai notati, da ritrovare e (ri)leggere.
Nostro gradito ospite, per questo giro di giostra, Moreno Burattini, sceneggiatore di fumetti, saggista, commediografo, attuale responsabile della testata Zagor

Sangue Navajo

Tex Gigante nn° 51-52-53, Bonelli/Galleppini, gen/mar 1965

E’ “Sangue Navajo” la prima, vera pietra miliare della bonellianità. Innanzitutto perché è una storia scritta da Giovanni Luigi Bonelli, il patriarca, e disegnata da Aurelio Galleppini, in arte Galep: i creatori di quel Tex che, nel 1948, è all’origine di tutto. Poi, perché è una delle più belle storie di Aquila della Notte, un capolavoro che segna il raggiungimento della maturità non soltanto del personaggio ma anche del fumetto italiano troppo a lungo considerato “roba per bambini” e comunque mediamente di qualità inferiore alla produzione americana. Di “Sangue Navajo” restano memorabili i dialoghi, le sequenze incalzanti, la modernità degli spunti e dei personaggi (come il giornalista Martin Floyd), il riconoscimento dei diritti umani dei pellerossa, il disprezzo verso la corruzione politica e l’arroganza del potere, l’uso della guerriglia per la rivendicazione della giustizia e della verità. Nella prima edizione a striscia, questa storia risale al 1961: nonostante questo, c’è da stupirsi per la sua attualità.

Odissea Americana

Zagor n° 87-88-8, Nolitta/Ferri, sett/nov 1972

Se Bonelli padre ha gettato le fondamenta, il figlio Sergio ha costruito la torre. E in questa storia di Zagor, scritta da Bonelli figlio con lo pseudonimo di Guido Nolitta, c’è tutta la poetica del personaggio (uno dei miti del fumetto italiano) e dello sceneggiatore che l’ha creato: la grande avventura, l’epica, il western, l’horror, la fantascienza, l’approfondimento psicologico dei personaggi, l’umorismo, le citazioni. Zagor si rivela la grande intuizione che è stato fin dall’inizio, quando si è connotato come un mutante in grado di attraversare tutti i generi e lasciarsi contaminare da ogni suggestione letteraria, cinematografica o fumettistica, prima e meglio di qualunque altro. Gallieno Ferri, il creatore grafico del personaggio, è qui nella sua massima forma, vive il suo momento d’oro a partire dalla stupefacenti copertine. Dovendo indicare una e una sola storia dello Spirito con la Scure da leggere per capire il perché del successo cinquantennale di una saga infinita dell’avventura, non c’è dubbio che in “Odissea americana” ci siano tutte le risposte.

L’ultimo Cangaçeiro

Mister No n°3-4, Nolitta/Bignotti, Ago/Sett 1975

Se c’è un eroe che assomiglia al suo creatore, quello è Mister No. Quel “No” sembrano davvero le due lettere iniziali di “Nolitta”, ovvero lo stesso Sergio Bonelli, che a partire dai primi anni Settanta viaggiò in lungo e in largo per i fiumi dell’Amazzonia, all’epoca terra di frontiera. Da queste esperienze, Bonelli ha tratto lo spunto, innovativo e vincente, per una serie che sfrutta scenari quasi sconosciuti e ambientazioni inedite e suggestive. Mister No nasce come serie legata a location geograficamente identificabili, e basata su una documentazione storicamente e antropologicamente corretta. Se Zagor era l’avventura fantastica, Mister No sarebbe stata l’avventura del possibile. “L’ultimo Cangaçeiro”, un capolavoro di pathos e adrenalina, dimostra perfettamente questi assunti, rappresentando anche la summa della psicologia dell’eroico antieroe Jerry Drake (questo il vero nome del pilota di Manaus), così simile per molti aspetti a quella del suo sceneggiatore. Franco Bignotti, chiamato a illustrare i mitici, pittoreschi, poetici, violenti e romantici cangaçeiros testimonia, se mai ce ne fosse bisogno, quanto efficaci possano essere, ai fini dell’efficacia narrativa, i disegni di un artigiano del fumetto avventuroso e popolare.

L’uomo dello Zululand

Un uomo un’avventura n° 2, D’Antonio, dic 1976

Per quanto editore popolare per vocazione, Sergio Bonelli ha, in realtà, pubblicato una gran quantità di fumetti d’autore fin da tempi non sospetti, cioè quando ancora questi non erano di moda. Un esempio? La collana “Un uomo, un’avventura”, varata nel 1976. Trenta imperdibili volumi cartonati, di 48 tavole a colori, ciascuno affidato a un grande nome come Battaglia, Crepax, Manara, Micheluzzi, Pratt, Tacconi, Toppi: ognuno chiamato a esprimersi con il proprio stile cimentandosi con una storia nelle proprie corde. Potrei indicare un volume a caso, certo di cogliere nel giusto. Ma fra tutti, segnalo “L’uomo dello Zululand” per tre motivi. Il primo, e più importante, è che è la storia che più mi ha emozionato leggendola. La seconda, è che è stata scritta e disegnata da un grande del fumetto, Gino D’Antonio, autore fra l’altro dell’epica saga della “Storia del West”, il primo vero popolare d’autore italiano. La terza è che il racconto rimanda a suggestioni storiche: quelle su cui si deve basare, secondo me, ogni vera grande avventura che pretenda di essere coinvolgente.

Diritto e rovescio

Ken Parker n° 36, Berardi/Milazzo, gennaio/febbraio 1981

Non si può prescindere da Ken Parker. E fra le storie di Ken Parker, non si può prescindere da “Diritto e rovescio”, una storia gialla in cui l’assassino è il poliziotto, la vittima non è morta, il presunto colpevole conduce le indagini e tutti i personaggi si muovono mascherati fingendo di essere ciò che non sono. Non a caso l’albo inizia con la parola “fine” e termina col titolo. Berardi & Milazzo dipingono per noi la straordinaria figura del coreografo Junius Foy, un omosessuale che soffre sulla propria pelle le ferite del pregiudizio, un altro dei grandi, indimenticabili personaggi della saga kenparkeriana, al pari di Adah o Pat O’Shane. Sensibile, malinconico, spiritoso, ma soprattutto umanissimo e mai caricaturale, il coreografo gay rende ragione di tutte le sfaccettature della “diversità” e rappresenta il dramma di chi la vive in prima persona in un mondo non in grado di accettarla. Un capolavoro di sceneggiatura e di disegno, con sceneggiatore e disegnatore ai vertici della loro creatività.

Operazione Dorian Gray

Martin Mystère n°63-64, Castelli/Freghieri, giu/lug 1987

Alfredo Castelli è uno fra i più versatili e vulcanici sceneggiatori italiani, ideatore di rubriche e di riviste, sperimentatore di tecniche, di formati e di corto circuiti multimediali e ipertestuali, storico del fumetto e organizzatore di eventi. In casa Bonelli il suo nome sia legato all’enciclopedico Martin Mystère, ma c’è il suo zampino dappertutto e a lui si deve l’intuizione degli Almanacchi e degli Speciali, e l’ideazione di vari cross-over e team-up fra personaggi. Dovendo scegliere una storia mysteriosa, una fra le più geniali, coinvolgenti, accattivanti, drammatiche ed empatiche è la seconda in cui compare il luciferino Mister Jinx, desideroso di vendicarsi del Detective dell’Impossibile in modo raffinato e crudele, e alle prese con la formula dell’immortalità. Una storia da leggere con attenzione, perché è fra le sue pieghe che su nasconde il segreto che porterà, in futuro, a far incontrare Martin Mystére con Nathan Never. L’efficace disegnatore Freghieri è comunque anche artefice del suo doppio incontro con Dylan Dog.

L’abisso delle memorie

Nathan Never n°18-19, Medda/Mari, Nov/Dic 1992

Una storia in due albi, questa, che getta le basi per molti altri sviluppi nella saga fantascientifica di Nathan Never, e da cui dunque non si può prescindere. Ma anche una storia incredibilmente bella e drammatica, in cui due autori, giovanissimi all’epoca della realizzazione, dimostrano tutto il loro talento. Michele Medda si rivela per il grande sceneggiatore che si sarebbe in seguito rivelato, in grado di scavare nel profondo e stupire per il suo modo di raccontare. Nicola Mari lascia di stucco per l’efficacia del suo tagliente bianco e nero, simbolo di una sperimentazione bonelliana in grado di incarnare un fumetto popolare e autoriale al tempo stesso, che cresce e si rivolge a un pubblico nuovo, pur nel solco della tradizione seriale. Nathan Never testimonia lo sforzo fatto dalla Bonelli per allargare le sue proposte verso nuovi generi e nuove tematiche, come quelle fantascientifiche,  e anche nuove platee da conquistare con prodotti maturi e coinvolgenti. “L’abisso delle memorie” e “L’undicesimo comandamento”, quanto a coinvolgimento non scherza: gli artigli di Ned Mace lacerano il cuore di chi legge, oltre che quello del protagonista e di sua figlia Ann.

Johnny Freak

Dylan Dog n° 81, Marcheselli/Sclavi/Venturi, giugno 1993

Ci sono storie che è inutile, se non impossibile, commentare a beneficio di chi non le ha lette, perché soltanto leggendole si possono capire e non ci sono parole in grado di renderne a pieno il significato. “Johnny Freak” è una di queste. E’ il classico di Dylan Dog che più di ogni altro racchiude in sè l’anima di un personaggio geniale e innovativo come quello ideato nel 1986 da Tiziano Sclavi, dando voce e immagine alle angosce stesse del suo creatore. Johnny, il sordomuto senza gambe ma con un’anima in grado di affrescare il cuore di ogni lettore come le mura della cantina dove è tenuto rinchiuso, rappresenta tutti coloro che al mondo non hanno voce ma si conservano pura la propria umanità calpestata dalla maggioranza arida e cinica dell’umanità, che è ciò che più fa orrore. La sensibilità del disegno di Andrea Venturi compie il miracolo di raccontarcelo come meglio non si potrebbe.

La valle del terrore

Texone n°9, Nizzi/Magnus, giugno 1996

Sono almeno due gli “albi speciali” di Tex (ovvero, i “Texoni”) che potrebbero figurare in questa selezione. L’altro è “Patagonia”, di Mauro Boselli e Pasquale Frisenda. Ma “La valle del terrore” rappresenta meglio lo spirito della collana: quello cioè di far confrontare Aquila della Notte con grandissimi illustratori esterni (con qualche eccezione) al tradizionale staff del personaggio. In più, il disegnatore di questo volume è uno fra i massimi della storia del fumetto italiano, se non il più grande in assoluto: Roberto Raviola, in arte Magnus. Un artista dal tratto personale, inconfondibile, in grado di attraversare tutti i generi restando se stesso, ma allo stesso tempo pronto a mettersi al servizio dell’eroe Tex Willer, dando il massimo della propria potenzialità, della ricerca e della documentazione, della ponderazione su ogni singola vignetta e inquadratura, senza mai perdere di vista il senso della storia, il racconto avvincente (esotico ma nei canoni della tradizione) imbastito per lui dall’esperto Claudio Nizzi. Il risultato: un capolavoro.

Quando muoiono le balene

Napoleone n° 22, Bacilieri, marzo 2001

Quando Paolo Bacilieri comincia a collaborare con la Bonelli, è già un autore completo osannato per fumetti come Barokko, Zeno Porno e SuperMaso (ognuno dei quali non dovrebbe mancare nella biblioteca di chiunque sappia leggere, o almeno guardare le figure). Il fatto che uno stile originale e personale come il suo possa essere entrato a far parte dell’offerta bonelliana, dimostra una volta di più l’assurdità delle facili  e sempre strette etichette affibbiate alla produzione di Via Buonarroti. Dopo aver illustrato alcune avventure di Napoleone da Carlo Ambrosini, creatore del personaggio, Bacilieri si cimenta anche come sceneggiatore delle proprie storie.  “Quando muoiono le balene” è la prima in cui fa tutto da solo, ma avremmo potuto scegliere una qualunque delle altre (di recente, tre di esse sono state raccolte in volume dalla Rizzoli Lizard). Il modo con cui Paolo  si misura con la tradizione, la serialità e il formato della collana riuscendo comunque a mantenere la propria cifra stilistica, dà vita a un risultato sbalorditivo ed emozionante come soltanto ai grandi artisti capita. Il pop e la sperimentazione, l’innovazione e l’ortodossia, l’espressività e la coerenza narrativa sono al servizio di un racconto solido e avvincente, ma anche evocativo e sognatore.

Noi siamo leggenda

Speciale Brendon n° 4, Chiaverotti/Ricciardi, 2006

Talvolta (più spesso di quanto si creda) i capolavori sono nascosti là dove i più non si aspettano. Quella di Brendon può essere forse, da qualcuno, considerata una serie “minore”, rispetto per esempio ai grandi numeri di Dylan Dog, pur essendo stata creata da uno dei più prolifici sceneggiatori dell’Indagatore dell’Incubo, Claudio Chiaverotti. Ma al suo interno si possono trovare perle di rara bellezza, e qui ne segnaliamo una, la più preziosa per dimensioni e perfezione. Come ogni grande storia, quella di “Noi siamo leggenda” si basa su un grande cattivo da affrontare e sconfiggere: in questo caso Slaugher Dog, un villain memorabile, interpretato da un talentuoso Giuseppe Ricciardi al massimo della sua espressività. Ma alla sua altezza sono anche gli altri personaggi, grandi nella loro caratterizzazione grafica nelle trasformazioni psicologiche che subiscono dalla violenza senza pietà del tempo che passa, un altro grande nemico con cui tutti dobbiamo fare i conti. Dramma, violenza, amicizia, odio, gioventù, vecchiaia, orrore, eroismo e paura… ingredienti eterni che Chiaverotti miscela in modo perfetto.

Riferimenti:
Sergio Bonelli Editore: www.sergiobonellieditore.it

3 Commenti

1 Commento

  1. loris.cantarelli

    9 Febbraio 2011 a 09:27

    Complimenti vivissimi, Moreno… proprio perché l’idea era folle era una sfida molto intrigante, oltre che difficile… ma hai fatto davvero una selezione inecceppibile da tutti i punti di vista! Alla prossima,

    • Davide Occhicone

      10 Febbraio 2011 a 16:00

      Salve Loris e grazie del commento.
      Qui, sul suo Blog, Moreno spiega come è stato coinvolto e come si è districato nella scelta.
      Come potrai tu ben capire le regole di questo gioco le detta chi gioca ed in questo caso le scelte di Moreno sono state ineccepibili, soprattutto perchè le regole le ha fatte lui!

      Lo scopo, il nostro scopo, è semplicemente far parlare i nostri gentili ospiti (e lasciamo stare come Moreno si butti giù nel suo blog quando è ben nota la sua conoscenza del campo fumettistico…) di fumetti, suscitare discussioni ma soprattutto riportare alla luce qualche fumetto e qualche autore dimenticato.

      Ci stiamo riuscendo con gli Essential Eleven?
      Vedremo… intanto altri altrettanto impegnativi arriveranno, così come altri… decisamente “singolari”…

      Resta in ascolto!

  2. Fra X

    23 Maggio 2014 a 17:20

    Bell’ iniziativa! “Sangue navajo”, vuoi pure per il titolo, quando la lessi mi colpì! Bella “Odissea americana”, effettivamente la più rappresentativa dello spirito con la scure, però la mia preferita è “Oceano”. Di Mister No non ne ho letto tante (stò provvedendo XD). Fin’ ora, tra quelle lette, quella più bella e rappresentativa è “Rio negro”. Di Dylan dog, non so. Forse quella più classica che rappresenta, magari più la testata che il protagonista, è l’ hard boiled “La bellezza del demonio”. Decisamente di genere con un Dylan non tanto impegnato, ma coinvolgente e più che mai indagatore dell’ incubo! Poi la storia presentata è decisamente originale, anche se all’ inizio non sembra .

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