Questa puntata di Essential 11 è dedicata ai robot giapponesi che da anni popolano anime e manga giapponesi.
Abbiamo interpellato a tal proposito Massimo Nicora, autore del libro C’era una volta… prima di Mazinga e Goldrake. Storia dei robot giapponesi dalle origini agli anni Settanta, edito da Youcanprint.
Da Tetsuwan Atom a Tetsujin 28, da Eight Man ai Cyborg 009, da Astroganga a Doraemon, la fantasia degli autori giapponesi ha dato vita a una lunga serie di personaggi che hanno accompagnato tutta la storia del Giappone moderno, gettando le basi per una produzione che, a partire dagli anni Settanta, ha subito un incremento esponenziale con la creazione di numerose serie che hanno trovato nel mercato europeo il loro Eldorado.
Prima dei più noti Mazinga, Goldrake e Jeeg, dunque, ci sono molti altri robot, spesso famosi e talvolta sconosciuti, che hanno conquistato il grande pubblico. Ecco gli 11 robot che ogni appassionato dovrebbe conoscere!
Tanku Tankurō
Tanku Tankurō è il primo robot giapponese a fare la sua apparizione in un manga di Gajō Sakamoto (1895-1973) pubblicato sulle pagine della rivista Yōnen Club nel 1934. Si tratta di una sorta di Deus Ex Machina a metà tra il magico e il tecnologico i cui straordinari poteri riescono ad avere la meglio su qualsiasi avversario del Giappone.
Tanku Tankurō è un originalissimo androide, una sorta di cyborg ante litteram (sebbene non ne sia spiegata compiutamente la natura), un ibrido tra essere umano e macchina (il nome, con un gioco di parole, richiama l’inglese tank che indica il carro armato), con le fattezze di un antico samurai, dotato di katana dordinanza e con la tipica acconciatura.
È in grado di far rientrare le tozze braccia e le gambe in appositi fori da cui poi può fare uscire gli oggetti più disparati, che gli servono per combattere al meglio la sua personale lotta contro il cattivo di turno. È dunque anche il primo esempio di robot trasformabile.
Il Guerriero della Scienza
Il primo robot “gigante” giapponese è stato disegnato da Ryūichi Yokoyama verso la fine del 1943 sul mensile Manga, organo ufficiale della Shin Nihon mangaka kyōkai (“Società dei nuovi disegnatori dei manga giapponesi”), una nuova associazione, creata e controllata dal governo giapponese, che ha assorbito ben otto altre organizzazioni precedentemente esistenti tra le quali la prestigiosa Shin mangaha shūdan (“La nuova società dei disegnatori”).
Il robot fa la sua apparizione in una vignetta che porta il significativo titolo di Kagaku Senshi Nyū Yōku ni shutsugen su (Il guerriero della scienza appare a New York).
In questo disegno la città di New York, intesa come simbolo tangibile della potenza americana, viene presa di mira da un robot dal design piuttosto primitivo che, in un viluppo di sbuffi di vapore, semina morte e distruzione radendo al suolo tutto quello che incontra sul suo cammino. È la rivincita metaforica del Giappone contro i bombardamenti americani della Seconda Guerra Mondiale.
Tetsuwan Atom: il robot ragazzino
Tetsuwan Atom (“L’Atom dal braccio di ferro”, conosciuto in occidente con il nome Astroboy) nasce dalla penna di Osamu Tezuka nell’aprile del 1952 e viene serializzato in un manga pubblicato sulle pagine della rivista Shōnen Club della casa editrice Kōdansha.
È un bambino-robot dal cuore atomico creato dal Dottor Tenma, direttore generale del Ministero della Scienza giapponese, per rimpiazzare il figlio morto in un tragico incidente. Quando però il suo creatore si accorge che questo robot non può crescere come un ragazzino normale in uno scatto d’ira decide di sbarazzarsene. Il piccolo robot finisce così in un circo dove viene ribattezzato Atom e obbligato a combattere contro altri robot per il divertimento degli spettatori.
Qui viene fortunatamente notato dal Professor Ochanomizu, successore di Temna alla direzione del Ministero, che decide di prenderlo con sé. Il piccolo Atom viene quindi dotato di tutta una serie di superpoteri (sette, come sette sono le meraviglie del mondo) che, consapevolmente, decide di mettere a servizio dellumanità, affrontando una lunga serie di avventure.
Tetsujin 28, il gigante di ferro
Tetsujin 28 è il secondo robot gigante giapponese a fare la sua apparizione dopo il Guerriero della Scienza. Ideato da Mitsuteru Yokoyama (1934-2004), Tetsujin 28 gō viene serializzato in manga a partire dal 1956 su Shōnen Club, la stessa rivista che ha raccontato le vicende di Tetsuwan Atom.
Si tratta di un gigantesco robot antropomorfo costruito da due scienziati, il Dottor Shikishima e il Dottor Kaneda, che lavorano presso l’stituto Giapponese delle Armi Segrete con il compito di creare unarma speciale che possa ribaltare le sorti della Seconda Guerra Mondiale.
Più precisamente Tetsujin 28 è il ventottesimo prototipo di un gigantesco robot realizzato dopo ventisette tentativi non andati a buon fine, completato solo dopo la fine del conflitto mondiale e quindi riconvertito a uso civile. Il robot, infatti, non è più un’arma militare, ma è pilotato da un ragazzino di tredici anni di nome Shōtarō Kaneda, figlio di uno dei due creatori, che controlla il gigantesco automa tramite un grosso telecomando con tanto di joystick.
I nemici, invece, non sono degli alieni, come avverrà in seguito in molti altri anime robotici, bensì pericolosi criminali che hanno come unico obiettivo quello di conquistare il mondo.
Tetsujin 13
Dopo l’exploit e il grande successo di Tetsujin 28, poi, un altro Tetsujin fa la sua apparizione in un manga del 1959. Si tratta di Tetsujin: 13 gou Hasshin seiyo (Fate partire il numero 13) di Yoshiteru Takano.
Anche in questo caso il design del robot non è particolarmente aggraziato e curato, il protagonista è infatti assai simile esteticamente a un palombaro con tanto di scafandro e reso ancora più minaccioso dalla cintura formata da punte metalliche.
Quello che risulta più interessante in questa produzione non è, però, tanto l’estetica, quanto i contenuti che rimandano a situazioni e topoi caratteristici dei cosiddetti Pulp Magazine, ossia quelle riviste economiche di racconti pubblicate negli Stati Uniti di norma su carta di qualità piuttosto scadente e contenenti storie a sfondo fantastico/avventuroso con tanto di insettoni giganti, uomini scheletro e altri nemici improbabili.
Una differenza abissale se rapportata al realismo di base che caratterizzava il fumetto di Yokoyama.
Tetsu no Samson
Sull’onda del successo di Tetsujin 28 Mitsuteru, Yokoyama dà alle stampe altri manga robotici nei quali, in fase embrionale, è possibile ravvisare ulteriori elementi di interesse che troveranno poi la loro massima esplicazione nelle serie robotiche firmate da Gō Nagai.
Con Tetsu no Samson del 1962 Yokoyama ripropone il classico cliché del robot telecomandato a distanza, sebbene il telecomando sia ora miniaturizzato in un orologio portato al braccio del protagonista, un bambino di nome Noburu Takayama. Il manga è serializzato a partire dal 1962 sulle pagine di Shōgaku Ichinensei, una rivista edita da Shōgakukan e dedicata ai bambini del primo anno della scuola elementare, per poi proseguire sui numeri dedicati alle classi successive.
È in questo manga che l’autore fa entrare in scena Tsumamina Go n. 1, un robot che, anziché essere comandato a distanza, viene pilotato dall’interno dal cattivo di turno. Una soluzione decisamente innovativa (si tratta di uno dei primo esempi di robot pilotabile) che in Mazinger z troverà poi la sua definitiva consacrazione.
Muteki Gouriki
Dopo Tetsu no Samson il prolifico Mitsuteru Yokoyama dà alle stampe un nuovo manga che ha come protagonista un nuovo robot gigante.
Si tratta di Muteki Gouriki e siamo nel 1969.
Il manga, oltre a riproporre i classici cliché del genere, ribadisce la presenza di un pilota collocato in una cabina posta nella testa del robot e introduce un’arma tanto efficace quanto spettacolare come il pugno a razzo (Rocket Punch) che ritornerà poi con un ruolo chiave sempre in Mazinger z.
Eight Man il cyborg
Tetsuwan Atom e Tetsujin 28, oltre ad essersi affrontati editorialmente e televisivamente per diversi anni, rappresentano, in virtù delle loro profonde differenze e peculiarità, le due principali fonti ispiratrici da cui traggono spunto tutte le successive opere aventi come protagonisti dei robot. Da un lato, Atom può essere considerato l’antenato di tutti i robot autonomi, in genere piccoli androidi o zooidi come Doraemon, mentre Tetsujin 28 è lantesignano di tutti i robot giganti à la Nagai.
Esiste però una terza via, diversa ma non per questo meno interessante e foriera di ulteriori sviluppi, che vede al centro della scena il cyborg, ossia un organismo cibernetico, spesso in forma umana, in cui si mescolano in maniera indissolubile, elementi biologici e artificiali.
In questa tipologia di esseri ibridi (già precedentemente abbozzata in Tanku Tankurō) rientra a buon diritto Eight Man, nato inizialmente come manga con testi di Kazumasa Hirai e disegni di Jirō Kuwata, pubblicato su Weekly Shōnen Magazine dal 1963 al 1966.
Protagonista è un poliziotto, il Detective Yokota che, durante un’operazione contro la criminalità organizzata, viene investito da un’automobile e ucciso dagli sgherri di un pericoloso gangster. Fortunatamente per lui il geniale Dottor Tani ne raccoglie il corpo per portarlo al suo laboratorio e tentare un portentoso esperimento: trasferire la coscienza di un uomo morto all’interno del corpo di un androide, ossia un robot dalle sembianze umane. Nasce così Eight Man, un cyborg dal corpo completamente artificiale e dai poteri straordinari.
Astroganga
È noto che gli anni Settanta segnano l’ascesa e la consacrazione delle produzioni firmate da Gō Nagai. Qualche mese prima di Mazinger z però, fa la sua comparsa un altro robot gigante che, pur non avendo riscosso un successo paragonabile a quello delle serie nagaiane, presenta comunque alcuni tratti interessanti: Astroganger (Astroganga).
Il robot mostra alcune caratteristiche già ampiamente sviluppate da Mitsuteru Yokoyama in diverse sue opere. Anche Ganga, infatti, è un robot gigante sulla scia di Tetsujin 28, con cui condivide anche un mecha design decisamente poco ispirato, ma non solo. Anche in questo caso, infatti, ritorna nuovamente in evidenza il rapporto privilegiato tra robot e bambino, che però viene rivisitato con lintroduzione di una serie di novità.
Il bambino, ad esempio, non utilizza più nessun telecomando per guidare il robot, ma si fonde con esso in maniera del tutto originale. Kantaro, infatti, chiama Ganga attraverso uno speciale medaglione, per poi indossare magicamente una tuta spaziale con tanto di casco e tramutarsi in un fascio di luce che colpisce il robot all’altezza del cuore (dove si trova un medaglione analogo). Un primo esempio di quella fusione tra umano e robotico che sarà consacrata da Kōtetsu Jeeg (“Jeeg robot uomo d’acciaio”, in Italia Jeeg robot d’acciaio).
Cyborg 009
Tratto da un soggetto di Shōtarō Ishimori (a partire dal 1964) Cyborg 009 rappresenta la naturale evoluzione di quanto visto con Eight Man, dal momento che, in questo manga e anime, il concetto di squadra o gruppo (sentai) si sposa alla perfezione con quello di cyborg (nome che, proprio con questa serie, viene sdoganato presso il grande pubblico), dando origine a un prodotto non solo ricco di avventure, ma anche di profondi risvolti psicologici, derivanti dalla natura ibrida e ambivalente di tutti i protagonisti.
I nove cyborg sono degli esseri umani trasformati in robot dagli straordinari poteri che affrontano una lunga serie di avventure facendo del motto “tutti per uno, uno per tutti” il loro stile di combattimento. Questa loro natura ambivalente di uomini e macchina è però motivo di emarginazione da parte degli esseri umani che li considerano, se non dei mostri, quantomeno dei diversi.
Questo non essere accettati fa sì che il gruppo dei cyborg cerchi e trovi soltanto al proprio interno quellamicizia, quella fratellanza e quella reciprocità che altrimenti gli sarebbero negate. Una situazione che li porta ad essere davvero una squadra coesa e formidabile, in cui le differenze di razza e cultura vengono meno fino quasi ad annullarsi.
Doraemon
Accanto ai robot giganti e ai cyborg, una delle altre evoluzioni più significative dei robot giapponesi è rappresentata dal pet-robot, ossia il robot in forma di animale che diventa il compagno di giochi e l’amico fidato di un bambino che trova in esso un aiuto indispensabile per superare le difficoltà del quotidiano.
L’esempio più noto è rappresentato da Doraemon (1969), un simpatico gatto spaziale che arriva dal futuro sulla Terra per aiutare Nobita Nobi, un ragazzino occhialuto, piuttosto svogliato e non particolarmente intelligente, alle prese con i problemi tipici della sua età.
Doraemon possiede una speciale tasca quadridimensionale dalla quale può estrarre i più disparati oggetti futuristici e così aiutare Nobita nel superamento delle difficoltà quotidiane, avviandolo sulla strada di un successo che porterà grandi benefici anche ai suoi discendenti. Questi oggetti, chiamati dōgu (in Italia “ciuski”), consentono a Nobita di superare momenti di difficoltà, ma il loro impiego è spesso causa di situazioni comiche o imbarazzanti che talvolta peggiorano la situazione iniziale.
Creato da Fujiko Fujio, pseudonimo della coppia di artisti Hiroshi Fujimoto e Motoo Abiko, Doraemon in Giappone è una vera e propria icona, al punto tale che nel 2008 l’allora Ministro degli Affari Esteri Masahiko Komura lo ha nominato addirittura ambasciatore del Giappone nel mondo.