Ai frequentatori di mercatini e librerie d’occasione possono capitare strane esperienze. Come per esempio le buffe perplessità suscitatemi dai recenti ritrovamenti, a pochissimo tempo di distanza l’uno dall’altro, di due libri usciti entrambi nel 1954. E legati entrambi alla circostanza che nello stesso periodo ero sensibilizzato al nome di Lino Landolfi, per via di certe ricerche su di lui che avevo in corso (e che peraltro continuano tuttora).
Mi capita dunque, innanzitutto, di notare in un catalogo di libri d’occasione in vendita per corrispondenza il titolo di un libro la cui didascalia assicura “illustrato da Lino Landolfi”. Non dico che faccio un balzo sulla sedia ma quasi (per via del pezzo assolutamente sconosciuto) e comunque lo ordino – a un costo non precisamente contenuto – e lo aspetto con trepidazione.
E quando, giorni dopo, finalmente posso lacerare il pacchetto postale rimango di stucco: la copertina NON è assolutamente di Landolfi! Lo sfoglio in fretta, quasi freneticamente, ma nemmeno le illustrazioni interne lo sono! Telefonerei alla libreria che si sono sbagliati, ma prima mi accerto sul colophon. E lì, c’è poco da agitarsi, è scritto chiaro e tondo “illustrazioni di Lino Landolfi”, non si scappa. E il venditore non è tenuto a essere un esperto di Landolfi e sapere pertanto di star vendendo una ciofeca. Ma non c’è nemmeno possibilità di equivoco. La disinvolta superficialità di questo tratto non appartiene in nessun modo a Landolfi; e nemmeno la struttura sghemba delle figure, a fronte di quella landolfiana, sempre equilibrata; non parliamo poi del tipo di deformazione grottesca delle immagini (tutti animali, in un contesto fiabesco) qui naïve, a fronte di quella genialmente matura, tipica del Nostro; e chiudiamo gli occhi di fronte al pressapochismo esecutivo.
Insomma, tutti requisiti che portano ben lontano da Landolfi. E a cosa sia dovuta quella attribuzione così sicura a lui, rimarrà per sempre un mistero. Questa, dunque, la cronachetta della mia delusione per quella mazzetta di euro spesi nell’acquisto di L’orso bianco e la nostalgia di Renata Paccariè, edizioni S.a.l.e.s., Roma, 1954.
Delusione controbilanciata, almeno eticamente, poco tempo dopo da un ritrovamento – questa volta a un mercatino – di un altro libro illustrato. E in questa occasione, non da Landolfi, ma “come se”. Si tratta infatti del Tartarino di Tarascona di Alfonso Daudet, (La Scuola editrice, Brescia, 1954). E che a colpo d’occhio, dalla copertina, sembra proprio un Landolfi. Anche perché come ben si sa, la trasposizione a fumetti di questo celebre romanzo umoristico francese è stato il primo racconto a fumetti pubblicato da Landolfi nell’iniziare la collaborazione al settimanale Il Vittorioso, nel 1951.
No, in questo caso i (numerosi) disegni sono eseguiti (e firmati) da Carlo Peroni, che per anni collaborò al Vittorioso e fu fraterno amico di Landolfi. Al quale, evidentemente, ha voluto fare un omaggio, illustrando il volume con immagini che rispecchiano alla perfezione fisionomie e stilemi grafici già presenti nella precedente trasposizione a fumetti.
Potete constatare voi stessi quanto ho affermato nelle righe precedenti grazie alle poche figure che accompagnano questa noterella. E che documentano in entrambi i casi una curiosa «presenza assente» di Lino Landolfi.
Tratto da Fumetto n. 74, la rivista trimestrale dell’ANAFI (Associazione Nazionale Amici del Fumetto e dell’Illustrazione), distribuita solo ai soci della medesima. Punto di riferimento degli appassionati di fumetti fin dal lontano 1971, FUMETTO e’ uno dei benefici di chi si associa all’ANAFI; infatti, ogni anno, oltre ai quattro numeri della rivista, vengono poi destinati ai soci almeno due volumi omaggio appositamente editi.
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