Ebbi il coraggio di avvicinarmi ad Emiliano solo dopo aver visto le sue donne disegnate con un’intimità così profonda da farti sentire partecipe di quel piacere condiviso. Prima la sua bravura vista su Orfani mi creava una certa soggezione, come se quei robottoni facessero scudo alla sua stanza e io fuori a guardare con timore.
Poi una sera mi imbattei in queste sue illustrazioni leggere di segno ma pregni di contenuto ed eccomi qui dopo averlo intervistato a sorridere soddisfatta per la sinergia che è scattata tra mie domande invasive e le sue risposte incisive. Vi lascio leggere l’intervista che è anche un modo non solo di capire chi è il fumettista ma soprattutto la persona.
Come posso mettere a nudo Emiliano Mammucari? Parlando di fumetti o parlando di te come uomo?
Il fumetto è una cosa che ti si infila sotto le unghie, ti striscia dentro la pelle. Una disciplina, come la musica. Più si assottiglia la membrana che ti protegge dalle storie che racconti, più le storie diventano vere. Non c’è l’uomo senza il “fumettaro”, se vuoi mettere a nudo l’uno devi spogliarli entrambi.
Ma la tua postura così eretta da dove mi arriva? Disciplina, palestra o madre natura? Di solito i disegnatori sono spesso curvi o storti, tu invece hai una postura impeccabile anche quando schizzi.
Rivendico le mie stortezze, ma da ragazzino facevo atletica e i cento metri si corrono sempre in punta di piedi, nonostante la forza e la rabbia.
Ho un’attenzione particolare per il controllo del respiro, questo sì, che credo di aver visto fare a Jean Giraud. È una roba che mi interessa molto: stare alti sul foglio, cercare sempre di vedere l’insieme del disegno, respirare “a tempo” con i gesti… non si tratta di comprimere le emozioni, quanto di godersi ogni singolo movimento che fai. I segni tracciati su un foglio devono essere un piacere fisico, altrimenti sono sprecati. Vale nel disegno come per tutto il resto, credo.
Il tuo rapporto con il corpo femminile disegnato?
Mi incuriosiscono le esperienze che non mi appartengono, adoro le forme, detesto le formule. Non mi attirano le pin up perché sono uno stereotipo, preferisco uno sguardo più autentico sul corpo. C’è una bella frase di Mario Monicelli, mi pare, che recita: “Uno e uno solo è il motivo per cui nascono i cliché: l’autore non conosce il mondo che sta raccontando”. Ecco, vale anche per il disegno: ti deve trasportare in un mondo vivo. Che non dev’essere per forza bello, eh, può anche essere un abisso. Ma devi conoscerlo, averlo fatto tuo.
Ogni tanto salta fuori tra i tuoi disegni una donna più selvaggia, che salta all’occhio perché spesso le tue donne sono raffinate e molto chic e poi tac, un tuffo nell’ancestrale. Sei anche tu un po’ Corto Maltese?
Magari sono Rasputin, che ne sappiamo. Il bello è nei contrasti, nelle tensioni. Percepisci il bello soltanto quando dentro c’è uno sbaglio, un elemento di bruttezza che gli dà forza. Se vuoi dipingere un tono di rosso devi sporcarlo con una punta di verde che lo accenda. Se vuoi essere creduto devi aggiungere al vero una piccola bugia. Non c’è raffinatezza se togli la parte di rozzo.
Come fai ad entrare nella testa delle donne disegnando dei nudi femminili in punta di piedi e con tanta bellezza intima?
È un bel gran complimento, grazie. Non penso molto, quando disegno. Mi aggrappo a ricordi, lascio scorrere i pensieri. Cerco i gesti dei personaggi perché un movimento ha sempre un prima e un dopo. Racconta già una storia, in qualche modo.
Il tuo tratto è così preciso, schietto, plastico da affilarsi nelle curve interne e più spesso dove la carne si riempie. Seguirlo con gli occhi porta al desiderio. Ti ecciti mai quando disegni tanta femminilità?
“Desiderio” è la parola chiave, sì. Apro il segno lì dove stringerei le dita.
WOW! Alle medie o comunque a scuola, i compagni ti chiedevano di disegnare delle donnine nude?
Ma sai che ho cominciato a disegnare tardissimo? Quindi niente donnine. Però sono abbastanza certo di aver contribuito in misura massiccia ai murales osceni nei bagni del liceo.
Ho visto che non hai un capezzolo ideale ma cambiano a seconda della situazione, spesso sono velati, altre turgidi ma sempre discreti. Che rapporto hai con loro?
Siamo ottimi amici.
Un “Orfano” che disegna l’erotismo, cosa è successo? Una parentesi o una trasformazione?
Ho iniziato Orfani che avevo 34 anni, ora ne ho 42. Nel mezzo mi sono innamorato, mi sono lasciato, ho fatto viaggi, ho scritto e ho disegnato. I disegni erotici vengono dai quaderni privati… “Privati” per così dire, visto che li pubblico.
Hai un progetto erotico per il futuro?
È una sfera che rientra per forza in ogni cosa che faccio. Ma se intendi qualcosa di specifico… è un periodo in cui ho voglia di giocare, di sperimentare. Chi lo sa, magari trovo la storia giusta da raccontare.
Biografia di Emiliano Mammucari
Disegnatore, scrittore e illustratore. Inizia a fare fumetti nel 1998 con un graphic novel dal titolo Povero Pinocchio, edito da Montego, casa editrice che ha contribuito a creare. In seguito, tra le altre cose, ha realizzato il primo numero di John Doe (Eura editoriale), per poi iniziare la collaborazione con la Sergio Bonelli Editore: Napoleone, Jan Dix e Caravan sono le serie a cui ha collaborato. Di quest’ultima ha curato anche le copertine.
Nell’ottobre del 2013 porta in edicola Orfani, la prima serie mensile a colori della Sergio Bonelli Editore della quale disegna anche il numero 1, il 12, e il primo numero 1 di Orfani:Ringo, serie di cui è anche copertinista. Con Orfani:Terra, arco narrativo del 2017, passa anche alla scrittura. Suoi sono anche i disegni de La nuova alba dei morti viventi, rivisitazione del primo celebre numero di Dylan Dog. Nel 2018 ha pubblicato il libro Lezioni spirituali per giovani fumettari.
Potete seguire l’autore e le sue affascinanti donne disegnate sul suo canale Instagram.
Intervista condotta via mail a maggio 2018.
La foto originaria utilizzata per l’immagine in evidenza è di Sofia Bucci.