Molti autori di fumetti, che sono oggi affermati sceneggiatori e disegnatori del panorama dei comics statunitensi, si sono formati come appassionati lettori di comics durante gli anni ’80 e ’90 del secolo scorso. Alcuni di loro – un buon numero per la verità – sul gradino più alto del podio della passione mettevano le serie mutanti della Marvel Comics, con gli X-Men di Chris Claremont a guidare un franchising che in fatto di qualità, vendite e appeal sbaragliava praticamente quasi tutti i concorrenti sul mercato fumettistico degli USA.
Qualcuno di quegli appassionati ha anche coronato il sogno di arrivare a creare storie per i propri beniamini mutanti, come Jeff Lemire, seppur i risultati siano stati al di sotto delle aspettative e di qualità inferiore rispetto ad altre riuscite opere dell’artista canadese.
Ed Piskor, classe 1982, faceva parte di quel nutrito numero di appassionati lettori degli X-Men e, fin da piccolo, ha coltivato il sogno di diventare un disegnatore di fumetti, grazie anche a una madre artista che ha alimentato e indirizzato il desiderio del figlio.
Erano i primi anni ’90 e la passione per i mutanti della Casa delle Idee era al suo apice, con i titoli con la X in copertina capaci di raggiungere cifre milionarie in fatto di copie vendute.
Il piccolo Piskor aveva come passatempo preferito proprio quello di trascorrere ore a ricopiare i fumetti degli X-Men insieme alla madre. Dalla semplice copia, il ragazzo passò poi alla realizzazione di proprie storie fino ad arrivare a realizzare più di mille pagine di racconti a fumetti, molte delle quali con protagonisti i mutanti, di cui oggi Piskor conserva ancora molte copertine.
Una passione e un talento – ben indirizzato – del genere, portarono il futuro artista alla Joe Kubert School e poi all’esordio nel mondo del professionismo fino alla consacrazione di pluripremiato autore indie grazie alla splendida serie Hip Hop Family Tree, pubblicata dalla Fantagraphics e portata in Italia da Panini Comics.
Proprio la casa editrice di Modena, detentrice dei diritti di pubblicazione dei personaggi Marvel per il nostro Paese, ha presentato alla fine del 2018 il primo volume di X-Men Grand Design, atto d’amore di Ed Piskor e suo esordio nel mondo mutante.
Il fumettista di Pittsburgh nel 2017 decide di applicare l’approccio documentaristico che contraddistingue la sua cifra autoriale1 agli eroi della sua passione di lettore.
L’obiettivo è quello di raccontare la storia degli X-Men che dalle origini, datate 1963, si è sviluppata per circa 300 numeri, ovvero fino agli inizi degli anni ’90, massimo apice del successo mutante e punto di addio di Chris Claremont ai suoi amati personaggi dopo una gestione ininterrotta dal 1975 al 1991. E quando Claremont se ne andò, anche Piskor smise di leggere la serie.
Pianificata dall’autore in sei parti – che a coppie formano tre archi narrativi –, il primo volume parte dagli esordi del gruppo per arrivare fino a poco prima di quella che venne definita la “Seconda Genesi”, ovvero il rilancio mutante avvenuto nel 1975 con Giant Size X-Men #1.
È proprio grazie al lavoro fatto da Claremont in oltre quindici anni di gestione mutante che Piskor ha potuto impostare la struttura di questo suo fumetto. Lo sceneggiatore britannico ha creato negli anni una stretta continuity, andando anche a riempire buchi narrativi presenti nelle storie pubblicate sulla serie originale degli X-Men (1963-1970), di fatto creando un universo coeso nel quale gli avvenimenti e i personaggi erano concatenati tra loro e i vari eventi erano conseguenze di azioni precedenti. Tutto raccontato in quello stile soap-operistico tipico di Claremont, fatto di approfondimento psicologico e di sviluppo della trama portato avanti principalmente attraverso l’interazione tra i personaggi.
Su questo tappeto narrativo, Piskor decide dunque di costruire una sorta di compendio mutante, una riscrittura cronologicamente lineare dotata di una straordinaria compressione narrativa degli eventi originariamente sviluppati su un arco di tempo e in decine di storie – anche non conseguenti tra loro – dotate di una complessità di trama e di intreccio spesso elevati.
Per fare questo, l’autore utilizza due linee guida. La prima è un fil rouge che lega e attraversa la storia del gruppo mutante sin dalla sua origine, cioè l’entità cosmica di Fenice che individua la sua “ospite” sulla Terra sin da quanto Jean Grey è una ragazzina e si mette in viaggio tra le galassie per raggiungerla, di fatto divenendo il motore nascosto di tutte le varie avventure spaziali vissute dagli X-Men anche prima della venuta di Claremont.
Questo escamotage è di fatto un’operazione di ret-con, peraltro molto vicina alla pratica di Claremont che ha spesso fatto uso di espedienti analoghi per legare le trame delle proprie storie.
La seconda scelta operata dall’autore è di stampo tecnico. La necessità di raccontare quasi trent’anni di avventure senza produrre voluminosi tomi enciclopedici ha portato Piskor, in sede di pianificazione dell’opera, a dedicare in media una pagina a ogni albo degli X-Men preso in considerazione, per potere arrivare – a progetto concluso – a un’opera di circa 300 pagine.
Sebbene sin da questo primo volume – che copre circa i primi 66 numeri della serie classica in 80 pagine – Piskor non riesca a mantenere propriamente fede al quel rapporto quantitativo, egli opta per una struttura di pagina impostata in media su quattro strisce che riempie di vignette e di testo (il formato giant del volume soddisfa quindi anche una basilare condizione di leggibilità).
Piskor utilizza questa densità di segni e di parole (dialoghi e didascalie) per raccontare gli eventi senza tralasciare niente e il talento dell’autore si manifesta proprio sia nella sua capacità di evitare il didascalismo o nell’elencazione dei fatti tipo lista della spesa, sia nell’impostare il suo segno in modo da riempire anche le vignette più piccole di infiniti dettagli. Costumi, ambienti, macchinari, espressioni facciali, movimenti dei corpi: tutto è reso con una precisione che potremmo definire “anastatica”, con il segno di Piskor che si riallaccia direttamente a quello che si può ritrovare nelle pagine disegnate da Jack Kirby, Neal Adams e Jim Steranko.
A sua volta, la densità grafica (e narrativa), i contorni spessi delle figure, la colorazione che emula i retini tipografici tipici degli anni ’60, la finitura fintamente ingiallita della carta concorrono a fornire alle pagine quel look vintage marchio di fabbrica di Piskor.
Tutte soluzioni già adottate anche in Hip Hop Family Tree, ma che in Grand Design hanno il valore di legarsi anche a un’estetica abbracciata e promossa dall’opera trattata.
Alla fine di questo primo volume ci troviamo di fronte quasi a un paradosso: X-Men Grand Design è la riuscita introduzione all’universo mutante degli X-Men che ogni lettore appassionato o, ancor più, neofita dovrebbe leggere, filtrata però attraverso la visione unica e originale che lo stile di Piskor le dona.
Quelli che troviamo nelle pagine sono gli X-Men di Ed Piskor, ma allo stesso tempo restano i personaggi originari, quelli nati dalla mente di Stan Lee e dalla matita di The King Kirby. Quasi come una riprova, in coda al volume troviamo una splendida versione di X-Men #1, completamente ricolorata secondo il sentire tipico di Piskor, una sorta di chiusura del cerchio dell’operazione e di sua legittimazione.
Da evidenziare una omissione importante nel volume, che però potrebbe essere stata già fatta nell’edizione americana. I primi due albi della serie – qui raccolti – presentavano alla fine un compendio chiamato Addtional reading a opera di Daron Jensen e Jeph York che forniva un elenco degli eventi raccontati da Piskor in ognuna delle pagine e, soprattutto, gli estremi della storia originaria dove erano apparsi. Un peccato perché, anche senza un lavoro di adattamento (cioè l’indicazione dell’edizione italiana più recente di ciascuna storia citata), queste schede avrebbero permesso ai lettori volenterosi di andare a rintracciare i racconti originari per confrontarli con la versione di Piskor.
Completano il volume alcune fotografie dell’autore che lo ritraggono da bambino intento a giocare con videogiochi e pupazzetti degli X-Men e una carrellata di immagini di quei fumetti da lui disegnati con matite e pennarelli nella sua stanza, prova di una passione diventata una professione.
Abbiamo parlato di:
X-Men Grand Design vol #1
Ed Piskor
Traduzione di Fabio Gamberini
Panini Comics, 2018
120 pagine, brossurato, colori – 22,00 €
ISBN: 978-8891239488
Ricordiamo che Hip Hop Family Tree ha come oggetto la narrazione della nascita e dello sviluppo anno dopo anno del movimento musicale hip hop, mentre precedentemente, in WizzyWig – 2012, Top Shelf – aveva raccontato la parabola del movimento hacker dagli anni ’70 al presente. ↩